Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Povertà

Veniamo ora all'analisi dell'osservanza votale e regolare.

Il Fr. Beniamino Locarni, che trascorse parecchi anni insieme a Fratel Teodoreto, ci presenta un panorama presso che completo del di Lui spirito di povertà.

C'è gusto a contemplarlo, anche se richiama l'inverno spoglio e squallido, piuttosto che non le lussureggianti stagioni dei fiori, delle messi, delle vendemmie.

Così vuole lo stile, trattandosi di povertà.

"Fratel Teodoreto stimò e amò grandemente la povertà, a imitazione di Gesù Cristo, padrone del cielo e della terra, che per amor nostro visse poverissimo, mancando di tutto e non avendo un sasso ove posare il capo adorabile.

Egli, seguendo l'esempio e il consiglio del S. Fondatore, si privò non solo del superfluo, ma anche delle cose utili, contentandosi del puro necessario sia nel vestito, sia nel nutrimento, sia nella camera e in tutto quello che era a suo uso.

Chiedeva con semplicità ciò che gli abbisognava, e quando poteva scegliere prendeva per sé quanto vi era di più povero.

Non disponeva di nulla senza autorizzazione; aveva la massima cura delle cose a Lui affidate; non mangiava mai fuori dei pasti, non riceveva e non dava alcuna cosa, né imprestava oggetti o libri, senza il dovuto permesso; si prestava volentieri per Fratelli malati e per lavori occorrenti in casa; amava di preferenza i ragazzi più poveri e i meno dotati di belle qualità, vedendo in essi Gesù Cristo.

Nelle conferenze parlava con grande amore della povertà.

Non sapeva assolutamente capire come un religioso potesse tener danaro in particolare e permettersi di fare qualche spesa anche piccola senza permesso".

Se il focolare vero della povertà sta dentro, nell'animo, la documentazione esteriore è presentata soprattutto dalla camera, dai vestiti, dai pochi oggetti in uso a ogni religioso.

dovrebbero essere, e sono ufficialmente, gli stessi per tutti; ma in pratica ognuno imprime l'orma sua personale sui luoghi e sulle cose di cui si serve; e così può avvenire che uno abbia la cella, in sé umile, ingombra di mille superfluità, o che lasci trasparire ricercatezza negli abiti e nelle suppellettili personali.

Quando Fratel Teodoreto ebbe una cella, « era di una povertà estrema: oltre il letto non ci si vedeva che un tavolino molto andante, una sedia dello stesso tipo, un armadio quanto mai dimesso » ( Fr. Dario Luigi ).

e quando non la ebbe? .. Perché, dormì in dormitorio comune a s. Pelagia, quand'era direttore novello e gli premeva stare con i Fratelli più giovani; poi, negli ultimi anno, trovò anche modo di farne a meno, sistemandosi per il riposo in una qualsiasi stanza che non servisse nelle ore notturne.

Vedemmo già che così fu nell'alloggio di via Cavour, e ora sentiamolo raccontare minutamente dal Fr. Angelico Villata, che, venendo dal campo di concentramento in Grecia fu pregato di sostituire Fratel Teodoreto nella direzione di S. Pelagia, sistemata provvisoriamente, l'anno 1941, in un alloggio di via Po.

Par di assistere alla scena, tanto è viva e proprio nello stile dei due protagonisti:

"Il Fratel Teodoreto m'accolse con tanta bontà e si mostrò lietissimo di essere mio inferiore.

Mi fece visitare l'appartamento, m'indicò la camera già preparata per me.

Ricordo che si trattava di un alloggio ottimo, al piano nobile, unito alla chiesa della SS. Annunziata.

Nel mio giro, notai con piacere che c'era pure una bella saletta adibita a Cappella pei nostri esercizi, e una sala più grande per le adunanze dei soci del SS.mo Crocifisso.

C'era una cameretta per ogni Fratello, esposta verso via Po oppure verso il cortiletto interno.

Terminata la visita, chiesi al Fratel Teodoreto: "Ma la Sua camera dov'è?".

Ed Egli: "Carissimo, l'abbiamo già visitata: è quella che serve per le adunanze dell'Unione del SS. Crocifisso".

