Soliloqui

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Libro II - Discussione 3

15.27 - Sì, la verità è immortale, poiché, se venisse a scomparire, sarebbe vero che è scomparsa

Non abbiamo forse pregato Dio, non lo preghiamo forse ancora che ci accordi non le ricchezze, i piaceri del corpo, i favori popolari, gli onori, ma ci orienti nella nostra ricerca sull'anima e su lui stesso?

Ci abbandonerà forse? Sarà forse da noi, abbandonato?

RAGIONE - Egli è certo ben lontano dall'abbandonare coloro che hanno tali desideri; parimenti noi pure dobbiamo allontanare il pensiero di abbandonare una tale guida.

Perciò, se non ti dispiace, richiamiamo brevemente come siamo riusciti a formare queste due proposizioni: da un lato che la verità sussiste sempre; dall'altro che la dialettica è la verità.

Hai detto infatti che l'incertezza su questi principi avrebbe tolto ogni sicurezza all'insieme della nostra argomentazione.

Oppure vuoi che cerchiamo piuttosto come la scienza possa esistere in un'anima ignorante, che tuttavia bisogna pur chiamare anima?

Tu parevi inquieto a questo riguardo, al punto da sentirti obbligato a rimettere in dubbio quanto già avevi accordato.

AGOSTINO - No; discutiamo innanzitutto quelle mie prime difficoltà; poi vedremo quale debba essere il seguito.

Così, mi pare, sarà del tutto esaurita la discussione.

RAGIONE - Sia pure, ma sta ben attento e sii molto cauto; so infatti che cosa ti succede quando sei attento; completamente teso verso la conclusione, desideroso di vederla derivare in tutta fretta, tu non esamini con diligenza sufficiente l'oggetto dell'interrogazione e fai la tua ammissione.

AGOSTINO - Probabilmente dici il vero: lotterò con tutte le mie forze contro questo difetto.

Tu ora inizia dunque questa ricerca e non indugiamo in ragionamenti superflui.

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RAGIONE - Per quanto mi ricordo, dalla costatazione che la verità non può perire abbiamo concluso che se tutto il mondo perisse e con esso la verità stessa, sarebbe vero che il mondo e la verità stessa sono periti; ora, nulla vi è di vero senza la verità; dunque in nessun caso la verità perisce.

AGOSTINO - Riconosco la giustezza di questa affermazione e mi stupirei molto se risultasse falsa.

RAGIONE - Veniamo dunque al secondo principio.

AGOSTINO - Lasciami riflettere un poco, per favore, per risparmiarmi l'umiliazione di tornare sui miei passi un'altra volta.

RAGIONE - Veniamo dunque all'ipotesi che la verità perisca.

Se non è vera, non perisce; se invece è vera, come potrà esser ancora vera dopo il tramonto della verità, quando ormai non ci sarà più verità?

AGOSTINO - Non ho più motivo di pensare e di considerare ulteriormente; passa pure ad altro; faremo il possibile, senza alcun dubbio, affinché le persone dotte e i prudenti leggano queste discussioni e ne correggano le imprudenze, se mai ce ne sono.

Non vedo infatti, per quanto mi riguarda, che si possa trovare qualcosa da obiettare circa questo, né ora, né mai.

29 - Il falso e il vero

RAGIONE - La verità, dunque, non è forse ciò che rende vero tutto quanto è vero?

AGOSTINO - Sì, certamente.

RAGIONE - Forse che non si dice a buon diritto vero, se non ciò che non è falso?

AGOSTINO - Dubitare su questo sarebbe pazzia.

RAGIONE - E il falso non è forse ciò che s'approssima alla somiglianza di una qualche altra cosa, senza essere quella cosa stessa, cui appare simile?

AGOSTINO - Nulla conosco che più facilmente io possa chiamare falso.

Tuttavia si è soliti chiamare falso anche ciò che è molto lontano dalla rassomiglianza con il vero.

RAGIONE - Chi può negarlo? Però ci deve pur essere una certa imitazione del vero.

