Unione/Catechisti/BrusaC/BrusaC.txt Claudio Brusa Cenni biografici Claudio Brusa nasce nel 1927 a Torino. È figlio di un'ex mondina e di un tranviere che, nel tempo libero, suona la tromba nella banda municipale. Cresce in una famiglia di estrazione contadina, originaria di Tricerro (VC), che abita alla periferia di Torino, in un immobile molto modesto situato in Borgata Parella: la parrocchia della sua infanzia è quella di N. S. della Provvidenza. Ha un fratello, Alfio, di un anno più giovane, a cui è legato da un profondo affetto. Frequenta l'Istituto Arti e Mestieri dei F.S.C, dove ultima il triennio di Avviamento Professionale ed il biennio di Licenza Tecnica: qui ha occasione di conoscere Fr. Teodoreto e Leonardo Rollino, l'attuale presidente dell'Unione Catechisti. " Claudio era, come me, un ex allievo dell'Istituto Arti e Mestieri di Corso Trapani … Più giovane di me di cinque anni frequentava, come tanti altri, l'Associazione "Maria Immacolata " presieduta dal Catechista Giovanni Fonti, nella quale maturarono diverse vocazioni: 2 missionari della Consolata, 1 Salesiano, 2 fratelli delle S. C., 5 catechisti dell'Unione " ( Leonardo Rollino ). Claudio pronuncia la sua professione religiosa nell'agosto del 1944, divenendo membro consacrato dell'Unione Catechisti a soli 17 anni. Trova quindi lavoro presso la ditta Fonti in qualità di apprendista disegnatore, ma a partire dal 1947 lascia l'impiego per farsi assumere dalla Casa di Carità dove, oltre ad insegnare Laboratorio Tecnologico e Religione, contribuisce ad organizzare i corsi della nuova sede di Corso Brin. Tra il 1948 ed il 1949 presta servizio militare nel Corpo degli Alpini a Pinerolo, quindi viene mandato alla SMALP ( Scuola Militare Alpina ) di Aosta dove frequenta con grande profitto i corsi per Radiotelegrafisti e Sciatori. Ottenuto il congedo, si iscrive al Liceo Artistico e consegue il diploma in disegno, per poi rientrare a tempo pieno negli organici della Casa di Carità, affiancando all'insegnamento di Disegno, Laboratorio Tecnologico e Religione ( materie teoriche ) l'attività di Istruttore di laboratorio ( esercitazioni pratiche per officina ). Nel 1960 viene nominato Vice-Direttore dei corsi diurni. Tutto questo impegno professionale è accompagnato da un intenso apostolato catechistico presso le parrocchie di N.S. della Divina Provvidenza, di San Giuseppe Cafasso e del SS. Crocifisso. Per mantenere vivi i collegamenti con la diocesi partecipa con regolarità ai Convegni diocesani per la catechesi. Fin dal primo momento della sua creazione ( 1966 ), la sezione giovanile dell'Unione Catechisti, gestita presso la Casa di Carità, lo vede tra gli animatori più attivi e capaci: anche l'attività legata ai soggiorni estivi in montagna ( Valprato Soana, Ronco Canavese, Chatillon, Gressoney S. Jean ) rientra in questa sua particolare predisposizione per l'apostolato giovanile. Nel 1966 venne eletto membro del Consiglio Generalizio dell'Unione Catechisti e successivamente Consigliere della Casa di Carità. Questa cospicua e spesso sfibrante serie di impegni, che praticamente non gli lasciano un briciolo di tempo libero, viene crudelmente stroncata da un incidente d'auto, un vero incontro faccia a faccia con sorella Morte, che interrompe bruscamente la sua attività presso la Casa di Carità. Nel 1968, a Porte Pinerolo, mentre si accinge ad attraversare la strada in compagnia di due catechisti spagnoli e di un allievo della Casa di Carità, viene investito da un'auto sbucata all'improvviso da una curva cieca. Il trauma, violentissimo, gli procura una serie di fratture multiple alle gambe e un grave dissanguamento che per poco non lo uccide. Ricoverato all'ospedale Agnelli di Pinerolo subisce un intervento chirurgico che si prolunga per sei lunghe ore, durante le quali è più volte in pericolo di vita, e rischia di subire l'amputazione degli arti inferiori. La tempra del suo fisico, alla fine, bene o male resiste, ma Brusa da quel momento rimane gravemente invalido alle gambe. Senza quella sosta imprevista avrebbe potuto assumere responsabilità di grande rilievo all'interno dell'Unione, ma l'Onnipotente aveva deciso di metterlo alla prova. Il Signore, prima di chiamarlo a sé, gli infligge 14 anni di "purgatorio" terreno, che Brusa dedica, nell'ambito dell'Unione Catechisti, a quella che il Vangelo definisce la "parte migliore". Si impegna infatti su due fronti: la ricerca, lo studio e la meditazione delle fonti originarie dell'Unione ( scritti di Fra Leopoldo e Fr. Teodoreto ) e la rinnovata gestione della "Sorgente" di Baldissero che ai suoi occhi appariva come un potenziale "vivaio" nel quale far convergere quegli allievi della Casa di Carità che avrebbero potuto fornire nuove vocazioni essenziali al ricambio generazionale dell'Istituto. Fino al 1977, inoltre, continua ad insegnare Religione; poi, le peggiorate condizioni di salute, lo obbligano a sospendere l'attività didattica. Sul versante degli studi si dedica soprattutto ad un lavoro di raccolta, archiviazione e analisi testuale relativo ai Quaderni del Fondatore, al Diario di Fra Leopoldo, all'Adorazione a Gesù Crocifisso ( di cui apprezzava la versione originale ); ma è anche interessato alle origini del Movimento Adoratori ed ai rapporti dei Catechisti coi Fratelli S.C. Una conseguenza diretta di queste ricerche è lo studio scientifico della Sindone sulla quale produce un interessante documentario e per la quale cura l'allestimento di una biblioteca specializzata, fornita di testi e documentazioni di alto livello. Sul secondo versante, come presidente del gruppo giovanile dell'Unione Catechisti e maestro dei novizi, si prodiga per costituire a Baldissero, presso la "Sorgente", un vero e proprio Centro di Vita Spirituale. Ordina una gran mole di materiale didattico-catechistico ( fotografie, fotocopie, diapositive, didascalie ecc. ) curando, anche attraverso un lavoro di squadra che coinvolge alcuni Catechisti ed ex allievi, la produzione di una serie di audiovisivi sulla Casa di Carità, l'Unione Catechisti e, come già detto, la stessa Sindone. Il tutto viene eseguito con grande discrezione, tanto che oggi è difficile ricostruire punto per punto le fasi di quel lavoro teso a illuminare da una parte le ragioni fondanti dell'Unione e dall'altra la "nuova e santa generazione" promessa da Fra Leopoldo. Il 2 settembre 1982, a seguito di un infarto non bene diagnosticato, Brusa moriva, lasciando dietro a sé un testamento fatto di dedizione, lavoro e fedeltà al carisma del Fondatore. L'esperienza della guerra e l'ingresso nell'Unione Catechisti Corre l'anno 1944, Torino è devastata dai bombardamenti degli Alleati, l'Italia del Nord è praticamente ostaggio del Terzo Reich e la guerra civile, con le sue terribili rappresaglie, sconvolge tutto il Piemonte. In un contesto così tragico della nostra Storia, quando i rapporti umani tra le opposte fazioni sono avvelenati da un estremismo politico indifferente all'omicidio, alla vendetta, alla strage, Brusa sceglie di militare nell'esercito di Dio. Questa militanza trova la sua realizzazione pratica nell'adesione all'Unione Catechisti che ben si adatta allo spirito pragmatico, ma anche ardente e idealista del giovane novizio. Negli anni della guerra la laicità consacrata è una realtà "ufficiosa" della Chiesa, la "Provida Ecclesia" non è stata ancora pubblicata e la nuova sede della Casa di Carità è solo un sogno dei Catechisti più intraprendenti. Entrare nell'Unione è, sotto molti punti di vista, una scommessa, ma sono persone entusiaste e decise come Brusa che hanno alimentato la fiamma del carisma negli anni bui del conflitto. Brusa è in assoluto il più giovane membro dell'Unione; nessuno, tra i Catechisti, ha ricevuto e riceverà mai la consacrazione prima dei 18 anni. In fondo è poco più che un ragazzo e le sue emozioni non sono ancora così controllate. Un po' come Davide, il re guerriero sorpreso a ballare per il suo Signore ( con grande scandalo di Mikal, figlia di Saul ), il giovanissimo Claudio non riesce a trattenere l'esultanza che trabocca dal suo cuore, suscitando, tra i sodali più anziani, un misto di ammirazione e apprensione. "Fece la sua consacrazione nell'agosto 1944. Quel giorno predicava don Casalegno. Al termine della celebrazione, nella pausa seguita al pranzo, nel corso del quale avevamo fatto una piccola festicciola, Claudio, passando per la palestra del Collegio, si arrampicò sulla corda e, volendo manifestare la sua gioia esuberante, si fece dondolare come su una liana, fin quasi a toccare il soffitto. Ero ammirato per il suo vigore giovanile e al tempo stesso preoccupato per il rischio che poteva correre. In realtà era un amante del rischio calcolato, come ebbi occasione di constatare in altre occasioni. Un vero lottatore " ( Leonardo Rollino ). Eppure gli anni della guerra per la famiglia Brusa non sono certo spensierati. La situazione di Torino, e in genere quella dei grandi centri urbani, è molto critica al punto che migliaia di persone sono costrette a sfollare. I bombardamenti, nel corso dei quali vengono utilizzati anche i famigerati "spezzoni incendiari", seminano il terrore nella città; i generi alimentari scarseggiano; i tedeschi requisiscono case e arrestano persone con grande facilità. I componenti della famiglia Brusa, come tanti torinesi, devono "arrangiarsi" affidandosi alla generosità dei parenti rimasti in campagna. In quei giorni, Claudio e suo fratello Alfìo, si improvvisano "vivandieri": quando le scorte alimentari si assottigliano e le tessere annonarie non assicurano dei pasti adeguati, i due ragazzi montano in sella alle loro biciclette e partono alla volta di Tricerro, il paese dei nonni, dove fanno provviste di verdura, uova e carne, per poi tornare a casa entro sera. In quel periodo, infatti, il tradizionale rapporto città-campagna si inverte: i privilegiati sono coloro che, abitando nelle cascine, hanno la possibilità e lo spazio per allevare maiali e conigli, quelli rimasti in città, invece, vivono una situazione "d'assedio", psicologicamente e materialmente molto sfibrante. Il padre di Claudio, essendo stato richiamato nel Corpo degli Alpini, non può aiutare la famiglia in prima persona, dunque questa è la prima grande prova di responsabilità affrontata dai giovani Brusa, non senza quel pizzico di temerarietà ( soldati, partigiani e quant'altro non andavano tanto per il sottile quando si trattava di intercettare persone sospette ) che ben si attaglia al temperamento dei due fratelli. Nel dopoguerra Claudio prosegue imperterrito sulla strada della secolarità consacrata, nonostante le defezioni che colpiscono l'Unione intorno al 1945. Del resto, anche il clima politico non sembra promettere nulla di buono alle carriere dei cattolici "integrali". Uno dopo l'altro i governi democratici dell'Est europeo cadono in mano ai fantocci di Stalin. Anche in Italia la situazione sembra degenerare quando, il 14 luglio 1948, lo studente universitario Antonio Fallante ferisce gravemente Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano. Sono giorni molto concitati: l'economia langue e lo stalinismo appare a molti disoccupati come la soluzione di tutti i problemi. Dopo tante privazioni patite in guerra le "teste calde" hanno fretta di chiudere la partita. La rivoluzione cruenta sembra una soluzione rapida ed efficace e l'attentato a Togliatti il pretesto ideale atteso da tempo. Sarà lo stesso Segretario comunista a calmare i suoi, ma si era ad un passo dal tracollo. In questo contesto politico così allarmante, Brusa, da buon cittadino, presta il servizio militare nel Corpo degli Alpini, ma anche lì tira una brutta aria. "Imperava un nonnismo dalle forte venature anticlericali. Volevano fargli fare la comunione degli Alpini, ossia un vero e proprio atto sacrilego ( di quelli che tanto angustiavano Fra Leopoldo, ndr. ). Una cosa del tutto contraria ai sentimenti di un cristiano e, specialmente, di un Catechista. Naturalmente lui non ha accettato, affrontando così molte persecuzioni" ( Aldo Gravino ). Il periodo di naja, è cosa nota, può arrecare gravi colpi all'amor proprio di ragazzi ancora immaturi, scoraggiando ulteriormente gli spiriti deboli. Per Brusa le cose vanno diversamente, anche perché la sua scelta di vita è già al sicuro nella cassaforte del cuore. Si sente pronto ad affrontare qualsiasi