Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se il vivere appartenga a tutti gli esseri che sono in natura

In 3 Sent., d. 35, q. 1, a. 1; In 4 Sent., d. 14, q. 2, a. 3, sol. 2; d. 49, q. 1, a. 2, sol. 3; C. G., I, c. 97; De Verit., q. 4, a. 8; De Pot., q. 10, a. 1; In Div. Nom., c. 6, lect. 1; In Ioan., c. 17, lect. 1; In 1 De anima, lect. 14; 2, lect. 1

Pare che il vivere appartenga a tutti gli esseri che sono in natura.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Phys. 8,1 ] dice che « il movimento è come una certa vita per tutti gli esseri esistenti in natura ».

Ma tutte le cose partecipano del movimento.

Quindi tutte le realtà naturali partecipano della vita.

2. Si dice che le piante vivono in quanto hanno in se stesse il principio del movimento di sviluppo e di decrescenza.

Ora, il moto locale è più perfetto e per natura anteriore al moto di sviluppo e di decrescenza, come prova Aristotele [ Phys. 8,7 ].

Poiché dunque tutti i corpi fisici hanno un principio di movimento locale, è chiaro che tutti vivono.

3. Fra tutti i corpi fisici i più imperfetti sono gli elementi.

Ma ad essi si attribuisce la vita: si parla, infatti, di acque vive.

Quindi a più forte ragione hanno vita gli altri corpi fisici.

In contrario:

Dionigi [ De div. nom. 6,1 ] dice che « nelle piante rimane come l'ultima eco della vita ».

Dal che si può dedurre che le piante occupano l'ultimo gradino della vita.

Ora, i corpi inanimati sono al disotto delle piante, e quindi ad essi non si può attribuire la vita.

Dimostrazione:

Dagli esseri che possiedono con evidenza la vita si può dedurre quali realmente vivano e quali non vivano.

Ora, gli esseri che possiedono con evidenza la vita sono gli animali: infatti, osserva Aristotele [ De veget. 1,1 ], « negli animali la vita è manifesta ».

Quindi noi dobbiamo distinguere gli esseri viventi dai non viventi in base a quella proprietà per cui diciamo che gli animali vivono.

E questa è il segno che per primo rivela la vita e ne attesta la presenza fino all'ultimo.

Ora, noi diciamo che un animale vive appena comincia a muoversi; e si pensa che in esso perduri la vita finché si manifesta tale movimento; quando invece non si muove più da sé, ma viene mosso soltanto da altri, allora si dice che l'animale è morto per mancanza di vita.

Da ciò si vede che propriamente sono viventi quegli esseri che comunque si muovono da sé, sia che il termine moto venga preso in senso proprio, in quanto è l'atto di una cosa imperfetta, cioè di una cosa che si trova in potenza, sia che venga preso in un senso più largo, in quanto il moto è l'atto di una cosa perfetta, nel quale senso anche l'intendere e il sentire sono considerati moti, come nota Aristotele [ De anima 3,4 ].

E così diremo viventi tutti gli esseri che si determinano da se medesimi al movimento o a qualche operazione; quegli esseri invece che per loro natura non si possono determinare da se stessi al movimento o all'operazione non possono essere detti viventi se non per una certa analogia.

Analisi delle obiezioni:

1. Il detto del Filosofo può essere inteso o del primo moto, cioè di quello dei corpi celesti, o del moto in generale.

E nell'uno e nell'altro caso il movimento è come una certa vita dei corpi fisici in senso metaforico, non in senso proprio.

Il moto del cielo infatti, nell'insieme di tutte le nature corporee, può essere paragonato al moto del cuore nell'animale, mediante il quale si conserva la vita.

Parimenti, ogni altro movimento che si verifica nell'ordine naturale ha una certa somiglianza con un'operazione vitale.

Se quindi tutto l'universo corporeo fosse come un solo animale, in maniera che tale movimento derivasse da un unico principio intrinseco, secondo la supposizione di alcuni, ne verrebbe che tale movimento sarebbe la vita di tutti i corpi fisici.

2. Il movimento non conviene ai corpi pesanti e leggeri se non in quanto sono fuori delle loro posizioni connaturali, cioè perché si trovano fuori del loro proprio luogo: poiché quando sono nel loro luogo naturale stanno in riposo.

Le piante viceversa, e gli altri esseri viventi, si muovono con moto vitale proprio perché sono nel loro stato naturale, e non perché si sforzano di giungervi o di discostarsene: anzi, a misura che si discostano da tale movimento, si allontanano dal loro stato naturale.

- Inoltre i corpi gravi e leggeri sono mossi da un motore estrinseco che, generandoli, dà loro la forma, o elimina l'ostacolo [ del loro movimento ], come dice Aristotele [ Phys. 8,4 ].

E così non si muovono da sé come i corpi viventi.

3. Si dicono acque vive quelle che hanno un flusso continuo.

Infatti le acque stagnanti che non sono alimentate da una sorgente perenne sono dette morte, come le acque delle cisterne e delle paludi.

Ciò però è detto per metafora, poiché in quanto paiono muoversi hanno una certa somiglianza con la vita; ma in esse non c'è la vera essenza della vita, poiché tale movimento non l'hanno da se stesse, ma dal loro principio generatore, come avviene nel moto dei corpi gravi e leggeri.

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