AGOSTINO - E come? Quando si dice che Medea ha volato nell'aria con un groviglio di serpenti alati, questa finzione non imita in nulla il vero, poiché non esiste; e non si può certo imitare una cosa che non esiste assolutamente.

RAGIONE - Ben detto; non ti accorgi però che una cosa assolutamente non esistente, non la si può neanche chiamare falsa.

Se è falsa, esiste; se non esiste, non è falsa.

AGOSTINO - Non potremmo dire dunque di questo preteso prodigio attribuito a Medea, che esso è falso?

RAGIONE - No, di certo: perché se è un fatto, come può essere falso; e se non è un fatto, come può essere un prodigio?

AGOSTINO - Stupisco: così quando sento il verso: "dei grandi serpenti alati, uniti al giogo" non esprimo il falso?

RAGIONE - Eprimi il falso certamente: lì c'è infatti una cosa che puoi ben dire falsa.

AGOSTINO - Quale, per favore?

RAGIONE - La proposizione stessa enunciata nel verso.

AGOSTINO - Ed essa quale imitazione del vero mai contiene?

RAGIONE - La somiglianza è nella formulazione, come se Medea avesse veramente compiuto quel fatto.

Dunque nell'enunciazione una proposizione falsa imita le proposizioni vere; se non è creduta, imita le proposizioni vere solo per l'espressione: è falsa soltanto, non ingannevole; se invece ottiene credito, imita parimenti le proposizioni credute vere.

AGOSTINO - Ora capisco che c'è molta differenza tra le cose che diciamo e le cose di cui parliamo; per questo dò il mio assenso; infatti una sola difficoltà mi tratteneva e cioè che tutto ciò che noi affermiamo falso, non può essere affermato, se non ha rassomiglianza con alcunché di vero.

Non si avrebbe forse ragione di ridere se uno dicesse che una pietra è falso argento?

Eppure se qualcuno dice che una pietra è argento, noi affermiamo che dice una cosa falsa, perché enuncia una proposizione falsa.

Però non è assurdo, così mi sembra, chiamare lo stagno o il piombo falso argento, perché questi due metalli ne sono una imitazione.

Ciò che è falso in questo caso non è la nostra proposizione, ma lo stesso oggetto su cui essa porta.

16.30

RAGIONE - Hai compreso perfettamente; ma vedi un po' ora se possiamo convenientemente chiamare l'argento con il nome di falso piombo.

AGOSTINO - Non mi va.

RAGIONE - Perché mai?

AGOSTINO - Non lo so, ma istintivamente mi ripugna questa maniera di dire.

RAGIONE - Non è forse perché l'argento è più pregiato e con quell'affermazione sarebbe quasi deprezzarlo, mentre quella stessa affermazione è come una rivalutazione per il piombo, se è chiamato falso argento?

AGOSTINO - Hai spiegato perfettamente ciò che intendevo.

Ecco senza dubbio perché la legge considera come infami e incapaci di testimoniare quegli uomini che si mostrano in abito muliebre.

Non so se debbo chiamarli false donne o falsi uomini.

In ogni caso possiamo chiamarli senza esitazione autentici istrioni e veri infami, oppure se restano nascosti, non potendo chiamare infame se non colui che è diffamato tra la pubblica opinione, credo che restiamo nel vero, se li chiamiamo autentici perversi.

RAGIONE - Altra occasione avremo di discutere questo argomento.

Infatti sono compiute molte cose che sembrano turpi nell'aspetto a tutti accessibile, ma di cui tuttavia si può dimostrare che sono oneste, tenendo conto dell'intenzione lodevole che vi presiede.

Si fa una gran questione per sapere se, al fine di liberare la patria, si può tentare d'ingannare il nemico rivestendo una tunica muliebre ( non è forse questo il modo di mostrarsi tanto più uomini, proprio per aver finto di essere una donna? ).