sfida forte di una consacrazione che lo ha eletto "uomo di Dio". Questa investitura gli infonde una grande sicurezza, anzi, la sua forza inferiore, corroborata da una notevole prestanza fisica, a tratti sembra traboccare, come se avesse bisogno di un cimento col quale misurarsi: la naja, in effetti, costituisce la prima prova del fuoco, ma ben altre lo aspettano. Una falsa goliardia imperversa nelle camerate, dove a molti mascalzoni non sembra vero di poter rendere la vita impossibile alle persone per bene, quasi a consumare una vendetta anticipata sulle sconfitte della vita. La dissacrazione, specie contro i simboli della fede, diventa il manifesto di una falsa virilità, a cui Brusa reagisce con tutte le forze: non per nulla, le testimonianze ci parlano di "molte persecuzioni". Allora il servizio militare durava poco meno di due anni e comportava tanta fatica, poche licenze e nevrosi che esplodevano di notte, all'improvviso con sbrandamenti, getti di acqua gelata, pubbliche umiliazioni; ma Brusa ha le sue idee e non si abbatte, anzi, alla Scuola Militare Alpina, dove si addestra l'elite delle truppe di montagna, ha modo di far risaltare appieno i suoi talenti tecnici e sportivi. Perciò, sotto le armi, il giovane torinese riceve una conferma delle sue qualità, non pretesti per scoraggiarsi. Al ritorno dalla naja, insieme al fratello Alfio, mette queste esperienze al servizio della causa democristiana, sfidando i provocatori stalinisti che in tutti i modi tentano di boicottare la diffusione dei manifesti scudocrociati. Il clima politico è quello descritto da Guareschi nel suo "Don Camillo": la guerra ha lasciato negli scantinati dei veri e propri depositi di armi e gli agitatori politici spesso preferiscono lo scontro fisico al confronto dialettico. Si ripetono le scene cui Fra Leopoldo aveva assistito nel biennio rosso ( 1919-1920 ). Le ideologie sembrano sostituire la religione nel cuore dei semplici promettendo felicità artificiali qui, ora e subito. Un consacrato laico in quegli anni ha molto m comune con i confratelli degli istituti semiclandestini fondati a ridosso della rivoluzione francese da Padre de Clorivière. È, politicamente parlando, un testimone scomodo, specie se proviene dalle classi meno agiate. "Dopo il servizio militare, ha frequentato insieme al fratello, con il quale era in perfetta sintonia, i corsi di arti marziali per la difesa personale ( Jujitsu ). I partiti politici, in vista delle accesissime campagne elettorali, li organizzavano per tutti quei giovani intrepidi che, armati di secchi colla e scale, si dedicavano con sprezzo del pericolo alla affissione notturna dei manifesti di propaganda. Questa attività esigeva doti atletiche non comuni. L'affissione avveniva sui monumenti e sugli edifici pubblici e spesso si gareggiava a chi incollava i manifesti più in alto, altre volte si tentava di coprire o di strappare quelli avversari e l'incontro casuale con attacchini dell'altra sponda finiva regolarmente a botte o a sassate. In queste giovanili bravate notturne i più accesi erano gli avversari di sempre: comunisti e socialisti da una parte e democristiani dall'altra. Avvenivano cose da raccontare il giorno dopo agli amici. … Da varie parti, in quei momenti, si temeva un 'insurrezione armata da parte di chi ( comunisti ) dopo la guerra partigiana aveva nascosto le armi, ben lubrificate, pensando di avere altre occasioni per usarle. Claudio di questo era ben consapevole. Di qui la sua disponibilità. " ( Leonardo Rollino ) Fatto davvero curioso vedere riunite in un'unica figura l'iniziazione al mistero della Croce e l'esotica disciplina del Jujitsu importata dal Giappone. Sembrano due universi in conflitto, invece, come spesso accade tra i Catechisti, una cosa ( sacra ) non esclude l'altra ( profana ), anzi la prima riempie di significati ulteriori la seconda: si può essere, ad esempio, coraggiosi e prestanti senza per questo rinunciare alla preghiera. Il giovane Claudio, per nulla intimorito dalle novità dei tempi, cerca di allargare continuamente i suoi orizzonti culturali. Difatti, dopo aver conseguito il diploma di maturità artistica ed essere rientrato a tempo pieno nel corpo docenti della Casa di Carità, tra il 1959 ed il 1963 frequenta il Corso quadriennale di Cultura Religiosa per laici promosso dal dottor Conti e diretto da Mons. P. Caramello nei locali di Corso Brin. Onora, così, un'indicazione precisa di Fr. Teodoreto che aveva sempre incitato i membri del suo Istituto ad approfondire lo studio delle materie religiose. Nel '62, organizza a sua volta un corso per i Catechisti consistente nella lettura del Vangelo ( venerdì sera ) e negli incontri di catechesi ( sabato ). La sua vocazione, però, lo spinge con sempre maggiore intensità alla formazione giovanile. Ogni domenica la sua agenda è interamente occupata dall'animazione dell'oratorio di San Giuseppe Cafasso di corso Grosseto, dove insieme ai "suoi" ragazzi partecipa alla messa e trascorre l'intera giornata. Le sue aspirazioni trovano nuove conferme nel 1966, quando l'Assemblea generale dell'Unione Catechisti approva l'istituzione della cosiddetta "sezione giovanile" e, grazie alla collaborazione di Fratel Gustavo F.S.C, promulga una serie di appositi regolamenti applicati in tutte le sedi, nazionali ed estere, dell'Istituto. Si spera, così, di creare un ambiente favorevole alla selezione di nuovi Catechisti che si consacrino a Dio con i voti. In tale contesto, nel 1969, viene fondata a Torino la "Sede Fra Leopoldo" che comprende quattro sezioni e persegue due scopi fondamentali: la formazione dei nuovi Catechisti e l'animazione dei gruppi giovanili. In linea con la spiritualità di Fra Leopoldo, gli iscritti più giovani vengono chiamati "Amici di Gesù Crocifisso". La responsabilità dei gruppi è così distribuita: il Catechista consacrato Leandro Pierbattisti dirige le sezioni relative alle parrocchie della Sacra Famiglia ( che tra il 1969 ed il 1975 raccoglie molti giovani ) e di San Vincenzo de Paoli; il Catechista associato Elso Massalin, uno dei "pupilli" di Brusa, e il Catechista Roggero guidano la sezione di Santa Pelagia - dal nome della scuola media dei Fratelli delle Scuole Cristiane - la cui direzione spirituale è affidata a Fratel Luigi Aprato ( tra il 1970-1972 gli incontri si svolgono nei locali della Chiesa di Santa Croce ); infine Claudio Brusa, oltre ad assumere la responsabilità generale della "Sede Fra Leopoldo", gestisce la sezione "Casa di Carità". Col tempo il progetto andrà via via sfumando. Ciò nonostante, l'impegno prodigato da Brusa in questa direzione risulta davvero notevole, lasciandoci una testimonianza di dedizione alle nuove promesse dell'Unione che trova pochi riscontri nella storia dell'Istituto. Nei suoi incontri di catechesi si sforza di stabilire una continuità tra i valori impartiti a scuola e quel mondo del lavoro che i forti condizionamenti ideologici rendono spesso sospettoso se non ostile nei confronti delle proposte cattoliche. "Brusa, ai suoi ragazzi, voleva insegnare a vivere nel mondo del lavoro. Al sabato ci faceva un po' ' di catechesi. La domenica mattina ci portava al Cafasso di corso Grosseto ad animare l'oratorio. Lì trascorrevamo l'intera giornata. La catechesi era sempre vista nell'ottica dell'ambiente di lavoro: il controllo del linguaggio e del comportamento era un segno di coerenza cristiana, il lavoratore cattolico doveva testimoniare Cristo di fronte ai colleghi " ( Mario Buo ) Chi l'ha conosciuto ricorda il modo rigoroso, quasi austero, di vivere la sua vocazione di laico consacrato: il suo primo cruccio era quello di non apparire in distonia col modello proposto, a costo di "irrigidirsi" su posizioni considerate poco aggiornate. Ma, più ancora della coerenza dottrinaria, era la lealtà dei rapporti personali che ai suoi occhi assumeva un valore essenziale, degno di essere difeso ad oltranza, specie davanti ai giovani. Agli incontri diretti da Brusa, e da lui organizzati in ogni minimo dettaglio, prendono parte il Catechista Giovanni Fonti e alcuni insegnanti esterni. Il futuro dell'Unione è sempre in cima alle preoccupazioni del professore che, a livello giovanile, si sforza di applicare quel "pensare in grande" caldeggiato con vigore da Tessitore, specie dopo il celebre viaggio in Perù del 1963, durante i consessi nazionali e internazionali della famiglia lasalliana. Brusa non attende passivamente gli "input" dei Fratelli o l'assenso unanime di tutti i Catechisti ( ogni novità incontra sempre delle resistenze ), ma, indirizzato e sostenuto dal Dott. Conti, cerca di creare un ambiente interno all'Unione in grado di far crescere, in modo autonomo e indipendente, le vocazioni dei futuri Catechisti. I campi estivi Anche la dimensione ricreativa entra a far parte di questo grande disegno volto a rinnovare le fila dell'Unione. A Gressoney l'Istituto affitta la "casa bianca" del barone Pecoz e Brusa vi organizza i campi estivi, nel corso dei quali molti ragazzi hanno modo di conoscere più da vicino l'ideale cristiano proposto da Fr. Teodoreto. Qui il Catechista comincia a dar vita a tutta una serie di attività ricreative tese a conciliare l'utile al dilettevole, il divertimento e la formazione morale. È evidente l'influenza dell'esperienza salesiana e dei boy scout, ma l'atmosfera di fondo è un po' diversa. L'indirizzo impresso all'opera è spiccatamente spirituale e mira essenzialmente ad infondere uno spirito di fraternità profondamente cristiano. Come accennato i campi estivi saranno organizzati a Valprato Soana, Ronco Canavese, Chatillon, Gressoney S. Jean, Fiery, Bijoux. Qui, come sempre, Brusa pone al centro dell'attenzione il Crocifisso, ma non teme il confronto con l'irruenza dei ragazzi. Spesso, anzi, si propone in esibizioni piuttosto temerarie: salta sul parapetto di un ponte a Ronco facendosi seguire dai ragazzi, oppure, forte di un corso di guida sicura frequentato anni addietro, si lancia in gare di velocità al volante della sua seicento. Al di là dell'imprudenza un po' malsana di tali prodezze, resta encomiabile l'intenzione di "rompere il ghiaccio" coi nuovi arrivati, rovesciando l'opinione, ampiamente diffusa tra i giovani, secondo la quale chi compie determinate scelte di vita sarebbe per forza un barboso bigotto. Le sue esibizioni spazzano via molti pregiudizi e sicuramente facilitano i rapporti con ragazzi che, ad una certa età, assorbono più cose immaginando di vivere le avventure di Salgari o Dumas, che non seguendo piatte e monotone conferenze sulla crisi delle vocazioni. Questo approccio "avventuroso" al mondo giovanile ( che per certi versi richiama alla mente la figura di Pier Giorgio Frassati ) trova la sua espressione più caratteristica nelle escursioni sulle Alpi dove già si intravede il passaggio dalla dimensione dell'avventura spicciola a quella grande metafora della vita che è l'ascesa in vetta. Peraltro, una delle attività formative e/o ricreative preferite da Brusa, deriva dalle sue esperienze di vita militare, alla cui memoria, come ogni Alpino che si rispetti, era legatissimo. Stiamo parlando della "caccia al tesoro" a squadre, regolata sui messaggi in codice. Nei documenti lasciati dal Catechista spicca, in modo sintomatico, una fotocopia nella quale l'immagine di Maria Santissima è accostata ai segnali del "telegrafo a braccia", lo stesso che la Marina Militare utilizza per le comunicazioni a vista. Ma come funziona questo strano "gioco"? In pratica il soldato segnalatore tiene una bandierina per mano e da una posizione dominante comunica a distanza con le altre unità, disponendo le braccia in modo tale che ad ogni "figura" corrisponda una lettera dell'alfabeto. La corretta interpretazione dei messaggi consente di scovare il tesoro. È un "gioco" tutt'altro che dispersivo e frivolo, che ben illustra la mentalità di Brusa. Le tabelle che corredano l'alfabeto, curate con certosino puntiglio dallo stesso Catechista, enunciano in modo chiaro e rigoroso Le modalità tecniche della trasmissione. La cosa curiosa è che questo fascicolo, in tutto simile ad un piccolo manuale da campo, sostituisce il tradizionale elenco delle sigle militari con quello delle abbreviazioni bibliche. "La Sacra Scrittura è composta da 73 libri … Ogni libro è distinto con un nome ecc. ". Invitando i ragazzi a codificare i versetti della Bibbia, il