Regole del governo individuale e collettivo dei Catechisti

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Conferenze sui voti

V Conferenza: Pratica della povertà religiosa

Và, vendi ciò che hai e dallo ai poveri ( Mt 19,21 )

Il religioso, in virtù del voto di povertà,

sia che abbia alienato il dominio dei suoi beni, vendendoli in favore dei poveri ( ciò che sarebbe in sé il più perfetto );

sia che abbia lasciato semplicemente i suoi beni ai parenti, come avviene ordinariamente quando uno entra povertà in un Ordine religioso;

sia che conservi il dominio dei suoi beni per ragioni di gloria di Dio:

in tutti i casi il religioso rinuncia all'uso libero e indipendente dei beni della terra; non può servirsene che come beni che non gli appartengono più, ma che appartengono al Signore, e secondo la volontà di Dio a lui significata dalle Regole e dalla volontà dei Superiori, ai quali è sottomesso per amor di Dio.

Quest'uso, legato e dipendente, è necessario e sufficiente perché il religioso possa dire di vivere poveramente; ed è in questo che consiste in generale la pratica della povertà religiosa.6

In questa pratica della povertà religiosa si può distinguere ciò che c'è di essenziale e ciò che è di semplice perfezione; ciò che c'è di interiore e ciò che c'è di esteriore.

L'essenziale, nella pratica della povertà religiosa, è di non servirsi di nulla come proprio, vale a dire secondo il movimento della propria volontà; ma in conformità alle Regole prescritte e alla volontà dei Superiori.

Il religioso non può nulla dare, né ricevere, né imprestare, né dare in prestito se non nel modo indicato nelle sue Regole.

Questo è comune a tutti i religiosi.

Dicesi strettamente necessario nella pratica della povertà tutto quello che il religioso non può omettere di osservare senza commettere una colpa più o meno grave contro il suo voto.

Questo, in quanto all'esterno varia secondo i diversi Ordini religiosi.

Dicesi perfetto nella pratica della povertà tutto quello che si potrebbe omettere senza rendersi colpevoli; questo è praticare la povertà, sia interiore, sia esteriore come l'hanno praticata i grandi Santi; è proporsi per regola la povertà di Gesù Cristo; è contentarsi del puro necessario, e non cercare, in questo necessario, ciò che c'è di meno prezioso; è appigliarsi di preferenza alle azioni che convengono ai poveri ecc..

Qui non pare vi sia diversità tra religiosi di diversi Ordini, se non quella che può far nascere, riguardo ai diversi generi di povertà, conformità delle loro azioni con ciò che esige da loro la volontà divina.

La pratica interiore della povertà, consiste nel distacco del cuore riguardo ai beni materiali; nella libertà di spirito che nasce da tale distacco, nell'amore e nella stima che si ha per la povertà e per tutto ciò che ha qualche relazione con la povertà. Anche qui non c'è differenza tra Ordini e Ordini.

La pratica esteriore della povertà è il modo con cui uno si comporta, riguardo all'uso dei beni temporali, per osservare quella dipendenza e quella espropriazione volontaria da lui contratta per il voto di povertà.

È in questo, quasi unicamente, che consiste la differenza nella pratica della povertà, tra i diversi Ordini religiosi; questa differenza proviene, nel suo principio, dal fine particolare che ognuno di essi si propone e più immediatamente dalla disposizione della Regola e dalla volontà dei Superiori che deve ad essa essere conforme.

Si deve notare specialmente tale differenza tra i religiosi destinati a vivere nel chiostro e quelli che, secondo la loro vocazione, sono destinati a vivere nel mondo.

Riguardo ai religiosi che vivono nel chiostro, siccome la religione provvede loro tutto ciò che occorre, la loro libertà nell'uso delle cose esteriori è molto ristretta e la loro dipendenza molto grande.

Non è loro permesso, come religiosi particolari, di fare nessun atto di proprietà, di nulla reclamare come proprio, di nulla conservare a parte all'insaputa del Superiore, di nulla alienare, di nulla acquistare, di nulla vendere, di nulla comprare, di nulla prestare, di nulla prendere in prestito, di nulla avere in deposito né presso di sé né presso altri.

Non possono eseguire nulla di tutto questo senza il permesso del Superiore; e questo permesso per essere valido non deve essere illecito ( cioè concesso senza motivi sufficienti ovvero ottenuto tacendo qualcosa che si doveva esprimere ).

Non devono neppure detti religiosi valersi dei permessi taciti che sotto certe condizioni, e vi sono alcuni permessi che il Superiore non può concedere: ad esempio quelli che potessero nuocere al bene generale o a quello particolare.

