L'anima dell'apostolato

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Parte quarta - Fecondità che deriva all'azione dalla vita interiore

La vita interiore è condizione necessaria perchè l'azione sia feconda

Facendo astrazione da quella ragione di fecondità che i teologi chiamano ex opere operato, e considerando soltanto quella che risulta ex opere operantis, ricordiamo che se l'apostolo avvera in sè il Qui manet in me et ego in eo, la fecondità della sua azione voluta da Dio è assicurata: Hic fert fruetum muh tum.133

Tale è la logica evidente di questo testo, ed è superfluo, dopo questa autorità, il provare la tesi: ci limiteremo a confermarla con i fatti.

Per più di trentanni ebbi modo di seguire da lontano le vicende di due orfanotrofi di giovinette, diretti da due Congregazioni diverse.

L'uno e l'altro ebbero un periodo di manifesta decadenza.

Perchè negarlo!

Di sedici orfanelle raccolte tutte nelle stesse condizioni e che avevano lasciato l'istituto appena maggiorenni, tre che erano uscite da uno degli istituti e due uscite dall'altro, in un tempo da otto a quindici mesi, erano passate dalla comunione frequente allo stato più degradante della scala sociale.

Delle altre undici una sola era rimasta profondamente cristiana; eppure tutte, alla loro uscita, avevano avuto un collocamento serio.

In uno dei due orfanotrofi, soltanto la superiora fu cambiata undici anni fa, e sei mesi dopo già si vedeva una radicale trasformazione nello spirito della casa.

La stessa trasformazione si vide tre anni dopo nell'altro istituto, perchè, restando le stesse superiore e le stesse suore, si era cambiato il loro cappellano.

Da quel tempo in poi, neppure una di quelle povere fanciulle uscite maggiorenni dai due istituti fu travolta nel fango da Satana, ma tutte, senza eccezione, sono rimaste buone cristiane.

La ragione di tali risultati è molto semplice: alla testa della comunità o nel confessionale non vi era una direzione interiore abbastanza soprannaturale, e ciò bastava a rendere vana o almeno insufficiente l'azione della grazia.

L'antica superiora in un caso e l'antico cappellano nell'altro, persone sinceramente pie, ma senza una seria vita interiore, non avevano un'azione profonda e duratura: era una pietà sentimentale, pietà fatta dell'ambiente, pietà a scatti, che consisteva tutta in pratiche e in abitudini, nè poteva lasciare convinzioni profonde, ma dava soltanto un amore senza calore e virtù senza radici.

Era una pietà fiacca, tutta apparenza e smorfie o di pura abitudine; una falsa pietà che fa delle buone ragazze incapaci di darvi fastidio, smorfiose che vi sanno fare la riverenza, ma senza carattere e guidate dalla sensibilità e dalla fantasia; pietà incapace di dare un vasto orizzonte di vita cristiana e di formare donne forti, preparate alla lotta, e capace appena di trattenere le povere fanciulle a languire nelle loro gabbie, sospirando il giorno in cui ne potranno uscire.

Ecco quanto di vita cristiana avevano potuto far germogliare gli operai evangelici che non conoscevano quasi nulla della vita interiore!

In quelle due comunità si cambia una superiora e un cappellano, e subito ogni cosa cambia aspetto.

Come è meglio compresa la preghiera e come sono più fecondi i sacramenti!

Che contegno diverso in cappella e persino al lavoro e nelle ricreazioni!

Cambiamento radicale che è dimostrato dall'analisi e che si vede nella gioia serena, nello slancio, nell'acquisto delle virtù e nel desiderio intenso di vocazione religiosa in alcune di quelle anime.

A che cosa si deve attribuire tale cambiamento?

La nuova superiora e il nuovo cappellano erano anime di vita interiore!

Certamente in molti collegi, convitti, ospedali, patronati e persino in parrocchie, comunità e seminari, l'osservatore attento avrà dovuto attribuire simili effetti alle stesse cause.

Ascoltiamo san Giovanni della Croce: « Gli uomini smaniosi di azione, i quali credono di poter sconvolgere il mondo con la loro predicazione e con le altre opere esteriori, riflettano un momento.

Essi comprenderanno facilmente che sarebbero assai più utili alla Chiesa e più cari a Dio, senza contare il buon esempio che darebbero, se dedicassero più tempo all'orazione e agli esercizi della vita interiore.

« In tali condizioni essi farebbero con un'opera sola un bene maggiore e con minor fatica, che non ne facciano con mille altre in cui spendono la loro vita.

L'orazione meriterebbe loro questa grazia e otterrebbe loro le forze spirituali di cui abbisognano per produrre tali frutti.

Senza di essa, tutto si riduce a un gran chiasso; è il martello che cadendo sull'incudine desta tutti gli echi all'intorno; si fa poco più che nulla, spesso assolutamente nulla o persino del male!

Dio ci liberi da una tale anima se avviene che si gonfi di superbia!

Invano le apparenze sarebbero in suo favore; la verità è che essa non farà nulla, perchè è assolutamente certo che nessun'opera buona si può fare senza la virtù di Dio.

Quante cose si potrebbero scrivere a questo riguardo, per coloro che trascurano l'esercizio della vita interiore e aspirano alle opere clamorose, capaci di metterli in vista e di farli ammirare dalla gente!

Costoro non conoscono affatto la sorgente di acqua viva, la fonte misteriosa che fa fruttificare tutto! ».134

Alcune parole di questo Santo sono energiche come l'espressione maledette occupazioni di san Bernardo, citata poco fa.

Non si può dire che siano esagerate, se si ricorda che le doti più ammirate da Bossuet in san Giovanni della Croce, sono il perfetto buon senso, lo zelo nel mettere in guardia contro il desiderio delle vie straordinarie per giungere alla santità, e una precisione esatta nell'esprimere pensieri assai profondi.

Proviamoci di studiare alcune delle cause della fecondità della vita interiore.

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133 Colui che rimane in me e nel quale io rimango, porta molto frutto ( Gv 15,5 )
134 Cant. Spirit. str. XXIX