Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se il consiglio sia una ricerca

Pare che il consiglio non sia una ricerca.

Infatti:

1. Il Damasceno [ De fide orth. 2,22 ] scrive che « il consiglio è un appetito ».

Ma la ricerca non è compito dell'appetito.

Quindi il consiglio, o deliberazione, non è una ricerca.

2. Investigare appartiene all'intelletto discorsivo, e quindi non può attribuirsi a Dio, il quale non ha una conoscenza discorsiva, come si è visto nella Prima Parte [ q. 14, a. 7 ].

Invece a Dio viene attribuito il consiglio, o deliberazione: infatti sta scritto [ Ef 1,11 ] che egli « agisce secondo il consiglio della sua volontà ».

Quindi il consiglio non è una ricerca.

3. La ricerca ha per oggetto le cose dubbie.

Invece si può dare un consiglio su cose certamente buone, come quando l'Apostolo [ 1 Cor 7,25 ] scrive: « Quanto alle vergini non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio ».

Quindi il consiglio non è una ricerca.

In contrario:

S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, De nat. hom. 34 ] scrive: « Ogni consiglio è una ricerca, ma non ogni ricerca è un consiglio ».

Dimostrazione:

La scelta, come si è visto [ q. 13, a. 1, ad 2; a. 3 ], segue il giudizio della ragione sulle azioni da compiere.

Ora, nelle azioni da compiere si riscontra molta incertezza: poiché le azioni riguardano cose singolari contingenti, che per la loro variabilità sono incerte.

D'altra parte nelle cose dubbie e incerte la ragione non proferisce il suo giudizio senza una previa ricerca.

Quindi è necessaria una ricerca della ragione prima del giudizio sulle azioni da compiere; e questa ricerca viene chiamata consiglio, o deliberazione.

Per cui il Filosofo [ Ethic. 3,3 ] scrive che la scelta è « il desiderio di cose predeliberate mediante il consiglio ».

Analisi delle obiezioni:

1. Quando gli atti di due facoltà sono tra loro subordinati, in ciascuno di essi si trova qualche elemento appartenente alla facoltà dell'altro: cosicché tali atti possono essere denominati dall'una o dall'altra facoltà.

Ora, è acquisito che l'atto della ragione che guida nella scelta dei mezzi e l'atto della volontà che tende, seguendo la ragione, ai medesimi, sono tra loro subordinati.

Quindi nell'atto della volontà, cioè nella scelta, troviamo un elemento razionale, che è l'ordine [ dei mezzi al fine ], e nella deliberazione o consiglio, che è un atto della ragione, troviamo un elemento volitivo, che funge da materia della deliberazione, poiché questa ha per oggetto le azioni che l'uomo vuole compiere; ed è anche come un impulso all'operazione, poiché un uomo viene spinto a deliberare circa i mezzi per il fatto che vuole il fine.

Quindi, mentre il Filosofo [ Ethic. 6,2 ] dice che « la scelta è un'intellezione appetitiva », per sottolineare che alla scelta concorrono tutti e due gli elementi, il Damasceno [ l. cit. ] afferma che « il consiglio è un appetito investigativo », per sottolineare che il consiglio spetta in qualche modo sia alla volontà, che offre la materia e l'incentivo per la ricerca, sia alla ragione, che compie la ricerca.

2. Le qualità che vengono attribuite a Dio devono essere interpretate prescindendo da tutti quei difetti che presentano in noi: in noi, p. es., la scienza è fatta di deduzioni dalle cause agli effetti mediante il raziocinio; invece la scienza attribuita a Dio sta a indicare la certezza riguardo a tutti gli effetti nella causa prima, senza deduzione alcuna.

E similmente viene attribuito a Dio il consiglio per la certezza della decisione e del giudizio, che in noi deriva invece dalla ricerca del consiglio.

Ma tale ricerca non può trovarsi in Dio: perciò in questo senso non è possibile attribuire a Dio il consiglio.

E in base a ciò il Damasceno [ ib. ] scrive che « Dio non si consiglia: infatti il consigliarsi è da persona ignara ».

3. Nulla impedisce che ci siano delle cose che sono beni certissimi secondo il giudizio delle persone sapienti e spirituali, e che tuttavia non sono beni certi secondo il giudizio della maggioranza, fatta di uomini carnali.

Quindi su tali cose si possono dare dei consigli.

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