Unione/Catechisti/BaianoG/BaianoG.txt Baiano Giovanni La famiglia Il padre, Ettore Baiano, benestante, nacque nell'agosto del 1882; la madre, anch'essa di famiglia agiata, portava il nome di Ernesta Peyrone. Dalla loro unione nacquero tre figli: Giovanni, il 3 giugno 1911, Ferdinando, il 23 settembre 1913 e Albino, il 16 agosto 1916. Sono da ricordare i nonni paterni per alcune vicende che influenzarono Ettore e la sua famiglia. Il nonno Ferdinando, facoltoso agricoltore, aveva vaste proprietà terriere ed un ingente patrimonio. Contrasse matrimonio con la ricca signora Bo Clotilde, la cui disponibilità economica purtroppo si estinse presto, spesa interamente dalla sorella di lei, Adele, che consumò anche ciò che aveva ereditato da un'altra giovane sorella, morta prematuramente. A queste sfortunate vicende si devono aggiungere i rovinosi raccolti del nonno paterno: annate pessime che peggiorarono la situazione e costrinsero la famiglia a vendere tutto. Espatriarono in Francia, dove i figli continuarono i loro studi. "Ettore, mio padre, nacque ricco, ma visse povero, e conservò sempre un'onestà e una rettitudine eccezionali", ricorda il figlio Albino. Rimanendo orfano in tenera età, a 8 anni di madre, non poté neanche usufruire della dote che aveva ricevuto ( 4.000 Lire d'argento, molto per quel tempo ) poiché anch'essa fu spesa e "bruciata" dalla zia Adele. Ettore frequentò le scuole elementari presso i FSC e vinse anche un premio, poi però, dovette concludere gli studi in Francia. Tornato in Italia, il suo tutore, che doveva essere uno zio o il nonno materno, lo manda a studiare nel collegio dei Salesiani di Valdocco a 14 anni. Uscirà circa 4 anni dopo, il 15 agosto 1900 con la qualifica di artigiano falegname con il primo premio per lavoro e per condotta. Il suo tutore morì poco tempo dopo. Appena in tempo per sistemarlo, perché altrimenti nessuno si sarebbe occupato di lui, essendo orfano, con una sorellina a carico. Sembra che il carisma salesiano lo abbia formato infondendogli quello spirito onesto e quell'impegno costante di portare a termine il suo lavoro, con fedeltà ed operosità. Riuscirà ad avviare una piccola azienda artigiana, 10 anni dopo, l'11 febbraio 1910, festa della Madonna di Lourdes. In tre anni l'azienda crebbe parecchio, ma visse delle traversie all'epoca della 1a guerra mondiale quando dovette chiudere e vendere tutto. Il padre, con cinque persone a carico, non partì per il fronte, ma lavorò come militare per incarichi bellici, impegnato nella costruzione di pistoni. La madre, per contribuire economicamente al sostegno della famiglia, dovette vendere delle proprietà terriere. La madre di Giovanni aveva ultimato gli studi elementari, frequentato dei corsi di computisteria e lavorato come sarta e come modista, cioè ideatrice di cappelli. Era una donna esperta ed abile nel suo mestiere; giovanissima, a 18 anni era già alla direzione dell'atelier. Il suo carattere era severo ma materno, si percepiva in lei il desiderio di educare e formare. Non si perdeva in moine e sdolcinatezze, era di poche parole, senza essere fredda o distante. Seria e premurosa e molto attenta ai suoi figli. Dei genitori, il sig. Albino afferma di non conoscerne i difetti. Il padre, stimato da tutti per la sua grande onestà, colpiva quanti lo avvicinavano, e suscitava una certa soggezione, quasi una sorta di sacro rispetto. Con le sue mani da falegname sapeva suonare molto bene il clarino, avendone imparato l'arte alla scuola di Don Bosco. Ettore Baiano morì il 13 marzo del 1938 per una forma tumorale, e fu assistito con dedizione straordinaria e spirito di sacrificio da Giovanni, con una forza d'animo quasi eccessiva. Dopo la morte del padre fu Giovanni a guidare l'azienda, in qualità di dirigente, e continuando il suo lavoro di disegnatore. Il carattere di Giovanni Un carattere riservato, allegro ma serio, riflessivo ma non chiuso, attento alle necessità dei familiari e dei clienti della sua ditta. Onesto e laborioso come il padre, molto legato alla famiglia, come dimostra la sua dedizione al padre stesso in punto di morte, e l'aiuto che prestava ai suoi fratelli, con bontà d'animo, squisita e rispettosa, senza alcuna pretesa di riconoscimento e senza vanità: essendo bravo nel disegno era sempre disponibile a offrire il suo aiuto, nel lavoro, manifestando la sua volontà di donarsi, con generosità. "Era un dare continuamente, e per lui era il suo respiro" ( Albino Baiano ). In una lettera, scritta a ventun anni al fratello minore, si nota quale rispetto e dedizione nutrisse per i suoi familiari e come cercasse di correggere il fratello, portandolo benevolmente a riconoscere il valore dell'obbedienza e dell'umiltà