Padri/Agostino/Lettere/047.txt Lettera 47 Scritta verso lo stesso tempo. A. risponde a Publicola, premettendo la difficoltà di soddisfarlo ( n. 1 ) e risolvendo poi alcune delle questioni proposte ( n. 2-6 ). Agostino saluta nel Signore lo stimato e dilettissimo figlio Publicola 1 - Difficile accontentare l'amico Le perplessità del tuo animo sono divenute pure mie appena me le ha rivelate la tua lettera, non perché mi abbiano turbato tutti i problemi dai quali mi hai fatto sapere d'essere rimasto turbato, ma perché non so come toglierti tali perplessità. Ecco - te lo confesso - ciò che turba anche me, soprattutto per il fatto che mi chiedi di darti una risposta netta e precisa perché tu non abbia a cadere in perplessità maggiori di quelle che avevi prima di domandarmi spiegazioni. Io non vedo come una simile cosa sia in mio potere. Poiché in qualsiasi modo scriverò cose che mi parranno certissime, rimarrai senza dubbio ancor più incerto qualora non ti convincerò. Non dipende certo da me convertire alcuno alla mia opinione, come dipende da me avvertirlo dell'errore. Tuttavia, per non rifiutare alla tua Carità il mio modesto servigio, dopo avere alquanto deliberato tra me, ho creduto mio dovere risponderti. 2 - Se è lecito servirsi della parola data con empio giuramento Certamente ti lascia perplesso la questione se per assicurarsi della lealtà di uno è lecito servirsi della parola data con giuramento in nome dei demoni. A proposito di ciò vorrei che tu facessi questa riflessione: non ti pare che pecchi doppiamente chi giura in nome degli dèi falsi di mantenere la parola data e poi non la mantiene? Se con tale giuramento mantenesse la parola data, giudicheremmo che ha peccato solo per aver giurato in nome di tali dèi; ma nessuno biasimerebbe a ragione il fatto di aver mantenuta la parola. Ora invece per il fatto non solo di aver giurato nel nome di chi non avrebbe dovuto, ma pure d'aver fatto ciò che non avrebbe dovuto contro la parola data, pecca doppiamente; e perciò chi si serve della parola di uno, che si sa aver giurato in nome degli dei falsi, e se ne serve non per il male, ma per il lecito e il bene, non si associa al peccato di chi giura nel nome dei demoni, ma al patto legittimo di colui che in forza di esso ha mantenuto la parola data. Parlando però di "fede" da mantenere, non intendo parlare di quella in virtù della quale si chiamano fedeli i battezzati in Cristo, la quale è di gran lunga diversa e distinta da quella su cui si fondano gli accordi e i patti umani. Per altro è senza alcun dubbio meno male giurare il vero in nome d'una falsa divinità che giurare il falso in nome dei vero Dio. Poiché quanto più è santo ciò in nome del quale si giura, tanto più è colpevole lo spergiuro. È dunque un'altra questione se non pecca chi in nome di falsi dèi si fa prestare giuramento per il motivo che quegli che lo presta adora false divinità. Alla soluzione di essa possono giovare le citazioni da te ricordate a proposito di Labano e di Abimelech, seppure Abimelech giurò in nome dei suoi dèi, come Labano in nome del Dio di Nachor. Questa - ripeto - è un'altra questione, che forse mi procurerebbe difficoltà, se non mi venissero in aiuto gli esempi di Isacco e di Giacobbe e quanti altri se ne possono trovare nella Sacra Scrittura. Una difficoltà nondimeno potrebbe venire dal fatto che nel Nuovo Testamento è detto che non dobbiamo giurare affatto. ( Mt 5,34 ) Ma ciò mi pare detto non perché giurare il vero sia peccato, ma perché spergiurare è un orribile peccato, dal quale Chi ci esortò a non giurare affatto, volle che ci tenessimo lontani. So però che tu hai un altro parere; ma non dobbiamo discutere di ciò, per occuparci piuttosto di quesiti su cui hai pensato di chiedere il mio parere. Perciò allo stesso modo che tu non giuri, se ti aggrada, non costringere altri a giurare, ma, sebbene ci sia raccomandato di non giurare, in nessun passo della Sacra Scrittura ricordo che si legga la proibizione di ricevere il giuramento da parte di altri. Un'altra questione poi è se dobbiamo godere della sicurezza stabilita sul giuramento scambiato vicendevolmente tra persone. Se rifiutassimo ciò, non saprei dove trovare un luogo sulla terra in cui si possa vivere. Poiché non solo alla frontiera, ma in tutte le province la pace si stabilisce mediante giuramento prestato dai barbari. Ne deriva quindi che sarebbero contaminati ovunque non solo i prodotti agricoli custoditi da coloro che giurano in nome dei falsi dèi, ma tutte le cose protette dalla stessa pace assicurata dal giuramento. Se è del tutto assurdo affermare ciò, non essere in ansia per le ansietà che finora hai provate. 