Summa Teologica - III

Indice

Articolo 1 - Se Cristo avesse dovuto compiere dei miracoli

De rat. fidei, c. 7

Pare che Cristo non avrebbe dovuto compiere dei miracoli.

Infatti:

1. Ciò che Cristo faceva doveva concordare con quanto diceva.

Ora, egli aveva detto [ Mt 16,4 ]: « Una generazione perversa e adultera chiede un segno, ma nessun segno le sarà dato se non quello di Giona ».

Quindi non doveva compiere miracoli.

2. Come Cristo nella seconda venuta apparirà « con grande potenza e gloria » [ Mt 24,30 ], così nella prima venuta apparve nella debolezza, secondo le parole di Isaia [ Is 53,3 ]: « Uomo dei dolori che conosce il patire ».

Ora, fare dei miracoli è segno non di debolezza, ma di potenza.

Quindi non era conveniente che Cristo nella sua prima venuta compisse dei miracoli.

3. Cristo è venuto per salvare gli uomini mediante la fede, come si legge [ Eb 12,2 ]: « Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede ».

Ma i miracoli diminuiscono il merito della fede, come risulta dal rimprovero del Signore [ Gv 4,48 ]: « Se non vedete segni e prodigi, voi non credete ».

Quindi Cristo non avrebbe dovuto compiere dei miracoli.

In contrario:

Il Vangelo [ Gv 11,47 ] attribuisce queste parole ai suoi avversari: « Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni ».

Dimostrazione:

Per due motivi Dio concede all'uomo di compiere dei miracoli.

Primo, e principalmente, per confermare la verità che uno insegna.

Poiché infatti le verità della fede superano le capacità della ragione umana, non possono essere provate con ragioni umane, ma vanno provate con l'argomento della potenza divina: in modo cioè che mentre uno compie opere che solo Dio può fare, tutti credano all'origine divina di quanto viene così affermato; come quando uno presenta delle lettere timbrate col segreto reale tutti credono che quanto in esse è contenuto procede dalla volontà del re.

- Secondo, per dimostrare la presenza di Dio nell'uomo mediante la grazia dello Spirito Santo: in modo cioè che mentre l'uomo compie le opere di Dio, si creda che Dio abita in lui mediante la grazia.

Per cui S. Paolo scriveva ai Galati [ Gal 3,5 ]: « Colui che concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi ».

Ora, a proposito di Cristo dovevano essere manifestate agli uomini ambedue le cose: cioè che Dio era in lui per la grazia non di adozione, ma di unione, e che la sua dottrina soprannaturale veniva da Dio.

Quindi era sommamente opportuno che egli compisse dei miracoli.

Da cui le sue parole [ Gv 10,38 ]: « Se non volete credere a me, credete almeno alle opere ».

E ancora [ Gv 5,36 ]: « Le opere che il Padre mi ha dato da compiere mi rendono testimonianza ».

Analisi delle obiezioni:

1. Le parole: « Nessun segno le sarà dato se non quello di Giona », secondo il Crisostomo [ In Mt hom. 43 ] vanno intese nel senso che in quel momento « essi non ricevettero il segno che chiedevano », cioè « dal cielo », non nel senso che egli non abbia dato alcun segno.

- Oppure nel senso che « egli operava i miracoli non per coloro che conosceva duri di cuore, ma per convertire gli altri ».

Per cui i segni prodigiosi venivano fatti non in favore loro, ma degli altri.

2. Benché Cristo sia venuto « nella debolezza della carne », che è manifestata dalle sue sofferenze, venne però anche « nella potenza di Dio » [ cf. 2 Cor 13,4 ], che doveva manifestarsi nei miracoli.

3. I miracoli diminuiscono il merito della fede nella misura in cui manifestano la durezza di cuore di quanti non vogliono credere agli argomenti della Scrittura se non vedono dei miracoli.

Tuttavia anche per questi è meglio convertirsi alla fede mediante i miracoli piuttosto che restare nell'incredulità.

Infatti S. Paolo [ 1 Cor 14,22 ] afferma che « i miracoli sono per gli increduli »: perché cioè si convertano alla fede.

Indice