di fronte a Dio. Da piccolo, obbediente e giudizioso, sapeva già controllare le sue reazioni emotive di disappunto. Un giorno in cui la madre l'aveva punito, dandogli due schiaffetti sulle mani, dopo quel brutto momento, mogio mogio si rivolse a lei pregandola di non picchiarlo più, perché sarebbe stato un bambino bravo e obbediente, e che non era tanto il dolore fisico ad averlo ferito, quanto il fatto che ad averglielo inflitto fosse stata la madre, a cui voleva bene. E in gioventù mantenne quelle promesse, seppe sempre dominarsi ed essere in ogni circostanza "presente a se stesso". Sicuro di sé, determinato nelle sue scelte, che portava a termine con impegno. Era sereno ed equilibrato, dall'intelligenza acuta e vivace, di raro ingegno, che spaziava in modo eclettico su vari interessi. Il suo umore era sempre lo stesso, non mutevole, la sua linea di condotta colpiva quanti lo avvicinavano, che comprendevano subito come fosse di indole riflessiva. Dietro la sua mitezza d'animo e l'affabilità spontaneamente gioiosa del carattere che ispirava stima e rispetto, si nascondeva una ferma e vibrante intenzione di corrispondere generosamente alla chiamata di Dio. Era calmo e aveva molta fede nella Provvidenza, che sovente gli veniva incontro, come lo conferma un piccolo aneddoto. È un sabato pomeriggio, verso le 12, ora in cui gli operai vengono a riscuotere la paga settimanale. Giovanni ( già orfano del padre ) è alla direzione della ditta e non ha il denaro necessario per le paghe. Alle preoccupazioni del fratello Ferdinando, Giovanni risponde: "Eh, sta bravo Ferdinando, in qualche modo ci riusciremo! Ci sto pensando, poi la Provvidenza ci aiuterà …". E Ferdinando: "Sì, sì, hai un bel dire, ma se non ci sono i soldi come facciamo? Poi è un quarto a mezzogiorno, adesso non c'è neanche più tempo, se arrivasse qualcuno … Non c'è neanche più tempo per andare a prendere i soldi!". In quel momento squilla il telefono. Una ditta torinese, la Tos & Brusasco, che vendeva drapperie per vestiti da uomo, e aveva in sospeso una trattativa con la ditta per il rifacimento dei locali e degli arredamenti, dà il suo consenso per i lavori. Ma poiché il proprietario deve partire a minuti per l'Inghilterra, vuole dare l'anticipo per assicurare il lavoro presso la ditta … E non con gli assegni, perché non c'è più tempo neanche per passare in banca … Darà i soldi in contanti!!! Così, mentre Ferdinando avvisa gli operai già arrivati, del ritardo dei pagamenti, Giovanni incamminatosi di corsa, può prendere il denaro per pagare gli operai …: tutti i biglietti "spezzati" per tante famiglie appena in tempo! Giovanni e la scuola I fratelli di Giovanni seguivano la sua scia negli studi, dopo il primo Baiano ne veniva un secondo, e poi il "Baianino" dietro … Frequentarono prima le scuole elementari presso i FSC, per una scelta ragionata e voluta dei loro genitori, profondamente cattolici e praticanti, e in seguito tre anni di scuola professionale, presso l'Istituto Industriale Pierino Delpiano, così denominato durante il fascismo, l'attuale Avogadro, scuola scelta dal padre, in quanto era una delle migliori scuole di Torino. L'Istituto Pierino Delpiano era una scuola laica, molto severo nella disciplina. Per Giovanni, entrare in questo ambiente, diverso da quello delle elementari presso i Fratelli delle Scuole Cristiane, fu un vero "scossone" e fece fatica ad ambientarsi. Vi erano 47 ore di studio alla settimana; se si arrivava in ritardo si perdeva una giornata e dovevano venire i genitori a giustificare l'assenza, le materie erano parecchie, circa 17: oltre la falegnameria, vi erano quelle che riguardavano i metalli, la plastica, il disegno … Una scuola che trasmetteva comunque ai suoi allievi il senso dell'ordine, della puntualità, della serietà. Un piccolo episodio: ebbe un professore, di cui era il migliore allievo, che aveva il brutto vizio di bestemmiare, e seppe aiutarlo, facendogli conoscere il catechista dell'Unione Giovanni Cesone. Dopo diverso tempo il professore perse quella sua cattiva abitudine. Giovanni aveva solo 13 anni circa. Per il suo perfezionamento seguì contemporaneamente due corsi presso due scuole serali: l'Accademia Albertina e la San Carlo. Studioso, si applicava diligentemente, con ottimo rendimento, ottenendo dei riconoscimenti in entrambe le scuole. Giovanni e le vicende della ditta Finiti gli studi i fratelli Baiano andarono a lavorare nella ditta paterna, ma Giovanni non vi andò subito. Il padre, constatando la bravura del figlio nel disegno, specie di arredamento, e del mobile, in particolare nell'"ornato" dove c'era molta scultura oltre al disegno, lo affidò ad un disegnatore molto quotato in Torino e gli