Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se le virtù morali consistano nel giusto mezzo

II-II, q. 17, a. 5, ad 2; In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 3, sol. 1;De Virt., q. 1, a. 13; q. 4, a. 1, ad 7; In 2 Ethic., lectt. 6, 7

Pare che la virtù morale non consista nel giusto mezzo.

Infatti:

1. L'ultimo è incompatibile con la nozione di mezzo.

Ma la nozione di virtù implica l'idea di ultimo: infatti Aristotele [ De caelo 1,11 ] afferma che « la virtù è il punto ultimo della potenza ».

Perciò la virtù morale non consiste nel giusto mezzo.

2. Ciò che è massimo non è intermedio.

Ma certe virtù morali tendono a un massimo: la magnanimità, p. es., ha per oggetto i massimi onori, e la magnificenza riguarda le massime spese, come dice Aristotele [ Ethic. 4, cc. 2,3 ].

Perciò non tutte le virtù morali consistono nel giusto mezzo.

3. Se essere nel giusto mezzo rientra nell'essenza della virtù morale, la virtù morale necessariamente non verrà a perfezionarsi, ma a corrompersi avvicinandosi a un estremo.

Invece alcune virtù morali toccano la loro perfezione tendendo verso certi estremi: la verginità, p. es., astenendosi da ogni piacere venereo, tocca un estremo, ed è la castità più perfetta.

E così pure è perfettissima misericordia o liberalità il dare ai poveri ogni cosa.

Quindi non rientra nella nozione della virtù morale il trovarsi nel giusto mezzo.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2,6 ] insegna che « la virtù morale è un abito elettivo che sta nel giusto mezzo ».

Dimostrazione:

Come è evidente in base alle spiegazioni date [ q. 55, a. 3 ], la virtù ha il compito specifico di ordinare l'uomo al bene, e in particolare la virtù morale ha quello di ben disporre la parte appetitiva dell'anima rispetto a una determinata materia.

Ora, la misura e la regola del moto appetitivo verso l'oggetto è la ragione.

D'altra parte il bene per ogni cosa misurata e regolata consiste nel conformarsi alla propria regola: come il bene per i prodotti dell'arte consiste nell'essere a regola d'arte.

Perciò in queste cose il male consiste nel discordare dalla regola o misura.

E ciò avviene perché una cosa o sorpassa la sua misura o è al di sotto di essa: il che è evidente in tutte le cose sottoposte a una regola o misura.

Perciò è evidente che il bene delle virtù morali consiste nell'adeguarsi alla misura della ragione.

- Ed è anche chiaro che tra l'eccesso e il difetto il punto intermedio segna l'adeguazione o conformità.

Perciò è evidente che la virtù morale consiste nel giusto mezzo.

Analisi delle obiezioni:

1. La virtù morale deve la sua bontà alla regola della ragione, mentre ha per materia le passioni o le operazioni.

Se quindi nel rapporto della virtù morale con la ragione guardiamo all'elemento razionale, vediamo che esso si presenta come un estremo, che è la conformità, mentre l'eccesso e il difetto si presentano come l'estremo opposto, che è la difformità.

Se invece la virtù morale viene considerata rispetto alla sua materia, allora si presenta come il giusto mezzo, in quanto la virtù riduce la passione alla regola della ragione.

Perciò il Filosofo [ Ethic. 2,6 ] scrive che « la virtù sta nel mezzo secondo la sostanza », cioè in quanto applica la regola della virtù alla sua materia propria; « invece rispetto all'ottimo e al bene è un estremo », cioè rispetto alla conformità con la ragione.

2. Negli atti e nelle passioni il giusto mezzo e gli estremi vanno determinati secondo le diverse circostanze: perciò nulla impedisce che in una virtù si abbia un estremo rispetto a una data circostanza, il quale tuttavia rimane il giusto mezzo rispetto ad altre circostanze, in forza della sua conformità con la ragione.

Il che avviene nella magnificenza e nella magnanimità.

Se infatti si considera soltanto la grandezza di ciò a cui tende il magnifico e il magnanimo, allora bisogna dire che è qualcosa di estremo e di massimo; se però si considera la cosa in rapporto alle altre circostanze, allora essa ha ragione di termine medio: poiché a tale termine tendono le suddette virtù secondo la regola della ragione, e cioè dove, quando e perché è richiesto.

Avremmo invece un eccesso se si tendesse a quel massimo quando o dove non è richiesto, o per motivi che non lo richiedono; e si avrebbe un difetto se ad esso non si tendesse dove e quando è richiesto.

E questo è quanto dice il Filosofo [ Ethic. 4,3 ] quando scrive che « il magnanimo è estremo nella grandezza; ma essendolo là dove si richiede, è moderato ».

3. La stessa ragione invocata per la magnanimità vale anche per la verginità e per la povertà.

Infatti la verginità si astiene da tutti i piaceri venerei, e la povertà da tutte le ricchezze, per giusti motivi e nei modi richiesti: cioè secondo il comando di Dio e per la vita eterna.

Se invece ciò venisse fatto ma non nel debito modo, p. es. seguendo qualche superstizione illecita, o anche per vanagloria, si avrebbe un eccesso.

Se poi ciò non venisse fatto quando è richiesto, come è evidente nel caso di chi trasgredisce il voto di verginità o di povertà, allora si avrebbe un vizio per difetto.

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