Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se le circostanze siano bene enumerate nel III libro dell'Etica

In 4 Sent., d. 16, q. 3, a. 2, sol. 2; In 3 Ethic., lect. 3

Pare che le circostanze non siano bene enumerate nel III Libro dell'Etica [ c. 1 ].

Infatti:

1. Si chiama circostanza dell'atto ciò che ha con esso un rapporto esterno.

Ma tali sono soltanto il tempo e il luogo.

Quindi le circostanze sono due sole, cioè il quando e il dove.

2. Dalle circostanze si desume se una cosa è fatta bene o male.

Ma ciò rientra nelle modalità di un atto.

Quindi tutte le circostanze sono racchiuse in quell'unica circostanza che è il modo di agire.

3. Le circostanze non appartengono all'essenza dell'atto.

Invece appartengono evidentemente all'essenza dell'atto le sue cause.

Perciò non si deve desumere alcuna circostanza dalle cause dell'atto.

Quindi né chi, né perché, né intorno a che cosa sono delle circostanze: infatti chi indica la causa efficiente, perché la causa finale e intorno a che cosa la causa materiale.

In contrario:

C'è il passo del Filosofo nel III Libro dell'Etica [ l. cit. ].

Dimostrazione:

Cicerone nella sua Retorica [ De invent. 1,24 ] enumera sette circostanze, contenute nel verso: « Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando »; « Chi, che cosa, dove, con quali mezzi, perché, in che modo, quando ».

Infatti dobbiamo considerare, nelle varie azioni, chi le compie, con quali mezzi o strumenti le compie, che cosa compie, dove, perché e quando le compie.

Aristotele però ne aggiunge un'altra [ l. cit. ], e cioè intorno a che cosa, inclusa da Cicerone nel che cosa.

E di tale enumerazione si può dare questa spiegazione.

Si chiama circostanza ciò che, pur essendo esterno all'essenza di un atto, in qualche modo lo riguarda.

Il che può avvenire in tre modi:

primo, in quanto riguarda l'atto medesimo;

secondo, in quanto riguarda le sue cause;

terzo, in quanto riguarda gli effetti.

Ora, una cosa può riguardare l'atto stesso o come misura, e abbiamo il tempo e il luogo, oppure come qualità dell'atto, e abbiamo il modo di agire.

In rapporto all'effetto abbiamo invece la considerazione di che cosa uno abbia fatto.

Riguardo poi alle cause dell'atto si ha il perché rispetto alla causa finale, mentre in rapporto alla causa materiale abbiamo l'intorno a che cosa.

Infine in rapporto alla causa agente principale si considera chi ha agito, e in rapporto alla causa agente strumentale con quali mezzi.

Analisi delle obiezioni:

1. Il tempo e il luogo sono circostanze dell'atto in qualità di misura; ma ci sono altre circostanze che riguardano l'atto in altri modi, pur rimanendo estranee alla sua essenza.

2. Tale modo, indicato come bene o male, non è una circostanza, ma è la risultante di tutte le circostanze.

Viene però considerato come una circostanza speciale il modo che è una qualità dell'atto: p. es. camminare in fretta o adagio, battere forte o piano, e così via.

3. Le condizioni della causa dalle quali dipende l'essenza di un atto non sono circostanze, ma condizioni aggiunte.

Riguardo all'oggetto, p. es., non si può dire che sia una circostanza del furto il fatto che si tratti di roba altrui, poiché ciò appartiene alla sua essenza, ma solo il fatto di essere molta o poca.

E lo stesso si dica delle altre circostanze desunte in rapporto alle altre cause.

Infatti il fine che determina la specie dell'atto non è una circostanza: lo è invece un qualche fine connesso.

Come non è una circostanza che l'uomo forte agisca con energia per il bene della fortezza: lo è invece l'agire in tal modo per la liberazione della città, o del popolo cristiano, o per altri motivi del genere.

E lo stesso vale per il che cosa: infatti non è una circostanza di un lavaggio il fatto che uno versando l'acqua su una persona la lavi; lo è invece il fatto di raffreddarla o di riscaldarla, di sanarla o di farle del male.

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