fece fare arte scultorea. Disegnò impianti di riscaldamento per una ditta, che non era precisamente il suo genere, ma il proprietario gli disse che con la sua abilità in poco tempo avrebbe ricevuto lo stipendio di un lavoratore di provata esperienza. Per un certo periodo fece anche il disegnatore ad ore per i clienti che lo interpellavano, ma sorgeva una difficoltà: spesso i progetti realizzati entravano in concorrenza con quelli di suo padre. Così più avanti decise di lavorare direttamente per la ditta paterna. Quando morì il padre, era già un buon dirigente d'azienda e nel disegno aveva impostato la sua attività. Fece di tutto per non fare sentire la mancanza del padre, con autentico spirito di sacrificio. Passava intere nottate a disegnare per l'azienda mentre di giorno si recava dai clienti. Questo fino all'ultima settimana prima della sua morte. Lavorò fino all'ultimo momento. Le sue mansioni riguardarono così, oltre al disegno, anche le pratiche d'ufficio, i bilanci, i preventivi, i contatti con i clienti, la direzione dei lavori. Scrupoloso e ordinato, teneva il diario dei lavori che venivano eseguiti in una forma organizzativa molto creativa. Diede una nuova immagine all'azienda, una nuova disciplina e forza interna, e ne favorì l'ampliamento. Questo avvenne nel 1937 e fu favorito dal buon nome che la famiglia Baiano si era creata e dall'affidabilità che Giovanni ispirava. Infatti ottenne i fondi necessari senza ricorrere alle banche, ma con prestiti di fiducia di familiari, fornitori, clienti e conoscenti. Lavorò molto per l'azienda, non per interesse o per denaro, ma proprio per la sua volontà di donare qualcosa di sé, aiutando i fratelli e la madre. Quando morì Giovanni la madre disse: "Questo dolore non lo sopporto più". Dopo 7 mesi dalla sua morte anche lei lo raggiunse. Seduta sul letto, sentendosi mancare, invocò la Consolata, guardando il suo ritratto e spirò proprio dicendo: " Madonna Consolata, fammi vivere per i miei figli ". Può sembrare assurdo, ma anche in questa morte si può vedere il disegno della Provvidenza, che chiama ognuno a suo tempo, anche contro la nostra volontà. E questa stessa Provvidenza ha guidato la famiglia Baiano tra molte traversie e difficoltà. Quando morì anche Giovanni fu un vero colpo per Ferdinando e Albino, che abbracciandosi, disperati, si dissero: "E adesso, come facciamo?". La ditta aveva dei debiti e del lavoro da portare avanti. Albino di punto in bianco dovette industriarsi a fare più lavori. Se prima era principalmente al banco, come falegname, ora doveva anche passare al disegno e sbrigare le pratiche d'ufficio. Ma, tra tutte queste difficoltà, Albino ha sentito sempre vicino suo fratello Giovanni: " Come un angelo tutelare che, pur non essendoci più, mi ha insegnato a fare il disegnatore e l'arredatore. Sono stati momenti terribili ma superati grazie all'aiuto del Signore ". ( Albino ). Al lavoro, Giovanni era estremamente serio e fedele agli impegni presi coi clienti. Quando veniva interpellato, le sue preoccupazioni erano: sentire cosa voleva il cliente, sapere quali erano i suoi gusti e le sue necessità, e in base a questo era subito disponibile a fare uno schizzetto su carta. E aveva tale abilità, che spesso la linea che tracciava per prima era già poi l'ultima, la più importante. Aveva già le idee chiare, soprattutto nella stesura di disegni tridimensionali, cogliendo subito la prospettiva. Possedeva uno spirito arguto che intuiva le situazioni di tensione e sapeva intervenire con tatto e buon senso, per sciogliere le controversie in modo chiaro e sereno. Come quando nella ditta nacquero dei dissensi tra i dipendenti: li chiamò ad uno ad uno nel suo ufficio, riuscì a comprendere i loro problemi e a ricreare un clima disteso e amichevole. Sembra si rifacesse a Fratel Teodoreto nel motto: "Fare bene quello che si deve fare". Alla sua morte molti clienti visitarono la famiglia e più di uno disse alla madre: "Lei non sa le qualità che aveva suo figlio!". La madre invece, le conosceva bene. Giovanni e la sua vita nell'Unione Catechisti Giovanni conobbe Fratel Teodoreto durante le elementari dai FSC. Nella sua giovinezza mantenne il contatto con la congregazione e a poco a poco maturò in lui la decisione di consacrarsi a Dio. Inizialmente voleva diventare sacerdote, ma il padre era di parere contrario, per le sorti dell'azienda, che avrebbe perso un elemento di spicco. Allora dopo lunghe riflessioni, Giovanni, abbracciò la vita consacrata di laico nell'Unione. Gli occorse parecchio tempo perché voleva essere sicuro di questa scelta, essere Catechista non doveva rappresentare un ripiego, per lui, ma una decisione ragionata e perseguita fino in fondo. Nel 