Relazione

Sulla causa del Servo di Dio Fratel Teodoreto ( Giovanni Garberoglio ), dei fratelli delle scuole Cristiane

( 9 - II - 1871 , 13 - V - 1954 )

1. Come nelle Relazioni precedenti, divideremo il nostro discorso in tre parti nelle quali parleremo della figura del Servo di Dio per quanto i suoi tratti risultino soprattutto dall'Informatio ( 2.1 ), dello stato delle prove ( 2.2 ), nonché della questione « Quid in posterum agendum? » ( 2.3 ).

Aggiungeremo un nostro parere personale sull'opportunità pastorale e spirituale o meno d'una eventuale Beatificazione del Servo di Dio ( 3 ).

2.1.1. Sin dall'inizio, l'Informano descrive il Servo di Dio quale uomo della carità ed uomo della scuola.

Per carità egli divenne riformatore della scuola, e per la carità verso gli uomini cercò di fare degli ex-alunni dei Fratelli delle Scuole Cristiane catechisti con il compito di prolungare e di approfondire l'effetto dell'educazione cristiana, ricevuta nelle medesime scuole.

Naturalmente è vero ciò che disse l'Arcivescovo di Torino, Card. Maurillo Fossati: « L'amore di Dio è stato l'unico movente e motivo di tutto il suo fervido apostolato a favore della gioventù: far conoscere Iddio dagli altri, ecco il suo magnifico programma, che ha svolto con animo sereno, come se ciò fosse vita della sua vita » ( Simun., p. 298, doc. n. 5 ).

Giovanni Garberoglio era nato il 9 febbraio 1871 a Vinchio d'Asti, che si trova in una regione ben nota per il suo ottimo vino.

I suoi genitori erano contadini assai benestanti, fermi nella loro tradizionale fede cattolica.

Il Servo di Dio ricevette una buona educazione religiosa e s'interessò abbastanza presto delle cose della religione, si tratteneva molte ore nella chiesa parrocchiale del villaggio, sia per seguire le funzioni liturgiche, sia per aiutare il parroco nella catechesi, e divenne anche membro di due confraternite religiose che esistevano nel paese ( Inf., p. 6 ).

Nel suo carattere diventarono palesi tratti seri ed allegri che formavano un'insieme armonioso, ed una sua prediletta disciplina sembra esser stata la musica ( Inf., p. 7 ).

Il Fratello delle Scuole cristiane Candido Chiorra lo convinse di essere chiamato da Dio a quella Congregazione, ma soltanto la morte prematura del padre gli offrì la possibilità di realizzare il proprio sogno, visto che il padre lo aveva voluto sacerdote.

La mamma dovette inchinarsi a tanta fermezza di decisione ( pp. 8-10 ).

Forse gli mancava anche la fiducia in se stesso, necessaria per essere sacerdote, costretto a salire ogni domenica sul pulpito, perché in Religione egli rivelava un continuo desiderio di nascondersi o di rimanere nascosto.

Recatesi, nel 1887, al Collegio di S. Giuseppe a Torino, dopo un brevissimo tempo di postulandato, egli ricevette l'abito della Congregazione ed il nome di Fratel Teodoreto.

Ciò accadde il 1° novembre 1887 a La Villette nella Savoia.

Più tardi egli raggiunse lo scolastico a Grugliasco in Piemonte.

Sin dall'inizio, i testimoni della sua vita religiosa notavano in lui un continuo anelito ed una ininterrotta ascesa verso le vette della santità cosicché già in quei primi tempi cominciò ad adombrarsi una certa fama sanctitatis in vita, santità che venne attribuita alla sua gioventù passata in una famiglia cattolica ( Inf., pp. 10-11 ).

Dopo i diversi voti annuali e triennali il Servo di Dio, il 12 settembre 18.99, avendo fatto esercizi spirituali di 30 giorni, emise i Voti perpetui.

Nel 1890 egli era stato chiamato per un anno alle armi, vale a dire, il Servo di Dio s'era presentato come volontario, pagando L. 1.200, affinché per lui la naia venisse ridotta ad un anno solo.

Conseguì le patenti di insegnamento inferiore e superiore, oltre a un diploma per l'insegnamento normale del disegno nelle scuole medie e, per quasi tutta la sua vita didattica, egli aveva incarichi di una certa responsabilità, ad es. quelli di direttore o vice direttore didattico e superiore religioso dei suoi confratelli ( Inf., pp. 12-13 ).