3 - Delle cose offerte in sacrificio agli idoli Così pure, se un cristiano permette di prendere qualcosa dall'aia o dal torchio ch'egli sa destinata per i sacrifici dei demoni, pecca se lo permette e ha il potere d'impedirlo. Se poi viene a conoscere il fatto solo in seguito o non aveva il potere d'impedirlo, può servirsi dei rimanenti frutti non contaminati dai sacrifici pagani allo stesso modo che ci serviamo delle fonti, da cui sappiamo con tutta certezza che si attinge acqua per i sacrifici pagani. La stessa considerazione vale per i bagni. Così, per esempio, non esitiamo affatto d'introdurre nei polmoni l'aria, nella quale sappiamo che va a mescolarsi il fumo da tutte le are e gl'incensi dei demoni. È chiaro perciò che ci è proibito d'usare qualcosa in onore di divinità pagane oppure d'usarla in modo da dare l'impressione, a coloro che non conoscono la nostra intenzione, d'indurli col nostro esempio ad onorare queste superstizioni che noi tuttavia disprezziamo. E quando si distruggono templi, idoli, boschi sacri e cose del genere, è chiaro che siamo spinti a farlo non perché li onoriamo, ma piuttosto perché li disprezziamo: dobbiamo però servircene solo per le nostre proprie necessità private, in modo che sia ben palese che li distruggiamo mossi dal nostro sentimento di fede e non da cupidigia. Quando invece si destinassero non già ad utile personale e privato, ma all'onore di Dio, avviene in quelle cose il cambiamento che si avvera negli uomini che da sacrileghi ed empi si convertono alla vera religione. Questo è l'insegnamento che Dio volle farci intendere in quei passi da te citati, quando per esempio ordinò di usare legna presa da un boschetto sacro di divinità pagane per l'olocausto ( Gdc 6,26 ) o che tutto l'oro, l'argento e il vasellame di bronzo di Gerico fosse riposto nei tesori del Signore. ( Gs 6,19 ) Ecco pure perché nel Deuteronomio sta scritto: Non bramare l'argento e l'oro di essi e non prenderne per te per non incorrere in trasgressioni a causa di esso, poiché è un'abominazione per il Signore, Dio tuo, e non introdurre in casa tua una cosa abominevole, altrimenti sarai una persona maledetta come lo è essa e andrai a inciampare e sarai contaminato da quell'abominazione poiché è roba maledetta. ( Dt 7,25.26 ) Ciò indica chiaramente che è proibito prendere tali cose per uso privato o portarle a casa per farne oggetto di culto, poiché in tal caso sarebbe un oggetto abominevole ed esecrabile, ma non già quando se ne distrugge pubblicamente il culto sacrilego. 4 - Dei cibi offerti agli idoli Riguardo poi ai cibi offerti agl'idoli, tieni per certo che non dobbiamo osservare se non quanto ha comandato l'Apostolo. Ricorda quindi su questo punto le sue parole, che io ti spiegherei secondo le mie capacità se fossero oscure. Non pecca certamente chi, senza saperlo, mangia un cibo che precedentemente aveva respinto perché offerto agli idoli. Erbaggi e frutta di qualsiasi campo sono del Creatore, poiché del Signore è la terra e ciò ch'essa contiene ( Sal 25,1; 1 Cor 10,26 ) e: Ogni cosa creata da Dio è buona. ( 1 Tm 4,4 ) Ma se i frutti dei campi sono consacrati o sacrificati a un idolo, allora devono annoverarsi tra i cibi offerti agl'idoli. Bisogna infatti guardarsi dal pensare che non bisogni mangiare erbaggi prodotti nell'orto d'un tempio d'idoli; poiché dovremmo per conseguenza pensare che gli Apostoli non avrebbero dovuto mangiare ad Atene, per il fatto che la città era consacrata a Minerva e alla sua potenza divina. Lo stesso risponderei a proposito del pozzo o del fonte situato in un tempio. Maggior difficoltà presenta effettivamente il caso di oggetti usati per i sacrifici e gettati in un fonte o in un pozzo. Ma vale la stessa norma dell'aria che accoglie tutto il fumo dei sacrifici, di cui già s'è fatto cenno; si potrebbe però pensare