giovane Catechista intendeva rileggere i sacri testi col metodo dei "giovani esploratori", se così possiamo dire. Difatti, nelle tabelle non mancano riferimenti alle teorie dell'orientamento ( carte topografiche, nord geografico ) che si rifanno esplicitamente ad un libro dal titolo eloquente: "Scoutismo per ragazzi". Più che l'idea in sé, colpisce il complesso lavoro di preparazione che sta dietro questo esperimento. Qui l' "educatore" non improvvisa nulla, ma, senza esservi obbligato, si produce in un tale sforzo organizzativo, da rendere necessaria una riflessione. Chi glielo faceva fare? Sicuramente nella mente di Brusa risuonava l'osservazione rivolta dai confratelli al Fondatore dell'Unione Catechisti, secondo la quale, in assenza di giochi e passatempi, i ragazzi non avrebbero mai accolto l'invito del Fratello. Tutte queste tabelle, schemi, codici e via dicendo, vera applicazione ricreativa delle "schede tecniche" illustrate a scuola, volevano essere una risposta, il più possibile coerente con "l'ideale cristiano", al problema suddetto. La "marcia in più" impressa da Brusa nel rapporto coi giovani, difatti, non cambia di uno iota la linea del Fondatore come emerge chiaramente dalle testimonianze del salesiano Don Franci: "Brusa aveva una marcia in più coi ragazzi. Vedeva la catechesi sia in parrocchia che altrove come una testimonianza verso gli altri, all'esterno, e come cementificazione del gruppo. … C'è stata una comunicazione di valori. Tarulli ( responsabile scout e docente presso la Casa di Carità, ndr. ) aveva proposto un gruppo di formazione misto, da svolgere con gli scouts, maschi e femmine, ma Brusa ha rifiutato: era una questione di coerenza ". Siamo in presenza della celebre catechesi d'ambiente, ma anche di una ferrea adesione al carisma vero del Fondatore: rialzare la Croce in mezzo al mondo, senza farsi contaminare dalla mentalità del secolo. I giochi nel loro insieme sono impostati entro i limiti del "buon senso" cristiano, in quanto evitando di concentrarsi sull'aspetto competitivo, mirano per lo più a infondere quello spirito di cooperazione che in ogni ambiente sociale è garanzia di concordia e laboriosità: "Nella caccia al tesoro faceva attenzione che una squadra non primeggiasse sull'altra. Alla fine la vittoria di una veniva raggiunta con l'aiuto dell'altra. Si trattava di trovare frasi della Bibbia che le squadre si impegnavano poi a confrontare. Alla fine, insieme, dovevano comporre un messaggio. Brusa sfruttava con profitto la sua intensa esperienza militare. Comunicazione con le bandiere, alfabeto e linguaggi cifrati " ( Leonardo Pierbattisti ) La metafora del tesoro applicata alla Sacra Scrittura ha alle spalle un'antica tradizione. Nel Medioevo, i popoli cristiani più esposti alle scorrerie dei barbari ( si pensi agli Armeni ), avevano sviluppato una forte devozione per i sacri testi, i quali istoriati, decorati e protetti da preziose custodie ricoperte d'oro e gemme assumevano l'aspetto di veri e propri tesori. Gli invasori al loro passaggio distruggevano ogni cosa, tranne il Libro gelosamente nascosto in luoghi inaccessibili. Qualcosa di simile avveniva tra gli Ebrei perseguitati, quando nascondevano i rotoli di pergamena. La riscoperta del tesoro ha quindi un alto valore simbolico, rappresenta il ritornmo alle radici dell'identità religiosa. Questo tipo di approccio alla spiritualità non riguardava solo il quadro generale della Bibbia, ma si estendeva anche agli scritti di Fr. Teodoreto e al Diario di Fra Leopoldo che, come è noto, contiene il "messaggio" di Gesù specificatamente rivolto alla buona volontà dei Catechisti. Gli studi su questi testi verranno ripresi da Brusa dopo l'incidente del'68 a testimoniare la continuità di una linea di pensiero, per nulla intaccata, ma anzi confermata, dalle tragedie della vita. Le frasi selezionate da Brusa per il "gioco" dei ragazzi non sono addolcite in chiave infantile e fanno addirittura riferimento agli esercizi sublimi della mistica, come la contemplazione del Crocifisso: "Dobbiamo contemplare ogni giorno il Crocifisso … Voi siete del Crocifisso e il Crocifisso è vostro " ( Fr. Teodoreto ). In questa dimensione vanno inserite anche le escursioni in montagna che bene simboleggiavano lo sforzo di elevazione spirituale in cui consisteva la missione autentica di Brusa. Del resto lungo tutta la Bibbia l'avvicinamento alla Verità e alla contemplazione spesso avviene sullo sfondo di "montagne sacre", pensiamo al monte Sinai, al monte Carmelo, all'Ararat: "Non perdeva occasione per inculcare in questi giovani l'amore per la montagna, simbolo di ascesi e crescita spirituale, insegnando loro le tecniche più adatte per affrontare le varie difficoltà. … Durante i soggiorni in montagna non mancavano i classici canti alpini che sapeva intonare molto bene e di cui conosceva un vasto repertorio, sia in italiano che in dialetto " ( Leonardo Rollino ) In genere, queste attività esigevano una certa dose di fatica, sacrificio e sopportazione quasi che il Catechista, indirettamente, volesse far capire ai suoi giovani che le cose migliori hanno un prezzo. "Indimenticabili le gite notturne, che faceva in ogni soggiorno dove i giovani svegliati nel cuore della notte, assonnati e infreddoliti, con una coperta in spalla, armati di torce elettriche, lo seguivano fino a raggiungere la vetta prescelta e di lì a contemplare il sorgere del sole come un premio, portandone con sé il ricordo per tutta la vita. Un 'autentica catechesi al cospetto del Creatore e del Creato " ( Leonardo Rollino ) Già Tessitore, come emerge dalle testimonianze lasciate dai nipoti, in più momenti mostrava interesse per un approccio alla fede che sapesse includere senza soluzione di continuità amore per la natura e preghiera, curiosità per la varietà del Creato e meditazione. In fondo, la visione di un panorama alpino, di un'alba ad alta quota, di un albero secolare non è un potentissimo richiamo alla potenza del Signore ( Gb 41 )? Siamo letteralmente immersi nel mondo materiale degli "oggetti grossolani", in cui l'orma del Creatore è sovente sostituita da un anonimo codice a barre. Tutto, dal cibo confezionato alle mura domestiche agli strumenti elettronici, è "profanato" dalla produzione di massa. Ritornare alla natura con l'occhio di Brusa significava uscire dal guscio artefatto della metropoli per ritrovare la vicinanza non solo spirituale, ma in un certo senso anche fisica, con la bellezza del Bene supremo. I campeggi estivi si concludevano alla presenza di tutti i Catechisti, i quali finalmente, dopo mesi di lavoro, potevano concedersi un momento di ristoro, indispensabile a "ricaricare" le batterie del buon umore. A queste "adunanze estive", se così possiamo chiamarle, interveniva pure Fr. Teodoreto la cui figura, discreta e incisiva allo stesso tempo, serviva a conferire il sigillo del carisma di fondazione ad ogni impegno di apostolato, perfino il più umile; del resto i membri dell'Unione approfittavano volentieri di occasioni così informali per sentirsi parte viva di una famiglia davvero unita e il Fondatore non poteva mancare. Nelle intenzioni di Brusa lo stesso clima andava ricreato negli incontri coi giovani che ritornando nella grande metropoli dovevano portarsi dietro il ricordo vivido di una "fraternità" davvero cristiana nei modi, nei gesti, nella mentalità. Imprimere ricordi positivi nelle menti ancora malleabili dei ragazzi è forse uno dei cardini della catechesi insegnata da Fr. Teodoreto: prendendo spunto dalle "parole di vita", Brusa si sforzava di lasciare negli animi l'orma di una "prassi" evangelica capace di migliorare il modo di affrontare il mondo e la vita. Claudio Brusa e la Casa di Carità Il futuro Vice-Direttore inizia la sua attività didattica come insegnante di disegno e istruttore di laboratorio nei corsi preserali del 1947-48. Riserva una grandissima attenzione al metodo d'insegnamento: la didattica, la pedagogia e la programmazione sono curate nei minimi particolari. Presto diventa un punto di riferimento per tutti i colleghi al punto che l'espressione "Ah, l'ha detto lui!" equivale ad una garanzia di qualità, quasi come l'antico "ipse dixit". Brusa, infatti, è considerato tra i maggiori fautori di quel profondo rinnovamento che. investe la Casa di Carità all'inizio degli anni'60. Per inquadrare meglio questo evento è necessario risalire al secondo dopoguerra. I progressi della Casa di Carità ( 1947-1963 ). Durante la progettazione della nuova sede di Corso Brin i Catechisti si interrogarono circa l'eventualità di organizzare solo corsi serali ovvero di estendere le ore di lezione ai corsi diurni. Diversamente, la scuola sarebbe rimasta inattiva per quasi tutto il giorno ( fino a quel momento, infatti, in via Feletto si erano svolti solo corsi serali e festivi ). Provvidenzialmente, proprio in quel periodo, tra il 1947 ed il 1948, la Michelin, che aveva individuato negli ex allievi della Casa di Carità delle figure professionali molto affidabili, propose ai Catechisti di Via Feletto di avviare dei corsi triennali diurni per la formazione dei figli dei dipendenti ai quali veniva offerto l'accesso alle qualifiche di meccanico ed elettromeccanico nei settori di manutenzione e attrezzatura ( era esclusa la produzione ). La cosa andò in porto: periodicamente la Casa di Carità inviava i dati sul rendimento degli allievi alla Michelin, mentre quest'ultima forniva ai Catechisti un patrimonio davvero notevole di esperienze e conoscenze. Si era creato, insomma, tra la nota ditta di pneumatici e la Casa di Carità un proficuo clima di collaborazione che avvantaggiava entrambi. I responsabili della fabbrica seguivano l'andamento delle cose con grande scrupolo: ogni due o tre mesi, infatti, un incaricato Michelin visitava i laboratori e provvedeva a controllare personalmente il livello d'apprendimento. Infine, venivano conferiti dei premi in denaro agli allievi più meritevoli. Nei primi tempi, i Catechisti non avendo alcun punto di riferimento si ispirarono ai corsi diurni tenuti dall'Istituto Arti e Mestieri dei F.S.C., adottando un modello didattico sostanzialmente affine a quello delle scuole per periti industriali. In seguito, però, l'appoggio prolungato e costante prestato dalla Michelin avrebbe condizionato la Casa di Carità in tre momenti chiave del suo sviluppo: nel 1963, con l'adozione del metodo simultaneo per gli apprendisti ( operazioni di base ), nel 1964 con l'estensione del metodo simultaneo alle qualifiche ( operazioni più complesse ), negli anni successivi con la graduale definizione del "ciclo di lavoro" ( esigenza tipica della qualifica ). Alla fine, insomma, la Casa di Carità, grazie soprattutto all'interessamento dei dirigenti Michelin, acquisì tutte le caratteristiche di una vera scuola professionale. Ma torniamo a Claudio Brusa. Terminato il servizio militare, riprende il suo posto alla Casa di Carità ma, essendosi iscritto al Liceo Artistico per conseguire il diploma di disegno, ottiene una riduzione temporanea dell'orario di lavoro. Intanto, però, forte dell'esperienza accumulata nel '47-'48 - quando, appena conclusi gli studi all'Istituto Arti e Mestieri e dopo aver lavorato presso la ditta Fonti, aveva prestato il suo primissimo anno di servizio presso la Casa di Carità - ha modo di scoprire le effettive esigenze didattiche dell'allievo-operaio e decide, per questo motivo, di sostenere attivamente l'impostazione più razionale derivata dalla Michelin. I primi manuali ispirati al metodo Carrar erano pervenuti alla Casa di Carità fin dal 1947. A partire dal 1949 Brusa ne ricava i lucidi dei disegni ( in copia eliografica ) e li distribuisce ai colleghi. Comprende molto bene l'impostazione del metodo e perciò ne diventa uno dei più qualificati promotori. Inoltre, nell'ambito di quello che verrà poi definito "ciclo di lavoro", il Catechista ha la felice idea di inserire uno schizzo a mano libera, indirizzato alla comprensione rapida di quelle forme e caratteristiche del manufatto che, fin dal 1947, aveva introdotto nelle sue lezioni di disegno. Brusa insegna, così, a ricavare dal disegno tecnico l'assonometria con le quote caratteristiche necessario per effettuare la lavorazione del pezzo in officina. Vengono tralasciati tutti quei fattori che, pur essendo indispensabili nella progettazione, risultano secondari se non