All'inizio della sua carriera, il Servo di Dio dovette affrontare grandi difficoltà nel mantenere la disciplina in classe, ma grazie ad uno speciale voto fatto a S. Giuseppe, egli riuscì a superare vittoriosamente la propria timidezza, diventando un ottimo pedagogo il quale affascinava addirittura i suoi alunni.

È ovvio che egli è riuscito in ciò perché la sua consapevolezza di aver ricevuto una missione speciale era, in fin dei conti, più forte della sua timidezza.

Ma tale consapevolezza di avere una missione particolare lo fece anche divenire più di un qualsiasi maestro di scuola che si accontenta di insegnare l'una o l'altra disciplina.

Egli volle soprattutto formare la coscienza cristiana degli allievi, e così la sua pedagogia si riferiva sempre all'intero uomo, nella sua totalità personale, mai ad una sola parte di lui ( Inf., pp. 15-16 ).

In questo contesto non bisogna meravigliarsi se i deboli ed i rivoltosi temevano il Servo di Dio e che « suo zelo nel curare i confratelli venne talvolta giudicato come rigore eccessivo » ( p. 10 ).

2.1.2. Se l'indole del Servo di Dio era talmente integrale e totalizzante, non c'è da meravigliarsi che tale indole sia sboccata anche inun'altra impresa religioso-pedagogica la quale era destinata a divenire sempre di più il centro intorno al quale gravitavano pensieri ed attività del Servo di Dio.

Fino all'anno 1906 il Servo di Dio aveva ovviamente notato che molti ex alunni dei Fratelli delle Scuole Cristiane non perseveravano nella virtù cristiana ma si perdevano nel malcostume mondano, onde gran parte dell'opera dei Fratelli sembrava finire sciupata.

Durante il suo « II noviziato » nel Belgio ( 15 agosto - 15 novembre 1906 ), il Servo di Dio ebbe perciò l'idea che i discepoli delle scuole lasalliane che rimanevano fedeli agli ideali insegnatigli dai loro ex maestri, dovessero divenire « canali » del messaggio religioso, sottostante all'opera lasalliana, anziché di accomodarsi alle leggi del mondo.

Si trattava, insomma, di scegliere gli alunni moralmente migliori, per formare di essi apostoli della catechesi cattolica ( Inf., p. 17 ).

Non bisogna poi trascurare il fatto che durante tale II noviziato anche i Superiori avevano, raccomandato ai loro confratelli di meditare sul gravissimo problema della perseveranza.

Senonché vi mancava ancora a quel gruppo ideato un fondamento che avrebbe potuto dare un indirizzo comune ai pensieri religiosi dei futuri catechisti lasalliani.

E tale fondamento fu trovato nella devozione a Gesù Crocifisso, l'antica devozione alle Cinque Piaghe del Signore, riscoperta dal fratello converso francescano Leopoldo Musso, allora cuoco nel convento di S. Tommaso dei Francescani a Torino, un mistico il cui processo di beatificazione è stato iniziato.

Di lui Fratel Teodoreto divenne un fedele discepolo e, se le risposte, date dal Crocifisso a Fra Leopoldo si susseguivano fin troppo spedite, i consigli contenuti in esse sembrano esser stati sempre buoni, come avrebbero dimostrato gli effetti delle premure del Servo di Dio.

In ogni caso, grazie ai consigli perpetrati dal francescano, il 27-4-1913 si arrivò alla fondazione di quella che più tardi sarebbe stata chiamata l'Unione del SS.mo Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata.

Si trattava d'un'associazione di catechisti i quali seguivano d'ora in poi i cinque consigli basilari di Fra Leopoldo e di Fratel Teodoreto: le preghiere, la visita al SS.mo Sacramento e la devozione a Gesù Crocifisso, la frequenza settimanale dei sacramenti, lo studio del catechismo e l'apostolato del buon esempio ( pp. 19-20 ).

I catechisti convenivano ogni settimana alla loro assemblea.

Il competente Assistente Generale della Congregazione dei F. S. C. aveva appoggiato l'idea benché alcuni fratelli fossero ostili ad essa.

Il Cardinale Arcivescovo Richelmy non mancò ad approvare un Regolamento che il Servo di Dio aveva in precedenza sottoposto al benestare del Superiore Generale dei F. S. C.

Il Regolamento del 1917 divise in tre classi i membri dell'Unione: aspiranti, effettivi ed anziani ( con più di 30 anni e sposati ).

