Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se l'angelo si possa muovere localmente

In 1 Sent., d. 37, q. 4, a. 1; Opusc. 15, De Angelis, c. 18

Pare che l'angelo non possa muoversi localmente.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Phys. 6, cc. 4,10 ] dimostra che « nessun ente indivisibile può trovarsi in movimento », poiché mentre una cosa è al punto di partenza ancora non si muove, e quando è al punto di arrivo è già stata mossa: ne segue perciò che ogni cosa che si muove, mentre si muove, in parte deve essere al punto di partenza e in parte al punto di arrivo.

Ma l'angelo è indivisibile.

Quindi l'angelo non può muoversi localmente.

2. Il moto è « l'atto di un ente imperfetto », come dice il Filosofo [ Phys. 3,2 ].

Ma l'angelo beato non è imperfetto.

Quindi l'angelo beato non si muove localmente.

3. Il moto non avviene se non per un bisogno.

Ma gli angeli santi non necessitano di nulla.

Quindi gli angeli santi non si muovono da un luogo a un altro.

In contrario:

Il moto dell'angelo beato e quello dell'anima beata sono della stessa natura.

Ma è necessario ammettere che l'anima beata si muova localmente, essendo un articolo di fede che Cristo discese con l'anima agli inferi.

Quindi l'angelo beato può muoversi rispetto al luogo.

Dimostrazione:

L'angelo beato può muoversi localmente.

Però, come è equivoco parlare [ indifferentemente ] di presenza in un luogo per il corpo e per l'angelo, così pure è equivoco parlare di moto locale.

Il corpo infatti è in un luogo perché da esso è contenuto e ad esso è commisurato.

Quindi è necessario che anche il moto locale del corpo sia proporzionato al luogo e si assoggetti alle sue esigenze.

È cioè necessario che alla continuità dell'estensione corrisponda la continuità del moto, e dal prima e il poi dell'estensione derivi il prima e il poi del moto locale dei corpi [ cioè il tempo ], come spiega Aristotele [ Phys. 4,11 ].

- Ora, l'angelo non si trova nel luogo come contenuto e commisurato ad esso, ma piuttosto come contenente.

Non è quindi necessario che il moto locale dell'angelo si adegui al luogo stesso, e neppure che ne segua le esigenze, acquistandone la continuità, ma il suo è un moto discontinuo.

Dal momento infatti che l'angelo si trova in un luogo per il contatto della sua virtù, come sopra si è spiegato [ q. 52, a. 1 ], ne segue necessariamente che il moto locale dell'angelo non è altro che il succedersi di tali contatti con luoghi diversi: poiché l'angelo non può trovarsi simultaneamente in più luoghi, come sopra si è visto [ q. 52, a. 2 ].

Ma non è necessario che questi contatti abbiano una continuità.

Può verificarsi tuttavia in questi contatti una certa continuità.

Infatti nulla impedisce, nel modo già visto [ q. 52, a. 2 ], che come un corpo si trova in un luogo divisibile perché vi applica le sue dimensioni, così l'angelo vi si trovi applicando a tale corpo divisibile la sua virtù.

Come quindi il corpo non abbandona istantaneamente, ma progressivamente, il luogo in cui si trova, determinando la continuità del suo moto locale, così pure l'angelo può abbandonare progressivamente il luogo divisibile in cui si trova, e in tal caso il suo moto è continuo.ù

Ma può anche abbandonare istantaneamente tutto il luogo per unirsi istantaneamente a tutto un altro luogo: e in questo caso il suo moto non sarà continuo.

Analisi delle obiezioni:

1. La ragione addotta non fa al caso nostro, per due motivi.

Primo, perché la dimostrazione di Aristotele si riferisce agli indivisibili geometrici, ai quali corrisponde necessariamente un luogo indivisibile.

Ma ciò non si può dire degli angeli.

Secondo, perché la dimostrazione di Aristotele riguarda il moto continuo.

Se infatti il moto non fosse continuo si potrebbe rispondere che una cosa si muove quando è ancora al punto di partenza o è già al punto di arrivo: perché allora il moto non sarebbe da ritenersi altro che la successione dei luoghi rispetto alla cosa medesima: per cui si potrebbe affermare che la cosa si muove quando si trova in uno qualsiasi di quei luoghi.

Ma la continuità del moto impedisce ciò: poiché nessun continuo può trovarsi nel suo termine, come è dimostrato dal fatto che la linea non può trovarsi nel punto [ in cui termina ].

È necessario quindi che la cosa che si muove, mentre si muove, non si trovi totalmente in uno dei due termini [ del moto ], ma parte in uno e parte nell'altro.

La dimostrazione di Aristotele perciò non fa al caso nostro, quando il moto dell'angelo non è continuo.

- Se però si considera il moto continuo dell'angelo si può concedere che, mentre egli si muove, è in parte al punto di partenza e in parte al punto di arrivo ( purché l'espressione in parte si riferisca al luogo e non alle sostanze angeliche ).

Infatti all'inizio del suo moto continuo l'angelo si trova in tutto il luogo divisibile da cui inizia a muoversi, ma quando è già in movimento si trova in parte nel luogo antecedente che abbandona, e in parte nel luogo seguente che sta occupando.

- L'angelo ha perciò la capacità di occupare le parti di due luoghi, per il fatto che egli è in grado di occupare un luogo [ esteso e ] divisibile con il contatto della sua virtù, come un corpo [ lo occupa ] con il contatto delle sue dimensioni.

In conclusione:

il corpo che può muoversi localmente è divisibile in parti quantitative, l'angelo invece è in grado di applicare la sua virtù a una realtà divisibile.

2. È l'atto di un ente imperfetto il moto di una cosa che è in potenza.

Ma il moto dovuto a un contatto virtuale è proprio di una realtà che è in atto: la virtù infatti compete a una realtà in quanto è attuale [ e perfetta ].

3. Il moto di una cosa che è in potenza è determinato dalla sua indigenza, ma il moto di una realtà che è in atto non è determinato dalla propria, bensì dall'altrui necessità.

Ed è così che l'angelo si muove localmente per le nostre necessità, secondo le parole dell'Apostolo [ Eb 1,14 ]: « Non sono essi spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza? ».

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