1935 infatti, iniziò il noviziato, e un anno dopo, il 29 giugno del 1936, festa dei SS. Pietro e Paolo emise i primi voti annuali. Aveva 25 anni. Dalle sue riflessioni si viene a conoscenza di quale intensità di fede e gioiosa trepidazione accompagnarono la vigilia dell'evento. " In questi giorni mi sento avvinto nell'atmosfera delle grandi vigilie. Ancora qualche giorno e poi si compiranno in me grandi cose. Lo Spirito di Dio scenderà in me e farà grandi cose. Una luce nuova, sfolgorante, brillerà nell'anima mia. Da uomo, materia rozza, rude, ignorante, caparbia, egoista, indolente, sonnecchiante nel mondo che cieco brancola nel buio, o meglio nella penombra della vita comune, scenderà l'Angelo Consolatore ( Spirito ) e ne farà un Apostolo grande sublimandolo nella purezza, nella povertà ed obbedienza ". ( 21.06.1936 ) La sua vita di consacrato non pareva nulla di diverso da quella di un qualsiasi bravo giovane. Ma si distingueva per lo spirito cristiano che l'animava: salde convinzioni, una forte tensione verso il bene, una fede viva, un'attenzione premurosa e una delicatezza quasi materna in famiglia, verso i fratelli. Impegnatissimo nello studio del Regolamento con l'ansia di perfezionarsi nell'adesione ai suoi voti e frequentatore assiduo delle giornate di ritiro. Sempre puntuale, vi partecipava con vivo interesse. Fu seguito da due direttori spirituali: inizialmente da don Amadei, salesiano , e da don Molinari che insegnava al seminario. Si dedicava all'insegnamento catechistico in parrocchia e alla Casa di Carità che allora era festiva e serale, preparandosi accuratamente. Fu più difficile per Giovanni seguire il ritmo delle riunioni e delle attività dell'Unione Catechisti dopo la morte del padre. Il lavoro lo assorbiva e lui dovette quindi ridurre l'attività serale come insegnante e compensarla il più possibile la domenica con le ore di catechismo alla Casa di Carità. Ma nell'Unione era da poco nata l'esigenza che i Catechisti seguissero la loro classe in maniera più attiva, oltre le ore di insegnamento catechistico. Allora Giovanni assisteva anche alle altre lezioni: restava in fondo all'aula, in piedi e non seduto, per vincere il sonno e la stanchezza dato il ritmo pesante del lavoro che svolgeva per la ditta, sottraendo ore notturne e preziose al riposo. Era anche iscritto all'Azione Cattolica i cui impegni erano però subordinati a quelli dell'Unione. Si occupava inoltre delle pubblicazioni dell'Unione, per la parte decorativa e illustrativa, per le vignette del giornale "La Scintilla". Profilo spirituale " In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà ". ( Gv 12,24-26 ) Chi era Giovanni? In apparenza un giovane adulto qualunque che si divideva tra i doveri familiari, lavorativi e religiosi, conducendo una vita "normale" nella Torino degli anni trenta. Costante era il lavoro personale di perfezionamento nel vivere la propria consacrazione, che da piccolo germe da interesse appena abbozzato, nella sua mente, divenne sempre più chiaro, maturando a poco a poco come il seme gettato nella terra buona. Il brano di Vangelo riportato sopra racchiude in sé il segreto di una vita nei cui solchi ha seminato la Provvidenza e da cui sono nati frutti abbondanti. Queste parole pronunciate da Gesù avevano colpito profondamente Giovanni che si trovò a viverle nella sua breve ma intensa esistenza, senza quasi averne la consapevolezza. Linfa vitale fu per lui il carisma dell'Unione che lo spinse a donarsi senza riserve fino al sacrificio come quel seme che deve morire, per dare nuova vita. a - Vita quotidiana Non è che facesse qualcosa di speciale, pensava semplicemente ad essere un buon cristiano, che vuole amare Dio, un bravo figlio che si rende utile e anche un onesto imprenditore. Come nota il fratello Albino, niente di eclatante era la sua vita, ma proprio nella semplicità del quotidiano stava la sua virtù: lo straordinario nell'ordinario! Eseguire fedelmente al massimo delle proprie capacità e delle proprie forze gli incarichi affidati avendo come unico fine il piacere a Dio. " Compiere il proprio dovere con diligenza per elevarne il frutto a Dio costantemente alla Sua presenza " ( dai suoi appunti personali ). Giovanni, innamorato di Gesù Crocifisso, studiava tutti i modi per vivere la sua vocazione ottemperando i suoi obblighi in unione profonda con Dio, mirando a Lui in ogni cosa, facendo proprie le parole del suo maestro Fr. Teodoreto: " Abbiate sempre la mira a Dio ". Questo divenne il suo scopo, questo l'unico fine della sua vita, al centro di tutto, con una volontà incrollabile ed un fiducioso abbandono tra le braccia della divina Provvidenza. " Mettere al primo posto il fine vero, e