fuorvianti per l'esecuzione. Durante le lezioni di disegno, disciplina nella quale era unanimemente considerato una mano "formidabile", Brusa fa ampio uso di materiale didattico elaborato personalmente; sono schede per esercitazioni di breve durata, modellini in legno, cartelloni ecc.. Questo materiale viene messo a disposizione dei colleghi ( Giovanni Fonti, Pizzomi, Davico, Pintonello ) che, a loro volta, contribuiscono al suo perfezionamento. Le modifiche apportate da Brusa ai vecchi programmi non sono velleità sperimentali, ma miglioramenti sostanziali attuati sempre in funzione degli interessi dell'allievo, anche a costo di smentire le tradizionali convinzioni dei maestri di disegno. Un altro settore nel quale le sue idee avanzate incidono profondamente è rappresentato dalle esercitazioni pratiche svolte in officina, dove Brusa anticipa, per molti aspetti, la grande svolta del '63 ( metodo simultaneo, "ciclo di lavoro", uniformità dei macchinari ). Entra così nell'ordine di idee della psicotecnica ( la disciplina che, unendo la psicologia alla programmazione tecnica, spezza e definisce ogni singola fase della lavorazione ) mettendo a punto una serie imponente di schede ( ancora oggi custodita dalla Casa di Carità ) in grado di riordinare organicamente tutta la didattica del laboratorio. Questo ripensamento complessivo dei metodi educativi affonda le sue radici nella grande tradizione della pedagogia lasalliana, ma viene di volta in volta sollecitato e perfezionato mediante i contributi provenienti dal mondo della professionalità tecnica. Riassumendo, possiamo dire che Brusa possiede, fin dall'inizio, un'idea chiara e distinta circa le funzioni che avrebbe dovuto svolgere la Casa di Carità, sotto il profilo sia morale che pedagogico-didattico, a favore dei giovani destinati a diventare operai qualificati. Egli ha pure l'indubbio merito di conservare intatta questa lucidità d'indirizzo nei momenti piuttosto difficili che caratterizzano il periodo caotico del secondo dopoguerra, quando, cioè, le defezioni di alcuni Catechisti e le perplessità avanzate, persino nei confronti dello stesso Brusa, da quelli rimasti, aumentano le incertezze sulle reali finalità della scuola. I suoi colleghi ricordano con grande ammirazione il patrimonio che, in termini di materiale didattico, ha lasciato loro in eredità e che è stato proficuamente utilizzato per molti anni dopo la sua morte. L'innato pragmatismo, infatti, lo spingeva a non subire passivamente la programmazione, ma a mettersi sempre dal punto di vista dei ragazzi che, ultimati gli studi, si sarebbero ritrovati di punto in bianco nel bei mezzo di una fabbrica. Per questo motivo non lasciava nulla al caso e all'improvvisazione: l'allievo della Casa di Carità, una volta giunto sul posto di lavoro, doveva essere nelle condizioni di sapere cosa fare, fin nei minimi particolari. Questa impostazione, le cui potenzialità erano state da lui individuate e promosse con tanto vigore, saltava agli occhi degli osservatori provenienti dal mondo del lavoro, tutta gente molto concreta e poco propensa agli elogi sperticati. Tra i ricordi dei colleghi spicca un episodio molto eloquente, al quale assistettero lo stesso Brusa e il dirigente di una ditta in cerca di manodopera qualificata. Era in corso una prova d'abilità che consisteva nell'esecuzione del cosiddetto "capolavoro", la lavorazione di un manufatto che precede l'assunzione in fabbrica. Il ragazzo della Casa di Carità si era piazzato subito al suo posto, posizionando gli strumenti secondo una precisa logica di lavoro, mentre gli altri apprendisti si guardavano intorno smarriti, non sapendo da che parte cominciare. Il primo approccio alla professione manifestava un divario, in termini di addestramento e cultura tecnica, fin troppo evidente. La chiarezza d'idee ed il senso pratico dimostrati dal giovane sorpresero piacevolmente perfino Brusa e fecero esclamare al dirigente: "I vostri giovani hanno qualcosa in più rispetto agli altri!" ( citato da Leonardo Rollino ) Questo giudizio, uno dei più lusinghieri al quale possa aspirare l'insegnante di una scuola professionale, ancora oggi è ricordato per qualificare lo "stile" formativo della Casa di Carità, che, in gran parte, deve la sua fortuna all'impegno profuso da Brusa. La sua presenza ha lasciato profonde tracce nella metodologia seguita dai colleghi che gli riconoscono un ruolo decisivo nella storia della scuola di Corso Brin: negli anni del cosiddetto boom economico egli era, infatti, un vero punto di riferimento per tutti gli altri docenti. "Come insegnante era metodico, aveva il culto della didattica, della pedagogia, della programmazione. Nella sua visione l'insegnante aveva un ruolo fondamentale nel processo educativo del ragazzo: dal suo punto di vista il lavoro didattico era un vero "servizio " e, in questo, era favorito da una capacità comunicativa molto apprezzata, in quanto era rispettoso, mai indiscreto e non metteva a disagio gli interlocutori. È vero come vice-direttore adottò il metodo autoritario, ma dopo l'incidente fu capace di leggere i segni dei tempi, riconoscendo più importanza all'autorevolezza che non all'autorità. In campo didattico adottava la tecnica del "brainstorming": voleva mettere i ragazzi nelle condizioni di cercare le parole chiave e i contenuti, ma favoriva anche l'interazione. Lui voleva che la religione fosse appresa e approfondita in modo critico non mnemonico. Doveva servire a produrre un cambiamento nel vissuto, valorizzare la personalità, avvicinare alla fede. Lui è stato anche uno dei fautori del metodo Carrar per quanto riguarda le metodologie d'insegnamento in officina. L'aveva approfondito e adattato alle nostre esigenze. A mio avviso è stato uno dei pionieri del cosiddetto "metodo simultaneo ": le conoscenze venivano apprese durante la lavorazione e sotto la stretta osservanza dell'istruttore. Se non ricordo male lui stesso ha contribuito all'addestramento degli istruttori. In collaborazione con i "coordinatori" ha redatto dei piccoli manuali per l'utilizzo dei principali attrezzi disponibili sul banco di lavorazione. Ha creduto molto nei metodi di controllo e misura per i meccanici e si impegnò per la messa a punto di un laboratorio metodologico a cui accedevano gli allievi del triennio per l'esercizio di misura" ( Bruno Girando ). Detto questo, non possiamo dimenticare che l'impianto educativo dal quale nascono le scelte del Catechista si è sempre articolato su un duplice fronte: da una parte la preparazione all'ingresso nel mondo del lavoro, dall'altra, mai disgiunta ma anzi intimamente connessa, la crescita morale e spirituale dell'uomo nuovo. Questo intreccio di motivazioni non era un ossequio scontato al carisma di Fr. Teodoreto, giusto per assecondare qualche scrupolo di coscienza, ma una convinzione molto radicata in Brusa: l'apprendimento, pratico o teorico che fosse, era solo il canale attraverso il quale infondere i valori della charitas cristiana. Potevano cambiare i modi, i mezzi, gli strumenti, non i contenuti di verità che era necessario privilegiare rispetto a qualsiasi altra esigenza professionale, pena il naufragio della Casa di Carità. Questa gerarchia di priorità era più volte ribadita nel Diario di Fra Leopoldo e Brusa, che per molti allievi della scuola rappresentava una figura di riferimento, se non addirittura un "secondo padre", avvertiva con lucidità pari a quella impiegata nella stesura del materiale didattico, che l'invito a "rialzare la Croce" in mezzo al mondo fondava e indirizzava ogni attività della Casa di Carità. Questa precisazione è indispensabile per inquadrare l'atteggiamento col quale il Catechista torinese affrontava la selezione dei docenti e le questioni disciplinari. Brusa diventa Vice-direttore della Casa di Carità a soli 33 anni: è giovane, ma ha già accumulato molte esperienze. Ha un'idea precisa sull'avvicendamento necessario all'interno della scuola: Brusa amava dire: "Per formare un istruttore ci vogliono sette-otto anni": si consideri il fatto che l'istruttore che iniziava l'addestramento era già, di suo, un ex allievo. Dopo un periodo di affiancamento ad un insegnante più anziano, seguiva l'affidamento delle prime classi. Gli stessi esercizi di base, concepiti per il periodo di addestramento, erano stati messi a punto da Brusa" ( Renato Ordazzo ) Come Vice-Direttore si occupa delle iscrizioni degli allievi, dei rapporti coi parenti e della disciplina dei corsi diurni, ma continua a restare per tutti gli insegnanti un punto di riferimento essenziale. In campo disciplinare è poco incline sia alla trattativa, che all'urlo intimidatorio preferendo i silenzi eloquenti e i gesti autorevoli che, senza eccessivo clamore, impressionano anche i ragazzi più irrequieti: riesce, perciò, a tenere in pugno la situazione con poche parole e molto rigore. Ovviamente, la rinuncia agli atteggiamenti da "amicone" o, all'opposto, da "aguzzino", non fanno che aumentare il prestigio e il rispetto di cui già gode presso i ragazzi, anche se l'impressione suscitata in quelli più timidi poteva essere di grande severità. "Il primo impatto con Brusa incuteva un "terrore " non indifferente. Bastava che passasse lungo i corridoi e si affacciasse ad un vetro. Se qualcuno disturbava si limitava a battere tre volte sul vetro e ad indicare il ragazzo: con quei segni invitava il ragazzo ad uscire fuori, diario alla mano, per ricevere una nota di demerito da far firmare ai genitori. Le classi dovevano uscire inquadrale e solo dopo il suo permesso si poteva uscire. Se una classe non era perfettamente in riga faceva ritorno in classe e ripeteva l'uscita " ( Buo Mario ) "Gli allievi, appena lo vedevano in corridoio attraverso i vetri dell'aula, stavano in completo silenzio, avevano una grande soggezione. Quelli che portava in Direzione era capace di farli aspettare anche 3,4 ore prima di effettuare il richiamo disciplinare'' ( Giovanni Tarulli ) C'è da considerare il lato pratico: queste lunghe "anticamere" sottraggono alle classi gli elementi più turbolenti permettendo ai docenti di concludere le lezioni nei tempi previsti e, inoltre, costituiscono un grave monito per il resto della scolaresca; ma c'è anche l'intenzione di creare le giuste condizioni di "ascolto" per un accurato esame di coscienza. Come si può intuire scorrendo le testimonianze che riguardano i tempi della Vice-Direzione, le "punizioni" comminate in quegli anni possono essere anche molto costruttive: invece di schiacciare il ragazzo ribelle col peso di un lavoro estenuante e ripetitivo ( come scrivere cento volte alla lavagna "io non devo …" e cose del genere ), Brusa spinge l'allievo a riflettere in silenzio sulla vanità di tanta irrequietezza e poi a prendere in considerazione una visione della vita più austera e responsabile. Se per gli antichi romani "la vita è cosa seria", per Brusa l'educazione alla vita consiste principalmente nell'aiutare i ragazzi a vincere le proprie debolezze. "Mi ricordo di un fatto accaduto a San Mauro Torinese, quando andavamo in ritiro a Villa Santa Croce. Io ero un allievo turbolento e il professar Brusa mi ha strigliato. Poi mi ha dato da leggere la "Vita di Padre Massimiliano Kolbe ". Un 'altra volta mi sono preso mezza giornata di sospensione perché fischiettavo per le scale. Lui ragionava così: "Hai sbagliato. Stai a casa e rifletti. Poi parliamo " ( Renato Ordazzo ). Questi metodi oggi sono decisamente fuori moda. Certo è che lo spreco di energie che ai giorni nostri viene impiegato per zittire le classi vocianti, un tempo era più proficuamente speso al servizio dell'insegnamento. Brusa era capace di unire al rigore disciplinare, condizionato certamente dalla sua esperienza militare, una grande umanità che traspariva soprattutto nelle attività collaterali gestite per conto dell'Unione Catechisti. Come confermato da molti testimoni, il tono rigido della sua conduzione scolastica si stemperava nei campi estivi o alla Sorgente, dove sapeva prendere per il verso giusto anche i ragazzi più difficili. L'umanità del Catechista emergeva anche in frangenti, diciamo così, più delicati. È noto che le crisi familiari minano sia il rendimento scolastico che la serenità dei ragazzi: ne derivano spesso quegli atteggiamenti ribelli e aggressivi che oggi tanto deliziano gli psicologi dell'età evolutiva. Nel