Grazie ad un'idea del Cardinale Arcivescovo Gamba, che poi venne appoggiata e condotta alla realizzazione dal suo successore Card. Maurilio Fossati, sin dal 1926 l'Unione divenne poco a poco un Istituto secolare, con membri congregati che avevano preso i voti e membri associati ( e sposati ).

Fu questo un cambiamento non voluto ma sofferto dal Servo di Dio il quale inizialmente non aveva avuto l'intenzione di un simile Istituto, ma egli ubbidì ai Superiori ecclesiastici.

Siccome il Cardinale Fossati convinse il Sommo Pontefice Pio XI di dare il proprio consenso alla fondazione dell'Unione quale primo Istituto secolare nella Chiesa non bisogna essere sorpresi che anche i Superiori della Congregazione delle Scuole Cristiane si affrettassero assai a dare la loro adesione.

- Il 17 luglio 1934 l'Unione venne approvata, nel 1936 fu affiliata alla Congregazione dei F. S. C. e, finalmente, nel 1948, con la circolare n. 328 il Superiore Generale Athanase Emile approvava definitivamente l'Istituto secolare e ne raccomandò la diffusione nelle case dei Fratelli ( Inf., p. 22 ), raccomandazione che però sembra esser rimasta senza ascolto perché molti confratelli del Servo di Dio vedevano ovviamente nella Unione una specie di concorrenza alla Congregazione dei F. S. C., e soltanto pochissimi centri dell'Unione nacquero fuori Torino ovvero vi esistono ancora.

Tuttavia bisogna affermare che senza il comportamento favorevole dei Superiori Generali dell'Istituto dei F. S. C. l'Unione non avrebbe potuto esistere.

2.1.3. L'istituzione più importante della medesima Unione è oggi la Casa di Carità Arti e Mestieri ( Inf., p. 23 seg. ) la cui idea prese lo spunto, nel primo dopo guerra, da una scuola professionale, « dedita a risolvere i problemi connessi con l'educazione della gioventù operaia, divenuti davvero angosciosi in quel tormentato tempo di divisioni e di lotte » ( Inf., p. 23 ).

In tale scuola il Servo di Dio infilava i suoi Unionisti in modo che essi cominciarono ad insegnare il catechismo, occupandosi però anche di qualche altra disciplina cosicché essa divenne poco a poco il campo principale di lavoro dei membri dell'Unione.

Il Servo di Dio partecipava intimamente allo sviluppo di quella scuola, non risparmiando ne il suo consiglio ne la sua preghiera e dovette, anzi, impegnarsi moltissimo per mettere tale impresa sulla giusta via.

Egli svolgeva una simile attività accanto ai suoi altri lavori, facendo quindi grandissimi sacrifici in uno zelo veramente apostolico.

Se comunque al tempo del Processo ordinario la Casa di Carità Arti e Mestieri era riconosciuta dal Ministero Italiano di Lavoro, come il primo più importante centro professionale della « Regione Piemontese » ( Informatio, p. 24 ), ciò è in gran parte merito del Servo di Dio e del suo spirito di sacrificio.

2.1.4. Il Servo di Dio morì il 13 maggio 1954, dopo aver sofferto molto e per anni a causa di una nefrite e, sin dal 1946 anche per 3 emorragie cerebrali.

Nell'ora della morte il suo comportamento si rivelò composto e sereno, e gli avvenimenti dopo il suo transito confermano la sua fama sanctitatis in morte ( Inf., p. 27 ss. ).

2.1.5. Moviamo per un momento lo sguardo sulle virtù del Servo di Dio, non tanto per cercare il fondamento della fama sanctitatis del Servo di Dio quanto per mettere in risalto le particolarità caratteristiche della sua figura.

Nel cap. IV dell'Informano che tratta del fondamento della fama sanctitatis, le virtù eroiche, il ch. Patrono indica i testi necessari, presi dal Summarium, come accade in tutte le Informationes.

Bisogna tuttavia dire che le singole virtù eroiche del Servo di Dio sono trattate in un modo piuttosto sbrigativo e lasciano un'impressione schematica ( fede, pp. 39-41; speranza, pp. 41-43; carità verso Dio, pp. 44-46; carità verso il prossimo, pp. 46-47; prudenza pp. 47-49; giustizia, pp. 49-52; temperanza, pp. 52-53; fortezza, pp. 53-55; tutti e tre Consigli evangelici, pp. 55-60; umiltà, pp. 60-62 ).

