Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la liberalità sia una virtù

Pare che la liberalità non sia una virtù.

Infatti:

1. Nessuna virtù è in contrasto con l'inclinazione naturale.

Ora, l'inclinazione naturale fa sì che uno tenda a provvedere più a se stesso che agli altri.

Invece la liberalità consiste nel fare il contrario: poiché, secondo il Filosofo [ Ethic. 4,1 ], « è proprio dell'uomo liberale non guardare a se medesimo, così da serbarsi il meno ».

Quindi la liberalità non è una virtù.

2. Con le ricchezze l'uomo sostenta la propria vita; e come insegna Aristotele [ Ethic. 1,8 ], le ricchezze servono strumentalmente alla felicità.

Siccome quindi ogni virtù è ordinata alla felicità, pare che il liberale non sia virtuoso, poiché egli « non è portato né a ricevere né a trattenere il danaro, ma a elargirlo », come dice ancora il Filosofo [ Ethic. 4,1 ].

3. Le virtù sono connesse tra loro.

La liberalità invece non è connessa con le altre virtù: ci sono infatti molte persone virtuose che non possono essere liberali, non avendo nulla da dare, mentre molti di coloro che danno e spendono con liberalità sono pieni di vizi.

Quindi la liberalità non è una virtù.

In contrario:

S. Ambrogio [ De off. 1,30 ] afferma che « nel Vangelo abbiamo molti insegnamenti sulla vera liberalità ».

Ma il Vangelo non insegna se non atti di virtù.

Quindi la liberalità è una virtù.

Dimostrazione:

Come dice S. Agostino [ De lib. arb. 2,19.51 ], « la virtù consiste nell'usare bene delle cose di cui potremmo usare male ».

Ora, noi possiamo usare bene o male non solo delle cose che sono dentro di noi, come delle potenze e delle passioni dell'anima, ma anche dei beni esterni, cioè delle cose di questo mondo concesse a noi per sostentare la vita.

Siccome quindi usare bene di tali cose spetta alla liberalità, è chiaro che la liberalità è una virtù.

Analisi delle obiezioni:

1. Secondo S. Ambrogio [ Serm. 64 ] e S. Basilio [ In Lc hom. 6 ], Dio concede ad alcuni una sovrabbondanza di ricchezze « perché abbiano il merito di dispensarle virtuosamente ».

Ora, a una persona singola bastano poche cose.

Quindi chi è liberale fa bene a impiegare più cose per gli altri che per se stesso.

Quanto invece ai beni spirituali, in cui il soccorso principale ciascuno lo può avere solo da se stesso, l'uomo deve sempre pensare prima a se medesimo.

- E anche nei beni temporali non è proprio della liberalità attendere a beneficare gli altri fino al punto di dimenticare completamente se stessi.

Da cui le parole di S. Ambrogio [ l. cit. ]: « La liberalità che merita approvazione consiste nel non disprezzare i tuoi congiunti, se li sai nel bisogno ».

2. La liberalità non consiste nello sperperare le ricchezze, così da non riservarsi quanto occorre per il proprio sostentamento e per compiere gli atti di virtù che occorrono al raggiungimento della felicità.

Per cui il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] afferma che « l'uomo liberale non trascura i propri beni, per poter con essi far fronte ai bisogni altrui ».

E S. Ambrogio [ l. cit. ] spiega: « Il Signore non vuole che le ricchezze vengano date tutte insieme, ma che siano distribuite.

A meno che uno non voglia imitare Eliseo, il quale uccise i suoi buoi e sfamò i poveri con tutti i suoi beni per non essere trattenuto da alcuna cura domestica ».

Ma ciò rientra nello stato di perfezione della vita spirituale, di cui parleremo in seguito [ qq. 184 ss. ].

- Tuttavia va ancora ricordato che l'elargizione liberale dei propri beni, in quanto è un atto di virtù, è ordinata anch'essa alla beatitudine.

3. Come nota il Filosofo [ Ethic. 4,1 ], coloro che « sperperano molti beni nell'intemperanza » non sono liberali, ma prodighi.

E lo stesso si dica di quanti sperperano i loro beni per qualsiasi altro vizio.

Da cui le parole di S. Ambrogio [ l. cit. ]: « Se presti soccorso a coloro che insidiano le altrui sostanze, la tua generosità è riprovevole.

E neppure è perfetta la liberalità se tu doni più per millanteria che per misericordia ».

Perciò coloro che mancano delle altre virtù, anche se spendono molto danaro in opere cattive, non sono liberali.

Inoltre nulla impedisce che qualcuno, pur dando molto per opere di bene, non abbia ancora l'abito della liberalità: poiché ciò si verifica, come sopra [ q. 32, a. 1, ad 1 ] si è notato, anche per le altre virtù, di cui gli uomini possono compiere certi atti prima di averne l'abito, sebbene in maniera diversa da come li compiono le persone virtuose.

Parimenti nulla impedisce che una persona virtuosa, anche se povera, possa essere liberale.

Il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] infatti scrive: « La liberalità deve essere valutata in base alle sostanze », cioè alla capacità economica di ciascuno: « essa infatti non consiste nella quantità dei beni elargiti, ma nelle disposizioni di chi dona ».

E S. Ambrogio [ l. cit. ] ammonisce che « è la disposizione dell'animo a rendere il dono prezioso o vile, e a dar valore alle cose ».

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