suo piccolo, Brusa prestava molta attenzione a questi aspetti estremamente delicati dell'infanzia e dell'adolescenza. "Quando è mancato mio padre, i miei nonni decisero di sottrarmi a mia madre. Un giorno si presentarono alla scuola per prendermi e portarmi via: qui discussero col Direttore Pietro Fonti che, non vedendo di buon occhio la cosa, chiamò Brusa. Io dissi: "non vi preoccupate è solo mia nonna", ma, una volta a casa, la vicenda prese una brutta piega: mia madre voleva rivolgersi alla polizia. Saputo il fatto, Brusa, da quel giorno, prese l'impegno di accompagnarmi personalmente a casa. Ero uno fra mille, frequentavo il primo anno e quindi mi conosceva appena, eppure non esitò un attimo ad aiutarmi " ( un ex allievo ). Il primo anno, per diverso tempo, a causa di una pleurite, sono stato costretto a saltare la scuola: ebbene Brusa mi portava in macchina a fare le visite mediche. Ma c'era un altro compagno con problemi polmonari peggiori dei miei e che rimase confinato in casa più a lungo: Brusa gli portava a casa i compiti e lo affiancò a me e ad un altro ragazzo. Del resto tutto lo stipendio di Brusa, a parte le spese per il mantenimento della madre, veniva completamente speso per la formazione dei ragazzi" ( Luca Pacella ). I ragazzi, aldilà della posa austera ( si diceva che incedesse con un passo molto "autorevole" ), notano in lui un'attenzione maggiore alla psicologia degli allievi. Innanzitutto Brusa prende sul serio le loro parole, li tratta da persone mature e responsabili, senza scadere in quelle forme di velato disprezzo che una cattiva concezione dell'autorità certe volte promuove. Inoltre, dedica una cura speciale a seguire la crescita dei ragazzi, verificandone punti di forza e debolezze, quasi volesse leggerne i pensieri e le reali preoccupazioni. Questo approccio "psicologico" funziona molto bene con gli adolescenti, sui quali il Catechista esercita un vero e proprio carisma, ma coi ragazzi più maturi la sua introspezione incontra maggiori difficoltà. "Per aiutarti, ti studiava molto: l'ho sorpreso molte volte a guardarmi e a studiarmi. Nei momenti di crisi avevo qualcuno su cui fare affidamento " ( Antonio Barello ) La sensibilità ai segnali di "crisi" e/o di "crescita" che provengono dai ragazzi, talvolta non è sufficiente a sgretolare il muro di diffidenza che separa insegnanti e allievi. Così, Brusa, adottando uno stratagemma che ricorda il funambolismo del giovane Don Bosco, si produce in qualche dimostrazione "pratica" di sicurezza e autocontrollo, nell'intento evidente di ottenere quella forma un po' ingenua di ammirazione e rispetto che gli adolescenti nutrono verso le persone dotate di "coraggio fisico". La celebre esibizione del salto a piedi uniti che, anche in presenza di ospiti illustri, era solito compiere sul parapetto del davanzale, al terzo piano della Casa di Carità - versione metropolitana di quello effettuato sulle barriere dei ponti alpini - è un'acrobazia che rimane nella memoria di molti come una prova di sana "follia" nel grigiore della città: e forse è così che va ricordata. Anche nelle cose più discutibili, tutto si poteva dire di Brusa, tranne che fosse un tipo mediocre, sbiadito, privo di temperamento. In genere le persone puntigliose sono anche noiose e prevedibili. Invece, la curiosa miscela di arditezza "sportiva" e amore per la precisione che animava il Catechista sembrava fatta apposta per smentire questi luoghi comuni. Se le prodezze atletiche potevano servire a risvegliare una minima scintilla di simpatia nei ragazzi più ostili, la meticolosità che, durante le gite scolastiche, caratterizzava la sua attività di organizzatore e cicerone, mirava, sempre e comunque, a suscitare il medesimo livello d'attenzione su due aspetti chiave della Casa di Carità: le radici cristiane della scuola e il contatto diretto col mondo dell'industria. "In occasione del pellegrinaggio a San Tommaso, passava di classe in classe col suo materiale per spiegare tutti gli aspetti della visita, dalla cosa più piccola a quella più grande. Affrontava ogni problema con grande metodo. Nel corso dell'abituale visita agli stabilimenti metallurgici di Gogne, guidava le prime classi a visitare tutto il complesso, dall'alto forno ai laminati: Brusa organizzava le cose in modo che i ragazzi ricavassero una conoscenza diretta di una realtà produttiva. " ( Prof. Girando ) Dopo l'incidente e la lunga convalescenza, il suo rapporto con la scuola si complica. È passato il vento della contestazione e molte cose un tempo date per scontate, come il principio d'autorità e il timor di Dio, ora vengono criticate se non apertamente ridicolizzate. Si discute su tutto e talvolta si conclude poco. Sospesi tra i rischi opposti di irrigidirsi in maniera sclerotica o cedere agli eccessi del permissivismo, molti insegnanti entrano in crisi d'identità. Quando Ordazzo, un suo ex allievo, ora docente, gli chiede consiglio in merito al rapporto con le nuova generazioni, Brusa, con una nota di sconforto davvero insolita per il suo carattere ferreo, ammette: "I tempi sono cambiati. Anch'io incontro molte difficoltà". Tra i Catechisti, però, nonostante i dispiaceri che la rivoluzione dei costumi gli procura, continua ad essere il più sensibile alle esigenze dei giovani. "Quando ha ripreso l'attività ha attraversato un periodo davvero travagliato. Soffriva molto, ma ha ricominciato a lavorare. Io lo affiancavo, così da divenire il suo collaboratore di fiducia. La precisione con cui aveva catalogato schede e documenti di vario genere mi aveva impressionato. Conservava un curriculum dettagliatissimo su ogni singolo allievo " ( Luigi Verrua ) Il trauma è duplice: fisico e morale. Brusa sa di non essere più "l'alpino" tutto d'un pezzo di qualche anno prima, ma è pure convinto che il "Catechista del Crocifisso" debba dar prova di coraggio morale proprio in simili frangenti. Non è più tempo di acrobazie, la prestanza fisica è un ricordo lontano che contrasta dolorosamente con la condizione presente. Ora si muove a stento e per salire ai piani superiori, in assenza di ascensori, deve ricorrere all'aiuto di almeno due persone che si prestino a portarlo di peso, su una sedia, lungo le scale. Col giudizio del mondo potremmo dire: "che beffa atroce!", ma Gesù non ragiona secondo gli uomini. L'ultima scalata alla vetta, quella della santità, dura quasi tre lustri. Quattordici anni di sofferenze consacrati alle nuove vocazioni. Questo sacrificio, per chi legge le cose con gli occhi della Croce, è uno dei più grandi tesori che l'Unione Catechisti possa vantare. La prova della sofferenza È il 1968, Brusa è al culmine dell'attività professionale e d'apostolato. La sua settimana lavorativa è piena come un uovo, ogni minuto del suo tempo libero è sistematicamente dedicato alla causa dell'Unione, la stanchezza comincia a far sentire il suo peso. In questo periodo, come emergerà anche dalle lettere inviate a E. M., si profila all'interno dell'Unione Catechisti una nuova figura di militante: il Catechista Sacerdote. Al di là dell'opportunità o meno di una simile presenza, ciò che importa notare è il fatto che Brusa, intravisto un nuovo terreno di vocazioni se ne fa subito carico, senza risparmiarsi. Dall'Unione Catechisti di Spagna giungono in Piemonte le prime due giovani promesse di questo ramo associativo "sperimentale": sono Felix Garcia e Juan Alberto Garcia Castillo i quali, oltre a studiare presso il seminario di Torino, frequentano con una certa assiduità la Sede di Corso Brin. In questa situazione di familiarità Brusa è il "factotum" che supporta, a nome dell'Unione di Torino, l'accoglienza e l'accompagnamento dei due seminaristi e, in questa veste, grazie all'esperienza di "cicerone" maturata durante le gite scolastiche, si occupa anche di guidare i due ospiti in giro per la città, così da rallegrare un poco la loro lunga permanenza in terra straniera. Il 10 febbraio 1968, terminata un'intensa settimana di lavoro, Brusa, accompagnato dall'allievo Paolo Angius, propone agli spagnoli una gita in macchina fino a Porte Pinerolo. I ragazzi accettano volentieri e la cosa viene organizzata per il dopocena. Giunti a Porte, approfittando del plenilunio che illumina la serata, i quattro proseguono a piedi fino al ponte sul Chisone, situato nelle vicinanze. Brusa conosce molto bene le bellezze naturali della zona avendo trascorso da quelle parti il periodo di naja; all'atmosfera chiusa e ovattata dei teatri e dei cinema, preferisce, da buon sportivo, una passeggiata panoramica fuori città, anche se, purtroppo per lui, lo spettacolo che offre il Chisone sotto i riflessi argentei della luna sarà solo il preludio di una tragedia. La serata sembra scorrere lieta e serena, ma, sulla via del ritorno, a pochi metri dal parcheggio, il destino di Brusa cambia per sempre. I tre ospiti hanno appena attraversato la strada statale, quando un'auto sbuca improvvisamente da una curva e travolge il povero Claudio. "Chi era con lui mi ha raccontato questa versione: era sera, i ragazzi spagnoli avevano già attraversato la statale. Dopo averli seguiti con la coda dell'occhio, restando aldiquà della strada, Brusa aveva fatto il primo passo verso il centro della carreggiata. Ma qualcosa forse l'aveva distratto. A quel punto, senza che se ne rendesse conto, è sbucata una macchina dal buio e l'ha investito in pieno. Io l'ho vista quella zona: la curva cieca è stata modificata, ma ancora oggi è molto pericolosa " ( Luca Pacella ). Forse la spossatezza e lo stress da lavoro accumulati in quei giorni hanno appannato i suoi riflessi, forse la penombra della sera gli impedisce di scorgere la vettura, comunque sia l'impatto è devastante. Il paraurti dell'auto gli frantuma letteralmente le gambe, al di sotto del ginocchio. I soccorsi, favoriti dall'intervento di un garagista del posto, giungono tempestivamente ed il Catechista viene ricoverato presso l'Ospedale Agnelli di Pinerolo: le sue condizioni sono gravissime. Nonostante l'ottimo livello del reparto ortopedico, che si occupa dei traumatizzati della vicina stazione sciistica di Sestriere, vengono mobilitati alcuni specialisti residenti a Torino. Nel frattempo Pietro Fonti, il primo ad accorrere sul posto, fa ancora in tempo a vedere il povero Brusa disteso sul lettino, semi-incosciente, coperto da un lenzuolo macchiato di sangue. Finalmente inizia l'intervento: le ore passano e i medici stremati dalla fatica, a causa del grande sforzo ( anche manuale ) richiesto dall'operazione, a turno entrano ed escono dalla sala operatoria. L'innesto delle protesi li costringe ad un enorme dispendio di energie e di sudore: durante le pause hanno solo il tempo di cambiarsi, bere un caffè e riposare qualche minuto. I testimoni ricordano ancora oggi con sgomento i suoni metallici che provenivano dalla sala operatoria e i volti increduli dei poveri seminaristi, letteralmente stravolti dallo choc. Durante le sei ore dell'intervento, i chirurghi, a forza di chiodi e placche di metallo, ricostruiscono letteralmente pezzo per pezzo le ossa lesionate. La tibia ed il piede sinistri sono, però, ridotti in un tale stato che, ad un certo punto, quando le ferite e l'emorragia sembrano compromettere le funzioni vitali, viene perfino proposta l'amputazione dell'arto, ma una nuova complicazione rimanda la decisione. Quindi Brusa viene trasferito nella camera di rianimazione e, qui, al suo risveglio, rivede il fratello Alfio e la nuora che, in preda all'angoscia, hanno vegliato per ore in attesa di notizie. "Cercava in tutti i modi di sdrammatizzare la gravita dell'incidente. Perciò, dopo il risveglio, quando mi ha visto, con quel tono un po' euforico procurato dagli antidolorifici, ha esclamato: "hai visto che cosa mi è successo? ". I medici ci avevano ordinato di non farlo parlare, ma lui voleva in ogni modo rassicurarci. ( Signora Bruna Brusa ). Il giorno seguente, prima di cedere alla stanchezza, Brusa, che anche in quei terribili momenti mantiene la massima lucidità, ha modo di parlare col Presidente Domenico Conti che lo invita a offrire al Signore le sue sofferenze per la buona riuscita del gruppo giovanile. "È la prima cosa che ho fatto", risponde senza esitazione. Dopo la somministrazione dei calmanti, per 19 lunghi giorni, Brusa cade in uno stato di profonda incoscienza, molto simile ad un coma artificiale. I