È ad essi ordinato di conformarsi in tutto per l'alloggio, il vestito, il nutrimento, all'uso della casa e di non distinguersi in nulla dagli altri in tutto ciò che riguarda tali cose; tutto ciò che risente il fasto, la mondanità, la mollezza è loro proibito; ciò che oltrepassa l'onesto necessario è ritenuto per essi come superfluo e quindi non possono lecitamente conservarlo.

Tutto questo è di perfezione e di necessità per i religiosi ai quali l'Ordine procura il necessario; essi non possono trasgredire nessuno di detti punti senza rendersi più o meno colpevoli secondo la maggiore o minore gravità della materia.

La perfezione nella pratica esteriore della povertà consiste per tali religiosi nell'attenersi al puro necessario, e anche a ciò che c'è di meno prezioso in detto necessario; in modo che essi provino qualcosa dei rigori di una santa povertà e che li avvicini maggiormente, nell'esercizio di detta virtù, a Gesù modello e re dei poveri.

Riguardo ai religiosi che vivono fuori del chiostro e ai quali la religione non provvede il necessario, la loro libertà è più estesa e la loro dipendenza meno grande, nell'uso delle cose temporali.

Le regole e la volontà dei Superiori lasciano loro perfino il dominio utile dei loro beni.

Non si potrebbero neppure costringere a spogliarsene, senza operare contro le leggi e lo spirito della congregazione.7

Essi potrebbero però, col consiglio e il permesso dei Superiori spogliarsene da se stessi per una maggior perfezione.

La gloria di Dio, il servizio della Chiesa, il culto divino, il sollievo dei miseri sono i motivi che, uniti alla necessità delle circostanze, hanno dovuto indurre i Superiori a concedere a tali religiosi il dominio utile dei loro beni; e tali motivi sono i soli che i Catechisti devono avere di mira: la diffusione della Divozione a Gesù Crocifisso.8

Il dominio utile resta nelle loro mani; ma deve essere utile non precisamente per essi, ma per Gesù Cristo, la sua Chiesa e ai suoi membri.

Questo è lo scopo per cui conservano i loro beni anche col voto di povertà ed è ciò che avranno sempre in vista nell'uso che ne faranno, e nell'applicarli alle proprie necessità.

La loro libertà, nell'uso di questo dominio, utile dei loro beni, non è legata e dipendente che nell'interno dinanzi a Dio e non all'esterno nell'ordine civile.

Gli atti che essi possono fare hanno la stessa validità, nella società civile, come se essi non fossero legati da alcun voto, anche quando tali atti fossero illeciti dinanzi a Dio.

Anche nell'interno, cioè nell'ordine spirituale e dinanzi a Dio, la libertà non è legata, in questa Congregazione, in tutte le circostanze nelle quali la Regola permette di operare.

E la necessità e la ragione del maggior bene, sempre secondo Dio, fanno si che tali permessi siano molto estesi e molto numerosi.

Ogni religioso ha, per ciò che lo riguarda, tutti i permessi che hanno in ogni casa religiosa coloro che sono Superiori e anche più estesi, in quanto che la validità dei suoi atti non dipenderà dall'approvazione di un Superiore maggiore e non sarà obbligato a consultare il suo Superiore e attenersi al suo avviso che nei casi considerevoli e dubbi.

Per conseguenza in tale Congregazione, è permesso a ciascuno di fare tutto ciò che è conveniente al suo stato, e che il commercio della vita civile esige, osservando ciò che è prescritto nelle Regole e Costituzioni.

Ciò che è necessario in tutto questo è che tale religioso non dimentichi mai che quantunque resti sempre il padrone dei suoi beni dinanzi agli uomini, egli se n'è spiritualmente spogliato dinanzi a Dio al quale li ha consacrati col voto di povertà per non più servirsene che in un modo a Lui gradito per quanto potrà conoscere coi lumi della sana ragione, della fede e delle massime del Santo Vangelo.

Tutti quelli della nostra Congregazione, in qualità di poveri, devono vivere da poveri contentandosi del necessario e rifiutando il superfluo.

Non avranno difficoltà a farlo se hanno la povertà interiore nella quale devono tutti sforzarsi di essere perfetti; se amano, se stimano la povertà, se disprezzano le ricchezze, in poche parole se hanno su tal punto i sentimenti di Gesù Cristo.

Ma siccome nella Congregazione, ognuno resta d'ordinario nel suo stato, e per il voto stesso di povertà il Catechista non si spoglia esteriormente dei suoi beni, e il bene stesso della Chiesa e il maggior servizio di Dio pare richiedere che se ne usi così, ne consegue che il modo di vivere poveramente non è lo stesso per tutti; ché quello che è necessario o superfluo per uno, non lo è per un altro; e ché per ben giudicarne bisogna tener conto dello stato di ciascuno, del posto o grado che occupa e delle circostanze nelle quali si trova.