poi servirmi di tutto il resto per il buon raggiungimento" ( Q-6, 21.04.1938 ). Ed ancora " Ricevere tutto dalle mani di Dio con un fine superiore a quello materiale. Il fine dovrà essere: corrispondere alla Grazia di Dio con pace e applicazione continua in relazione alla vita eterna ". Uno sguardo di fede animava le sue azioni e i suoi propositi, trasfigurando i fatti quotidiani. Gesù camminava con lui: " … perciò me Lo immaginerò sempre presente, dinanzi a me, nei miei cari nel mio prossimo, tra gli avvenimenti, e mi sforzerò di giungere al conseguimento di questa risoluzione ". ( Q-1, 8.9.1935 ). Nient'altro che la nascosta sapienza delle piccole cose da nulla, quelle che non si vedono ma sono essenziali. In questa semplicità fu tutt'uno il desiderio di farsi santo: " Volere la perfezione attraverso la carità, ossia amando Dio, sacrificandosi per Lui. Ottenerlo nello stato attuale di vita giornaliera, sfruttando tutte le occasioni che si presentano. L'obiettivo sia questo: farmi santo nelle presenti condizioni di vita: religiosa, familiare, di lavoro " ( Q-5, 31.05.1936 ). Riflessivo, in ogni situazione agiva con prudenza cercando la volontà di Dio per trovare la soluzione adeguata ai problemi quotidiani con serenità ed equilibrio. " Dare un tempo per ogni cosa a suo tempo, né più né meno. Quindi dare a tutte le cose un'importanza adeguata e mai eccessiva. Bensì darla a quelle cose utili per la vita eterna convincendosi che il polo operatore in noi è Gesù Cristo. Noi non abbiamo che da seguire le sue grazie " ( colloquio del 21.10.1935 ). Per Giovanni la santità, in accordo con lo spirito dell'Unione, coincideva con il sacrificio, con l'accoglienza gioiosa della croce nella propria vita, nell'imitare Cristo in un'adesione pronta alla Sua volontà. Si affidava costantemente a Lui perseverando nel suo cammino a tratti aspro e faticoso con uno slancio tenace sia nell'apostolato che negli altri doveri. " Accettare le difficoltà e i contrasti perché anche questi mi vengono da Dio e possono essere per me fonti di bene per il cielo e di aiuto su questa terra, se saprò accoglierle con rassegnazione e umiltà. Convincermi che la vera gioia, la vera felicità, la soddisfazione completa e duratura, non ci può essere quaggiù, ma me la dovrò procurare bensì per il cielo " ( Q-6, 21.4.1938 ). Il pensiero del Paradiso rinnovava la sua speranza e gli dava forza. Anche l'idea della morte assumeva contorni positivi, divenendo per lui un termine di confronto per esaminare se stesso, stimolo a migliorarsi: " Il pensiero della Morte inteso come principio di vita migliore mi sia sempre vicino e mi sia spinta e molla potente per avanzare in perfezione: come li compio i miei doveri, con quale fine? D'ora innanzi dovrò compierli per corrispondere alle grazie di Dio con pace e applicazione continua in relazione alla vita eterna " ( Q-1, 15.9.1935 ). E ancora: " Soffrire sorridendo per piacere a Gesù. Non si può arrivare al Paradiso in mezzo a tante delizie. La gioia del mondo è fugace. Soffrire per amore della giustizia " ( da un foglietto ). b - Vita di preghiera e spirito di obbedienza A Giovanni stava molto a cuore la salute della sua anima, e tal fine si esaminava spesso con sincerità e senso critico, ammettendo le proprie manchevolezze in ogni ambito della sua vita, mirando alla santità, suo proposito principale. Nulla lasciava al caso, curava ogni cosa nei particolari seguendo un suo orario, come tutti i giovani dell'Unione, e riflettendo in seguito su come aveva svolto e portato a termine i suoi impegni: la Messa, il Rosario, l'Adorazione, l'alzata, le adunanze, il colloquio settimanale. Al mattino, il suo primo pensiero era per Dio: " Alzata pronta, farla precedere dal segno di croce e da un saluto alla Madonna e un pensiero all'Angelo Custode " ( Q-7, 13.8.1938 ). Dimostrava di essere estremamente esigente con se stesso, specie negli ultimi anni della sua vita, quando troppi impegni lo assillavano e allora non sempre riusciva a destreggiarsi, nella sua vita spirituale: " Ho aderito all'Unione per servire Gesù. Come lo servo? Ho lasciato il mondo per Gesù, eppure come mi comporto? Povera vita religiosa, come la biasimo e trascino malamente! Povero apostolato, come lo rintuzzo e lo servo avaramente! La regolarità, la puntualità, lo slancio!!! L'orario, che sballottamento, le pratiche religiose, che cenerentole. Sono io che vedo male o è proprio così? Cosa devo fare? Due cose non le posso servire. L'alzata, sonnolenza. Più raccoglimento. Preoccupazioni del lavoro. Comunione, scarsità di tempo, distrazioni … " ( Q-7, 15.8.1939 ) Il tempo che non dedicava alla Ditta e ai familiari era tutto per Dio e per l'Unione. Ogni giorno