Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo primo - II

II. Preoccupazione dei pensatori cristiani

Di fatto, si nota che questa preoccupazione di proporre Cristo come l'esegeta, l'interprete dell'uomo, colui che « decodifica », si direbbe oggi, l'uomo e i suoi problemi, è centrale nel pensiero e nelle opere di diversi scrittori, sia filosofi sia teologi.

Pensiamo a uomini come Pascal, Guardini, F. M. Sciacca, Blondel, Teiihard, Rahner, G. Marcel, Von Balthasar, M. Legaut, M. Zundel, A. Solgénitsyn.

Tutti hanno cercato di capire l'uomo al quale si rivolgono, per farsi meglio ascoltare da lui e per condurlo a interrogarsi sulla sua vera identità in Gesù Cristo.

È questa ugualmente la prima preoccupazione della Chiesa, in modo speciale dal Vaticano II a Giovanni Paolo II.

Ognuno di questi uomini ha la sua prospettiva, il suo linguaggio, ma tutti perseguono lo stesso scopo, con la stessa terapia: mostrare all'uomo del nostro tempo che il mistero dell'uomo non potrebbe essere compreso senza il mistero di Cristo.

L'uomo è ai propri occhi un enigma che soltanto Cristo può illuminare e decifrare .9

1. Già PASCAL, nei Pensieri, cerca di risvegliare nell'uomo una profonda coscienza della sua paradossale condizione di essere miserabile e tuttavia contrassegnato di grandezza.

L'uomo è un abisso che Dio solo può colmare e che solo Cristo può spiegare.

Il cristianesimo è la sola religione che, non soltanto illumina l'uomo, sulla sua condizione, ma porta un rimedio alla sua miseria.

« L'Incarnazione fa intendere all'uomo la grandezza della sua miseria per mezzo della grandezza del rimedio che fu necessario ».10

« Non soltanto non conosciamo Dio che attravèrso Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi che, tramite Gesù Cristo.

Al di fuori di Gesù Cristo non sappiamo cosa sono ne la nostra vita, ne la nostra morte, ne Dio, ne noi stessi ».11

Pascal cerca dunque di rendere il cristianesimo augurabile, desiderabile all'uomo sincero che vuole trovare un senso alla sua vita, al mistero di contraddizione che lo costituisce.

2. Maurice BLONDEL, ne L'Azione, 12 cerca il punto d'incontro tra il mistero dell'uomo e il mistero della rivelazione cristiana nel dinamismo dell'agire umano.

Per studiare il senso della condizione umana, osserva Blondel, si deve afferrare l'uomo in seno a questa realtà nella quale è immerso e alla quale non può sfuggire: l'azione.

Nessuno sfugge all'azione, ne al problema che pone.

Che lo voglia o no, nell'azione ciascuno decide il problema del suo destino, per la vita o per la morte.

Blondel analizza dunque il dinamismo della volontà e dell'agire umano.

Ora l'analisi di questo dinamismo rivela che esiste sempre una sproporzione tra ciò che si crede di volere e ciò che si vuole profondamente, tra l'oggetto voluto hic et nunc e il movimento spontaneo del volere, tra il termine concreto dell'azione e lo slancio del volere.

Dopo aver osservato ogni forma dell'agire umano e dopo aver osservato dovunque questa sproporzione rinascente tra il voluto concreto e il dinamismo della volontà, possiamo misurare l'ampiezza del volere umano e siamo portati a concludere che l'uomo non potrebbe completarsi se non aprendosi a un'azione che non e la sua: «Da me a me c'è un abisso che"non posso colmare »

Un conflitto, una crisi rinasce allora nel cuore dell'uomo, una scelta si impone: o l'uomo si richiude in se stesso, o si apre a un'azione divina, qualunque sia l'immagine sotto la quale si presenta.

Nella sua realtà storica il cristianesimo sembra rispondere bene a questa attesa indeterminata, ma incoercibile del volere umano.

