Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la legge eterna sia nota a tutti

Supra, q. 19, a. 4, ad 3; In Iob, c. 11, lect. 1

Pare che la legge eterna non sia nota a tutti.

Infatti:

1. Al dire dell'Apostolo [ 1 Cor 2,11 ], « i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio ».

Ma la legge eterna è una certa ragione esistente nella mente divina.

Quindi essa è ignota a tutti all'infuori di Dio.

2. S. Agostino [ De lib. arb. 1,6.14 ] insegna che « eterna è quella legge secondo la quale è giusto che tutte le cose siano perfettamente ordinate ».

Ora, non tutti conoscono in che modo tutte le cose siano perfettamente ordinate.

Quindi non tutti conoscono la legge eterna.

3. Sempre secondo S. Agostino [ De vera relig. 31.57 ], « la legge eterna è quella di cui gli uomini non sono in grado di giudicare ».

Ma al dire di Aristotele [ Ethic. 1,3 ], « chiunque giudica bene le cose che conosce ».

Quindi noi non conosciamo la legge eterna.

In contrario:

S. Agostino [ De lib. arb. 1,6.14 ] afferma che « la nozione della legge eterna è impressa in noi ».

Dimostrazione:

Una cosa può essere conosciuta in due modi: primo, in se stessa; secondo, nell'effetto che ne contiene una somiglianza.

Chi p. es. non vede il sole direttamente, può conoscerlo nella sua irradiazione.

Così dunque si deve dire della legge eterna: nessuno la può conoscere come è in se stessa, all'infuori dei beati che vedono Dio per essenza.

Tuttavia qualsiasi creatura razionale la conosce, più o meno bene, nelle sue irradiazioni.

Infatti ogni conoscenza della verità è un'irradiazione o partecipazione della legge eterna la quale, come dice S. Agostino [ De vera relig. 31.57 ], è la verità incommutabile.

Ora, la verità tutti in qualche modo la conoscono, almeno quanto ai primi princìpi della legge naturale.

Per il resto invece alcuni partecipano in misura maggiore e altri in misura minore a questa conoscenza della verità: quindi in misura maggiore o minore conoscono la legge eterna.

Analisi delle obiezioni:

1. Le realtà divine non possono essere da noi conosciute in se stesse; tuttavia ci si rendono manifeste nei loro effetti, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Rm 1,20 ]: « Le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».

2. Sebbene ciascuno conosca la legge eterna secondo la propria capacità, come si è detto [ nel corpo ], tuttavia nessuno può arrivare ad averne la comprensione: essa infatti non può manifestarsi totalmente nei suoi effetti.

Perciò non segue che chiunque conosce la legge eterna nel modo indicato conosca pure tutto l'ordine delle cose, secondo il quale esse sono perfettamente ordinate.

3. Si può giudicare di una cosa in due modi.

Primo, come una potenza conoscitiva giudica del proprio oggetto, secondo la domanda della Scrittura [ Gb 12,11 ]: « L'orecchio non distingue forse le parole e il palato non assapora i cibi? ».

Ed è alludendo a questo tipo di giudizio che il Filosofo [ Ethic. 1,3 ] può affermare che « chiunque giudica bene le cose che conosce », in quanto cioè può giudicare se è vero quanto gli viene proposto.

Secondo, come un superiore giudica dell'inferiore mediante un giudizio pratico, così da stabilire se deve comportarsi in un modo o in un altro.

E in questo senso nessuno può giudicare della legge eterna.

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