Parimenti si fa gran discussione per sapere se il saggio, persuaso che la sua vita sia in qualche modo necessaria al bene dell'umanità, debba preferire di morire per il freddo, piuttosto che usare vesti da donna, in mancanza di altro.

Ma di questo, come ho detto, discuteremo un'altra volta; tu infatti vedi certamente quante ricerche siano necessarie per far progredire il discorso e non cadere in storture inescusabili.

Per quanto attiene alla questione di cui parliamo, penso che ormai sia chiara quanto basta e che non si possa più dubitare che nulla è falso, senza una qualche imitazione del vero.

17.31 - Vi sono cose vere che per nessun rapporto possano essere false?

AGOSTINO - Passa ad altro argomento: di questo sono ormai perfettamente persuaso.

RAGIONE - Ecco dunque ciò che io cerco: all'infuori delle discipline che costituiscono la nostra cultura e tra le quali si deve annoverare anche lo studio della sapienza, è possibile trovare qualcosa che sia vero, senza essere, come un Achille del teatro, in parte falso, proprio per poter essere in parte vero?

AGOSTINO - È possibile, mi pare, trovare molti riferimenti.

Questa pietra è certo estranea alle discipline di cui abbiamo detto e tuttavia, per essere una pietra vera, non ha bisogno di somigliare a qualcosa, in rapporto alla quale la si debba dire falsa.

Questo solo esempio addotto mi dispensa, come vedi, dal citarne altri innumerevoli, che s'affacciano spontaneamente al pensiero.

RAGIONE - Lo vedo decisamente. Ma non ti pare che questi esempi ricadano tutti sotto la categoria dei corpi?

AGOSTINO - Riterrei così, se fossi sicuro che il vuoto non sia assolutamente nulla, o che l'anima stessa dovesse annoverarsi tra i corpi, o che anche Dio fosse un corpo.

Ma se tutti questi esseri esistono, non vedo che siano falsi e veri in rapporto all'imitazione di una qualsiasi cosa.

RAGIONE - Ci porti lontano, ma cercherò di essere il più breve possibile.

Quello che tu chiami vuoto è certamente ben diverso da ciò che tu chiami verità.

AGOSTINO - È certo molto diverso; che cosa vi sarebbe di più vuoto di me, se ritenessi la verità come un qualcosa di vuoto e se questo qualcosa di vuoto lo perseguissi con questo ardore?

Che cosa in effetti, se non la verità, desidero trovare?

RAGIONE - Probabilmente mi ammetti che nulla è vero senza che la verità lo faccia vero?

AGOSTINO - Questo già prima ci è parso evidente.

RAGIONE - Dubiti forse che nulla sia vuoto fuorché il vuoto o che tutto certamente sia corpo?

AGOSTINO - Non ne dubito affatto.

RAGIONE - Allora ne concludo che tu credi che la verità sia un corpo.

AGOSTINO - No certamente, in nessun modo.

RAGIONE - Che cosa vi è in un corpo?

AGOSTINO - Non lo so.

RAGIONE - Non fa nulla per la nostra questione; penso infatti che tu sappia che, se il vuoto esiste, è maggiore là dove non c'è corpo.

AGOSTINO - Questo è evidente.

RAGIONE - Perché dunque indugiamo? Ti sembra forse che la verità abbia creato il vuoto o che possa esistere qualcosa di vero dove non c'è la verità?

AGOSTINO - Non mi sembra.

RAGIONE - È vuoto dunque non è vero.

Il vuoto infatti non può nascere da qualcosa che non sia vuoto; inoltre ciò che è vuoto di verità, non può evidentemente essere vero; per cui ciò che diciamo vuoto, lo diciamo proprio perché non è.

Come dunque può essere vero ciò che non è? Come dunque può essere ciò che assolutamente non è?

AGOSTINO - Procediamo: lasciamo il vuoto andarsene come cosa vuota.

Degli altri esseri che mi dici?

18.32 - L'eternità della verità postula l'eternità di Dio e l'immortalità dell'anima

RAGIONE - Che cosa mai se non quanto, tu lo vedi, mi è molto favorevole?