3. Romano GUARDIMI è un importante testimone della coscienza cristiana del XX secolo.

Quest'uomo è stato intensamente presente ai problemi e alle aspirazioni degli uomini della nostra epoca.

Non è un filosofo, ne un teologo di mestiere, ma piuttosto un « formatore » un « modellatore » del pensiero religioso del suo tempo.

Alcune sue opere tuttavia costituiscono un vero universo filosofico: una ontologia, una antropologia, una cosmologia una teodicea.13

Nelle sue opere Guardini ritorna spesso sulla necessità per l'uomo di « aprirsi » a una rivelazione se vuole capire qualcosa del suo mistero.

Così, in Welf una Person pone in evidenza la parola di Pascal: « L'uomo supera infinitamente l'uomo ».

Già nella prefazione sottolinea che l'uomo è un enigma a se stesso.

Queste pagine, dice, si occupano del problema della natura dell'uomo.

Un problema studiato oggi come mai nel passato.

Si è ormai imposta l'idea che l'uomo potrebbe essere molto diverso da ciò che pensa e dichiara l'opinione ufficiale: questa idea era nell'aria all'inizio del XX secolo, ma mai chiaramente espressa.

L'uomo è oggi cosciente di essere diverso da ciò che pensava di essere: sconosciuto a se stesso, problema e progetto.

Di conseguenza è ormai possibile chiedersi in che cosa consista la risposta che la rivelazione cristiana porta a questo problema.

Queste pagine non hanno altro scopo che di approfondire un solo punto: cioè che « l'uomo non è un blocco di realtà chiuso su se stesso o una forma di autosufficienza che ha il suo sviluppo proprio, ma che esiste in funzione di un'altra cosa che viene incontro a lui, e dall'alto ».14

In verità, per capire la sollecitudine di Guardini per il mistero dell'uomo, rivelato in Gesù Cristo, si deve leggere il suo libro su Pascal o il dramma della coscienza cristiana.15

Guardini trova che Pascal si è posto il problema che l'uomo contemporaneo deve inevitabilmente affrontate.

Secondo Pascal, dice Guardini, « l'uomo non è un essere capace di bastare a se stesso; non è rinchiuso nei suoi limiti.

È un essere al di sopra di se stesso: l'uomo supera infinitamente l'uomo, secondo la bella formula del frammento 434.

La sua natura non si realizza nello sviluppo di un sistema, ma in quanto è attratta al di sopra di se stessa in una comunicazione di vita con Dio ».16

4. Teiihard DE CHARDIN pone anche lui il problema dell'uomo e del suo mistero, ma a partire dal fenomeno umano considerato nella totalità e nella prospettiva dell'evoluzione del mondo, dell'uomo e della storia.

Ad ogni momento della durata del tempo si compie nell'universo uno sforzo gigantesco che prepara la realizzazione dell'avvenire.

Questa crescita, sempre più complessa dell'universo non si spiega da sé, ma trova il suo senso definitivo nelle prospettive aperte dalla rivelazione cristiana.

La fede ci rivela che Cristo è l'avvenire dell'universo, che trova in lui la sua definitiva interpretazione e il suo compimento.

Cristo è la chiave che permette di decifrare i misteri del mondo e dell'uomo.

Cristo alimenta l'evoluzione e la conduce al suo compimento e al suo superamento.

L'amore di Cristo in particolare costituisce uno slancio nuovo verso una metamorfosi dell'umanità mediante la carità.

5. Karl RAHNER, in Horer des Wortes,17 segue lo stesso itinerario di Blondel, ma a partire dal dinamismo della conoscenza umana.

L'uomo è spirito.

Come tale possiede un'apertura illimitata all'essere e costituisce un orizzonte sul quale può disegnarsi un'eventuale rivelazione di Dio all'uomo.

Inoltre se l'uomo vuole essere docile alla sua natura di essere storico, rivolto verso la storia, deve stare in ascolto di una eventuale parola di Dio nella storia, che potrebbe colmarlo.