che c'è una differenza in quanto il sacrificio, il cui fumo si mischia nell'aria, non è offerto all'aria stessa, ma ad un idolo o demonio; talora però la materia del sacrificio è gettata nelle acque per offrire il sacrificio alle acque stesse; ma ciò nondimeno non ci asteniamo di godere la luce di questo sole per il fatto che gl'idolatri non cessano d'offrirgli sacrifici. Si fanno sacrifici pure ai venti, di cui tuttavia ci serviamo per tanti nostri vantaggi, sebbene sembri che in certo modo assorbano e divorino il fumo dei sacrifici. Se uno ha dubbi che la carne sia stata offerta agl'idoli ma non lo è, e persiste nel pensare che non è stata offerta agl'idoli e se ne ciba, certamente non pecca, poiché non è carne offerta agl'idoli né lo si crede più in seguito, sebbene prima lo si credesse, poiché non è illecito correggere il proprio parere passando dal falso alla verità. Se invece uno avesse la convinzione ch'è bene ciò ch'è male e agisse con tale convinzione, certamente peccherebbe. Ma sono tutti peccati d'ignoranza, per cui, credendo di fare il bene, si fa il male. 5 - Dei limiti della propria difesa Non mi piace poi il parere per cui uno possa uccidere delle persone per non essere ucciso da esse, salvo che a farlo non sia un soldato o chi è obbligato al servizio pubblico, salvo cioè che uno agisca non per se stesso, ma a difesa degli altri o dello Stato di cui fa parte, qualora è legittimamente autorizzato e la sua azione è conforme alla sua funzione. Quanto poi a incutere terrore per respingere individui perché non compiano del male, forse si rende un servizio pure ad essi. Per questo è stato detto: Non resistiamo al male, ( Mt 5,39 ) perché non prendiamo gusto nella vendetta che pasce l'animo col male altrui, e non perché trascuriamo di castigare gli uomini. Per lo stesso motivo non è colpevole dell'altrui morte chi ha costruito un muro attorno al suo podere e uno muore schiacciato sotto le rovine di esso. Poiché non è colpevole un cristiano se uno rimane ferito dal proprio bue o ucciso dal calcio del proprio cavallo: altrimenti i buoi del cristiano non dovrebbero avere le corna né il cavallo gli zoccoli né il cane i denti! L'apostolo Paolo non si diede forse la pena di far arrivare a conoscenza del tribuno che gli si tendevano agguati da certi delinquenti e ricevette perciò una scorta di soldati armati? ( At 23,17-24 ) Nell'eventualità che fossero capitati tra questi armati quei delinquenti, avrebbe forse Paolo dovuto riconoscere d'essere colpevole dell'effusione del loro sangue? Non è ammissibile che sia imputato a noi il male che può accadere a qualcuno senza che noi lo vogliamo nel difendere le nostre proprietà o nel compiere azioni per motivi buoni e leciti. Altrimenti non si dovrebbero avere neppure arnesi di ferro, necessari in casa o in campagna, per evitare che uno con essi uccida se stesso e gli altri, né alberi o funi per evitare che uno vi s'impicchi; e non si dovrebbe fare neppure una finestra per evitare che uno si precipiti da essa. Ma a che ricordare altri esempi? Non finirei mai se volessi enumerare tutti i casi di tal genere! V'è infatti forse qualcosa che sia usata bene e lecitamente dalle persone, con la quale non si possa procurare anche qualche disgrazia? 6 - Se in gravi necessità possono mangiarsi cibi offerti agli idoli Resta, se non m'inganno, ch'io dica una parola su quel viaggiatore cristiano da te ricordato. S'egli fosse sopraffatto dalla fame e non riuscisse a trovare in nessun luogo cibo se non in un tempio dedicato agl'idoli, dove non ci fosse persona viva, dovrebbe egli morire di fame piuttosto che prendere quel cibo? Nella tua domanda non risulta chiaro se quel cibo sia o no un'offerta fatta agl'idoli. Potrebbe infatti essere stato abbandonato là per dimenticanza o di proposito da gente che passando di lì avesse fatto sosta per rifocillarsi o messo lì per un altro motivo qualsiasi. Orbene, ecco in breve la mia risposta: o è certo che il cibo è stato offerto agl'idoli o è certo che non lo è stato, oppure non si sa. Se dunque è certo, che è stato offerto agl'idoli, è meglio respingerlo con cristiana fortezza; se invece non lo è o non si sa, in caso di necessità si può prendere per le proprie esigenze senza alcuno scrupolo.