Restano infatti due sole questioni, l'anima e Dio.

Se questi due esseri sono veri perché in essi c'è la verità, nessuno può dubitare dell'immortalità di Dio.

E l'anima deve essere creduta ugualmente immortale, se la verità, che non può perire, sussiste in essa con tutta evidenza.

Esaminiamo dunque quest'ultima questione: il corpo non è veramente vero, cioè la verità non è in esso, ma solo vi è come una somiglianza di verità.

Infatti se anche nel corpo, che certamente va incontro alla morte, troviamo altrettanto vero quanto troviamo nelle scienze, allora la dialettica non sarà più quella verità che rende vere tutte le discipline, poiché non pare proprio che abbia formato questo corpo, che pure è vero.

Se invece il corpo è vero solo per la somiglianza con qualcosa, e proprio per questo non è vero in assoluto, senza dubbio non c'è più alcun ostacolo ad ammettere, che la dialettica sia proposta come la verità medesima.

AGOSTINO - Intanto discutiamo sulla realtà del corpo.

Vedo bene che, anche dopo aver assodato questo punto, la controversia non sarà ancora terminata.

RAGIONE - Come puoi conoscere la volontà di Dio?

Pertanto seguimi bene: ritengo che il corpo sia delimitato da una forma, da una figura; se non l'avesse, non sarebbe un corpo; se avesse quella vera, allora sarebbe un'anima.

Pensi forse diversamente?

AGOSTINO - Consento in parte e in parte nutro dubbi.

Ammetto che se non è contenuto in una figura il corpo non può esistere.

Ma che, se avesse una figura vera, allora sarebbe un'anima, questo non lo capisco.

RAGIONE - Non ricordi dunque nulla dell'inizio del primo libro e delle tue nozioni di geometria?

AGOSTINO - Hai fatto bene a ricordarmelo; l'ho presente; vi ritorno su con molto piacere.

RAGIONE - Trovi forse nei corpi delle figure come quelle descritte in questa disciplina?

AGOSTINO - No di certo; anzi è incredibile fino a che punto esse si mostrino meno perfette!

RAGIONE - Di queste, quali ritieni come vere?

AGOSTINO - Non pensare, ti prego, di dovermi interrogare anche su questo.

Chi sarebbe tanto cieco di mente da non vedere che le forme insegnate nella geometria o sussistono nella verità o la verità sussiste in esse, mentre le figure corporee, proprio perché sembrano tendere verso quelle, posseggono solo una certa quale mutazione della verità e perciò, sotto questo aspetto, sono false?

Ormai intendo tutto quello che ti sforzavi di dimostrarmi.

L'immortalità dell'anima è garantita anche dal fatto che essa contiene le forme geometriche, assolutamente vere

19.33

RAGIONE - Allora che bisogno abbiamo ancora di parlare di questa disciplina dialettica?

Infatti sia che le figure geometriche sussistano nella verità, sia che la verità sussista in esse, nessuno può dubitare che la nostra anima, cioè la nostra intelligenza, non le contenga e che di conseguenza la nostra anima non rinchiuda sicuramente in se stessa la verità.

Se poi ogni disciplina è nella nostra anima come in un soggetto da cui è inseparabile e se d'altra parte la verità non può perire, come conservare sull'eterna vita dell'anima quel dubbio che ci suggerisce una non so quale familiarità con la morte?

La linea, la quadratura, la circonferenza devono forse imitare qualche altra cosa per essere vere?

AGOSTINO - Non lo posso certo supporre, perché allora bisognerebbe credere che la linea sia altra cosa che una lunghezza senza larghezza e che la circonferenza sia altro che una linea curva i cui punti sono ugualmente lontani dal centro.

RAGIONE - Perché allora indugiamo ancora? Là dove ci sono simili figure, non c'è anche la verità?

AGOSTINO - Dio ci preservi dall'essere così stolti da contestarlo!

RAGIONE - E forse che la disciplina non esiste nell'anima?

