Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se Dio voglia altre cose oltre a se stesso

In 1 Sent., d. 45, q. 1, a. 2; C. G., I, cc. 75, 76, 77; De Verit., q. 23, a. 4

Pare che Dio non voglia altre cose oltre a se stesso.

Infatti:

1. La volizione divina è l'essere stesso di Dio.

Ma Dio non è altra cosa che se stesso.

Quindi non vuole altro all'infuori di sé.

2. L'oggetto voluto muove la volontà come, al dire di Aristotele [ De anima 3,10 ], l'appetibile muove l'appetito.

Se dunque Dio volesse qualche altra cosa oltre a se stesso, la sua volontà sarebbe mossa da un oggetto distinto da lui stesso: il che è impossibile.

3. Una volontà a cui basta l'oggetto che vuole non va in cerca di altro.

Ma a Dio basta la sua bontà, in cui la sua volontà si riposa.

Quindi Dio non vuole altro all'infuori di sé.

4. Tanti sono gli atti della volontà quanti sono gli oggetti voluti.

Se dunque Dio, oltre ad avere se stesso come oggetto del suo volere, avesse anche altre cose, l'atto della sua volontà sarebbe molteplice, e per conseguenza anche il suo essere, che si identifica con il suo volere.

Ma ciò è impossibile.

Quindi Dio non vuole cose distinte da sé.

In contrario:

L'Apostolo [ 1 Ts 4,3 ] dice: « Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione ».

Dimostrazione:

Dio ha come oggetto della sua volontà non soltanto se stesso, ma anche altre cose.

E ciò può essere chiarito con il paragone già adoperato nell'articolo precedente.

Le cose esistenti in natura infatti non solo hanno verso il loro bene l'inclinazione naturale a cercarlo quando non l'hanno e a riposarvisi quando lo possiedono, ma anche a effonderlo sulle altre, per quanto è loro possibile.

Per questo vediamo che ogni agente, nella misura in cui ha attualità e perfezione, tende a produrre cose a sé somiglianti.

Per cui rientra nella natura della volontà il comunicare ad altri esseri, nella misura del possibile, il bene posseduto.

E ciò appartiene principalmente alla volontà divina, dalla quale deriva, secondo una certa somiglianza, ogni perfezione.

Se quindi le cose in quanto sono perfette comunicano ad altri esseri la propria bontà, a maggior ragione conviene alla volontà divina di partecipare ad altri esseri analogicamente, nella misura del possibile, il proprio bene.

Così dunque Dio vuole se stesso e le altre cose.

Vuole però se stesso come fine e le altre cose come mezzi al fine, poiché si addice particolarmente alla bontà divina di venire partecipata anche da altri esseri.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene la volizione di Dio si identifichi realmente con il suo essere, tuttavia se ne distingue concettualmente, per il diverso modo in cui la intendiamo e ne parliamo, come già dicemmo [ q. 13, a. 4 ].

Quando infatti dico: Dio è non esprimo una relazione di Dio con un termine come quando dico invece: Dio vuole.

Per conseguenza, sebbene Dio non sia qualcosa di diverso da sé, pure vuole qualcosa al di fuori di sé.

2. Nelle cose che vogliamo per un fine tutta la ragione del volere è il fine: e questo muove la volontà.

E ciò è evidente riguardo alle cose che vogliamo unicamente per il fine.

Chi infatti decide di prendere una pozione amara, in essa non cerca altro che la sua salute, e solo la salute muove la sua volontà.

Diverso è invece il caso di chi prende una pozione dolce, in quanto la prende non solo per la salute, ma può anche volerla per se stessa.

Quindi, siccome Dio non vuole le cose distinte da sé se non per il fine, che è la sua bontà, come si è detto [ nel corpo ], non ne viene che la sua volontà sia mossa da qualcosa di estraneo, ma solo dalla sua bontà.

E così, come intende le altre cose da sé distinte comprendendo la sua essenza, parimenti vuole le altre cose volendo la sua bontà.

3. Dal fatto che alla volontà divina basta la sua bontà non segue che essa non voglia altro, ma che non voglia altro se non a motivo della sua bontà.

Come anche l'intelletto di Dio, sebbene sia perfetto perché conosce l'essenza divina, tuttavia in essa conosce anche le altre cose.

4. Come l'atto dell'intelletto divino è uno perché conosce cose molteplici in un solo principio, così il divino volere è uno e semplice poiché non ha per oggetto una moltitudine di cose se non per un unico motivo, che è la sua bontà.

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