Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se Adamo fosse dotato di tutte le virtù

In 2 Sent., d. 29, q. 1, a. 3

Pare che Adamo non fosse dotato di tutte le virtù.

Infatti:

1. Ci sono delle virtù che sono ordinate a frenare la smoderatezza delle passioni: come la temperanza frena la concupiscenza smodata e la fortezza frena l'eccessivo timore.

Ma nello stato di innocenza non esisteva smoderatezza di passioni.

Quindi non esistevano neppure le suddette virtù.

2. Ci sono delle virtù che riguardano le passioni aventi per oggetto il male: come la mansuetudine riguarda l'ira e la fortezza il timore.

Ma tali passioni mancavano nello stato di innocenza, come si è visto [ a. prec. ].

Quindi mancavano anche le virtù corrispondenti.

3. La penitenza è una virtù che riguarda un peccato commesso in precedenza.

E anche la misericordia è una virtù avente per oggetto la miseria.

Ma nello stato di innocenza non c'era né peccato né miseria.

Quindi non c'erano neppure tali virtù.

4. La perseveranza è una virtù.

Essa però mancava ad Adamo, come dimostrò il suo peccato.

Quindi egli non possedeva tutte le virtù.

5. Anche la fede è una virtù.

Ma essa pure mancava nello stato di innocenza: poiché la fede implica una conoscenza oscura, che pare inconciliabile con la perfezione dello stato primitivo.

In contrario:

Dice S. Agostino [ Serm. contra Iud., Pag. et Arianos 2 ]: « Il principe dei vizi sconfisse Adamo, formato dal fango della terra a immagine di Dio, armato di pudicizia, regolato dalla temperanza, splendente di chiarezza ».

Dimostrazione:

L'uomo nello stato di innocenza aveva in qualche modo tutte le virtù.

E lo si può dedurre da quanto abbiamo detto. Infatti abbiamo visto sopra [ a. 1 ] che la perfezione dello stato primitivo era tale da implicare la subordinazione della ragione a Dio e delle potenze inferiori alla ragione.

Ora, le virtù non sono altro che perfezioni ordinanti la ragione a Dio e disponenti le potenze inferiori secondo la regola della ragione, come vedremo meglio quando tratteremo delle virtù.

Quindi la perfezione dello stato primitivo esigeva che l'uomo possedesse in qualche modo tutte le virtù.

Dobbiamo tuttavia osservare che tra le virtù ve ne sono alcune che nel loro concetto non includono alcuna imperfezione, come la carità e la giustizia.

E tali virtù esistevano pienamente nello stato di innocenza, sia come abiti che come atti.

- Altre invece implicano nel loro concetto un'imperfezione, o nell'atto o nella materia.

Se dunque tale loro imperfezione non ripugnava alla perfezione dello stato primitivo, esse potevano coesistervi: come la fede, avente per oggetto le cose non viste, e la speranza, che è di cose non possedute.

Infatti la perfezione dello stato primitivo non si estendeva fino a dare la visione di Dio per essenza e il possesso di Dio col godimento dell'ultima beatitudine: perciò in tale stato la fede e la speranza potevano esistere sia come abiti che come atti.

- Se invece l'imperfezione implicita nel concetto di una data virtù ripugnava alla perfezione dello stato primitivo, allora tale virtù poteva esservi come abito, ma non come atto; come è evidente per la penitenza, che è il dolore per un peccato commesso, e per la misericordia, che è il dolore per l'altrui miseria: poiché tanto il dolore quanto la colpa e la miseria contrastano con la perfezione dello stato primitivo.

Quindi tali virtù si trovavano nel primo uomo come abiti, ma non come atti, essendo egli disposto in modo tale che, se ci fosse stato un peccato in precedenza, se ne sarebbe addolorato; e se avesse visto una miseria in altri l'avrebbe soccorsa per quanto stava in lui.

E in tal senso il Filosofo [ Ethic. 4,9 ] dice che « la verecondia », che riguarda le azioni turpi, « si trova nell'uomo virtuoso solo sotto condizione: nel senso cioè che egli è così ben disposto che si vergognerebbe se commettesse qualcosa di turpe ».

Analisi delle obiezioni:

1. Non è essenziale per la temperanza e per la fortezza il tenere a freno gli eccessi delle passioni, ma ciò è dovuto al fatto che nel soggetto in cui esse si trovano si verificano tali eccessi.

L'essenziale di queste virtù è invece il regolare le passioni.

2. Passioni come il timore e il dolore, che hanno per oggetto il male del soggetto medesimo in cui si trovano, sono incompatibili con la perfezione dello stato primitivo.

Le passioni invece che riguardano il male di altri non presentano tale incompatibilità: infatti l'uomo nello stato primitivo poteva odiare la malizia dei demoni, come poteva amare la bontà di Dio.

Di conseguenza le virtù moderatrici di tali passioni potevano trovarsi [ nell'uomo ] nello stato primitivo, sia come abiti che come atti.

- Le altre virtù invece, che moderano le passioni riguardanti il male del soggetto [ in cui si trovano ], qualora non abbiano altro oggetto che queste passioni, non potevano trovarsi nello stato primitivo in forma di atti, ma soltanto in forma di abiti, come si è detto [ nel corpo ] a proposito della penitenza e della misericordia.

Vi sono però delle virtù che hanno per oggetto non soltanto queste, ma anche altre passioni: la temperanza, p. es., ha per oggetto non solo la tristezza, ma anche il piacere; e così pure la fortezza ha per oggetto non solo il timore, ma anche l'audacia e la speranza.

Quindi nello stato primitivo poteva esserci l'atto della temperanza in quanto questa ha la funzione di moderare i piaceri, e poteva esserci la fortezza come moderatrice dell'audacia e della speranza; non invece in quanto tali virtù moderano la tristezza e il timore.

3. La soluzione è implicita in quanto si è detto.

4. La perseveranza viene presa in due sensi.

Primo, in quanto è una virtù: e così significa quell'abito in forza del quale uno è deciso a perseverare nel bene.

E così Adamo ebbe la perseveranza.

- Secondo, in quanto è una circostanza della virtù: e allora significa continuità nella virtù, senza interruzioni.

E in questo senso Adamo non ebbe la perseveranza.

5. La soluzione risulta dalle cose già dette.

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