AGOSTINO - Chi mai oserebbe negarlo?

RAGIONE - E potrebbe ciò che è nel soggetto continuare a sussistere, se il soggetto venisse a mancare?

AGOSTINO - Chi mai potrebbe persuadermi di questo?

RAGIONE - Resta allora da supporre che la verità possa perire.

AGOSTINO - E come sarebbe concepibile?

RAGIONE - Dunque l'anima è immortale.

Abbi fiducia ormai nelle tue argomentazioni, credi ormai alla verità: essa grida forte che abita in te, che è immortale, che nessuna morte del corpo le può sottrarre la sua dimora.

Abbandona dunque la tua ombra, ritorna in te; impossibile è la tua morte, a meno che tu non dimentichi di non poter morire.

AGOSTINO - Raccolgo l'invito, rientro in me stesso, comincio a riconoscermi.

Ma, ti prego, sciogli le mie ultime difficoltà.

Come in un'anima non istruita, che non possiamo certo dire mortale, si può concepire che inabitino la scienza e la verità.

RAGIONE - Questa questione richiederebbe un altro volume, a volerla trattare con diligenza.

È meglio per te riepilogare i punti, che finora abbiamo elucidato nei limiti del possibile; se non resterà più alcun dubbio sui principi ammessi, credo che avremo fatto molto; solo se sicuri infatti, possiamo prolungare le nostre ricerche.

20.34 - La differenza fra l'idea e l'immagine

AGOSTINO - È proprio come dici e volentieri seguo le tue indicazioni.

Però, prima di porre fine a quest'opera, ti chiedo di spiegarmi brevemente la differenza tra una figura vera, tale quale è contenuta nell'intelligenza e una figura creata dall'immaginazione, che i Greci chiamano fantasia o fantasma.

RAGIONE - Ciò che tu cerchi, per vederlo occorre una grande purezza e tu non sei ancora ben preparato a tale visione.

I lunghi percorsi che abbiamo effettuato non hanno avuto altro fine, se non quello di esercitare il tuo spirito e renderlo capace di sopportarla.

Tuttavia la differenza di cui parli, e che è capitale, può, a mio avviso, esserti resa accessibile con qualche parola semplicissima.

Il problema della reminiscenza dei ricordi

Supponi che tu abbia dimenticato qualche cosa e voglia che altri te la ricordi.

Ti dicono: è questo? è quello? presentando cose differenti come analoghe; tu non riconosci ciò che desideri ricordare; però vedi almeno che non è quello che ti si suggerisce.

Quando ti succede questo fatto, ti sembra che si possa dire che vi sia dimenticanza completa?

Questo discernimento, che fa rifiutare come false le loro indicazioni, non è forse come una specie di ricordo?

AGOSTINO - Mi pare di sì.

RAGIONE - Così si può non vedere ancora la verità, e tuttavia si può non essere ingannati ed illusi e sapere abbastanza bene ciò che si cerca.

Ma se qualcuno ti dicesse che hai riso pochi giorni dopo la nascita, non oseresti certo affermare che ciò è falso; se il testimone è degno di fede, anche senza ricordare personalmente, gli presti fede, poiché tutto quel periodo è sepolto per te in un oblio profondo. Non pensi forse così?

AGOSTINO - Assento pienamente.

RAGIONE - Questa seconda forma di dimenticanza è molto differente dalla prima ed è intermedia, poiché c'è ancora un'altra specie di dimenticanza più prossima e affine al ricordo e al riconoscimento della verità

Eccone un esempio: vediamo una cosa e ricordiamo con certezza che già l'abbiamo vista un'altra volta; affermiamo di conoscerla; ma ci affanniamo a richiamare e a rievocare dove, quando, come, presso chi ne abbiamo avuto notizia.

Se si tratta di una persona, rimuginiamo dove l'abbiamo incontrata; non appena quella persona ce lo ricorda, improvvisamente, tutto il passato si ricostituisce nella memoria come si accende una luce, senza fatica da parte nostra.