Benché noi crediamo che la prudenza sia proprio una virtù di spicco nel Servo di Dio non se ne accorge chi legge l'Informatio.

Tutto è riuscito un po' appiattito e schematizzato, sebbene poggiato su deposizioni valide.

Soltanto nelle virtù della giustizia e dell'umiltà, come sono descritte, ci sembra rispecchiarsi una certa nota individuale del Servo_di_Dio.

2.1.6. Non mancano infine le prove della fama s.s e quelle della fama dei miracoli ( pp. 62-69 ) che gettano ambedue una luce molto positiva sulla figura del Servo di Dio.

Non c'è dubbio che il Servo di Dio, durante la sua vita terrestre ed all'interno della cerchia dei suoi conoscenti fosse considerato santo.

La fama s.s post mortem s'esprime soprattutto nelle visite dei fedeli alla tomba del medesimo.

Se invece si dice: « Tutti i fratelli italiani delle Scuole Cristiane dicono che fratel Teodoreto è un santo e attendono che la Chiesa lo riconosca come tale » ( p. 65, n. 50 ), ciò non ci convince affatto perché proprio dai confratelli erano provenute le maggiori difficoltà contro alcuni progetti decisivi del Servo di Dio, ritenuti da lui stesso importantissimi, e noi non riusciamo a credere che  uomini, dopo di 'esser stato per decenni in fiera opposizione ai piani del Servo di Dio, poi si convertano in un lampo, dicendo che lui era sempre ed è ancora considerato un santo.

Poiché se uno dice che una determinata idea d'un altro non vale nulla, ciò comprende anche la negazione dell'esistenza, almeno in misura eroica, della virtù di prudenza, senza la quale non si può divenire santi.

E se i Fratelli delle Scuole Cristiane tenevano in fama di santità il Servo di Dio dovevano riconoscere anche le sue opere, l'Unione cioè e la Casa di Carità Arti e Mestieri, essendo queste anche frutto della sua prudenza, come del resto della fede, della speranza e della carità del prossimo.

Ma ha un tale riconoscimento avuto luogo, o no? La Positio non ci dice nulla in proposito.

2.1.7. Tutto sommato, possiamo dire che dalla parte della figura del Servo di Dio non vi esiste nessun ostacolo contro l'ulteriore andamento della Causa.

Il Servo di Dio non era un uomo molto originale ma piuttosto ricettivo.

Senonché, a cagion della sua straordinaria devozione religiosa, egli cominciò a riflettere sul destino degli alunni dei Fratelli delle Scuole Cristiane dopo la fine della vita scolastica.

Cercava un rimedio religioso contro l'abbandono della vita cattolica dopo la fine di quella scolastica e trovò l'idea dell'Unione la quale venne plasmata sotto la spinta del più originale ed energico ma forse anche un po' fantastico Fra Leopoldo Musso, O. F. M.

Dallo scopo di conservare la fede in se stessi nacque quello di conservare la fede degli altri, attraverso la catechesi.

Dall'idea dell'Unione dei Catechisti nacque quella di un insegnamento più vasto con il fine di formare integralmente i futuri operai tecnici il che condusse, in un lento processo, alla fondazione della Casa di Carità Arti e Mestieri.

La trasformazione dell'Unione in un Istituto secolare ( ante litteram ) non venne ideata dal Servo di_Dio bensì dal Card. Gamba.

Una volta ricevuto quell'indirizzo, il Servo di Dio si diede corpo ed anima alla formazione della nuova istituzione nel seno della Chiesa.

È evidente che il Servo di Dio sentiva il richiamo apostolico ad una missione speciale.

Nella formulazione concreta di tale missione egli dipendeva assai da altri, superando però se stesso nell'esecuzione del piano una volta disegnato e raggiungendo un livello eroico.

Un po' timido nel compiere delle decisioni, divenne un leone quando si trattava di realizzare le decisioni una volta fatte dopo tanti tentennamenti, consigli, ecc.

Non va mai dimenticato che l'Unione dei Catechisti del SS.mo Crocifisso e di Maria SS.ma Immacolata, con tutte le conseguenze che ve ne risultavano costituiva soltanto una parte delle occupazioni del Servo di Dio il quale era rimasto al medesimo tempo professore in altre scuole, quelle del proprio Istituto dei F. S. C.

Egli faceva anche questo lavoro - principale - con la massima dedizione.

Era un maestro insegnante modello, come il S. Giovanni M. Vianney era stato un parroco cattolico modello.