Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Costante amabilità

Con la mirabile padronanza dei propri moti, con l'assoluta lealtà del comportamento, qui sopra ricordati, Fratel Teodoreto aveva messo le pregiudiziali per godere di quell'intima pace che gli traspariva abitualmente sul volto, più che sereno, gioioso.

Questa è una nota su cui più insistono le deposizioni concordanti dei suoi Confratelli: serenità e amabilità a tutta prova ...

"Talora arguto - scrive il Fr. Arrigo di Maria - riferiva episodi semplici e battute di qualche buon Fratello o di persona conosciuta; e allora sottolineava il sapore del motto spiritoso con una bella risata, che allietava tutti e faceva partecipi gli altri della gioia interiore da cui era animato.

Amava la compagnia dei Fratelli, si tratteneva volentieri in ricreazione con essi, e ne sosteneva la conversazione rendendola edificante, ma lieta".

Altro Fratello attesta:

"È proverbiale la delicatezza con cui salutava le persone incontrate.

Aveva per tutti una parola di incoraggiamento e di fede.

Inalterabile il suo sorriso, che faceva meravigliare coloro che lo vedevano per la prima volta".

Il Fr. Gabriele dell'Addolorata precisa:

"Anche quando il suo volto era atteggiato a serietà, pure trapelava un sorriso tra piega e piega, tra ruga e ruga, che Lo rendeva l'immagine vivente della semplicità, della bontà.

Il Suo era il volto di un "buono" nel senso pieno del vocabolo".

Il Fr. Ferdinando attesta dal canto suo:

"Non mi è mai capitato nei due anni che fui suo inferiore in Comunità, né negli incontri casuali o volontari avuti in seguito, di vederlo col volto accigliato, o comunque, turbato menomamente".

La nipote Eleonora Lajola in Grossi, dopo aver asserito: « Era commovente la sua affabilità con i nipotini piccoli; parlava loro con il suo sorriso e li salutava riverente »; aggiunge che, pur deplorando di non essere giunta in tempo a vederne un'ultima volta le fattezze, prima che componessero il venerato Zio nella bara, considerava il ritardo come provvidenziale, perché « Iddio volle che io lo ricordassi vivo, sempre con il suo amabile sorriso ».

Certo a raggiungere questa gioia interiore così abituale e palese non basta la spiegazione della sua composta e serena umanità; era la gioia specifica del gaudio interiore, uno dei « frutti » dello Spirito Santo, a trionfare in lui con quella letizia che è tra i più sicuri indizi della divina presenza.

Quanto dire che, mentre una base di ricca umanità prepara un buon terreno al fiorire delle dovizie della Grazia, questa a sua volta porta le virtù umane a profondità nuove, ad espressioni diversamente impossibili.

Nello stesso genere di pensieri, noterò come la carità di Dio diffusa nel cuore fa più capaci d'umana comprensione: per tale motivo ne fu così largamente dotato il Fratel Teodoreto.

Un Fratello, recatosi qualche giorno in famiglia, e incerto se fosse realmente assegnato alla Comunità di cui Fratel teodoreto era Direttore, ne scrive a lui chiedendo conferma.

Ebbe questa risposta: « Ella è veramente destinato a Santa Pelagia, e con mia grande consolazione l'aspetto in questa villa ( San Genesio ), con suo comodo però ».

E il richiedente annota: « Al mio povero babbo fecero tanto piacere queste parole, e ricordo che commentò: si vede che nell'Istituto ti vogliono bene! » ( Fr. Ambrogio Rossi ).

Ho il ricordo vago, ma sicuro, d'un altro Fratello al quale il Superiore Provinciale aveva limitato assai il permesso relativo ad una visita in famiglia, forse perché non a conoscenza di talune circostanze, che rendevano quelle limitazioni dure al richiedente, dotato di rara sensibilità ...

Il Fratel Teodoreto, suo Direttore, si rese conto dell'intima pena, e prese sopra di sé allargare l'autorizzazione e giustificare poi il Fratello presso il Superiore.

Un Fratello Direttore, in un inatteso cambiamento, che aveva anche un po' l'aria di una « diminutio », ricorre a Lui: « Scrissi al Fratel Teodoreto, manifestandogli tutta la mia pena, alla quale stentavo proprio a rassegnarmi, e ne ricevetti parole tali di conforto e di umana comprensione, che mi commossero ... » ( F. G. ).

È stato sempre così: un soprannaturalismo che rendesse insensibili alle umane preoccupazioni farebbe dubitare assai della sua genuinità.

Fratel Teodoreto era invece pieno di tenerezza nell'affetto, come dimostra anche il seguente episodio narrato dal Fr. Ippolito, vissuto tanti anni al suo fianco:

"Una volta, essendo Lui a Rivalta e io a Grugliasco, con un confratello andai a trovarlo per ricordare i tempi della nostra convivenza.

Quando lo dovemmo lasciare, Egli ci accompagnò fino al viale che dà sulla strada principale, ove nuovamente ci salutammo prima di separarci.

Fratel Teodoreto rimase lì fermo, mentre noi andavamo avanti forse un trecento metri, a guardarci affettuosamente, rinnovando cenni di saluto con la mano, come si usa in famiglia con le persone più care, e non cessò fino a quando una curva ci tolse ai suoi occhi".

Del resto in Fratel Teodoreto la bontà e la tenerezza stessa non ignorano di doversi accompagnare a coraggio ed energia.

Eccone una testimonianza:

"Trovandomi a disagio per un dispiacere di una certa entità, e parlandone a lui con il tono di chi si lamenta un poco, mi sono sentito richiamare con forza alla necessità di patire, al supremo valore della sofferenza per raggiungere il cielo, al dovere che abbiamo noi religiosi di soffrire.

Ho sempre ricordato l'episodio e, in circostanze simili, il monito di Fratel Teodoreto mi è servito a sopportare più religiosamente le inevitabili pene della vita" ( Fr. A. ).

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