Summa Teologica - I

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Le Fonti

II

3 - Non è da escludersi che il Dottore Angelico nel 1266 abbia posto mano contemporaneamente alla Prima Parte della Somma e al commento degli ultimi due libri aristotelici De Anima ( cfr. WALZ A., S. Tommaso d'Aquino, Roma, 1945, p. 118; Introd. Gen., nn. 7, 10 ).

Comunque è certo che quei due libri sono il testo più citato nelle 9 questioni da noi prese in esame.

Anzi, la stessa impostazione del trattato tomistico s'ispira allo schema dell'opera aristotelica.

Così pure è certo che nessun'altra opera era tanto discussa in quegli anni.

Tanto discussa, che l'Aquinate deve aver sentito il bisogno di riscontrarne i passi cruciali sull'originale greco ( cfr. De unit. inteli., ed. Keeler, p. 15 ).

Per questo lavoro di raffronto egli deve aver approfittato del suo soggiorno in Italia, dove si è trovato per lungo tempo a contatto col suo confratello Guglielmo di Moerbek, specialista nella lingua degli antichi filosofi.

Vedremo in seguito in che consistesse la polemica intorno ai testi del De Anima; ma possiamo constatare fin da ora che S. Tommaso era diventato in quegli anni, anche da un punto di vista di preparazione positiva, l'uomo più indicato per affrontare una delle più gravi e decisive controversie del pensiero umano.

Ma lo Stagirita è presente anche in altro modo nel trattato De homine: S. Tommaso mostra una padronanza assoluta di tutte le sue opere, citate sempre con rispetto e con accorgimento

4 - É poi evidente che Averroè non poteva essere dimenticato.

Anche il grande filosofo arabo ha concorso, a suo modo, alla sintesi dell'Aquinate.

Così pure non mancano citazioni del De Anima di Avicenna e dell'omonima opera di Temistio.

Platone è presente anche lui con le sue teorie filosofiche; tutto però lascia supporre che S. Tommaso non ha avuto la possibilità di leggerne gli scritti, ma ne ha visto le opere soltanto con gli occhi di Aristotele o con quelli di S Agostino e di Dionigi.

Ai greci e agli arabi aggiungiamo il nome di Boezio, per completare la serie dei filosofi citati nelle 9 questioni del presente volume.

- Possiamo dire che i filosofi fanno la parte del leone in questo trattato teologico, ma non bisogna dimenticare né l'argomento, prevalentemente filosofico, né il carattere logetico assunto da certi problemi.

La risposta più efficace alle istanze averroistiche era un ricorso ai testi aristotelici, e alle ammissioni di altri filosofi.

5 - Agli averroisti poco piacevano invece i testi dei latini: « verba latinorum non sapiunt » ( De unit. intell., ed. cil., pp. 2, 38 ).

Ma S. Tommaso non era un uomo da lasciarsi imporre certi gusti esotici.

A suo giudizio S. Agostino meritava una considerazione molto superiore a quella accordata da certi « gloriabundi falsi nominis scientia » ( De unit. mieti., conci. ) ai filosofi arabi.

Perciò nel suo trattato De homine le citazioni delle opere di Agostino sono assai frequenti.

Spira, però verso di loro una certa diffidenza, in rapporto a determinati problemi.

E la ragione di questa diffidenza viene espressamente dichiarata: S. Agostino è un platonico.

Accanto al nome di Agostino troviamo quelli di S. Girolamo, di S. Bernardo e di S. Anselmo; i quali vengono scomodati soltanto per questioni secondarie e particolari.

- Avrebbe dovuto nominare anche Gennadio; ma nel medioevo il De ecciesiasticis dogrnatibus, citato ripetutamente dall'Aquinate, era un libro più celebre del suo autore.

Maggiore interesse mostra S. Tommaso per lo Pseudo-Dionigi e per S. Giovanni Damasceno, appellandosi più volte alla loro sentenza.

Origene invece è ricordato più per i suoi errori, che per i suoi meriti.

Basilio è citato una volta, e più volte - abusivamente però - anche il suo fratello S. Gregorio di Nissa.

A quest'ultimo nel medioevo si attribuiva il De natura hominis, che appartiene invece a Nemesio, che fu Vescovo di Emesa in Fenicia ai primi del secolo V.

- Da notarsi che Nemesio, come lo Pseudo-Dionigi, era un platonico.

Perciò bisogna onestamente riconoscere che S. Tommaso non faceva buon viso soltanto alle sue fonti aristoteliche; e che nella sua sintesi i motivi platonici non sono esclusi per sistema.

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