Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Conclusione

Gesù Cristo salvezza dell'uomo

Molti nostri contemporanei, compresi dei cristiani, considerano che il cristianesimo è in crisi e che la sua forza è diminuita.

Invece di chiedersi se il cristianesimo non uscirà da questa crisi ringiovanito e vivificato, considerano l'ipotesi della sua scomparsa.

Tanto più che questa crisi è legata a quella dell'Occidente.

Innumerevoli infatti sono le opere e gli articoli che si preoccupano della disintegrazione delle democrazie occidentali.

Queste hanno offerto all'uomo un grado di libertà mai raggiunto finora, ma questa libertà non ha dato i risultati che si attendevano.

Essa ha generato l'uomo della contestazione, della violenza, del terrorismo; l'uomo della permissività universale e multiforme: dell'amore libero, del divorzio, dell'aborto, della droga, dell'eutanasia, del suicidio.

Questa libertà che avrebbe dovuto dare un senso a tutte le cose, anche arricchire di significato tutte le cose, ha svuotato invece tutte le cose di significato.

Si sono moltipllcate le distrazioni, nella speranza di far dimenticare, di « divertire » senza però fare della vita una realtà che valga la pena di essere vissuta.

L'uomo rimane solo, messo alle strette dai suoi problemi: incapace di utilizzare per il suo bene questa libertà così faticosamente acquisita, incapace di portare il suo progresso spirituale e morale al livello del suo progresso tecnico; incapace di essere più, pur possedendo molto di più; capace tutt'al più di preparare la sua autodistruzione.

La crisi dell'uomo occidentale, indifferente al cristianesimo, deluso, o amareggiato, o ribelle, è nello stesso tempo la crisi di tutta una civiltà, modellata senza dubbio dal cristianesimo, ma diventata esangue, di una ignoranza dolorosa, che non vede più ciò che il cristianesimo potrebbe offrirle per salvarla, perché non sa più o non capisce più ciò che il cristianesimo è per l'uomo, vale a dire la sola interpretazione autentica della sua salvezza.

Una crisi di queste dimensioni non potrebbe essere sormontata con dei palliativi, ma con una riscoperta del vero volto e del vero messaggio di Cristo.

Al tempo dell'impero romano, il cristianesimo ha dovuto affrontare il paganesimo; questa volta deve riallacciare rapporti con l'uomo post-cristiano, che ha abbandonato e tradito Cristo.

Il primo veniva a Cristo; il secondo deve convenirsi e ritornarvi.

Ora l'esperienza di molti popoli d'Europa e d'America dimostra come questo ritorno sia lento e mortificante.1

D'altra parte, un'epoca come quella che noi attraversiamo, come del resto tutte quelle durante le quali il cristianesimo ha dovuto soffrire con Cristo le angosce del Getsemani e del Golgota, in cui il saggio sembra essere colui che si allontana per cercare altrove la salvezza, queste epoche, dicevo, non sono le meno feconde.

È infatti in queste ore di dubbio e di tenebre, mentre la Chiesa vive nelle catacombe, che si purifica e si prepara al domani che è una nuova Pasqua, una risurrezione di cui percepiamo già gli indizi in tanti rinnovamenti stupendi: gruppi di preghiera, di studio, azioni caritative.

I cristiani del tempo presente non hanno alcun motivo valido di essere delusi da Cristo e di cercare altrove la risposta ai vari problemi della condizione umana.

La salvezza dell'uomo passa solo attraverso l'incontro con Cristo o il ritorno a Cristo.

Il cristianesimo non è ne superato, ne superfluo, ne estraneo all'uomo, ne nemico dell'uomo: è la sola immagine autentica dell'uomo, rivelata in Cristo, che è la verità dell'immagine.

Quando noi diciamo che Cristo, e la sola interpretazione dell'uomo e dei suoi problemi, non diciamo che gli sforzi umani sono insignificanti.

Al contrario. L'interpretazione cristiana non esclude, ma include l'esperienza umana: questa è anzi il punto di partenza obbligato di tutti i problemi che abbiamo studiato.

D'altra parte, l'originalità di Pascal, di Teilhard e di Blondel, è precisamente di aver elaborato una riflessione sulla condizione umana a partire dall'uomo e dal contesto del loro tempo: la loro antropologia è costruita « su misura ».

Il cristianesimo assume quindi l'esperienza umana, soprattutto l'esperienza religiosa, ma la arricchisce, l'approfondisce, la porta a una pienezza di significato che nessuna ideologia, nessuna religione potrebbe raggiungere, perché il cuore del cristianesimo è l'Uomo-Dio.

Le grandi filosofie, le grandi religioni contengono, è vero, un raggio più o meno ardente di questa verità che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.2

Ma solo Cristo è capace di discernere con certezza ciò che è autenticamente opera della Parola.

A questo riguardo, neanche l'Antico Testamento possiede da se stesso un'interpretazione assoluta e infallibile, perché non conosce la Parola definitiva che dissolve le sue ambiguità, che illumina le sue figure, che dissipa le sue ombre.

Solo Cristo rende possibile la perfetta intelligenza dell'Antico Testamento, come pure di tutte le forme religiose dell'umanità.

Solo l'avvento di Cristo si interpreta da sé totalmente e infallibilmente, perché qui il principio d'interpretazione, è Dio stesso in Gesù Cristo.

Sì, il cristianesimo ha qualche cosa da dire all'uomo di oggi, in particolare all'uomo dell'Occidente, e qualche cosa di decisivo.