Blondel parte dal dinamismo dell'agire umano.

Rahner parte dal dinamismo della conoscenza umana.

6. Gabriel MARCEL ( morto nel 1973 ), scrittore, filosofo, drammaturgo, si è convertito al cattolicesimo ed è stato battezzato nel 1929, all'età di quarant'anni.

Si può dire che la sua filosofia era « cristiana » prima di lui e che era egli stesso un'anima naturaliter christiana.

In Position et approches concrètes du mystère ontologique,18 che è come il suo Discorso sul metodo, G. Marcel osserva che la vita soprannaturale; senza essere una fioritura della vita naturale, deve trovare in questa « agganci e punti di inserzione ».19

Di conseguenza, la filosofia come ricerca del mistero ontologico, non è possibile che « per una specie di irradiazione fecondante della rivelazione stessa … Una tale filosofia, con un movimento irresistibile, va incontro a una luce che è presente e di cui subisce in fondo a sé lo stimolo segreto e l'ardente pressione ».20

Il filosofo credente è l'esempio vivente di questa indivisibilità: c'è in lui la convergenza del metafisico e del religioso.

Secondo una definizione di Ricoeur, l'opera di G. Marcel si presenta come uno scontro tra una « sociologia delle tenebre » e una « metafisica della luce ».

G. Marcel dà innanzitutto un giudizio sul mondo nel quale si trova impegnato: questo mondo è in disordine, è stonato.

I suoi meccanismi funzionano ancora, ma il cuore non batte più.

Il male di cui soffre proviene dalla mentalità « tecnicizzante ».

Si tratta l'uomo e la realtà umana come « cose ».

La tecnica è sia un idolo che una panacea.

Ma le tecniche di manipolazione soddisfano soltanto il bisogno di avere, soffocano l'essere.

L'uomo-oggetto, l'uomo-massa, l'uomo-robot, l'uomo-schedario, giudicato secondo le categorie del « rendimento », ha perduto la capacità di avvicinarsi al reale nella sua totalità.

Il pantecnicismo ha impoverito e spersonalizzato l'uomo.

L'uomo-cosa è profondamente insoddisfatto.

Fa esperienza di un mondo vuoto, inconsistente, assurdo, difforme, indecifrabile, in una parola di un caos.

L'euforia dei grandi successi tecnici e scientifici, che assicurano potenza e benessere, non colma il vuoto lasciato dall'assenza di una realtà profonda.

È in nome della dignità umana che G. Marcel denuncia le « problematicizzazioni di ogni specie dell'esistenza e dell'essere ».

Gli uomini sono stati sollevati contro l'umano, l'avere si sostituisce all'essere, il problema al mistero, cioè alla persona con ciò che ha di incomunicabile, d'ineffabile, di gratuito, di non riducibile a un concetto.

È mediante una protesta contro questa caduta nell'assurdo che può prodursi un raddrizzamento salutare: occorre passare dall'avere all'essere, dal problema al mistero.

È necessario trasformare l'atteggiamento di rifiuto, di auto sufficienza dell'uomo, in atteggiamento di partecipazione all'essere, di comunione con gli altri.

Altrimenti l'uomo è condannato a non capire mai se stèsso e a non capire mai gli altri.

Ora l'altro si presenta come un richiamo, un'invocazione alla quale possiamo rispondere con la disponibilità, l'incontro, l'amore.

È nella misura in cui ci apriamo agli altri che incominciamo a capire e a capirci.21

D'altra parte la risposta definitiva alla domanda: chi sono? non può essere trovata, osserva G. Marcel, in una partecipazione con un altro essere che sarebbe dello stesso mio livello.

L'uomo non può penetrare nel cuore del suo mistero personale che mediante una comunione con una presenza personale, ma trascendente, con un Tu assoluto, più intimo a me che a me stesso

Se Dio è questo Tu trascendente, non lo posso conoscere che nell'umiltà, nella preghiera, nella conversione.