Ecco alcune regole generali:

1° Cercare ciò che è richiesto dalla maggior edificazione del prossimo;

2° Evitare il fasto e la mollezza;

3° Non permettersi nulla al di là di quello che si permettono le persone più modeste e più timorate della stessa condizione sociale;

4° Non distinguersi dagli altri in modo da cozzare contro le usanze, eccetto che queste fossero contro il S. Vangelo;

5° Fare ciò che si consiglierebbe, dinanzi a Dio, a un amico, e ciò che si sarebbe contenti d'aver fatto in punto di morte.9

Una coscienza retta è in condizione di deliberare con sicurezza in molte cose; ma per maggior sicurezza e per praticare nello stesso tempo l'obbedienza e la povertà, si farà esattamente ciò che è indicato nelle Regole e Costituzioni riguardo al resoconto mensile e a quello generale annuale scritto da presentare al Presidente nel quale siano indicati i beni che si hanno e l'uso annuale che se n'è fatto, senza essere però obbligati a entrare in minuti particolari.

Tale resoconto si rinnoverà ogni anno, e il Presidente farà pure ogni anno la sua visita nella residenza di ogni Catechista e riformerà tutto quello che egli giudicherà, secondo Dio, (considerata ogni cosa) essere inutile e superfluo.

Ciò che il Presidente farà riguardo ai suoi inferiori, il Primo e il Secondo dei suoi Consiglieri lo faranno riguardo a lui: tutto questo è un punto essenziale.10

Non essendo facile decidere in certi casi sul necessario e sul superfluo, conviene attenersi al giudizio dei Presidenti e dei Visitatori ai quali procureranno di regolarsi in tutto secondo Dio.

Bisogna porre la maggior attenzione a quello che è prescritto nelle Costituzioni, di non cercare con avidità gli stati più lucrativi e più onorifici, ma di scegliere piuttosto e per preferenza quelli nei quali si può sperare di rendere maggior servizio a Dio e al prossimo.

Ciò non di meno non è proibito di ricevere delle successioni; d'accettare impieghi e posti con la speranza di essere più utili alla Chiesa; di conservare uno stato lucrativo, di continuare il proprio negozio, il proprio traffico, e anche di prendere mezzi soliti ad usarsi nel proprio stato, quantunque per tal fatto vengono ad aumentarsi i propri beni, purché a condizione che il cuore sia interamente distaccato da ogni avarizia e che si consideri tutto quello che si ha e tutto quello che si può avere come appartenente a Dio, e che si lavori, non per se stessi, ma per Nostro Signore al quale il Catechista è specialmente consacrato. Nei dubbi si consulteranno i Superiori.

Quantunque vi siano dei casi nei quali il maggior servizio di Dio richieda che si inizino o si sostengano processi e liti, conviene però, per non essere ingannati dall'amor proprio, che i Catechisti non s'impegnino mai in nessun processo senza aver domandato consiglio al proprio Presidente e senza aver ottenuto il suo consenso e la sua approvazione; e in questo caso l'uno e l'altro si ricorderanno e prenderanno per regola questa massima del S. Vangelo: " A chi vi percuoterà nella destra guancia, presentagli anche l'altra.

E a colui che vuol muoverti lite o toglierti la tua tonaca, cedigli anche il mantello " ( Mt 5,39 ).

Ciò che importa in tal caso è che qualunque sia la determinazione da essi presa, non abbia altro fine che la maggior gloria di Dio.

Tutto quello che si è detto fin qui riguarda ciò che vi è di obbligo; non si potrebbe omettere senza peccare più o meno gravemente contro il voto di povertà.

Quello che è della pratica più perfetta della povertà consiste per l'esterno nel modo più o meno perfetto con cui si compiono tutti i propri impegni con esattezza, con prontezza, con gioia, con perseveranza.

Essa consiste anche nella purità d'intenzione, nella sublimità dei motivi che uno si propone, nella maggior rassomiglianza con la povertà di Gesù Cristo, nel rigore che si esercita verso se stessi, rifiutandosi molte comodità che potrebbe lecitamente concedersi; infine nella cura che uno ha di fare azioni e lavori onesti, ma bassi e spregevoli agli occhi degli uomini; di conversare preferibilmente coi poveri, e rendere loro ogni sorta di servizio.

Si consiglia, come cosa convenientissima a poveri, il rendere a se stessi tutti i servizi nei quali si può fare a meno del soccorso altrui.

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6 Fratel Teodoreto ha omesso il paragrafo: "On peut d'abord … pareille profession".
7 Fratel Teodoreto ha sostituito il termine "sociéte" con il termine "congregazione". Compare più volte.
8 Fratel Teodoreto ha inserito la frase: "la diffusione della Divozione a Gesù Crocifisso".
9 Fratel Teodoreto ha omesso la frase: "Voy. N° 7, pauvreté pratique des voeux".
10 Fratel Teodoreto ha omesso il paragrafo: "Afin d'y procéder … le meubles, etc.".