partecipava alla S. Messa proponendosi di rafforzare la sua fede, e di seguirla con più fervore senza interromperla e con maggior raccoglimento: " Messa e Comunione: ritenerli come l'alimento indispensabile per la vita spirituale e come tali ottenerli a qualunque costo. Intensificare il fervore, riconoscere il grande dono che Gesù mi fa con l'offrirmi la S. Messa e la Comunione. Rinnovare con la S. Messa l'offerta di ogni mia opera, attività della giornata " ( Q-7, 13.8.1938 ). L'Adorazione e il Rosario, anch'essi quotidiani, erano importanti per lui: "Divozione e S. Rosario, le guide che mi difendono dai pericoli. Recitarli più col cuore che con le labbra. Sono le armi a mia disposizione per vincere ogni dubbio, ogni indecisione, ogni battaglia " ( Q-7, 13.8.1938 ). Si proponeva di fare una visita al SS. Sacramento anche tra una commissione e l'altra lungo la giornata. " Visita al SS.: non perderla mai! " ( da un foglietto ). E poi ancora l'Angelus: " Giaculatorie e Angelus più ferventi e regolari ", la meditazione quotidiana, che faceva di norma sul libro l'Imitazione di Cristo: " Imitazione di Cristo: trarne ogni giorno un pensiero buono ", e la lettura spirituale: " Lettura spirituale: occorre darle tutto il suo valore, perciò lettura assidua. Insistere tempestivamente, scegliere bene, sottoporre all'approvazione dei superiori " ( Q-7, 13.8.1938 ). " Giaculatorie: coltivare questa abitudine intensificando l'unione con Dio, in modo da interessarlo di ogni mia attività. Onde averlo vicino nel prossimo e negli affari come nelle pratiche " ( Q-7, 13.8.1938 ). Per iniziativa di Giovanni, i due fratelli, Ferdinando e Albino lo seguirono per un certo periodo nella partecipazione all'Adorazione Eucaristica notturna presso i Sacramentini, nella Chiesa di S. Maria di Piazza, che si teneva ogni primo Sabato del mese. Studiava il Regolamento, specialmente gli articoli riguardanti i voti. Per la castità e per l'obbedienza aveva una particolare attenzione. " Mai dire di no, meglio se costa, e se costa molto, in qualsiasi cosa ci sia chiesto, in qualsiasi carica ci sia affidata. Sempre dir di sì, perché è Gesù che vuole così " ( Q-5, 29.06.1936 ). " Perciò si tratta di spiritualizzare e avvalorare quello che già faccio. E in che modo? abbandonarmi nella direzione dei superiori. Offrire tutto a Nostro Signore " ( da un foglietto ). Giovanni era inoltre molto devoto a S. Luigi Gonzaga e in un suo quaderno vi è riportata una preghiera di affidamento con il proposito di perseverare nella virtù della castità. La riconoscenza che Giovanni provava verso Dio, portava una vera e propria repulsione per il peccato, facendogli dire: " Io mi trovo così vicino a Gesù per sua grazia speciale! Non solo devo astenermi dal peccato per corrispondere a tanto Suo amore, ma ancor più il pensiero di tante anime ingrate mi induca a stringermi intorno a Lui e riparare prima i miei mali commessi e poi gli altrui peccati " ( Q-1, 9.10.1935 ). La sua fede salvò il giovane fratello Albino da una grave doppia broncopolmonite settica, per la quale il medico lo dava ormai per spacciato. Giovanni recitò una novena a Don Rua e Albino da un giorno all'altro uscì dalle crisi e in breve tempo si riprese. c - L'intimo travaglio di un'anima Giovanni alla morte del padre nel 1938 aveva 27 anni e quella prematura scomparsa lo lasciò in uno stato di grande sgomento, e gli fece vivere dei momenti di prova e di forte conflitto interiore. Egli si ritrovava con il peso della ditta sulle spalle, e con i suoi cari, soli come lui, da mantenere. " La mancanza del papà mi è penosa. Quando ho tempo di pensarci le occupazioni mi strappano questo pensiero. Ma è un dolore che mi purifica e mi soddisfa di soffrire. Mi sento solo, incapace del posto che tengo, della responsabilità, dell'esempio del mio comportamento; e vedo la mia miseria " ( Q-7, 15.8.1939 ). " Prevedere e prevenire il senso di dover rispondere del fatto altrui. L'assillo di occupazioni, di impegni, scarsità di tempo, difficoltà, contrasti, contrattempi. Ristrettezze finanziarie, di disponibilità, di perfezionamento " ( Q-7, 15.8.1939 ) " Sento il peso della direzione in casa. L'incapacità di sopperire a questa deficienza, incomprensione o necessità per la mamma, di consiglio per F. [ Ferdinando ], di appoggio e incoraggiamento per A. [ Albino ] ". " Come mi comporto con A. F. [ Albino e Ferdinando ]? Cosa richiedo, quali pretese, cosa do a loro? Come li sostengo nelle loro difficoltà? "( Q-7, 15.8.1939 ). " Sul lavoro sento il peso della responsabilità. Il dover essere, il pensare, provvedere, disporre a tutto! " ( Q-7, 15.8.1939 ) Egli doveva sentirsi come un secondo papà, oltre che dirigente ancora