Io rimasi sorpreso della sua affermazione, perché nella sala avevo notato, sì, forse una trentina di sedie ben ordinate, un tavolo grande e un tavolinetto con sopra un Crocifisso... ma non avevo visto né letto, né armadio, né alcun segno atto a dimostrarmi che ci fosse lo stretto necessario per dormire.

Allora volli rivedere la camera e accertarmi che il Fratel Teodoreto avesse la possibilità di riposare alla meno peggio.

E il santo Uomo, con una eloquenza degna d'un grande presidente, mi disse: "Vede, Carissimo, questo sofà è molto comodo e pare proprio fatto su misura.

La sera lo preparo a uso letto, e il mattino ridiviene un bel sofà".

Poco convinto, aggiunsi: "Mi sembra piuttosto piccolo per Lei, e forse anche scomodo per la Sua corporatura".

Ed Egli, con più calore: "No, no; va proprio bene per me e ci dormo benissimo tutta la notte.

Anzi, La prego, al mattino, quando passerà per la sveglia, mi faccia la carità di picchiare forte alla mia porta, perché se dormissi sull'orecchio sano, correrei il rischio di non sentire il "Viva Gesù nei nostri cuori" e di non svegliarmi".

- Ma, Fratel Teodoreto, almeno un armadio per la Sua biancheria e per le Sue cose personali ci vorrebbe, e qui non lo vedo!

A me Lei ha preparato una bella camera da letto con armadio, comodino... e per Lei?

- Carissimo, io ho un armadio a muro che è comodissimo, e della roba ce ne sta fin che si vuole.

Creda, mi sembra di essere proprio un signore qua dentro!...

Allora lo lasciai in pace e non insistetti più oltre, per timore di dar un dispiacere a quel caro sant'Uomo".

Quanto ai vestiti, l'edificazione che dava non era minore!

"Sempre ordinato e pulito, portava però scarpe grossolane e un mantello d'inverno rattoppatissimo ( forse risaliva ancora all'epoca del suo noviziato ), con tanta umiltà e serenità.

Il Fr. Direttore Aquilino dovette usare d'una certa astuzia e violenza per indurlo ad accettarne uno nuovo" ( Anonimo ).

E se in Lui, tanto dignitoso nella persona e quasi geloso dell'ordine e della pulizia, questo era il comportamento riguardo ai vestiti che apparivano agli occhi di tutti, non è davvero da stupirci che, per la biancheria, andassi ai limiti estremi del tollerabile.

"La biancheria personale e le maglie erano molto grossolane e portate fino all'estremo, con innumerevoli toppe".

Il Fr. Dario Luigi precisa di riferirsi con questa nota agli anni 1931-1932 "in cui - dice - ho potuto verificare di persona e con frequenza questa sua povertà"; aggiungendo: "Negli anni successivi non si smentì, come potei notare sia pure saltuariamente".

Lo scrupolo delle precisazioni è buona garanzia di estrema fedeltà; così il fatto che il Fr. Anastasio era incaricato della biancheria nella Comunità di s. Pelagia, dà valore particolare alla sua seguente asserzione:

"Quando avevo dei capi di biancheria proprio scadenti, li davo al Fratel Teodoreto, perché sapevo che li accettava con gioia...".

Aveva davvero poco a sua disposizione.

Lo constatò con edificazione la Suora Infermiera, dopo il secondo « colpo » da cui fu sorpreso nel 1952, se non erro.

Dice: "Quando potei disporre perché, tolti gli abiti, si mettesse a letto per bene, constatai che portava la sola camicia senza maglia, nonostante il freddo rigoroso.

Andai subito a vedere in camera sua; ma non trovai che alcune maglie leggere rattoppatissime e pochi effetti di biancheria molto usata: un corredo da vero povero, nonostante la sua particolare sensibilità al freddo e l'estrema facilità di provvedersi dell'occorrente".

Il frutto principale che Fratel Teodoreto ricavava da questo suo distacco dalle cose terrene anche utili, riducendole al minimo necessario, era che, libero da pesi e impacci, aveva il passo leggero e sicuro per correre verso il suo Dio e il suo tutto.

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