Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se il Figlio di Dio abbia dovuto assumere la natura umana con i limiti corporali

In 3 Sent., d. 15, q. 1, a. 1; C. G., IV, cc. 53, 55; Comp. Theol., c. 226

Pare che il Figlio di Dio non abbia dovuto assumere la natura umana con i limiti corporali.

Infatti:

1. Al pari dell'anima, anche il corpo fu unito ipostaticamente al Verbo di Dio.

Ma l'anima di Cristo aveva ogni perfezione, sia di grazia che di scienza, come si è visto sopra [ q. 7, a. 9; qq. 9 ss. ].

Quindi anche il suo corpo avrebbe dovuto essere perfetto in ogni modo, senza alcun limite.

2. L'anima di Cristo aveva la visione beatifica del Verbo di Dio, come si è detto sopra [ q. 9, a. 2 ], ed era perciò beata.

Ma la beatitudine dell'anima rende glorioso il corpo, secondo le parole di S. Agostino [ Epist. 118,3 ]: « Dio ha fatto l'anima tanto potente che dalla pienezza della sua beatitudine ridonda anche sulla natura inferiore del corpo non la beatitudine, che è propria di una sostanza capace di fruizione e dotata di intelligenza, ma la pienezza della sanità, cioè il vigore dell'incorruttibilità ».

Quindi il corpo di Cristo era incorruttibile e senza alcun limite.

3. La pena è una conseguenza della colpa.

Ma in Cristo non c'era colpa alcuna, come attesta la Scrittura con quelle parole [ 1 Pt 2,22 ]: « Egli non commise peccato ».

Quindi non ci dovevano essere in lui neppure i limiti corporali, che sono delle penalità.

4. Chi è saggio non assume ciò che lo ostacola nel conseguire il proprio fine.

Ma i limiti corporali impedivano il fine dell'incarnazione per più motivi.

Primo, poiché essi toglievano agli uomini la possibilità di conoscerlo, secondo quelle parole [ Is 53,2s ]: « Noi l'abbiamo desiderato.

Ma egli è disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima ».

Secondo, perché così non veniva accolto il desiderio dei Padri dell'antico Testamento, a nome dei quali si dice in Isaia [ Is 51,9 ]: « Svegliati, svegliati, rivèstiti di forza, o braccio del Signore ».

Terzo, poiché con la forza si poteva rintuzzare il potere del diavolo e sanare l'infermità dell'uomo meglio che con la debolezza.

Quindi non era conveniente che il Figlio di Dio assumesse la natura umana con le infermità o i limiti corporali.

In contrario:

L'Apostolo [ Eb 2,18 ] scrive che « proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova ».

Ma egli doveva venire proprio per aiutarci, per cui anche Davide diceva [ Sal 121,1 ]: « Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? ».

Era dunque conveniente che il Figlio di Dio assumesse la carne soggetta alle debolezze umane, perché in essa potesse soffrire ed essere provato, e così venirci in aiuto.

Dimostrazione:

Era conveniente che il corpo assunto dal Figlio di Dio soggiacesse alle debolezze e alle deficienze umane, e questo principalmente per tre motivi.

Primo, perché il Figlio di Dio, assumendo la carne, venne nel mondo precisamente per espiare il peccato del genere umano.

Ma uno espia per il peccato di un altro quando assume su di sé la pena dovuta al peccato altrui.

Ora, i limiti corporali quali la morte, la fame, la sete e simili, sono pene del peccato, che fu introdotto nel mondo da Adamo, come dice S. Paolo [ Rm 5,12 ]: « A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte ».

Era quindi conveniente al fine dell'incarnazione che Cristo nella nostra carne prendesse tali penalità in nostra vece, secondo le parole del profeta [ Is 53,4 ]: « Si è addossato i nostri dolori ».

Secondo, per facilitare la fede nell'incarnazione.

Non essendo infatti la natura umana conosciuta dagli uomini se non come soggetta a questi limiti corporali, qualora il Figlio di Dio avesse assunto una natura umana priva di essi, si sarebbe dubitato che egli fosse un vero uomo e avesse preso una carne vera e non fantastica, come dissero i Manichei.

Per cui è scritto in S. Paolo [ Fil 2,7 ]: « Spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini e apparendo in forma umana ».

Cosicché lo stesso Tommaso fu ricondotto alla fede dalla costatazione delle ferite, come riferisce il Vangelo [ Gv 20,26ss ].

Terzo, per darci un esempio di pazienza, sopportando con fortezza le sofferenze e i limiti umani.

Per cui dice l'Apostolo [ Eb 12,3 ]: « Egli ha sopportato contro di sé una così grande ostilità da parte dei peccatori perché non vi stanchiate perdendovi d'animo ».

Analisi delle obiezioni:

1. Bisogna ricordare che la soddisfazione per il peccato altrui ha come elemento materiale le pene che uno sopporta per l'altro, ma come elemento formale ha la disposizione d'animo che inclina a volere tale soddisfazione e le dona efficacia, non avendo essa alcun valore se non procede dalla carità, come si vedrà in seguito [ Suppl., q. 14, a. 2 ].

Era quindi necessario che in Cristo l'anima fosse perfetta negli abiti della scienza e delle virtù per poter soddisfare, e che il suo corpo fosse soggetto alle infermità per avere la materia della soddisfazione.

2. Secondo il naturale rapporto tra l'anima e il corpo, la gloria dell'anima rifluisce nel corpo; ma in Cristo tale rapporto era a discrezione della sua volontà divina, la quale impediva che la beatitudine dell'anima rifluisse nel corpo, volendo che esso soffrisse come soffre una natura passibile, secondo il pensiero espresso dal Damasceno [ De fide orth. 3,19 ]: « Il beneplacito della volontà divina lasciava alla carne di patire e di operare conformemente alla propria natura ».

3. La pena è sempre la conseguenza di una colpa, attuale od originale, commessa talora da chi espia, talora da un altro, per cui si offre la soddisfazione.

E questo è il caso di Cristo, secondo le parole di Isaia [ Is 53,5 ]: « Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità ».

4. La debolezza assunta da Cristo non ha impedito il fine dell'incarnazione, ma lo ha sommamente favorito, come si è detto [ nel corpo ].

E se tali debolezze nascondevano la sua divinità, ne manifestavano però l'umanità, che è la via per giungere alla divinità, stando all'affermazione di S. Paolo [ Rm 5,1s ]: « Noi abbiamo accesso a Dio per mezzo di Gesù Cristo ».

- Quanto poi agli antichi Padri, essi non desideravano in Cristo la forza materiale, ma quella spirituale, che egli usò per vincere il diavolo e per guarire la debolezza umana.

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