Summa Teologica - I-II

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Articolo 10 - Se nella ragione superiore, considerata in se stessa, ci possa essere il peccato veniale

In 2 Sent., d. 24, q. 3, a. 5; De Verit., q. 15, a. 5; De Malo, q. 7, a. 5

Pare che nella ragione superiore, considerata in se stessa, cioè in quanto attende alle ragioni eterne, non ci possa essere il peccato veniale.

Infatti:

1. L'atto di una facoltà può essere difettoso solo se è disordinato rispetto al proprio oggetto.

Ma oggetto della ragione superiore sono le ragioni eterne, dalle quali non è possibile deviare senza peccato mortale.

Quindi nella ragione superiore, considerata in se stessa, non ci può essere il peccato veniale.

2. Essendo la ragione una facoltà deliberante, il suo atto è sempre deliberato.

Ora, tutti i moti disordinati relativi alle cose di Dio, se sono deliberati, sono peccati mortali.

Perciò nella ragione superiore, vista in se stessa, un peccato non può mai essere veniale.

Verso il proprio oggetto invece essa si rivolge con due atti: con la considerazione semplice e con la deliberazione, consistente nel consultare le ragioni eterne anche sul proprio oggetto.

Ora, rispetto alla semplice considerazione ci può essere qualche moto disordinato riguardo alle cose divine: quando uno, p. es., subisce dei moti improvvisi contro la fede.

E sebbene la mancanza di fede nel suo genere sia peccato mortale, tuttavia questi moti sono peccati veniali.

Poiché non ci può essere un peccato mortale che non sia in contrasto con la legge di Dio; ma in materia di fede ci sono delle cose che improvvisamente possono presentarsi sotto un aspetto differente, prima che in proposito si possano consultare le ragioni eterne, cioè la legge di Dio: p. es. quando uno, vedendo immediatamente che la risurrezione dei morti è impossibile secondo la natura, sente ripugnanza [ ad ammetterla ], prima che abbia il tempo di prendere coscienza che questo dato ci è stato trasmesso come verità di fede secondo la legge divina.

Se però dopo questa presa di coscienza il moto contro la fede rimane, è peccato mortale.

Perciò la ragione superiore, in rapporto al proprio oggetto, può peccare venialmente nei moti improvvisi; e può anche peccare mortalmente col deliberato consenso.

Invece rispetto a quanto riguarda le potenze inferiori il peccato è sempre mortale quando si tratta di peccati che sono tali nel loro genere; non così invece quando si tratta di cose che nel loro genere sono peccati veniali.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene il peccato contro le ragioni eterne sia mortale nel suo genere, tuttavia può essere veniale per l'imperfezione dell'atto improvviso, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

2. Come in campo speculativo appartengono alla ragione sia il sillogismo che gli enunciati, così in campo pratico alla ragione, a cui compete di deliberare, appartiene anche la semplice considerazione delle cose da cui la deliberazione procede.

Perciò anche la ragione può avere dei moti improvvisi.

3. Su un'identica cosa si possono fare diverse considerazioni, una superiore all'altra: Dio, p. es., può essere considerato o in quanto è conoscibile dalla ragione umana, o in quanto è oggetto della rivelazione divina, che è una considerazione più alta.

Sebbene quindi l'oggetto della ragione superiore sia altissimo per se stesso, tuttavia può ancora ricondursi a una considerazione più alta.

E così quanto non era peccato nel moto improvviso lo diviene in forza della deliberazione che lo riporta a una considerazione più alta, come si è spiegato [ ib. ].

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