Padri/Agostino/Lettere/139.txt Lettera 139 Scritta fra il 411 e il 28-2-412. Agostino prega Marcellino d'inviargli i verbali ufficiali redatti contro i Donatisti e di farli affiggere in pubblico ( n. 1 ); lo esorta di applicare ai colpevoli pene inferiori a quella capitale ( n. 2 ) e si scusa d'essere troppo occupato in faccende urgenti per correggere i libri Sul battesimo dei bambini ( n. 3-4 ). Agostino saluta nel Signore Marcellino, suo signore meritatamente insigne, figlio carissimo e desideratissimo 1 - Pubblicare gli Atti ufficiali contro i Donatisti Aspetto con impazienza i processi verbali promessimi dall'Eccellenza tua e ardentemente bramo di farli leggere quanto prima nella chiesa di Ippona e, se sarà possibile, anche in tutte le chiese della diocesi. Voglio che la gente li ascolti e riconosca pienamente coloro che hanno confessato le loro iniquità, non costretti al pentimento dal timore di Dio, ma perché la spietata crudeltà dei loro cuori è stata svelata da una scrupolosa indagine giudiziaria. Alcuni di essi hanno confessato d'aver commesso un omicidio e d'aver accecato e mutilato un sacerdote; altri non hanno osato negare d'aver potuto conoscere quei delitti, pur manifestando il loro disappunto, ma rifiutando la pace cattolica col pretesto di non macchiarsi della colpa altrui, ostinandosi a rimanere in quel sacrilego scisma fra tanta moltitudine di criminali, animati da sentimenti efferati; altri infine hanno dichiarato che non avrebbero abbandonato lo scisma neppure dopo che fosse loro dimostrata la verità cattolica e l'errore dei Donatisti. Non è di poca importanza che Dio abbia voluto compiere ciò per mezzo tuo. Oh, se spesso tu potessi esaminare simili loro cause con simili risultati! Oh, se così spesso venissero svelati i loro delitti e la loro pazza ostinazione e gli stessi processi verbali pubblici giungessero a conoscenza di tutti! Riguardo poi a quanto mi ha scritto l'Eccellenza tua, di essere cioè in dubbio se fare affiggere gli Atti nella chiesa di Teoprepia, sia fatto così se può affluire colà molta gente: in caso contrario, occorre pensare ad un luogo più frequentato. Non bisogna comunque in nessun modo tralasciare di affiggerli. 2 - Ai colpevoli si risparmi la pena di morte Riguardo poi al castigo da infliggere loro, benché abbiano confessato si orribili delitti, ti prego che non sia la pena di morte, non solo per la pace della nostra coscienza, ma anche per mettere in risalto la mansuetudine cattolica. In realtà la loro confessione torna a nostro vantaggio, poiché la Chiesa cattolica ha trovato il modo di conservare e mostrare la sua clemenza verso i suoi più accaniti nemici. In rapporto alla loro crudeltà, qualsiasi sanzione venga inflitta, purché non sia la morte, apparirà come una grande clemenza. Se ora ad alcuni dei nostri, profondamente scossi dalle atrocità commesse, questa condotta sembra non adatta e quasi simile a debolezza e a incuria, una volta che sia passata l'eccitazione degli animi, che sogliono più violentemente turbarsi per avvenimenti troppo recenti, apparirà in tutta la sua luce la bontà della Chiesa e perciò riuscirà più gradito leggere o mostrare gli Atti stessi, o signore meritamente insigne e figlio sommamente caro e desiderato. Si trova costì Bonifacio, mio santo fratello e collega nell'episcopato; ti ho inviato inoltre un pro-memoria per mezzo del diacono Peregrino, che lo ha accompagnato nel viaggio: accoglilo come se fossi io in persona. Con l'aiuto di Dio, che è potente per soccorrerci con la sua misericordia in si gravi sciagure, si faccia di comune accordo quanto vi parrà opportuno a vantaggio della Chiesa. Attualmente Macrobio, vescovo dei Donatisti, circondato da bande di facinorosi di ambo i sessi, percorre il paese qua e là e si fa aprire le basiliche che i possessori avevano chiuse per una certa fifa. Finché era presente Spondeo, agente dell'illustrissimo Celere che ho raccomandato e ancora raccomando molto alla tua dilezione, l'audacia dei Donatisti era comunque stroncata, ma ora, dopo che è partito alla volta di Cartagine, Macrobio s'è fatto aprire le basiliche anche nei possedimenti di sua proprietà e vi raccoglie i fedeli. Con lui c'è anche Donato, il diacono ribattezzato quando era colono della chiesa, l'autore principale di quella strage. Quali criminali non sono con lui dal momento che con lui è un simile figuro? Se il Proconsole oppure tutti e due insieme vi accingete a pronunciare