Tutto ciò che è stato detto sull'incontro umano ( capacità o incapacità di comunicare ) vale sul piano dell'incontro tra Dio e il credente.

Accolgo Dio, ma Dio stesso si fa mio prossimo.

Se l'uomo approfondisce questo primo incontro, scopre che il Tu assoluto si manifesta in Gesu Cristo.

La luce di Cristo, provo una strana emozione ad articolare queste parole, dice G. Marcel, perché sono per me qualcosa di insolito, ma significano che, per la mia mente.

Cristo è non tanto un oggetto sul quale posso concentrare la mia attenzione, ma un Illuminante che può anche diventare un volto, uno sguardo.

Ma giustamente non si guarda a dir vero uno sguardo, se ne è penetrati e forse tanto più in quanto ci si sente guardati.22

7. In Dieu et l'homme d'aujourd'hui,23 H. U. von BALTHASAR studia i rapporti tra scienza, religione e cristianesimo.

Il mondo della scienza come tale, dice, non si pone domande a proposito della rivelazione cristiana.

Ma il mondo segnato dalla scienza moderna, si pone invece domande riguardanti il mondo e la religione, perché si interroga sul senso dell'uomo e dell'esistenza umana.

Questa stessa questione, se si studia in profondità, porta l'uomo a interrogarsi sulla religione e, in particolare, su questa religione, interamente centrata sul senso ultimo dell'esistenza umana, cioè il cristianesimo.24

8. Pensatore cristiano, ma personale, originale, indipendente, Marcel LÉGAUT si interroga anche lui sul senso della vita a partire dalla sua esperienza.

La sua opera su L'homme a la recherche de son humanités25 si propone come una riflessione sull'uomo, sul senso della vita, sul senso della morte: un senso che non si trova e non si completa definitivamente che in Gesù.

Più l'uomo matura, dice Légaut, più « sente il bisogno imperioso di riflettere sulla sua condizione per rendersene ragione.

Si sente intimamente chiamato a prendere coscienza in modo personale della sua umanità per aderire pienamente alla sua vita.

L'uomo prende tanto più coscienza di questo bisogno e di questo appello in quanto, grazie al suo approfondimento spirituale, è sempre più sensibile all'insoddisfazione profonda in cui lo lasciano i suoi beni più desiderati e i suoi più amati progetti.

A partire da un livello sufficiente di umanità, l'uomo sente la necessità di cercare un senso ai suoi giorni per sposare il suo destino, assumerlo … invece di subirlo ciecamente e di essere così trascinato fino alla morte.

Questa necessità gli è immanente come il fatto stesso di vivere ».26

Certamente « l'uomo può sottrarsi alla domanda che gli pone una vita già sufficientemente cosciente, fuggendo da se stesso mediante il turbine in cui lo trascina la conquista di beni sempre nuovi.

C'è un'ebrezza di vita, un furore di vivere che dipendòno più da una fuga disperata davanti alla serietà dell'esistenza che dall'impetuosità delle passioni.

Queste ingannano solo chi vi si abbandona non senza lasciargli intravedere di tanto in tanto il suo accecamento e la sua duplicità.27

Questa indispensabile riflessione sul senso della vita, osserva Légaut, può prendere due direzioni: o partire da una ideologia già costituita e cercare di inserirvisi alla meno peggio, o partire da sé, dalla coscienza della sua intima realtà, per capirsi, per situarsi rispetto al mondo.

Solo la seconda via permette all'uomo di prendersi in mano e di trovare se stesso.

Al termine della ricerca che passa attraverso Dio, si scopre Gesù: « Più si scopre Gesù scoprendo se stessi … più si capisce la necessità della sua venuta, e ancor più si intravede la profondità del mistero che unisce l'uomo a Dio ».28

9. Maurice ZUNDEL, prete svizzero morto nel 1975, una delle più simpatiche personalità cristiane del nostro tempo - una "specie di genio spirituale, poeta, mistico, filosofo e teologo, autore di una ventina di opere e di saggi - non ha parlato che di un soggetto: l'uomo, l'interiorità umana, la liberazione e il compimento dell'uomo in Gesù Cristo.