medici, infatti, sottopongono il paziente ad una forte dose di sedativi per consentirgli di superare la fase critica post-operatoria. La ripresa sarà lunga e tormentata. La solida tempra del suo fisico che gli permette di superare il trauma, non gli allieva certo le sofferenze, anzi, il dolore è sovente il sintomo della terribile lotta intrapresa dal suo organismo contro la degenerazione dei tessuti. D'ora in poi, le fitte provocate dai problemi circolatori lo accompagneranno per tutta la vita. Il ricovero a Pinerolo si protrae dal febbraio al settembre '68; segue un periodo di convalescenza presso un istituto di suore situato in riva al Lago Maggiore ed un altro di riabilitazione all'Ospedale Rizzoli di Bologna, specializzato in ricostruzioni ortopediche e fisioterapia. Qui i medici riconoscono la qualità del lavoro fatto in Piemonte: "è un capolavoro" dicono ai familiari, dopo aver esaminato le radiografie. In effetti, Brusa aveva subito la ricostruzione delle articolazioni di piede, anca e ginocchio, nonché l'asportazione del tallone sinistro sostituito, proprio a Bologna, da una protesi metallica: tuttavia, anche dopo le cure prestate dagli specialisti del Rizzoli, camminare in quelle condizioni continuava ad essere un vero calvario. La lunga e penosa immobilità, per un uomo che brillava proprio in virtù del formidabile ritmo di lavoro, costituisce una prova tremenda, quella che gli antichi attribuivano alla "mano di Dio". Ma in ospedale, come tanti santi che proprio nella malattia sperimentarono in prima persona il mistero della Croce, Brusa ha modo di riflettere sul senso della sua missione. Quando i ragazzi vanno a trovarlo cerca di trasmettere un'immagine coerente con l'insegnamento impartito a scuola, sforzandosi di far apprezzare il senso recondito e provvidenziale del ricovero: "Se non avessi avuto l'incidente, un sacco di cose le avrei fatte io, mentre ora sono costretto a farle fare a voi" Il primo ricovero durerà ben otto mesi ( febbraio-settembre 1968 ), poi comincerà la convalescenza che alternando ritorni a casa e nuove visite di controllo lo terrà lontano per circa due anni dalla Casa di Carità. Dopo il rientro, Borghi ed alcuni dei giovani che lo seguono più da vicino, consci come sono della prostrazione psicologica che una convalescenza così prolungata può causare, lo convincono a farsi accompagnare alla Sorgente. Qui lo accudiscono in tutti i modi arrivando a sfilargli le scarpe per il pediluvio, ma la parte lesionata ormai è ipersensibile, il più minimo tocco viene amplificato in maniera impressionante: una ciliegia cadendo sul piede può avere lo stesso effetto di un mattone. "Non ha mai voluto esternare le sue sofferenze, si confidava solo con i più intimi. Ad un giudizio esterno non dava affatto l'impressione di soffrire eppure ha patito molto. Ma lui ci diceva sempre: "Ciò che Dio toglie da una parte, lo aggiunge dall'altra" ( Luca Pacella ) In questo senso il suo dolore è un investimento "mistico" che avrebbe dovuto portare frutto proprio nel cuore dell'Unione. La gravita del male è esasperata dall'insistenza con la quale lo tormenta: sedendo con lui a tavola i commensali lo vedono talvolta irrigidirsi, come colpito a tradimento da improvvise fitte che letteralmente gli tolgono il respiro, stampando sul suo volto smorfie di dolore che invano cerca di dissimulare. Finita la crisi lui sorride, quasi a voler tranquillizzare i presenti: "Non è niente - dice - è passato, non fateci caso" ( Leonardo Rollino ). Ha, inoltre, enormi problemi di mobilità: per salire le scale della casa di Via le Chiuse è costretto a farsi portare a braccia. Di qui la decisione di trasferirsi in via Campiglia, dove l'ascensore rende tutto più facile; nello stesso stabile, nel quale era stato allestito una specie di convitto per i Catechisti soli e/o anziani, abita anche Leonardo Rollino che, d'ora in poi, alla sera, si ritroverà sovente a cenare con lui. Sono in molti a stargli vicino: Antonio Barello più volte lo accompagna in macchina presso una clinica di corso Matteotti, nel frattempo i medici lo convincono ad iniziare un periodo di recupero psico-fisico sotto la guida del dott. Dezzani. Fece un grande lavoro su se stesso. Domenico Dezzani e Franco Boschi lo aiutarono molto a riacquistare fiducia nelle proprie forze" ( Marino Renda ) A giudizio di molti l'incontro tra il medico ed il Catechista risulta decisivo per entrambi. Dezzani confrontandosi giorno dopo giorno col suo nuovo paziente ha modo di completare un difficile percorso di conversione, mentre Brusa, familiarizzando col dottore scopre, dopo anni di lavoro dedicati al prossimo, una persona che finalmente si interessa al suo personale benessere, cosa nuova e del tutto inaspettata per un uomo educato fin da piccolo alla scuola del sacrificio: l'amicizia e le attenzioni di Dezzani, evidentemente, gli restituiscono una grande carica vitale. Il medico, dal canto suo, prenderà a frequentare con una certa regolarità l'Unione Catechisti. La vicinanza di Brusa gli ha indubbiamente "impressionato il cuore", per usare un'espressione cara a Fr. Teodoreto. "Dopo il loro incontro, Dezzani si è accostato all'Unione Catechisti mettendo a disposizione la sua esperienza di medico-chirurgo e una notevole conoscenza della psiche umana affinata in anni di lavoro e di studio " ( Luca Pacella ) Brusa, a poco a poco, riprende le forze e, come si evince anche dalle lettere inviate agli ex allievi reagisce quasi con spavalderia al tragico incidente. Col suo umorismo un po' grottesco ironizza sull'enorme quantità di ferro che si porta dietro quasi fosse un negozio di ferramenta, oppure sul fatto di essersi trasformato in una specie di barometro vivente, visto che le sue ossa cominciano a dolere con ore di anticipo rispetto ai cambiamenti atmosferici. La vita gli sorride di nuovo o almeno questa è l'impressione che si fanno i suoi amici, specie quando lo vedono in compagnia del fratello Alfio. Nonostante la trafila estenuante delle terapie mediche, testardamente Brusa trova il tempo per riottenere la patente, anche se le gare di velocità sono ormai un ricordo lontano. Il suo cruccio principale è dato dall'articolazione del piede sinistro che continua a tormentarlo senza sosta. Purtroppo, la convivenza forzata con grandi forme di afflizione è una condizione comune ai santi di tutti i tempi ( come non pensare al glaucoma di San Francesco? ): questo mezzo di santificazione, per quanto dissimulato, non sfugge all'attenzione delle persone più sensibili e, in prospettiva, assume il valore di un grave ammonimento a quanti pensano di conoscere Cristo senza sperimentare la Croce: "Secondo me ha sofferto molto. Penso che abbia pregato parecchio per chiedere conforto. Si è guadagnato la santità in quel periodo " ( Bruno Girando ). Nel frattempo a dolore si aggiunge dolore: proprio nel momento più delicato della convalescenza, quando l'affetto dei familiari diventa essenziale al superamento della depressione che inevitabilmente colpisce i neo-invalidi, ecco che un nuovo colpo si abbatte sul Catechista: "Nel settembre scorso, mentre ero a Bologna per uno dei tanti miei ricoveri in ospedale, è morto il mio papa: sono ritornato a casa e non c'era più. Queste esperienze tanto dolorose devono aiutarci a cercare e a scoprire ciò che veramente vale … non siamo fatti per restare sempre quaggiù ma per conquistarci quella vita vera dove ogni nostra aspirazione di piena felicità sarà appagata" ( Torino, 16.04.1970, Brusa a Bruno Vacchieri ). Diciamo pure che quel "sono tornato a casa e non c'era più" ha il tono burocratico e disumano di un anonimo referto, ma tale freddezza non deve trarre in inganno. Brusa, grazie all'illuminazione che ottiene dalla "prevenzione" di Cristo, riesce a giudicare la sua situazione col distacco e la prospettiva ultraterrena degli anacoreti. Nei mesi che seguono la stesura della lettera a Vacchieri, incomincia a elaborare i ricordi e, ripensando ai primi giorni del ricovero, sottolinea un aspetto molto importante della sua degenza: la solitudine. Era solo come poteva esserlo Fra Leopoldo nel chiuso della sua cella. "La primavera e l'estate del 1968 l'ho trascorsa in un letto dell'ospedale di Pinerolo. Il mese di giugno l'ho passato con due polmoniti che mi hanno costretto all'immobilità per tutto il mese. Sul materasso dovevano tenermi un foglio di gomma a causa delle ferite ancora aperte nelle gambe. Nella camera con finestre chiuse per evitare correnti d'aria, ero solo. " ( La Sorgente, 08.08.1970, Brusa a Cesare Ruggeri di Settimo Torinese ) Quella solitudine, segnata dalla macerazione del dolore, lo introduce ad un lungo percorso spirituale. Ecco cosa scrive nel giugno del 1970, ripensando al momento in cui aveva realizzato che il ricovero nell'Ospedale di Pinerolo non segnava il culmine, ma l'inizio della sua ascesi: "Nella mia prova, durante la degenza in ospedale, mi pareva che ormai i miei problemi di donazione a Gesù fossero definitivamente risolti, ma ben presto mi sono dovuto ricredere, il combattimento spirituale è ricominciato e tutti i giorni devo ricominciare come se fosse il primo giorno" ( La Sorgente, 29 giugno 1970, al Fratello delle Scuole Cristiane Jaime Pujol di Parigi ). La buona battaglia di San Paolo, il combattimento spirituale di Lorenzo Scupoli, la perseveranza che Sant'Alfonso de Liguori attendeva dall'intercessione di Maria, sono tutti temi che in altre sedi abbiamo ampiamente trattato per meglio illuminare i carismi di Fra Leopoldo e Fr. Teodoreto. Nello scritto di Brusa, però, questi concetti sono carne e sangue di vita vissuta e nella loro disarmante credibilità incutono un profondo rispetto in chi li legge, perfino un pizzico di timore. Altro che dolorismo, altro che retorica: qui siamo di fronte ad un così grande esempio di coerenza, nel predicare e al tempo stesso praticare la sequela Christi, tale che deve per forza nascere da un modo eroico di incarnare le virtù cristiane. L'attività alla "Sorgente" Il "Centro di Vita Spirituale" di Baldissero, più noto come "La Sorgente" - concepito alla fine degli anni '60, ma avviato, di fatto, a partire dal 1974 - è la molla della sua ripresa psicologica. Il lavoro là condotto su gruppi sempre crescenti di giovani ( il Centro arriverà ad ospitarne 70 ) gli permette di riacquistare un ruolo chiave all'interno dell'Unione Catechisti. Il Professor Bruno Giraudo così ricorda quell'impresa: "Quando è tornato dall'incidente ha messo anima e corpo per lavorare sui giovani. Credeva a questa scuola di formazione per Catechisti " Dal 1972 Brusa, con spirito pionieristico, raccoglie attorno a sé un gruppo di giovani provenienti da diverse classi della Casa di Carità e li riunisce nella sala della biblioteca, da lui stesso voluta, per una serie di incontri settimanali incentrati sulla lettura e sul commento di brani del Vangelo. Questi incontri verranno poi trasferiti a Baldissero, alle spalle di Superga, dove sorgerà il Centro di Vita Spirituale dell'Unione. Nel 1968, infatti, l'Unione vi acquista un ampio casolare e la campagna circostante. L'area, situata su un colle in località "Poggio Palazzo", comprende 50.000 m2 di terreno coltivati con vigneti, alberi da frutta e foraggio. L'insieme è dominato dal Bric della Croce sul quale svetta, per l'appunto, una croce eretta dai residenti in occasione dell'anno santo 1900. Curiosamente la località era stata requisita dallo Stato durante il secondo conflitto mondiale per insediarvi alcune postazioni della contraerea. Sulla cima del colle era stato scavato un "bunker" destinato alle batterie, più sotto era sorta una casermetta per gli alloggiamenti dei soldati. Il complesso era poi stato ceduto dal Demanio ad alcuni privati e da questi all'Unione; ecco come il dott. Conti, allora Presidente dell'Unione, ricorda quei momenti: "Eravamo alla fine degli anni '60. Una domenica stavo passeggiando in compagnia di un Catechista dalle parti di Baldissero quando, quasi per caso, siamo arrivati dinanzi all'ingresso di una vasta tenuta; incuriositi, ci siamo inoltrati nel podere fino a raggiungere una casermetta che si affacciava su un grande spiazzo. Fu allora che sulla cima del colle sovrastante, scorgemmo la croce di granito che da il nome al Bric. Lo interpretai come un segno della Provvidenza e decisi di acquistare il terreno. Successivamente mi recai