Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se l'atto coniugale compiuto dopo la promessa di nozze causi il matrimonio

Pare che l'atto coniugale compiuto dopo la promessa di nozze causi il matrimonio.

Infatti:

1. Acconsentire con i fatti è più che acconsentire a parole.

Ma chi compie l'atto coniugale acconsente col fatto alla promessa precedente.

Quindi in tal modo il matrimonio viene contratto più che se fosse stato espresso il consenso matrimoniale con le parole.

2. A causare il matrimonio non è soltanto il consenso espresso, ma anche quello interpretativo [ q. 45, a. 2, ad 3 ].

Ora, nessun indizio può indicare il consenso meglio del rapporto sessuale.

Quindi quest'ultimo dà compimento al matrimonio.

3. Ogni rapporto sessuale estraneo al matrimonio è peccato.

Invece la donna che compie l'atto coniugale con il fidanzato non sembra che faccia peccato.

Quindi con quell'atto viene causato il matrimonio.

4. « Il peccato non può essere rimesso senza la restituzione » [ Agost., Epist. 153 ].

Ma uno non può fare alcuna restituzione alla donna che egli ha deflorato con la prospettiva del matrimonio se non sposandola.

Quindi anche se dopo il rapporto sessuale avesse contratto matrimonio con un'altra, sarebbe tenuto a riunirsi con la prima.

Perciò l'atto coniugale dopo la promessa di nozze causa il matrimonio.

In contrario:

1. Il Papa S. Niccolò I [ Decr. di Graz. 2,27,2,2 ] dichiara: « Se nelle nozze manca il consenso, tutto il resto, compresi i rapporti sessuali, non vale nulla ».

2. Ciò che è posteriore a una cosa non può causarla.

Ora, l'atto coniugale segue il matrimonio.

Quindi non può causarlo.

Dimostrazione:

Si può parlare del matrimonio in due modi.

Primo, dal punto di vista della coscienza.

E sotto questo aspetto l'atto coniugale non può produrre realmente il matrimonio che era stato preceduto dalla promessa esplicita di nozze, se manca il consenso interiore: poiché le stesse parole che lo esprimono non basterebbero a produrlo, se mancasse detto consenso [ q. 45, a. 4 ].

Secondo, dal punto di vista della legge ecclesiastica.

E in questo caso, poiché nel giudizio esterno si giudica « da ciò che appare esternamente » [ 1 Sam 16,7 ], non essendovi nulla che esprima il consenso più dell'atto coniugale, secondo la legge della Chiesa [ Decretales 4,1,30 ] si giudica che il rapporto sessuale successivo al fidanzamento causi il matrimonio, a meno che non risultino segni evidenti di inganno o di frode.

Analisi delle obiezioni:

1. Chi compie l'atto coniugale acconsente di fatto al rapporto sessuale, ma non acconsente al matrimonio, se non secondo l'interpretazione della legge.

2. L'interpretazione suddetta non muta la realtà delle cose, ma il giudizio che se ne dà secondo l'apparenza esterna.

3. La fidanzata che compie l'atto coniugale col futuro sposo credendo che egli voglia consumare il matrimonio è scusata dal peccato; a meno non vi siano segni evidenti di frode, come ad es. un'eccessiva distanza di condizione, o per la nobiltà o per gli averi, oppure per altri segni evidenti.

L'uomo però commette peccato, sia di fornicazione, sia, il che è peggio ancora, di frode.

4. In tal caso il fidanzato, prima di sposare un'altra donna, è tenuto a sposare la donna deflorata, se sono di uguale condizione, o se la fidanzata è di condizione superiore.

Se invece ha già sposato un'altra, allora non è più in grado di soddisfare il suo obbligo.

Quindi basta che provveda al matrimonio della ragazza.

Anzi, secondo alcuni non è tenuto neppure a questo, se lo sposo è di condizione troppo superiore, oppure se c'era qualche segno evidente della frode: poiché in tal caso si può presumere che la fidanzata non fu ingannata, ma finse di essere ingannata.

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