Summa Teologica - II-II

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Articolo 10 - Se chi non ha la fede possa dominare e comandare sui fedeli

Pare che chi non ha la fede possa dominare e comandare sui fedeli.

Infatti:

1. L'Apostolo [ 1 Tm 6,1 ] raccomanda: « Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavitù, trattino con ogni rispetto i loro padroni »; e che parli di quelli infedeli è evidente dalle parole che seguono [ 1 Tm 6,2 ]: « Quelli poi che hanno padroni credenti, non manchino loro di riguardo ».

S. Pietro poi scriveva [ 1 Pt 2,18 ]: « Domestici, state soggetti con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli difficili ».

Ora, i due Apostoli non avrebbero insegnato e comandato così se chi non ha la fede non potesse avere un dominio sui fedeli.

Quindi chi non ha la fede può avere autorità sui credenti.

2. Tutti coloro che appartengono alla famiglia di un principe sono a lui sottoposti.

Ma alcuni fedeli appartennero alla famiglia di principi infedeli: scriveva infatti S. Paolo ai Filippesi [ Fil 4,22 ]: « Vi salutano tutti i santi, soprattutto quelli della casa di Cesare », cioè di Nerone, che era un infedele.

Quindi chi è senza fede può comandare sui fedeli.

3. Stando al Filosofo [ Polit. 1,2 ], il servo è come uno strumento del padrone per le necessità della vita, come il manovale di un artigiano è uno strumento di costui per le opere della sua arte.

Ma in queste opere un fedele può sottostare a un incredulo: poiché i fedeli possono essere coloni di persone prive di fede.

Quindi gli infedeli possono essere a capo dei fedeli anche come padroni.

In contrario:

Chi ha autorità ha il potere di giudicare i suoi sudditi.

Ma gli infedeli non hanno il potere di giudicare i fedeli, poiché l'Apostolo [ 1 Cor 6,1 ] ha scritto: « Vi è tra voi chi, avendo una questione con un altro, osa farsi giudicare dagli ingiusti », cioè da gente senza fede, « anziché dai santi? ».

Quindi gli infedeli non possono avere autorità sui fedeli.

Dimostrazione:

Parlando di questo argomento si devono distinguere due diverse situazioni.

Primo, si può trattare di un dominio o di un potere degli infedeli sui fedeli che deve essere ancora istituito.

E questo non va tollerato in alcun modo.

Ciò infatti sarebbe scandaloso e pericoloso per la fede: poiché coloro che sottostanno all'autorità di qualcuno possono facilmente subire l'influsso di chi comanda, a meno che non si tratti di sudditi dotati di grande virtù.

E similmente gli infedeli verrebbero così a disprezzare la fede, venendo a conoscere i difetti dei fedeli.

Per questo l'Apostolo proibiva che i fedeli contendessero in giudizio davanti a un giudice infedele, e per questo la Chiesa non permette assolutamente che gli infedeli conquistino il potere sui fedeli, o che in qualsiasi modo siano a capo di essi in qualche carica.

Secondo, possiamo parlare di un dominio o di un'autorità preesistente.

E qui bisogna considerare che il dominio e l'autorità sono state sancite dal diritto umano, mentre la distinzione tra fedeli e infedeli deriva dal diritto divino.

Ora, il diritto divino, che si fonda sulla grazia, non toglie il diritto umano, che si fonda sulla ragione naturale.

Perciò la distinzione tra fedeli e infedeli di per sé non abolisce il dominio e l'autorità degli infedeli sui fedeli.

Tuttavia questo dominio può essere tolto giustamente da una sentenza o da un ordine della Chiesa, che ha l'autorità di Dio: poiché gli infedeli per la loro infedeltà meritano di perdere il potere sui fedeli, che sono diventati figli di Dio.

La Chiesa però fa uso o non fa uso di questa facoltà secondo i casi.

Per quegli infedeli p. es. che sono soggetti alla Chiesa e ai cristiani i Canoni stabiliscono che uno schiavo degli Ebrei il quale si faccia cristiano acquisti immediatamente la libertà senza bisogno di riscatto, se era nato in schiavitù, oppure se era stato comprato come schiavo.

Se invece era stato comprato per essere rivenduto, il padrone è tenuto a metterlo in vendita entro tre mesi.

E in ciò la Chiesa non commette un'ingiustizia: poiché essendo gli Ebrei stessi servi della Chiesa, questa può disporre dei loro averi, come anche gli stessi principi secolari hanno emanato molte leggi per i loro sudditi in favore della libertà.

- La Chiesa invece non ha stabilito questo diritto per quegli infedeli che nell'ordine temporale non sono sotto il suo dominio, o sotto quello dei cristiani, sebbene abbia l'autorità di farlo.

E se ne astiene per evitare scandali.

Cioè fa come il Signore [ Mt 17,24ss ] il quale, dopo avere dimostrato di potersi esimere dal tributo perché « i figli sono esenti », comandò tuttavia di pagarlo per evitare lo scandalo.

E così anche S. Paolo [ 1 Tm 6,1 ], dopo avere raccomandato agli schiavi di rispettare i loro padroni, aggiungeva: « perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina ».

Analisi delle obiezioni:

1. Abbiamo così risolto anche la prima obiezione.

2. Il dominio di Cesare era precedente alla distinzione tra fedeli e infedeli: esso perciò non era stato abolito in seguito alla conversione di alcuni alla fede.

Ed era utile che alcuni credenti si trovassero nella famiglia dell'imperatore per difendere gli altri credenti.

Come fece p. es. S. Sebastiano, il quale confortava gli animi dei cristiani che scorgeva venire meno fra i tormenti mentre era ancora nascosto sotto le vesti militari nella casa di Diocleziano.

3. Gli schiavi sono sottoposti ai loro padroni per tutta la loro vita, e i sudditi alle autorità in tutti i loro affari; invece i manovali sono sottoposti ai loro capomastri solo per certe opere particolari.

Perciò il fatto che gli infedeli prendano il dominio o il potere sui fedeli è assai più pericoloso del fatto che li abbiano semplicemente alle loro dipendenze in qualche mestiere.

E così la Chiesa permette che i cristiani possano coltivare le terre dei Giudei, poiché ciò non li costringe a convivere con essi.

E anche Salomone [ 1 Re 5,6 ] chiese al re di Tiro dei capomastri per la lavorazione del legname.

- Però se da questa comunicazione o convivenza ci fosse da temere un pervertimento dei fedeli, esso andrebbe proibito del tutto.

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