a trovare il dott. Bussi, responsabile alla Fiat dell'Assistenza al Volontariato e gli spiegai l'intenzione di costituire a Baldissero un centro di vita spirituale. La cosa fu fatta presente a Valletta, allora Presidente della Fiat, il quale, cosa davvero strana, ci concesse una donazione di 10 milioni. Nel frattempo, grazie al mio interessamento, una signora aveva aderito all'Unione Catechisti, sottoscrivendo un lascito testamentario a favore dell' Istituto che ottenne la proprietà di una casa. Questa venne venduta, permettendoci di pagare le rate necessario all'acquisto della tenuta" ( Domenico Conti ). La prima adunanza risale al maggio 1968, quando ancora la località era nota col nome di "Poggio Palazzo" e vi si svolgevano incontri per i soli Catechisti Consacrati. Il complesso viene utilizzato parzialmente la domenica, specie nella bella stagione, ma i costi del trasporto e i problemi di riscaldamento ( una gelata aveva fatto scoppiare i tubi della caldaia ) impediscono una frequentazione assidua del casolare. Lo stesso Conti cerca la collaborazione di alcuni sacerdoti, ma ogni progetto viene frustrato dalla distanza tra "Poggio Palazzo" e Torino che continua a creare problemi, in particolare ai Catechisti privi di automobile. Si pensa addirittura di allestire una sorta di eremo di campagna per persone in cerca della pace interiore, ma tutto rimane a livello di idee. Infine, si profila l'esigenza di creare un gruppo giovanile che possa fungere da polo di attrazione per gli allievi della Casa di Carità e dei Fratelli delle Scuole Cristiane. A questo punto Brusa prende in pugno la situazione: nel '74, ottenuto l'assenso del Dott. Conti, si reca sul posto in compagnia degli allievi Borghi, Pizzomi, Audano e Lege chiedendo loro di dargli una mano per sistemare l'ambiente: "Ve la sentite - domandò loro - di lavorarci un pò '? " La risposta fu affermativa e dopo le prime pulizie vi allestirono un campo estivo e un raduno di Capodanno. È chiaro: lui da solo non poteva fare nulla, dipendeva completamente dalla disponibilità dei ragazzi, tanto più che era costretto a muoversi con le stampelle, però l'iniziativa era partita da una sua idea. Fu lui, nel '72, a dire a Conti: "Visto che la casa è così poco frequentata non se ne può ricavare un centro d'incontro per i giovani?". Nella primavera del '75 fummo contattati noi ( Roggero, Pacella, Renda ), ma allora i locali erano già abitabili, era già stato fatto un grosso lavoro di restauro, anche se si rendeva necessaria una continua opera di manutenzione che noi svolgevamo generalmente in primavera o in estate. Brusa aveva presente certe realtà salesiane composte da un locale per le riunioni, un altro per la preghiera ecc.; avendo sempre un occhio di riguardo per i giovani, aspirava a ricreare gli stessi ambienti all'interno dell'Unione, per non dipendere troppo da realtà esterne. L'idea iniziale era quella di creare un ambiente simile all'oratorio di don Bosco per i ragazzi della Casa di Carità, in modo da avvicinarli all'ideale di Fra Leopoldo, senza però assillarli con l'inquadramento associativo "( Luca Pacella ) In linea con un più vasto progetto di ritorno alle origini, Brusa vuole estendere le attività di manutenzione, gestite dai "pionieri" della Sorgente, anche a Vinchio d'Asti, dove l'incuria rischiava di trasformare la casa natale di Fratel Teodoreto in un rudere soffocato dai roveti. Anche in quella circostanza il problema viene rilevato da altri ( nella fattispecie Rollino ), ma è Brusa a prendersi la responsabilità di recarsi una volta all'anno sul posto per mettere un po' d'ordine. La cosa era organizzata come un campo estivo: ci si accampava per una settimana con tenda e sacco a pelo, si portava sul posto l'attrezzatura necessaria e si faceva un bei repulisti. Per quanto umili e agresti, questi piccoli ( si fa per dire ) lavori di giardinaggio diventano occasione di "vita comunitaria": talvolta, infatti, vi prendono parte altri Catechisti come Giovanni Fonti, Pierbattisti e Roggero. Non è la prima volta, del resto, che una comunità cristiana cerca la forza del carisma nella pratica del lavoro manuale: pensiamo al giovane "Francesco d'Assisi ed ai suoi primi compagni che iniziarono la loro avventura restaurando chiese diroccate. "Perfino in queste circostanze non mancava mai la preghiera. Del resto anche occuparsi della casa del Fondatore era un modo come un altro per tornare alle origini dell'Unione e Brusa questo fatto ce lo faceva sentire" ( Luca Pacella ) Per la verità, sulle prime, Brusa è un po' esitante: le grandi difficoltà di movimento lo mettono in condizione di dover dipendere dall'aiuto altrui in tante piccole cose. Questa situazione già umiliante nella grande città, in campagna, forse, avrebbe potuto aggravarsi, ma i "pionieri" della "Sorgente" ( Borghi, Andano, Pizzomi ), lo rincuorano e sostengono validamente la sua idea. Da parte loro, l'intenzione era solo quella di distrarre il Catechista, di sollevargli il morale, ma di lì a poco questa semplice buona azione si tramuta in una vera e propria attività di catechesi giovanile. Quello che era un pretesto per divertirsi un po', diventa un progetto molto serio, specie per chi intraprende il noviziato. Il gruppo dei visitatori del fine settimana, inizialmente composto dai soli "pionieri", salirà presto di numero, arrivando a toccare le venti, venticinque unità. Attraverso un sistema di turni, alla "Sorgente" si avvicenderanno centinaia di giovani provenienti sia dalla Casa di Carità, sia dalle parrocchie frequentate dai Catechisti. Il Centro comincia ad assumere una fisionomia ed un'organizzazione ben definite. "Ho conosciuto Brusa nel 1974: insegnava Religione. Seguiva un gruppo di postulanti. Dopo aver visitato la "Sorgente ", Brusa se ne innamorò e cominciò a rimetterla in sesto. Al venerdì sera si andava su a preparare l'ambiente per ospitare i ragazzi. Si cominciava ad accendere la stufa per riscaldare le stanze in cui si dormiva. Poi ci si organizzava per andare a prelevare le persone con le macchine ed il pulmino. Si programmavano anche le letture, le attività, i giochi; il tutto era "condito" dalla preghiera. Brusa non voleva che divenisse una cosa arida. Il sabato mattina si andava a Messa, poi, intorno alle 9, 30 arrivavano i ragazzi. Quelli provenienti dalle parrocchie li accompagnava Pierbattisti, quelli della Scuola li andava a prendere Roggero. La cosa era impostata un po' come un ritiro, ma senza quella "pesantezza " che caratterizza i ritiri degli adulti. C'era un breve momento dedicato all'accoglienza dei ragazzi che non conoscevano gli ambienti, seguiva la divisione dei gruppi, l'assegnazione delle camere e dei turni di corvée in cucina. Nel pomeriggio si svolgeva l'incontro d'orientamento per far capire il senso dell'Adorazione e le motivazioni profonde che stavano dietro la fondazione della Casa di Carità ( questo ovviamente per i ragazzi del primo anno ). Seguiva il gioco a pallone, quindi l'Adorazione. Dopo cena si svolgevano i giochi serali oppure se i ragazzi erano ben affiatati si andava a piedi fino a Cordava. Brusa puntava molto sull'alternanza gioco-preghiera in modo da evitare quell'insistenza che indispone i ragazzi. In genere si respirava un 'aria di sana goliardia. La domenica mattina, dopo un breve incontro mattutino, si andava alla Messa delle 11. Dapprima ci indirizzarono a Baldissero, poi, per rendere la cosa più intima venne chiamato un sacerdote. La Messa si svolgeva nella cappellina interna o all'aperto sotto un gelso secolare, in un ambiente molto suggestivo: vi partecipavano anche alcuni Catechisti con i rispettivi familiari ( Fonti, Pierbattisti, Cagnetta) " ( Luca Pacella ). Roggero guida il pulmino sul quale trovano posto i ragazzini della quinta elementare e della prima media della parrocchia di San Vincenzo. In altre occasioni vengono fatti salire sui pullman della linea di Superga e poi accompagnati a piedi fino a Baldissero. Le spese alimentari, nei limiti del possibile, sono coperte dai contributi dei partecipanti, in base alle capacità di ciascuno, anche se molti, comunque, non sono in grado di sborsare neanche una lira. Non sono certo le spese di gestione che spaventano Brusa, sempre molto generoso quando si tratta di aumentare il numero delle presenze. Piano, piano, coll'aumentata affluenza di ragazzi, nella camerata trovano posto i letti a castello e le nuove coperte donate dalla signorina Emilia Mazzuri. Non c'è solo il versante economico da tenere sotto controllo. Alcuni genitori ( ad esempio quelli di Marino Renda ) notano il crescente coinvolgimento dei ragazzi, che ogni fine-settimana s'involano verso Baldissero, e chiedono informazioni. Brusa, che da sempre cura molto il rapporto con le famiglie, organizza perciò una serie d'incontri coi genitori, tale da creare un'atmosfera di stima e fiducia reciproche. Intanto, le responsabilità vengono distribuite: col passare del tempo i veterani della Sorgente acquisiscono esperienza e possono, così, essere coinvolti nell'animazione dei più giovani. Tra Brusa e i ragazzi si crea una sana complicità, che permette al Catechista di entrare in sintonia anche con le personalità più turbolente, portandole ad un comportamento più equilibrato. È un importante lavoro di recupero, che a scuola sarebbe sicuramente improponibile. Nel corso dei soggiorni estivi il programma è per certi versi più intenso: sveglia "militare" ( registrata su cassetta ), Adorazione in cappella, colazione, svago, meditazioni, turni domestici, pranzo, giochi, preghiera, cena. La confessione si svolge una volta alla settimana. Al mattino ci si reca a Chieri per la Messa quotidiana e poi, sempre nel paese, si fa la spesa. Gli adolescenti vanno e vengono da Chieri da soli per abituarsi al senso di responsabilità. Tra le iniziative più interessanti spicca senz'altro la cosiddetta "giornata del deserto". Si parte per i prati verso le 10 del mattino col pranzo al sacco: lo scopo dell'escursione consiste nell'abituare i ragazzi all'ascolto del silenzio", momento importante per quanti intendano seguire le orme di Fra Leopoldo ( 1383, 12: '''il far preghiera nel silenzio della notte è figura dei solitari nel deserto" ). Alle 17.00 si ritorna alla Sorgente. Le altre gite hanno come meta Cordo va, il Bric della Croce e la casa di Fratel Teodoreto a Vinchio d'Asti. Durante i campeggi, quando i ragazzi sono radunati intorno al fuoco, Brusa abbandona il suo stile rigido e un po' militaresco per ridere, cantare in compagnia e narrare le avventure vissute in montagna. Non mancano le visite alle chiese e ai santuari di Torino e del Piemonte: in un'occasione la comitiva si spingerà fino a Toirano, in provincia di Savona. Al di là della specifica organizzazione tecnica, oggi, a distanza di anni, quale senso possiamo attribuire a questa iniziativa? Sicuramente vi era l'intenzione, neanche tanto dissimulata, di avvalersi del gioco e dello svago per rendere più familiare ai ragazzi la dimensione del sacro, spesso trascurata in famiglia. Non si intendeva fare del semplice intrattenimento: quest'ultimo, quando c'era, mirava a creare un clima psicologico più disteso e quindi più funzionale alla trasmissione dei valori cristiani. Brusa faticò un poco a trovare un sacerdote all'altezza di questa visione: l'ottimo Padre Piombino spesso doveva trattenersi a Genova; a questi seguì un sacerdote spagnolo dalle vedute "molto larghe", che frequentò per qualche tempo Baldissero, ma in breve abbandonò l'abito talare; infine arrivò Don Lanfranco. Pur tra mille incertezze e ripensamenti, la "Sorgente" andava assumendo a poco a poco una sua precisa identità. Brusa aveva ben presente le altre realtà associative del mondo giovanile, ma, pur apprezzandone il piglio se così possiamo dire "cameratesco" - cosa comprensibile viste le esperienze assai impegnative maturate alla SMALP di Aosta - manteneva una forte perplessità nei confronti di quei gruppi che pretendevano di far crescere i giovani senza il supporto dei valori tradizionali. Il Cristianesimo, a giudizio di molti "educatori" laici, non è il perno, ma l'appendice varia ed eventuale della maturazione umana ed un Catechista come lui non poteva accettare questo declassamento. "In molti gruppi più o meno vicini alla Chiesa i momenti di preghiera dipendono dallo spirito d'iniziativa dei sacerdoti, ma