Questa forma di dimenticanza ti è sconosciuta od oscura?

AGOSTINO - Nulla di più evidente e nulla di più frequente.

Questo fenomeno spiega la maniera in cui la scienza si forma nella nostra intelligenza

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RAGIONE - Così sono coloro che sono stati ben istruiti nelle discipline liberali; queste conoscenze, senza dubbio sepolte nel più profondo di loro stessi, le scoprono con lo studio; per così dire, le dissotterrano.

Ed ancora non sono contenti; non si fermano finché non riescono a contemplare in tutta ampiezza e pienamente quella verità, il cui splendore lascia filtrare in queste arti alcuni suoi raggi.

Ma da queste stesse discipline si distaccano come dei colori e delle forme ingannevoli che si spandono, per dire così, sullo specchio del pensiero, illudendo spesso coloro che cercano e ingannando coloro che credono che quello sia tutto ciò che conoscono o tutto ciò che cercano.

Sono illusioni da evitare con grande precauzione e la cui falsità si scopre perché sono mutevoli come lo specchio del pensiero, mentre l'aspetto della verità rimane unico ed immutabile.

Così l'immaginazione si rappresenta un quadrato di questa o di quell'altra grandezza e, per così dire, se lo mette davanti agli occhi.

Ma lo spirito interiore, che vuol vedere il vero, deve rivolgersi piuttosto, se gli è possibile, verso quel principio, partendo dal quale può giudicare che tutte quelle figure sono proprio dei quadrati.

AGOSTINO - Sì, certo; ma se ci si obiettasse che la mente non giudica se non rappresentandosi i vari dati sensibili?

RAGIONE - Come allora la mente, se è istruita, giudica che ogni vera sfera, di qualunque dimensione, è tangente ad un piano ideale in un sol punto?

L'occhio non ha mai visto, né può vedere una tale proprietà, che non può essere rappresentata dall'immaginazione.

Non proviamo la stessa cosa quando con l'immaginazione descriviamo un cerchio, anche piccolissimo e ne tracciamo i raggi al centro?

Se ne tracciamo due, tra cui si potrebbe appena infiggere la punta di un ago, non possiamo anche, con la forza dell'immaginazione, tracciare in mezzo ad essi altri raggi che giungano al centro senza confondersi.

Eppure la ragione afferma chiaramente che se ne possono tracciare all'infinito e che in questo spazio incredibilmente piccolo essi non si incontrano se non al centro, a tal punto che si potrebbe ancora inscrivere un cerchio nello spazio che c'è tra loro.

L'immaginazione non può rappresentarsi nulla di simile e la sua deficienza è ancora più rilevante di quella degli occhi, perché è per mezzo di questi che la rappresentazione s'impone allo spirito.

È dunque evidente che l'immaginazione è molto differente dalla verità e che l'una scompare quando l'altra si manifesta.

36 - Programma futuro

Queste nozioni saranno esposte con maggiore cura e precisione, quando abborderemo la trattazione sull'intelligenza.

Ci proponiamo di farlo non appena avremo esposto o discusso, per quanto ci è possibile, tutti i problemi che ci preoccupano sulla vita dell'anima.

Poiché tu temi molto, a quanto vedo, che la morte dell'uomo, qualora anche non sopprima l'anima, inferisca l'oblio di tutto e della stessa verità, che si è venuta apprendendo.

AGOSTINO - Non è possibile esprimere quanto debba temersi questa disgrazia; quale sarebbe infatti quella vita eterna, quale morte non dovrebbe esserle preferibile, se l'anima dovesse vivere come la vediamo vivere in un bambino appena nato ( per non parlare della vita uterina, che non credo inesistente )?

RAGIONE - Sta di buon animo. Come fin d'ora già sentiamo, Dio verrà in nostro soccorso, se lo preghiamo.

Egli ci promette, senza inganno, dopo questa vita corporale, una vita felice con la pienezza della verità.

AGOSTINO - Possa avverarsi la nostra speranza.

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