inesperto: doppiamente responsabile e bisognoso di sostegno, forse anche di affetto. " Il desiderio di essere compreso, di aprirmi a qualcuno, di confidarmi " ( Q-7, 15.8.1939 ). Un adulto insicuro con tante cose da mettere a fuoco e responsabilità importanti dietro la quali era ancora vivo il dolore per la perdita di una figura così significativa come il padre. Giovanni sente acutamente il bisogno di sganciarsi dagli impegni che premono e confondono, le preoccupazioni lavorative che divengono prioritarie e soffocano l'interiorità, la vita di un consacrato che vuole vivere l'unione con Dio, esigenza spirituale profonda. " Sul lavoro, quante volte mi viene il pensiero di smettere, di allontanarmi, di sottrarmi al peso della lotta, ma poi riprendo con più lena, ma per poco purtroppo " ( Q-7, 15.8.1939 ) I seguenti suoi appunti se ci immergono nel suo conflitto, ci indicano anche la strada percorsa da Giovanni per uscirne. " Ecco le occupazioni si accavallano, i contrasti e le difficoltà corrono tra il frastuono assordante della vita, gli eventi rumoreggiano alle porte del cuore, e squassano, scrollano, è una lotta continua, con l'esteriorità che avanza stritolando minacciosa, con l'interiorità che tenta ribellarsi e mettersi in posizione di difesa per resistere e prendere il sopravvento. È una lotta estenuante che richiede un cuore forte, una volontà gagliarda che reagisca e intuisca gli attacchi. Soltanto il contatto con Gesù Eucaristia può dare forza, vigoria per opporsi a questa marea che sale da ogni dove e tenta di travolgere. È Lui che si erge faro luminoso a indicare la rotta " ( Q-7, 15.8.1939 ). Infine Giovanni temeva di avere dei desideri troppo ambiziosi che riguardavano l'azienda, non convenienti alla sua scelta di consacrato laico nel mondo perché non rispecchiavano pienamente il genere di vita di chi ha sposato la povertà per Cristo. " Ma se devo essere staccato dai beni della terra, come faccio a pensare di perfezionarli ogni giorno … Saper valutare il mio posto è superbia, ambizione? Non so. Eppure in me è una continua lotta tra il sì ed il no, devo amare la povertà e nello stesso tempo difendere un patrimonio ". E poi ancora " … ho scelto ( per lo meno Dio mi ha chiamato ) l'Unione per servirLo meglio, per sfuggire al mondo, e poi mi trovo proprio legato con filo doppio, volevo essere tutto di Dio ed invece mi trovo proprio incatenato al mondo delle mie esigenze " ( da un foglietto ). Ma Giovanni, colmo di fiducia filiale, correva dal Signore e in Lui trovava rifugio, prendeva coraggio per ripartire. Pregava così: " O Gesù, che tutti disponi al bene di coloro che ti amano, fa sì che io veda in ogni evento il tuo volere " ( Q-7, 15.8.1939 ) La malattia e la morte Giovanni morì il 4 febbraio 1941, dopo circa due settimane di agonia in cui perse conoscenza, a causa di una febbre persistente, che non accennava a diminuire. In quei giorni fu assistito dal catechista Pietro Fonti. Giovanni non rientrò in sé, delirava oppresso dall'alta temperatura corporea, avendo contratto una forma di polmonite. Non si sa ancora con precisione quale fu la causa ultima che ne causò il decesso. Il dottore non si pronunciò, probabilmente la polmonite portò a delle complicazioni che furono fatali. Tutto iniziò con quello che sembrava solo un malessere passeggero. Giovanni, tornando a casa dalla Ditta incontrò la madre e le disse semplicemente: " Mamma, non mi sento bene ". Poi forse prese qualcosa, si fermò ancora al tavolino per scrivere gli ultimi appunti, e poi crollò perdendo conoscenza. Il medico curante gli fece parecchie applicazioni nei giorni seguenti; l'ultima notte rassicurò la famiglia dicendo che c'erano speranze di ripresa. Invece, dopo mezzanotte, quando il dottore se ne andò, Giovanni ebbe un peggioramento e morì tra le 2 e le 3 del mattino. Penso che al termine della lettura nasca spontaneamente il desiderio di rivolgere un ringraziamento a Dio, per le meraviglie che compie nelle sue creature, ed a Giovanni, che ha saputo corrispondere generosamente alla Sua Grazia, offrendoci nascostamente una bellissima testimonianza di vita. Il presente documento è stato redatto grazie alla testimonianza del prof. Albino Baiano, Catechista Associato, che ha anche condotto il prezioso lavoro di raccolta dei documenti del fratello Giovanni. Appendice Lettera del 28 agosto 1932 ( stralci ) [ … ] Come sarebbe poca cosa l'essere cortese, rispettoso ed ubbidiente verso i tuoi genitori: poca cosa inquanto ché con un po' di buona e risoluta volontà riusciresti a dominarti, e nello stesso tempo sarebbe assai grande cosa meritoria presso Dio. Anche se nel compiere ciò dovresti superare qualche lieve difficoltà, qualche