Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo secondo - I

Tre approcci della condizione umana: Pascal, Teihard, Blondel

Parte prima

La questione del senso dell'uomo e della condizione umana può essere considerata in una prospettiva storica o in una prospettiva di riflessione sistematica: filosofico-teologica.

Le due prospettive sono per noi ugualmente valide, feconde, complementari.

In questa prima parte, il punto di partenza è decisamente storico.

Studiarne il problema posto a partire da tre autori diversi e complementari, che rappresentano ognuno un approccio e un contesto differenti: Pascal, Teiihard, Blondel.

A prima vista può sembrare arbitrario paragonare tra loro pensatori tanto diversi:

Pascal, uomo di scienza, scrittore e pensatore religioso;1

Teiihard, paleontologo e sacerdote;

Blondel, filosofo e laico.

Eppure questi uomini si incontrano su due punti essenziali.

Hanno un progetto comune, cioè dimostrare che solo il mistero di Cristo illumina e porta al suo compimento il mistero dell'uomo.

Presentano il cristianesimo come chiave di intelligibilità

per decifrare le condizioni paradossali dell'uomo, abisso di miseria e di grandezza ( Pascal );

per manifestare la coerenza tra la visione del mondo proposta dalla scienza e ciò che ci dice il cristianesimo sull'universo e sull'umanità ricapitolata in Gesù Cristo ( Teiihard );

per proporre la rivelazione cristiana come « ipotesi » che permette di veder chiaro nelle esigenze del volere umano ( Blondel ).

Inoltre questi uomini che appartengono a secoli differenti, hanno elaborato la loro riflessione sulla condizione umana a partire dal contesto del loro tempo.

L'uomo al quale pensa Pascal, è l'indifferente, il giocatore, il libertino, spirito brillante agli occhi del mondo, avido dei problemi dell'uomo, ma vuoto di Dio.

L'uomo del XIX secolo al quale pensa Blondel, è quello del conflitto suscitato dal principio di radicalizzazione dell'immanenza e dell'autonomia di fronte a ogni forma dell'eteronomia.

L'uomo al quale pensa Teiihard, che pure è dello stesso secolo, è profondamente diverso: è l'homo faber segnato dalla scienza e dalla conoscenza del fenomeno umano, come durata e come collettività pensante, evolutiva, creatrice.

Ognuno si rivolge all'uomo, ma a partire da un modello umano differenziato e ben identificato.

A questo proposito la sensibilità dei tre pensatori al contesto e alla mentalità del loro tempo, li costituisce paradigmi di ogni riflessione antropologica che voglia costruirsi « su misura ».

In questa prima parte si tratta quindi dello studio comparativo di tre approcci di uno stesso problema, cioè quello del senso della condizione umana.

Questo aspetto comparativo è essenziale e orienta ciascuna monografia.

BLAISE PASCAL: Cristo, totalità

Capitolo secondo Del significato

Pascal, primo in data degli autori che studiarne, ha influenzato notevolmente Blondel e Teiihard, senza parlare di molti contemporanei, come R. Guardini, F. Mauriac, M. F. Sciacca, M. Zundel, J. Guitton, Von Balthasar .

I. Le e « La fonte » di Pascal

Quando si studia Pascal si è subito stupiti per il ristretto numero delle sue fonti.

Ignora i grandi filosofi dell'antichità, salvo Epitteto: Manuale e Dissertazioni.

Non conosce meglio i teologi del medio evo: S. Tommaso, S. Bonaventura, Duns Scoto, per esempio.

Dei Padri della Chiesa conosce innanzi tutto Agostino, non solo attraverso Port-Royal, ma mediante uno studio diretto delle sue opere.

I Pensieri, fa osservare P. Sellier, « costituiscono l'abbozzo del trattato di teologia fondamentale che un genio si preparava a far nascere dall'humus agostiniano ».2

Si può concludere che Pascal considera l'apologià come una impresa nettamente teologica.

Ma Sellier aggiunge subito che Pascal ha ripensato l'opera di Agostino, l'ha arricchita, l'ha modificata, riformulata, poetizzata,3

Tuttavia è la Scrittura, ancor più che Agostino, la fonte che Pascal ha veramente frequentato.

Il resto gli è venuto dalle esperienze della sua vita personale di scienziato, di uomo di mondo, di pensatore.

Molière ha imitato Plauto; Boiiau, Orazio; La Fontaine, Esopo; Racine, Euripide.

Pascal si è indubbiamente ispirato ai Saggi di Montaigne, che ha conosciuto e studiato, ma soprattutto criticato e superato.

Pascal ha imitato Pascal.

I suoi maestri sono Epitteto, Agostino e Montaigne, ma soprattutto la Scrittura.

Le lacune di Pascal in storia, filosofia, teologia, si spiegano per il tipo di formazione ricevuta.

Suo padre era magistrato e matematico, ostile all'insegnamento della scolastica.

Ha formato suo figlio alle scienze fisiche e matematiche, e con successo.