Ciò che esso può donare, nessuna potenza sulla terra, nessuna ideologia sarebbe in grado di donarlo, perché è la via della salvezza tracciata da Dio stesso nel suo Figlio incarnato.

Cristo, infatti, essendo la teofania suprema, cioè insieme Dio rivelante e Dio rivelato, occupa una posizione unica, che distingue il cristianesimo da tutte le religioni che si dicono rivelate, compreso il giudaismo.

È la sola religione la cui rivelazione si incarna in una persona che si presenta come la verità vivente e assoluta, riunendo e unificando in essa tutti gli aspetti della verità che percorrono la storia dell'umanità: trascendenza della verità che caratterizza le correnti platoniche, storicità della verità che caratterizza il pensiero moderno e contemporaneo, interiorità della verità messa in luce dalle forme diverse di esistenzialismo.3

Altre religioni hanno avuto fondatori, ma nessuno di essi ( Budda, Confucio, Maometto, Zoroastrò, Mosè ) si è proposto come oggetto della fede dei suoi discepoli.

Qui, al contrario, la rivelazione di Cristo ha Cristo per oggetto.

Incontrare Cristo, è incontrare Dio; credere a Cristo, è credere in Dio.

Cristo non è un semplice fondatore di religione: è insieme immanente alla storia degli uomini e il trascendente assoluto.

Perciò Cristo appare come il solo mediatore del significato, il solo esegeta dell'uomo e dei suoi problemi.

Il messaggio di Cristo è misterioso, certo, ma fonte di significato, inesauribile e sempre zampillante.

L'essenziale di questo messaggio, è che l'uomo, lasciato a se stesso, non è che odio e peccato, egoismo e morte, ma che, per grazia, l'Amore assoluto si è introdotto nel cuore dell'uomo, al fine di conferirgli, se l'uomo vi consente, la propria vita e il proprio amore.

Cristo è colui nel quale questo dono ci è elargito.

Figlio di Dio, in seno alla Trinità, Dio incarnato in mezzo agli uomini, fa di noi dei figli del Padre, aventi in essi lo Spirito del Padre e del Figlio, che è Spirito d'amore, riunisce tutti gli uomini in questo amore.

In Cristo ugualmente, il mistero degli « altri » affiora nella sua profonda verità.

Gli « altri » sono il Figlio dell'uomo, servo sofferente, che ha fame e sete, che è nudo, malato, abbandonato, ma destinato alla gloria del Figlio diletto.

In Cristo, non vi sono più « stranieri », ma unicamente figli dello stesso Padre e fratelli di Cristo Stesso.

Non vi è più che l'amore del Padre e del Figlio, l'amore degli uomini, tutti riuniti nello stesso Spirito.

La libertà, a sua volta, è consenso all'Amore che invade l'uomo, apertura all'amicizia divina che lo invita a condividere la sua vita.

La morte stessa è meno una rottura che un compimento e una maturazione, un passaggio del figlio alla casa del Padre, l'incontro definitivo dell'Amore accolto nella fede.

In questo è la salvezza.

Nell'ottica cristiana, l'uomo non si capisce e non si realizza pienamente che nell'accoglienza del dono di Dio, dell'Amore.

Quanti uomini di oggi assomigliano a quelli dell'Antico Testamento!

Aspettano la pace, la giustizia, la verità, la vita, la pienezza della salvezza.

Nel segreto del loro cuore, cercano un senso per ogni cosa in un mondo apparentemente sprovvisto di senso.

A queste istanze Cristo risponde: « Io sono la Via, la Strada ».

A questi uomini che camminano nelle tenebre, dichiara: « Io sono la Luce; Io sono la Verità ».

A questi esseri fragili e peccatori, dice: « Io sono la Vita ».

A questi uomini che non vedono altro intorno a loro che odio e morte, dice: « Io sono l'Amore ».

A tutti dice;, « Io SONO », il Signore.

A ciascuno di noi può capitare di non vedere più chiaro, di non sapere più a che punto si trovi, come se ogni valore intorno a noi vacillasse e fosse senza consistenza.

O Signore, se un giorno tutto mi sembrasse insensato, se giungessi a non sapere più dove sbattere la testa, chi ascoltare, dove trovare appoggio, dammi la forza di voltarmi verso di tè, come per un istinto viscerale!

Intorno a me tutto è mistero!

Il mistero fa eco al mistero!

Ma Signore, il tuo Mistero è così grande, così appagante, in tutte le sue dimensioni!

Ciò che tu mi offri, Signore, supera talmente ciò che gli uomini, con le loro ideologie, hanno da offrirmi!

E poi, credere non è capire tutto: il tuo amore, il tuo perdono, il tuo servizio, il tuo messaggio, la tua morte, la tua vita!

Oh, tutto può scomparire, purché Tu rimanga, Tu solo che dai un senso ad ogni cosa e innanzitutto a me!

A chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!

E so che è vero, perché l'ho visto nella tua vita, nella vita dei tuoi santi, dei tuoi martiri.

Senza di Tè, io non esisterei!

Che io sia con Tè, in Tè!

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1 Sul problema così come è posto, vedere: J.-B. LOTZ, Was gibt das Christentum dem Menschen? Grunderwartungen und Erfullung, Frankfurt, 1979.
2 Nostra Astate, n. 2
3 I. de la POTTERIE, « Storia e Verità », in R. LATOURELLE e G. O'CoLLiNS, Problemi e prospettive di teologia fondamentale, Brescia, 1980, pp. 131-139.