la sentenza contro i Donatisti e per caso quello persiste a volerli punire con la morte, pur essendo cristiano e non incline - per quanto mi risulta - a simili azioni, tuttavia, se sarà necessario, fate allegare agli Atti anche le mie lettere che ho pensato d'inviare a ciascuno di voi su questa faccenda. Sento spesso dire che è in potere del giudice mitigare la sentenza e punire il colpevole coli meno rigore di quello prescritto dalle leggi. Se invece non acconsentirà alla mia proposta neppure per via delle mie lettere, conceda almeno che siano tenuti in prigione e noi poi cercheremo di ottenere dalla clemenza del l'imperatore che le sofferenze dei servi di Dio, che devono essere gloriose nella Chiesa, non siano disonorate dal sangue dei nemici. So infatti che nel processo dei chierici della Val di Non, uccisi dai pagani e onorati ora come martiri, l'imperatore aderì senz'altro alla richiesta che gli uccisori, già tenuti in prigione, non fossero condannati alla stessa pena di morte. 3 - Agostino pressato da troppi impegni Non ricordo più perché mi hai rimandato i libri sul " Battesimo dei bambini ", dal momento che avevo già inviato all'Eccellenza tua il volume. Forse, osservandoli attentamente, li avevo trovati difettosi e m'ero proposto di correggerli, ma non l'ho fatto ancora fino a questo momento, impedito da faccende straordinarie. Sappi che la lettera che volevo scriverti e aggiungerla a quei libri, l'avevo già cominciata a dettare quando ero lì, ma non l'ho ancora terminata, pur avendovi aggiunto qualche rigo. Se poi io potessi renderti conto di tutti i giorni e delle veglie spese per altre necessità, rimarresti assai addolorato e ti meraviglieresti del gran numero d'incombenze che debbo sbrigare e non posso differire in nessun modo e non mi permettono di compiere ciò cui tu mi solleciti con insistenti preghiere, mentre io, con indicibile rincrescimento, non posso fare come invece desidererei. Quando ho un po' di tempo libero dagli obblighi verso coloro che mi costringono in modo che non mi è punto lecito evitarli né bisogna trascurarli, non mancano cose urgenti da dettare, fissate già per scadenze così precise che non ammettono dilazione. Così, ad esempio, mi è costato molta fatica il riassunto degli Atti della nostra conferenza, poiché vidi che nessuno voleva sobbarcarsi alla lettura d'una si gran mole di rapporti scritti. Ho dovuto scrivere anche una lettera ai laici Donatisti riguardante la stessa nostra conferenza e l'ho terminata solo poco fa, dopo alcune veglie. Ho scritto pure due lunghe lettere: una alla tua Dilezione, l'altra all'illustre Volusiano, che penso abbiate già ricevute. Ora ho tra le mani un trattato da scrivere per il nostro Onorato su cinque quesiti da lui proposti e presentatimi per lettera; tu spesso comprendi quanto sarebbe sconveniente non rispondergli subito. La carità, che si occupa con sollecitudine dei suoi figli come una balia, antepone i più deboli ai più forti, non secondo una graduatoria dell'amore, ma del bisogno di aiutare i più deboli, perché vuole che questi diventino come sono già quelli che essa momentaneamente lascia da parte, non perché li disprezzi, ma perché è sicura nei loro riguardi. Non possono dunque mancarmi necessità urgenti di dover dettare argomenti i quali mi distolgono da altre opere che bramerei tanto più di scrivere appena mi è dato un tantino di tempo fra tanta congerie dì occupazioni, in cui mi cacciano e mi sommergono la volontà o le necessità altrui. Io non so proprio cosa fare. 4 - Continui a consultare Agostino Sai ora perché devi pregare il Signore con me: non voglio però che tu cessi di chiedermi con tanta insistenza e frequenza, poiché qualcosa otterrai. Anch'io raccomando anche alla tua Eccellenza la Chiesa di Numidia, per le cui necessità è stato inviato là Delfino, nostro collega nell'episcopato, dai fratelli colleghi d'episcopato che condividono la stessa fatica ed i medesimi pericoli. Non ti scrivo più a lungo su questo argomento, poiché tra non molto te ne parlerà egli di persona. Il resto lo troverai nel promemoria che ho inviato al sacerdote non solo ora, ma anche prima per mezzo del diacono Peregrino, per non essere costretto a ripetere tante volte le medesime cose. Il tuo cuore sia sempre saldo in Cristo, signore meritamente insigne, carissimo e dilettissimo mio figlio. Raccomando alla tua esimia bontà il figlio nostro Rufino, primo magistrato del municipio di Cirta.