Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se il giusto si identifichi semplicemente con il contrappasso

In 5 Ethic., lect. 8

Pare che il giusto si identifichi semplicemente con il contrappasso.

Infatti:

1. Il giudizio di Dio è il giusto in senso assoluto.

Ma il criterio del giudizio di Dio è che uno patisca in proporzione di ciò che ha fatto, come si legge nel Vangelo [ Mt 7,2 ]: « Col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati ».

Quindi il giusto si identifica senz'altro con il contrappasso.

2. In entrambe le specie di giustizia viene dato qualcosa a qualcuno secondo una certa equivalenza: nella giustizia distributiva in rapporto alla dignità personale, dignità che si fonda specialmente sulle opere con cui uno serve la collettività, e nella giustizia commutativa in rapporto alle cose in cui uno è stato danneggiato.

Però in entrambi i tipi di equivalenza uno viene a ricevere il contrappasso di ciò che aveva fatto.

Quindi il giusto si identifica, assolutamente parlando, con il contrappasso.

3. A escludere il contrappasso dovrebbe essere specialmente la differenza tra volontario e involontario: infatti chi ha fatto un danno involontariamente è punito di meno.

Eppure questa differenza soggettiva non incide nella determinazione del giusto mezzo, che è reale e non soggettivo.

Quindi il giusto si identifica senz'altro con il contrappasso.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 5,5 ] dimostra che il giusto non sempre è il contrappasso.

Dimostrazione:

Il contrappasso implica parità di compenso tra ciò che è subìto [ passione ] e un'azione precedente, e di esso si parla in senso proprio soprattutto negli atti ingiuriosi con cui uno colpisce la persona del prossimo: p. es. se uno percuote, [ il contrappasso vuole ] che sia percosso a sua volta.

E questo tipo di giusto, o di diritto, viene determinato dalla legge: p. es. [ Es 21,23ss ]: « Renderà vita per vita, occhio per occhio », ecc.

- E poiché anche l'impossessarsi della roba altrui è un agire, si parla di contrappasso secondariamente anche in questi casi: cioè per il fatto che chi ha danneggiato viene a subire lui stesso un danno negli averi.

E anche di questo si parla nell'antica legge [ Es 21,37 ]: « Se uno ruba un bue o un montone, e lo scanna o lo vende, darà come indennizzo cinque buoi per il bue e quattro montoni per il montone ».

- Finalmente il termine contrappasso viene esteso alle commutazioni volontarie, nelle quali l'azione e la passione sono reciproche: la volontarietà però diminuisce la passività, come si è detto [ q. 59, a. 3 ].

Ora in tutti questi casi, in base alla giustizia commutativa, il compenso deve essere fondato sull'equivalenza, in maniera cioè che la passione che si subisce equivalga all'azione compiuta.

Ma non sempre essa sarebbe equivalente se uno si limitasse a subire ciò che lui stesso ha fatto.

Se uno, p. es., avesse danneggiato con ingiurie una persona superiore, la sua azione rimarrebbe più grave della passione da lui subita.

E così chi percuote il principe non viene semplicemente ripercosso, ma viene punito molto più gravemente.

- Parimenti, quando uno danneggia un altro negli averi, se gli si togliesse soltanto ciò che ha rubato, la sua azione rimarrebbe superiore alla passione: poiché chi ha danneggiato non avrebbe subito nei suoi averi alcun danno.

E così egli viene obbligato a restituire molto di più: poiché non ha danneggiato solo una persona privata, ma anche lo stato, di cui ha compromesso la sicurezza.

- Parimenti non ci sarebbe sempre parità di passione nelle commutazioni o scambi volontari se uno desse semplicemente la roba propria per avere quella di un altro: poiché forse la roba altrui è molto superiore a quella propria.

È quindi necessario in questi scambi raggiungere un'equivalenza tra il dare e l'avere secondo una certa proporzionalità: e a tale scopo furono inventate le monete.

Così dunque il contrappasso è un principio valido nella giustizia commutativa.

Esso invece non ha luogo nella giustizia distributiva.

Poiché in tale giustizia non si richiede l'equivalenza basata sulla proporzione tra cosa e cosa o tra azione e passione, da cui deriva il termine contrappasso, ma quella basata sulla proporzionalità tra cose e persone, come si è detto sopra [ a. 2 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Il criterio indicato del giudizio divino è determinato secondo la norma della giustizia commutativa: in quanto cioè adegua i premi ai meriti e le punizioni ai peccati.

2. Se uno ricevesse qualcosa per i servizi resi alla collettività non si procederebbe secondo la giustizia distributiva, ma secondo la commutativa.

Infatti nella giustizia distributiva non si considera l'equivalenza fra ciò che uno riceve e ciò che egli stesso aveva dato, ma il confronto è con ciò che ricevono altri secondo la rispettiva condizione.

3. Quando l'azione dannosa è volontaria il danno è superiore, e quindi viene considerato come una cosa più grave.

Per cui si deve ricompensare con una pena più grave non per una diversità di ordine soggettivo, ma per una diversità reale.

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