ripugnanza, e ciò che ai tuoi occhi può presentarsi come ingiusto o sprezzante, rifletti che volere è potere, ed in questo te ne diedero esempio uomini grandi e d'intelletto. [ … ] Rifletti che ciò che i tuoi genitori ti ordinano è pure volontà di Dio, che per mezzo loro comunica a te i Suoi Divini Voleri, così pure il tuo prossimo: quindi il massimo rispetto agli altrui voleri, riflettendovi in essi la Volontà dell'Altissimo, affettuosità sincera, compassione degli altrui difetti, convincendoti di averne purtroppo te stesso. [ … ] Ti accennerò ora, e spero possano esserti utili, qualche buon proposito, che d'altronde servirono pure a molti altri che si accinsero con retta intenzione alla via della perfezione e cioè col cominciare da questa: - umiltà sincera, ossia porsi umilmente innanzi a Dio, chiedendo aiuto a Lui, protezione ed assistenza in tutte le tue attività, estirpare la zizzania, l'erba cattiva dal tuo cuore, cioè eliminare i tuoi difetti, sopprimerli ed evitarli, cercando di perfezionarti nella tua vita interiore, non disgiunta da una attività ardente esteriore, col praticare il buon esempio in tutti i tempi e luoghi, col riconoscerti sempre inferiore agli altri poiché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. - ubbidienza spontanea continua a tutti i cenni, gli ordini ed i desideri dei tuoi Genitori, ubbidendo con spontaneità e perfezione eseguendo colla massima scrupolosità tutte le tue azioni, cominciando da quelle di scarsa importanza sino a quelle di grande valore, compiendole sempre colla stessa intensità, anche quando nessuno ti vede, anzi spronarti maggiormente in questi frattempi: pensa sovente che Iddio tutto vede e che ti è sempre vicino. - volontà ferma risoluta nei propositi di perfezionamenti, di emendarti dai tuoi difetti, cominciando da quelli più piccoli, se vuoi giungere sino a quelli maggiori, poiché è dal poco che devi iniziare per ascendere al perfetto anche se ti costerà qualche non lieve difficoltà contro il carattere tuo stesso, ricordandoti che Dio ti è vicino bel fare le buone azioni. - rassegnazione pronta alla volontà di Dio, cioè a tutto quanto ti si presenta nel corso delle tue azioni giornaliere, cominciando ad accogliere serenamente le difficoltà che dovresti superare con calme; anzi codesta calma la dovresti usare in tutte le tue azioni, calma ma non lungaggine: calma nello spirito e speditezza pratica, compatire benevolmente i difetti altrui, sopportare con rassegnata pazienza e continuità il tuo prossimo, praticando sempre la carità fraterna e compassione vicendevole. Inoltre bada di sempre usare modi gentili e sinceri quando hai da comunicare il tuo modo di vedere od il tuo giudizio, bada che con la dolcezza vincerai con maggior facilità che non con le presunzioni, le difficoltà e le contrarietà, senza la pretesa insistente di volerne uscire sempre soddisfatto e condisceso. [ … ] Formula di consacrazione ( dal Regolamento del 1933 ) In nome del Padre, e del Figliolo, e dello Spirito Santo. Così sia. Santissima Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo, prostrato con profonda venerazione dinanzi alla Vostra infinita e adorabile Maestà, io mi consacro tutto a Voi per procurare la Vostra gloria, per quanto mi sarà possibile e Voi lo richiederete da me. E, a tal fine, io Giovanni Baiano compreso da viva riconoscenza per la sublime vocazione all'Apostolato catechistico, e con la ferma e irrevocabile Risoluzione di praticare la Povertà evangelica e fare, per la Congregazione che benignamente mi ha accolto tra i suoi membri, ogni sacrificio per mantenerla nello spirito, nei fini e nella osservanza delle sue Costituzioni, per svilupparla sempre più e accrescere il bene che essa compie. Confidando nei meriti infiniti dell'amabilissimo mio Signore Gesù Crocifisso e nella protezione di Maria SS. Immacolata, di S. Giuseppe, di S. Giovanni Battista De La Salle; volontariamente e liberamente faccio Voto di Castità e di Obbedienza, secondo le Costituzioni dei Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata; i quali Voti di Castità e di Obbedienza, tanto al Corpo della Congregazione, quanto ai Superiori della medesima, io prometto di osservare inviolabilmente per un anno. O mio Signore Gesù Crocifisso, degnatevi di gradire questi Voti e queste Risoluzioni, e di aiutarmi a osservarli con la massima perfezione. E voi, Maria SS. Immacolata, ricevetemi tra i Vostri figli e ottenetemi la grazia di mantenermi fedele ai Voti e alle Risoluzioni fatte, e di rimanere per tutta la vita un degno membro della Vostra famiglia. Così sia. Fatto: a Chieri, nella Casa della Pace il 29 giugno 1936 - XIV - festa di SS. Pietro e Paolo Il Catechista: Giovanni Baiano