« Il problema dei problemi, dice, è l'uomo. Ci sono problemi soltanto perché l'uomo è un problema per se stesso » 29

Il problema di sapere come l'uomo può diventare quello che è, cioè veramente uomo e come può risolvere i problemi che la vita gli impone.

Ora, l'uomo non è veramente uomo che dal momento in cui si apre a un Altro, più interiore a lui che lui stesso, che solo può colmare la distanza infinita che c'è tra lui e lui stesso.30

Perché l'uomo, lo sappia o lo ignori, è aperto a un Valore infinito ed è veramente uomo dal momento in cui si apre a questo Valore e ne vive: « Non esisto, ma posso esistere ».31

« L'uomo non può esistere veramente che affermando Dio ».32

« l'uomo supera infinitamente l'uomo ».33

Zundel tuttavia è infinitamente rispettoso dell'interiorità e dell'inviolabilità della persona.

La presenza dell'Altro non si impone.

Dio è la piena luce e la piena misura dell'uomo, ma non costringe.

La sua luce sgorga dal profondo dell'essere e si propaga da un'intimità all'altra.

Sant'Agostino ci indica qui la condotta da tenere.

« Occorre che l'uomo, al quale il Vangelo è proposto, si senta interpellato nel più intimo di sé, che vi scopra il senso estremo della sua libertà in uno spazio interiore senza frontiere, che vi scopra infine Qualcuno che possa afferrare e colmare tutte le sue capacità di ammirazione e di amore.

Non si tratta di portare delle prove astratte di una realtà invisibile di cui il bisogno non è affatto sentito, ma di risvegliare in ciascuno tutto ciò che è propriamente umano in lui, fino a quando riconosce l'appello al quale nessuna risposta adeguata è data al di fuori di Cristo »34

10. A queste testimonianze aggiungiamo quella di uno scrittore russo, Alexandre SOLGENITSYN.

In un coraggioso M. DONZÉ, Puuvreté et Libération.

La pensée théologique de Maurice Zundel, Genève, 1980.

Il discorso pronunciato a Harvard l'8 giugno 1978,35 Solgénitsyn condanna la società occidentale orientata verso la materia a spese dello spirito; ossessionata dal desiderio di soddisfare i bisogni materiali, come se l'uomo fosse incapace di dare alla vita un senso più elevato; una società sazia di benessere e tuttavia incapace di trarre l'uomo dalla sua miseria morale; una società che ha annullato la coscienza delle sue responsabilità davanti a Dio e dei suoi doveri verso gli uomini.

In breve, una società che ha perso il senso di Dio e il significato della vita interiore.

L'Occidente marcisce.

Se non vuole scomparire deve procedere a una revisione dei valori fondamentali della vita e della società umana: « l'uomo è effettivamente al di sopra di tutto ed esiste al di sopra di noi uno Spirito supremo? …

È ammissibile sviluppare la vita materiale a detrimento della vita inferiore? ».36

Il mondo attuale deve effettuare una svolta non meno diffìcile di quella del medio evo e del Rinascimento.

Questa svolta esigerà da noi « una salita verso nuovi orizzonti, verso un nuovo modo di vivere paragonabile a un nuovo grado antropologico.

Nessuno sulla terra può risolvere il suo problema umano se non andando sempre più in alto ».37

Queste ultime righe dello scrittore russo lasciano intendere che l'Occidente non sfuggirà alla decomposizione se non diventerà « un uomo nuovo ».

Precisiamo che quest'uomo nuovo non ci sarà, non esisterà, a meno che sia l'uomo salvato da Cristo, vivificato dal suo Spirito.

Solo Cristo, può rivelare agli uomini, un nuovo modo di vivere, un nuovo stile di vita.