A undici anni Pascal compone un Trattato dei suoni ( 1634-1635 ); a sedici anni stampa un Saggio sulle coniche ( 1640 ) e diventa così il beniamino dell'Accademia Mersenne; a diciannove anni, per aiutare suo padre nei fastidiosi calcoli sulle ripartizioni delle imposte, immagina una macchina calcolatrice e lavora due anni per realizzarla, pensando in seguito a un impiego su scala industriale.

Seguono esperienze sul vuoto, sull'equilibrio dei liquidi, sulla pesantezza dell'aria; poi studi sulla roulette, sui calcoli delle probabilità.

Nel 1661 e nel 1662, anno della sua morte, mette a punto col duca di Roannez un sistema di trasporto in comune: le « carrosses a cinq sois », cioè i primi omnibus di Parigi.4

Non ci stupisce se molto presto la salute di Pascal si sia alterata per l'eccesso dei suoi lavori.

Infatti, dal 1647 la malattia entra nella sua vita per non uscirne più.

D'ora in poi ogni lavoro « prolungato » gli sarà faticoso e, in alcuni momenti, impossibile.

Su consiglio dei medici che gli raccomandano la distrazione, si stabilisce a Parigi nel 1647.

In settembre vi incontra Descartes.

A Parigi Pascal farà due esperienze decisive: quella dei salotti e della vita mondana, rappresentata dall'ambiente dei Roannez; quella di Port-Royal, rappresentata dall'influenza di sua sorella Jacqueline, che si farà suora di quell'abbazia.

Al suo arrivo a Parigi è prodigiosamente cosciente del suo valore e si sente capace di stupire il mondo.

La sua « prima conversione » così chiamata, e del resto poco profonda, fu occasionata dal movimento di fervore che, verso l'anno 1646, colse i membri della famiglia Pascal e al quale Blaise ha partecipato intensamente.

Pascal scopre allora Saint-Cyran.5

Ma è nel 1648 che incomincia a conoscere più direttamente l'ambiente di Port-Royal, l'abbazia cistercense che si trova a sud-ovest di Versailles, decaduta, poi riformata a partire dal 1609 da Angelique Arnaud.

Nel 1635 la direzione di Port-Royal passa all'abate Saint-Cyran, mistico ardente, severo, ma poco equilibrato, responsabile, col suo amico olandese Giansenio, futuro vescovo d'Ypres e autore dell'Augustinus, del movimento religioso chiamato giansenismo.

Alla compagnia di Port-Royal appartengono i « Solitari »: uomini che hanno rinunciato a una vita brillante, a volte mondana, per condurre un'esistenza interamente consacrata a Dio, nutrita di Scrittura e caratterizzata da una morale rigorista.

Essi sono medici, giuristi, educatori e teologi.

Pascal è in relazione con questo ambiente dove conosce in particolare Singlin e Antoine de Rebours.

La sorella di Pascal, Jacqueline, aveva deciso di entrare nel convento di Port-Royal: progetto che le fu possibile realizzare soltanto dopo la morte del padre, Etienne Pascal, deceduto nel settembre 1651.

Anche Pascal, dopo essersi fortemente opposto al progetto della sorella, finì per consentire e fu presente alla professione di Jacqueline nel 1653.

Ma, mentre frequenta Port-Royal, Pascal frequenta anche la società brillante di Parigi.

Gli anni 1652-1653 rappresentano il periodo chiamato « mondano » della vita di Pascal.

A Parigi, Pascal ritrova il duca di Roannez, amico d'infanzia, che ha ora venticinque anni, di alta nobiltà, di educazione raffinata, la cui casa è il ritrovo delle persone brillanti.

Se Pascal deve a Port-Royal e alla sua famiglia, la sua formazione religiosa, deve al duca di Roannez la sua conoscenza del mondo e degli uomini.

Tramite il duca, ha conosciuto quell'al di là della scienza, cioè l'uomo, solo oggetto di studio che non sia estraneo all'uomos.

Il duca di Roannez, da parte sua, è affascinato dall'intelligenza prestigiosa, « mostruosa » di Pascal, e dalla sua reputazione di scienziato: l'ammirazione è reciproca.

Grazie al duca, Pascal conosce Antoine Gombaud, Chevalier de Mere, figura abbastanza enigmatica, uomo di mondo e mondano, « professore di galateo », specialista nell'arte di piacere; conosce anche Damien Mitton, molto libero di costumi e di pensieri.

In casa Roannez, Pascal si trova immerso in una società svariata dove si amancano gentiluomini e uomini d'affari, devoti e libertini.

È in questo ambiente che il fenomeno dell'« indifferenza » ha destato l'attenzione di Pascal ( che combatterà nei Pensieri ).

Fenomeno tipico di una certa società che ha messo Dio tra parentesi e che non sembra soffrirne.

Pascal deve a questa società il suo interesse per l'analisi interiore dell'uomo, per Montaigne, per l'arte di scrivere e di conversare.

Pascal ha imparato in questo ambiente a scoprire in se stesso ciò che Montaigne descriveva nei Saggi.

A Parigi Pascal frequenta anche i salotti della duchessa di Longueville, della marchesa di Sablé, della duchessa d'Aiguillon.

