S. Cirillo di Gerusalemme

Opere

txt --- Le catechesi mistagogiche

Cirillo nacque certamente a Gerusalemme o nelle vicinanze tra il 313 e il 315.

La sua vita tormentata fu costellata di persecuzioni, esili e riabilitazioni.

Ordinato vescovo di Gerusalemme nell'anno 348 da Acacio, metropolita di Cesarea, di simpatie ariane, fu più volte deposto ed esiliato per lunghi anni.

Morì a 70/72 anni nel 387.

Partecipò al secondo Concilio Ecumenico, celebrato a Costantinopoli, e dai Padri conciliari ottenne una lodevolissima testimonianza in una lettera da essi scritta a papa S. Damaso.

Nel 1882 papa Leone XIII lo proclamò dottore della Chiesa.

La sua opera di gran lunga più celebre sono le 24 Catechesi, pronunciate nel 348 o 350 per lo più nella Basilica del S. Sepolcro e pubblicate in base al resoconto stenografico stilato da un uditore.

Ogni catechesi è preceduta da un titolo che ne esplicita l'argomento e dalla citazione del brano scritturistico che la precedeva nella celebrazione eucaristica.

La prima è come un'introduzione in cui si sottolinea ai catecumeni l'importanza della decisione da loro presa di prepararsi a ricevere prossimamente il Battesimo.

I successivi 18 sermoni sono prebattesimali e parlano del peccato, della penitenza, della fede, e illustrano il contenuto del « Simbolo battesimale », molto simile al Credo adottato dal Concilio costantinopolitano I°.

Le ultime 5 catechesi, di minore ampiezza, sono le più importanti, sono mistagogie, ossia istruzioni rivolte nella settimana dopo Pasqua ai neo-battezzati.

Trattano dei sacramenti ricevuti nella festa di Pasqua: il Battesimo, la Confermazione, l'Eucaristia, la liturgia dei fedeli.

Nonostante le controverse opinioni degli studiosi, non esiste una prova che confuti con certezza l'attribuzione di queste catechesi a S. Cirillo di Gerusalemme.


Cirillo di Gerusalemme, ordinato presbitero intorno al 345, fu uomo particolarmente attento alla preparazione dei catecumeni aspiranti al sacramento del battesimo celebrato nella notte di Pasqua.

È in questi anni di sacerdozio che compose l’opera che ancora oggi è giustamente nota: le Catechesi contengono discorsi che illustrano la dottrina cristiana ( i primi 19 discorsi tenuti nella basilica del Santo Sepolcro edificata a Gerusalemme da Costantino sono indirizzati ai catecumeni ) e ne spiegano i sacramenti ( i discorsi 20-24 furono rivolti ai battezzati ammessi alla Chiesa Anastasis per comprendere il significato della prassi liturgica ).

Divenuto vescovo intorno all’anno 348, Cirillo fu severamente impegnato nella disputa cristologica seguita all’affermazione del simbolo niceno.

Questo, proclamato nel I Concilio Ecumenico di Nicea nell’anno 325, non aveva sancito la sconfitta degli ariani sostenitori di una cristologia che negava a Gesù Cristo uguale divinità del Padre: il termine “della stessa sostanza”, homoousios, costituì l’affermazione cristologica contro la deriva ariana.

Terminato il Concilio, infatti, si aprì una lunga e dolorosissima stagione che vide la Chiesa dividersi sulla questione cristologica.

Non tutti si professarono niceni ( come l’illustre vescovo e Dottore della Chiesa sant’Atanasio di Alessandria d’Egitto ), né il partito ariano costituiva un blocco monolitico.

I più oscillavano tra le due posizioni.

Cirillo di Gerusalemme come Acacio, vescovo di Cesarea ( 340-366 ), e molti altri, conosceva una posizione intermedia e personale.

A causa di questioni legate al rapporto tra Chiese, Acacio, sposando definitivamente una dottrina marcatamente ariana e garantendosi così il sostegno imperiale, riuscì ad allontanare ripetutamente Cirillo dalla sua sede episcopale.

Fu, così, prima deposto ed esiliato dall’imperatore Costanzo nel 357 e nel 360, poi dall’imperatore Valente dal 367 al 378.

L’imperatore Teodosio ( 379-395 ) pose fine al suo esilio durato complessivamente 16 anni: Cirillo poté nella sua autorevolezza partecipare al II Concilio Ecumenico, celebrato a Costantinopoli nel 381, dove sottoscrisse completamente il simbolo, divenuto niceno-costantinopolitano, accettando il termine homoousios.

Fu dichiarato Dottore della Chiesa da papa Leone XIII nel 1882.


Tutta la sua vita è coinvolta nel travaglio della Chiesa durante i primi secoli.

Ossia nei dibattiti teologici anche molto aspri, mescolati alle debolezze umane e intrecciati poi alla politica, alle guerre esterne per difendere l’Impero e a quelle interne per impadronirsi del trono, mettendo di mezzo anche la fede.

Basta una sequenza di date a riassumere la vicenda di Cirillo.

Eletto vescovo di Gerusalemme nel 348, viene destituito nel 357.

Motivo: il vescovo Acacio di Cesarea di Palestina ( che pure lo ha consacrato ) lo accusa di errori dottrinali; e soprattutto pretende che la sede episcopale di Gerusalemme dipenda da quella sua di Cesarea, che fu già capitale amministrativa della Palestina e sede dei procuratori romani.

Nel 359 un concilio locale di vescovi lo riabilita, e lui torna alla cattedra di Gerusalemme.

Ma nel 360 viene scacciato per la seconda volta da un altro concilio, riunito a Costantinopoli su insistenza di Acacio, che è pure molto influente sull’imperatore filo-ariano Costanzo.

( E d’altra parte questo Acacio, vescovo dal 340 al 366, non è certo un personaggio da poco.

Succeduto al grande vescovo Eusebio, continuò ad arricchire la biblioteca di Cesarea.

San Girolamo, infatti, morto nel 420, parlerà delle sue grandi opere di commento e interpretazione della Sacra Scrittura, andate poi perdute ).

E riecco Cirillo nuovamente in carica a Gerusalemme nel 362, alla morte di Costanzo, che era in lotta contro i Persiani e poi contro il cugino Giuliano.

Ma, verso il 367, l’imperatore Valente lo condanna all’esilio, dal quale potrà tornare solo nel 378, definitivamente, dopo la morte di Valente nella guerra contro i Goti.

Ora nessuno lo caccerà più.

Nel 381 Cirillo prende parte al Concilio di Costantinopoli ( secondo concilio ecumenico ) e a quello successivo del 382, nel quale viene ancora ribadita la validità della sua consacrazione a vescovo di Gerusalemme, dove rimane finalmente indisturbato fino alla morte.

Nel 1882, quindici secoli dopo, papa Leone XIII lo proclamerà Dottore della Chiesa per il suo insegnamento scritto contenuto nelle Catechesi, che sono istruzioni per i candidati al battesimo e per i neobattezzati.

Accusato a suo tempo di legami con correnti dell’arianesimo, egli invece respinge la dottrina ariana sul Cristo, e anzi limpidamente lo dichiara Figlio di Dio per natura e non per adozione, ed eterno come il Padre.

Ancora nel XX secolo, il Concilio Vaticano II richiamerà l’insegnamento di Cirillo di Gerusalemme, con quello di altri Padri, in due costituzioni dogmatiche: la Lumen gentium, sulla Chiesa, e la Dei Verbum, sulla divina Rivelazione.

E ancora nel decreto Ad gentes, sull’attività missionaria della Chiesa nel mondo contemporaneo.