Cristo infatti, conducendo in mezzo agli uomini uno stile di vita « filiale », ha operato una nuova composizione di tutti i valori

Dopo la venuta di Cristo non si guarda più a Dio, agli uomini, al lavoro, alla sofferenza, alla morte, nello stesso modo.

Questi sondaggi non hanno altro scopo che di illustrare come è espressa, da pensatori appartenenti ad ambienti molto diversi, una medesima preoccupazione di fondo.

Tutti perseguono uno scopo comune, a volte chiaramente espresso, a volte discretamente proposto in modo allusivo, a volte semplicemente suggerito: mostrare che l'uomo non potrebbe capire se stesso, ne realizzarsi pienamente al di fuori di Cristo e del Vangelo.

L'uomo è per se stesso un enigma che solo Cristo può decifrare.

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9 In questo elenco, passiamo rapidamente su tré autori che studieremo poi più a lungo: Pascal, Teiihard, Blondel.
10 Edizione dei Pensées di L. BRUNSCHVICH fr. 526; per la presente edizione cfr. BLAISE PASCAL, Pensieri, Edizioni Paoline, Roma, 1979 che usa la stessa numerazione dei frammenti ( n.d.t. ).
11 Ibid., fr. 548.
12 M. BLONDEL, L'Action, Paris 1893 (trad. Ìt. L'Azione, Vallecchi, Firenze, 1932).
13 Per esempio: Der Gegensatz, Mainz, 1925 è un'ontologia; Well una Person, Wurzburg, 1939, un'antropologia e una cosmologia; Religion una Offenbarung, Wurzburg, 1958, una teodicea.
14 R. GUARDINI, Scritti filosofici 2 voli., Milano, 1964, voi. 2, pp. 3-4.
15 R. GUARDINI, Pascal ou le Tirarne de la conscience chrétienne, Paris, 1951.
16 Ibid., p. 75.
17 K. RAHNER, Horer des Worfes, 1943.
18 G. MARCEL, Position et approches concrètes du mystère ontologique, Paris et Louvain 1949.
19 Ibid., p. 90.
20 bid,. p. 91.
21 Vedi a questo proposito: G. MARCEL, Du refus a l'invocation, 1949 (trad. it. Dal rifiuto all'invocazione. Città Nuova, Roma) e Les hommes cantre l'humain, 1951.
22 G. MARCEL, En chemin, vers quel éveil?, Paris, 1971, p. 287. Questo testo è una specie di autobiografia. Vedi anche: X. TILLIETTE, « Gabriel Marcel», in: Dictionnaire de spiritualité, 10, 290-293.
23 H. U. von BALTHASAR, Dieu et l'homme d'aujourd'bui, Bruges-Bruxelles-Paris, 1966 (traduzione di: Die Gottesfrage des heutigen Menschen).
24 Ibid., pp. 29-30.
25 M. LÉGAUT, L'homme a la recherche de son humanité, Paris, 1971 (trad. it. L'uomo alla ricerca della sfia umanità. Cittadella, Assisi, 1972).
26 Wd., pp. 117-118.
27 Wd., p. 120.
28 Wd., p. 283.
29 M. ZUNDEL, La piene vivante, Paris, 1954, p, U; Su ZUHDEL vedi;
30 M. ZUNDEL, Croyez-vous en l'homme?, Paris, 1956, p. 7.
31 M. ZUNDEL, ]e et un Autre, Paris, 1971, p. 8.
32 M. ZUNDEL, L'Evangile intérieur, Paris 19515, p. 148 (trad. it. Il Vangelo interiore. Boria, Roma, 1955).
33 M. ZUNDEL, Morale et Myst^iqw, Paris, 1962, p. 139.
34 M. ZUNDEL, Quel homme et quel Dieu, Paris, 1976, pp. 66-67.
35 A. SOLGENITSYN, « Le déclin du courage », traduzione da: L'Express (19-25 giugno 1978), pp. 69-76.
36 Ibid., p. 76.
37 Ibid., p. 76.