Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la disistima o disprezzo sia l'unico movente dell'ira

Pare che la disistima o disprezzo non sia l'unico movente dell'ira.

Infatti:

1. Il Damasceno [ De fide orth. 2,16 ] afferma che « ci si adira perché si è subita un'ingiustizia, o si pensa di averla subita ».

Ora, si può subire un'ingiustizia senza disprezzo o disistima.

Quindi la disistima non è il solo movente dell'ira.

2. Rattristarsi del disprezzo equivale a desiderare di essere rispettati.

Ma gli animali non cercano il rispetto.

Quindi non si rattristano del disprezzo.

Tuttavia « in essi non manca l'ira, provocata dalle ferite », come nota il Filosofo [ Ethic. 3,8 ].

Perciò il disprezzo non è il solo movente dell'ira.

3. Il Filosofo [ Reth. 2,2 ] indica molte altre cause dell'ira, e cioè « la dimenticanza, il gioire nelle disgrazie altrui, il rinfacciare il male, l'ostacolare il conseguimento del proprio volere ».

Quindi il disprezzo non è l'unico movente dell'ira.

In contrario:

Il Filosofo [ ib. ] scrive che l'ira è « una brama di punire, accompagnata da tristezza, a causa di una disistima che si pensa di non meritare ».

Dimostrazione:

Tutte le cause dell'ira si riducono alla disistima.

Ci sono infatti tre specie di disistima, come insegna Aristotele [ ib. ], e cioè il disprezzo, la vessazione, con cui si ostacola l'adempimento del volere, e la contumelia: e a queste tre cose si riducono tutti i moventi dell'ira.

E due sono le ragioni di questo fatto.

Primo, perché l'ira cerca il danno di un altro come giusta vendetta: quindi in tanto cerca la vendetta in quanto si presenta come giusta.

Ma non si può fare una vendetta giusta se non per un'ingiustizia: perciò il movente dell'ira è sempre qualcosa di ingiusto.

Per cui il Filosofo [ Reth. 2,3 ] scrive che « se qualcuno pensa di aver subito un danno giustamente, non si adira: infatti l'ira non sorge contro ciò che è giusto ».

Ora, uno può procurare un danno in tre modi: per ignoranza, per passione e per libera scelta.

Ma l'ingiustizia massima sta nel danneggiare deliberatamente, e con vera malizia, come nota Aristotele [ Ethic. 5,8 ].

Quindi ci adiriamo soprattutto contro coloro che, a nostro giudizio, ci hanno fatto del male apposta.

Se infatti riteniamo che qualcuno ci ha offesi per ignoranza o per passione, o non ci irritiamo con lui, o lo facciamo in tono minore: poiché l'ignoranza e la passione diminuiscono l'offesa, e in qualche modo spingono alla misericordia e al perdono.

Invece quelli che fanno del male deliberatamente mostrano di peccare per disprezzo: quindi ci irritiamo specialmente contro di loro.

Per cui il Filosofo [ Reth. 2,3 ] scrive che « contro coloro che hanno commesso qualcosa per ira o non ci irritiamo, o ci irritiamo di meno: essi mostrano infatti di non aver agito per disistima ».

Secondo, perché la disistima si contrappone al prestigio personale: infatti, come dice Aristotele [ Reth. 2,2 ], « gli uomini disistimano ciò che reputano buono a nulla ».

Ora, da tutti i nostri beni noi ci attendiamo un certo prestigio.

Quindi qualsiasi offesa ci venga fatta si riduce alla disistima o al disprezzo, in quanto colpisce il nostro prestigio.

Analisi delle obiezioni:

1. Se uno patisce un torto per qualsiasi altra causa diversa dal disprezzo, tale causa diminuisce il torto medesimo.

Invece solo il disprezzo o disistima accresce il movente dell'ira.

Quindi è di per sé la causa dell'ira.

2. Sebbene l'animale non brami l'onore come tale, tuttavia cerca una certa prestanza, e si irrita contro le cose che la compromettono.

3. Tutte le cause suddette si riducono al disprezzo.

La dimenticanza, p. es., è un segno evidente di disistima: infatti le cose che stimiamo importanti le imprimiamo maggiormente nella memoria.

E similmente deriva dal disprezzo il non temere di contristare qualcuno, rinfacciandogli cose dolorose.

E anche chi nelle disgrazie di qualcuno dà segni di contentezza mostra di curarsi poco del bene o del male del prossimo.

E così pure chi impedisce a un altro di attuare il suo proposito, senza che gliene venga un vantaggio personale, mostra di non preoccuparsi molto della sua amicizia.

Perciò tutte queste cose sono incentivi dell'ira in quanto sono segni di disprezzo.

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