Va a corte. È affascinato dalla conversazione galante, dal gioco, dalla caccia, dalla danza.

Della sua vita sentimentale non sappiamo niente di certo.

Le ricerche di Jean Mesnard hanno fatto cadere la leggenda dell'amore di Pascal e di M.lle de Roannez, sorella del duca.6

Quello che si chiama comunemente il «periodo mondano» di Pascal, non ha niente a che vedere con una vita libertina; si tratta semplicemente di un periodo in cui frequenta ambienti mondani di Parigi e di un aftievolimento del suo fervore religioso, ma non di un abbandono della fede.

Sul piano scientifico questo periodo, lungi dall'essere sterile, è uno dei più fecondi.

Dopo essersi dedicato alla fisica, Pascal si dedica con slancio alla matematica.

Nel 1654, scopre il principio del calcolo delle probabilità.

Poi verso la metà di settembre del 1654, ignoriamo in seguito a quale evoluzione, Pascal da segni di smarrimento interiore.

Malgrado il suo attaccamento al mondo e i suoi desideri di grandezza, sente disgusto per il mondo e per se stesso.

Pensa di lasciare tutto.

Pascal confida il suo stato d'animo alla sorella Jacqueline.

Da una parte tutto contribuisce a fargli amare il mondo, dove è brillante; ma d'altra parte sente ripugnanza per le frivolità di quel mondo.

La sua coscienza lo rimprovera continuamente: sa che dovrebbe staccarsi da ogni cosa, ma gli manca la volontà.

« I suoi attaccamenti dovevano essere ben mostruosi per farlo resistere alle grazie che Dio gli faceva e agli stimoli che gli dava ».7

Prova rimorso di essersi fermato per strada, mentre Dio lo chiamava.

Quasi ogni giorno Pascal ha dei colloqui con la sorella.

È diviso tra lo scoraggiamento e l'orgoglio.

Come può lui, lo scienziato, il fisico, l'amico del duca di Roannez, frequentatore dei salotti più distinti, come può consentire a mostrarsi così com'è, cioè peccatore, cambiare vita, perdersi tra la folla della bassa gente: durus sermo

Pascal incontra Singlin di Port-Royal che gli raccomanda di pregare molto.

Poi, attraverso vie a noi sconosciute, ecco che la crisi interiore si scioglie nella notte del 23 novembre 1654.

Pascal riceve allora una grazia di conversione, vera, questa volta.

A partire da quell'istante è un'apertura verso l'alto, una nuova partenza senza ritorno.

Per capire il Pascal dei Pensieri, del mistero di Gesù, dei tre ordini, occorre prendere l'avvio da questa esperienza decisiva.

La vera « fonte » di Pascal, l'unica fonte della sua ispirazione, è l'incontro con Cristo, nella Scrittura e nella sua vita personale, in occasione dell'esperienza spirituale sconvolgente annotata nel Memoriale.

Eccone il testo: L'anno di grazia 1654

Lunedì 23 novembre, giorno di S. Clemente, papa e martire, e di altri del martirologio.

Vigilia di S. Crisogono martire e di altri.

Dalle ore dieci e mezzo circa di sera uno a mezzanotte e trenta circa.

Fuoco « Dio d'Abramo, Dio d'Isacco, Dio di Giacobbe » non dei filosofi e dei dotti.

Certezza. Certezza. Sentimento. Gioia. Pace.

Dio di Gesù Cristo Deum meum et Deum vestrum.

« Il tuo Dio sarà il mio Dio ».

Oblio del mondo e di tutto fuorché di Dio.

Egli non si trova che per le vie insegnate dal Vangelo.

Grandezza dell'anima umana.

« Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto ».

Gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia.

Io me n'ero separato.

Dereliquerunt me fontem aquae vivae « Mio Dio, mi abbandonerai? ».

Che io non ne sia separato in eterno.

« La vita eterna è questa: che conoscano tè, solo vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo ».

Gesù Cristo!

Gesù Cristo!

Io me n'ero separato.

Io l'ho fuggito, rinnegato, crocifisso.

Che non ne sia mai più separato.

Egli non si conserva che per le vie insegnate dal Vangelo.

Rinuncia totale e dolce.

Sottomissione totale a Gesù Cristo e al mio direttore.

Eternamente in gioia per un giorno di esercizio sulla terra.

Non obliviscar sermones tuos. Amen.

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1 V. MESSORI dedica a Pascal il lavoro già citato: Ipotesi su Gesù Torino, 1976: « Senza di lui questo libro non sarebbe mai stato scritto, o sarebbe stato del tutto diverso » (p. 20).
2 P. SELLIER, Pascal et S. Augusti», Paris, 1970, p. 618.
3 Ibid,, p. 619.
4 J. MESNARD, Pascal et les Roannez, 2 voi., Paris, 1965, 2, pp. 755-810.
5 Ibid.. 2, p. 987.
6 Ibid., 1, pp. 209-234.
7 Lettera di Jacqueline a Madame Périer (25 gennaio 1655).