Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se Dio comprenda se stesso

In 1 Sent., d. 43, q. 1, a. 1, ad 4; In 3 Sent., d. 14, a. 2, sol. 1; C. G., I, c. 3; III, c. 55; De Verit., q. 2, a. 2, ad 5; Comp. Theol., c. 106

Pare che Dio non comprenda se stesso.

Infatti:

1. S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 15 ] dice che « chi comprende se stesso è limitato rispetto a se stesso ».

Ma Dio è infinito sotto tutti gli aspetti.

Quindi non comprende se stesso.

2. Se uno rispondesse che Dio è infinito per noi e finito rispetto a se stesso, si potrebbe insistere: qualsiasi cosa è più vera per ciò che essa è presso Dio che non per ciò che essa è presso di noi.

Se dunque Dio è finito rispetto a se stesso e infinito per noi, è più vero dire che egli è finito anziché infinito.

Quindi Dio non comprende se stesso.

In contrario:

S. Agostino dice nel luogo citato: « Chiunque conosce se stesso si comprende ».

Ma Dio conosce se stesso.

Quindi anche si comprende.

Dimostrazione:

Dio comprende perfettamente se stesso.

Eccone la prova.

Una cosa è compresa quando si arriva al termine della sua conoscenza; e ciò avviene quando la si conosce così perfettamente quanto è conoscibile.

P. es., una proposizione dimostrabile è compresa quando è conosciuta per via di dimostrazione, e non quando è conosciuta con una ragione probabile.

Ora, è evidente che Dio conosce se stesso così perfettamente quanto è conoscibile.

Ogni cosa infatti è conoscibile secondo il grado della sua attualità, poiché una cosa non è conosciuta in quanto è in potenza, ma in quanto è in atto, come dice Aristotele [ Met. 9,9 ].

Ora, tanta è la capacità di Dio nel conoscere quanta è la sua attualità nell'essere: infatti Dio è conoscitivo perché, come si è già dimostrato [ aa. 1,2 ], è in atto e separato da ogni materia e da ogni potenzialità.

Quindi è evidente che conosce se stesso tanto quanto è conoscibile.

E così comprende perfettamente se stesso.

Analisi delle obiezioni:

1. Il termine comprendere, in senso rigoroso, significa avere o includere una cosa.

Quindi ogni oggetto compreso deve essere finito, come tutto ciò che è incluso.

Ma non si dice che Dio comprende se stesso nel senso che il suo intelletto sia distinto da lui, e lo prenda e lo includa: tali locuzioni vanno invece prese per esclusione.

Come infatti si dice che Dio è in se stesso per indicare che non è contenuto da alcuna cosa a lui estranea, così si dice che è compreso da se stesso perché nulla di se stesso gli è nascosto.

E infatti S. Agostino [ Epist. 147,9.22 ] scrive che « un tutto è compreso con la vista quando lo vediamo in modo che nulla di esso si celi a noi che lo vediamo ».

2. Quando si dice che Dio è finito rispetto a se stesso, ciò va inteso secondo una somiglianza di proporzione: nel senso cioè che Dio non oltrepassa la sua intelligenza come un essere finito non oltrepassa la propria intelligenza finita.

Non invece nel senso che Dio riconosca se stesso come qualcosa di finito.

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