in genere non hanno un posto di primo piano. Inoltre, Brusa, scrupoloso com'era - specie quando si trattava di fare escursioni d'alta quota - era rimasto negativamente impressionato dall'avventatezza di certi sedicenti educatori. In gioventù, dalle parti del Rosa, aveva preso parte al salvataggio di un gruppo sportivo di ragazze francesi che avevano osato sfidare le nevi eterne in pantaloncini corti e mezze maniche, rischiando così l'assideramento a 3000 metri di quota. Sono cose che non si dimenticano tanto facilmente. Mi diceva: "ma dove credevano di andare senza maglioni, ne giacca vento?". Lui, invece, nutriva il massimo rispetto per la montagna che anzi, ai suoi occhi, aveva forti connotazioni mistiche e simboliche. Era un modo per avvicinarsi a Dio attraverso la fatica dell'ascesa e l'aiuto reciproco nei momenti di difficoltà: una metafora della vita, insomma, che il "capocordata " deve affrontare con la massima serietà " ( Luca Pacella ). L'impostazione di fondo della "Sorgente", dunque, si distingueva nettamente dalla comune goliardia del villaggio vacanze. Il diverso approccio all'alpinismo lo dimostra,. Dopo l'incidente, ovviamente, Brusa non poteva più permettersi di scalare vette e ghiacciai e ne soffriva molto perché ai suoi tempi si era fatto onore. I "pionieri" ( Borghi e gli altri ) si erano perfino offerti di portarlo in spalla su brevi percorsi, ma lui non accettò. Tuttavia la "Sorgente" divenne ben presto la base di escursioni memorabili, che segnarono in modo positivo la maturazione di molti ragazzi: "Una volta partimmo in 16, con tre tende. Non tutti avevano voglia di andare in montagna. Noi invece dopo i campi estivi prendevamo e partivamo all'avventura. Avevamo interessi diversi. Oggi i ragazzi dicono "andiamo alle Cupole ( le discoteche ) ", noi dicevamo "andiamo in vetta al tale monte". E poi si sa la montagna è scuola di vita, non trovi tutto facile e quando un compagno è in difficoltà bisogna aiutarlo, bisogna "fare gruppo". Al ritorno si presentava una breve relazione di quello che s'era fatto: tanti ragazzi hanno trovato un sostegno psicologico in queste esperienze di gruppo, hanno avuto l'occasione di formarsi nel carattere. La "Sorgente" era la nostra vera base logistica: le gite, 5 o 6 all'anno, potevano durare anche due giorni. Inizialmente i gruppi erano piuttosto numerosi, poi finimmo coll'essere non più di tre ( Roggero, Pacella, Renda ). La Messa, l'Adorazione, le preghiere di rito non vennero mai trascurate, il momento ricreativo non era mai a discapito di quello formativo " ( Luca Pacella ) La missione di Fr. Teodoreto prevedeva l'educazione del cuore e la vita di preghiera in vista dell'assimilazione a Cristo. In quest'ottica, l'attivismo della "Sorgente" può distrarci da quelli che sono i contenuti autentici dell'opera di Brusa, oscurando l'iniziazione alla "vita nuova" che il Catechista cercava di ottenere ricreando alla "Sorgente" quella famosa "fraternità" o "familiarità" ( nel caso dei rapporti coi giovani ) che Fr. Teodoreto raccomandava ai suoi Catechisti. Realizzare queste aspirazioni tra i figli degli operai non era così scontato. I ragazzi che frequentavano il Centro di Vita spirituale, non erano certo "figli di papa" viziati e iperprotetti; spesso, anzi, provenivano da contesti familiari "difficili" e si aspettavano di trovare nei membri dell'Unione un sostegno reale e tangibile per superare le difficoltà della vita. Brusa non deluse mai queste attese. "Io sono rimasto orfano 11 anni e ho attraversato vicissitudini familiari non indifferenti. Di conseguenza le figure dei Catechisti, specie Brusa e Pietro Fonti, hanno svolto un ruolo di guida nella mia vita. Poi, alla "Sorgente" ho trovato in Marino Renda un vero e proprio fratello. Questo può dare un 'idea di cosa abbia rappresentato per me l'Unione in quel periodo tormentato della mia vita. Brusa non ha mai preteso di sostituire mio padre, in un 'occasione me l'ha detto chiaramente, ma di fatto per me è stato davvero come un padre" ( Luca Pacella ). L'assistenza religiosa era un aspetto importante di quello che voleva essere un "Centro di Vita Spirituale". Essa era curata con viva partecipazione da alcuni sacerdoti vicini alla Casa di Carità: in particolare uno di questi, Padre Piombino, per sensibilità ed esperienze personali si avvicinava molto alla spiritualità del Crocifisso: "Eravamo seguiti da alcuni religiosi: Padre Lanfranco era il nostro direttore spirituale. L'abbiamo conosciuto tramite il dottor Dezzani, il medico ateo che si occupava del recupero psicofisico di Brusa. Don Rugolino, invece, era il cappellano della Casa di Carità, veniva a Baldissero a celebrare la Messa e riprendeva un certo discorso educativo che facevamo a scuola. Il Barnabita Padre Piombino, che in quel periodo risiedeva a Moncalieri, era il padre spirituale della Casa di Carità: la Madonna gli era apparsa confidandogli alcuni segreti che costituiscono la continuazione di Fatima. Essi sono conservati a Roma. Inoltre, a Genova seguiva un giovane che, sotto Pasqua, riviveva nella sua stanzetta la Passione di Gesù Cristo: gli apparivano anche le stigmate. Brusa ci teneva partecipi di queste cose anche per lo sviluppo dell'Adorazione" ( Luca Pacella ). Al di là di fatti più o meno misteriosi, sui quali la Chiesa non si è espressa ufficialmente, colpisce molto l'attenzione prestata alla dimensione mistica della vita cristiana ed il pressante invito a non sottovalutare la diffusione dell'Adorazione, su cui si regge gran parte della missione catechistica. Dopo la convalescenza, il ritorno alla Casa di Carità fu, in un certo senso, un altro trauma per le sicurezze di Brusa in quanto gli influssi della contestazione si erano ormai fatti sentire anche nelle scuole professionali. Il cambiamento della comune sensibilità in materia di disciplina, lo stravolgimento dei valori tradizionali, la messa in ridicolo di certezze secolari aveva trovato Brusa completamente "spiazzato": " L'anno dell'incidente, 1968, è coinciso con un cambiamento radicale della società. Quando Brusa è tornato a scuola ebbe una nuova sofferenza psicologica: "Non riuscivo a capire i giovani" diceva. Non riusciva ad entrare in sintonia con le nuove generazioni come una volta " ( Marino Renda ). Ma non c'erano solo le difficoltà inerenti allo scontro generazionale, con tutte le complicazioni derivanti dalla crisi militare americana in Vietnam. Bisognava fare i conti anche col cosiddetto "spirito post-conciliare" che spesso deformava il contenuto oggettivo dei "documenti conciliari". In entrambi i casi Brusa cercò e trovò argomenti e persone capaci di trarlo d'impaccio: potevano essere gli studi sulla Sindone divulgati anche alla Sorgente, ovvero uomini di valore come il dott. Dezzani, in grado di affrontare le questioni più dibattute dai contestatori. "Brusa era stato testimone di molti momenti difficili. Durante la guerra alcuni Catechisti avevano lasciato l'Unione. Nel 1949 un altro gruppo non se la sentì di emettere i voti perpetui. Nel 1966, a Concilio Vaticano appena chiuso, alcuni settori del mondo cattolico guardavano con preoccupazione alla teologia della Croce temendo che potesse pregiudicare l'intesa con le nuove generazioni: "Voi siete ancora col Crocifisso, ma Gesù è risorto … " ci dicevano" ( Domenico Conti ). "Brusa non ha mai avuto paura delle novità. Certo c'era il problema dell'evoluzione dei costumi giovanili, ma lui non si è tirato indietro. Da questo punto di vista la presenza del dott. Dezzani è stata molto preziosa. I suoi interventi durante i Seminari dedicati ai problemi "scottanti " dell'adolescenza, come sessualità e affini, sono stati fatti con l'approvazione di Brusa. In un'occasione particolare il Catechista è intervenuto personalmente per risolvere il problema di un ragazzo appena quindicenne che era stato "abbindolato " da una donna col doppio della sua età. Ha fatto presente la situazione anche presso i genitori, ma solo dopo che il ragazzo ha chiesto aiuto " ( Luca Pacella ) Per la verità, Brusa non ha mai demonizzato il '68 e le novità post-conciliari, anzi ha saputo cogliere le ragioni profonde di quelle provocazioni. Del resto, come è noto, ogni effetto ha la sua causa. Piuttosto, ciò che più lo turbava era la scissione che spesso riscontrava tra la professione di fede e le relazioni personali. In effetti, molti cattolici praticanti, in chiesa danno prova di un ossequio ineccepibile, ma sul lavoro possono trasformarsi in spietati sfruttatori. Il '68 aveva in parte denunciato queste ipocrisie e Brusa ne intuiva il fondo di verità, pur mantenendo fortissime riserve sullo spaesamento morale che aveva accompagnato il fenomeno. La sua attenzione, dunque, più che sui grandi scontri ideologici si concentrava sulla qualità morale dei rapporti personali, che i Catechisti, attraverso la condivisione delle situazioni, erano chiamati a "cristianizzare". Ma da troppo tempo ormai, se pure si denunciava l'ipocrita scissione tra fede formale e quotidianità, venivano meno le persone votate a ricucire questi strappi tra la Chiesa e la vita reale. In risposta a tutto ciò, Brusa, che aveva dedicato le sue sofferenze alle nuove vocazioni, aveva tentato di focalizzare le sue attenzioni sul versante interno dell'Unione, senza attendere aiuti esterni da ambienti che non comprendevano appieno le ragioni della laicità consacrata: "C'è sempre stato il pensiero che le vocazioni dovessero nascere dai Fratelli. Questo fatto per molti era un pretesto per trascurare il problema del ricambio generazionale. Ma non era il caso di Brusa che ha costantemente curato le vocazioni alla Casa di Carità. "( Domenico Conti ) Ed era sempre Brusa a cogliere la necessità di tornare alle origini del carisma di fondazione, per imprimere nuova linfa nelle ramificazioni dell'Istituto e rinnovare, così, le fila dei suoi militanti, anche a costo di riportare in auge la spiritualità di Fra Leopoldo che così tanti problemi creava alle "relazioni diplomatiche" dell'Unione Catechisti: "Il Catechista Cesone sosteneva la diffusione dei detti di Fra Leopoldo, ma quando alle adunanze li citava, i suoi interventi non suscitavano alcun interesse, ma anzi venivano interrotti. Dopo la pubblicazione curata da Brusa, invece, gli scritti di Fra Leopoldo incominciarono ad essere letti con la massima naturalezza durante i pranzi che si svolgevano in occasione di questi incontri. " ( Domenico Conti ) Come dimostrano le lettere inviate agli ex-allievi non vi era alcuna riserva, da parte di Brusa, a sfruttare i detti di Fra Leopoldo per far opera di apostolato. In molti ricordano il peso e il prestigio di cui godevano i Diari di Fra Leopoldo a Baldissero ( vedi Luca Pacella ). Nelle missive redatte dopo l'incidente, essi vengono citati in continuazione, secondo sequenze tenute insieme da denominatori comuni molto appropriati ( primo fra tutti la vicinanza affettiva con Gesù necessaria a superare le prove della vita ); le riflessioni svolte da Brusa sui detti denunciano, poi, un'acutezza d'introspezione e uno spirito di sintesi che potevano derivare solo da un sincero attaccamento alla figura del francescano di Terruggia. Date queste premesse l'acquisto della Sorgente da parte dell'Unione, assunse per Brusa un significato particolare, sembrava, cioè, la conferma di un disegno di rifondazione spirituale. Si può discutere sulle modalità con cui venne utilizzato questa sorta di piccolo cenobio per laici consacrati, tuttavia non si può negare che Brusa, vi scorgesse l'embrione di un "centro di addestramento" per la militanza della Croce. Chi ha avuto occasione di frequentare la Sorgente ricorda un clima di serena "vita comunitaria", privo di tutte quelle ritrosie e schermature che potevano incontrarsi nell'ambiente scolastico. Sfruttando esigenze banali, come i piccoli lavori manuali necessari a riordinare la casa o a trasferire il mobilio, i ragazzi intrecciavano con Brusa rapporti di amicizia profondi e genuini, assimilando molto più di quanto avrebbero potuto fare seguendo un corso di cultura religiosa. Questa era la catechesi per "condivisione" che i giovani novizi avrebbero dovuto apprendere in vista della loro missione nel mondo: "Si faceva esperienza di vita comunitaria ( dal sabato pomeriggio alla domenica sera ). Talvolta lo stesso Brusa, nonostante l'infermità, veniva in macchina guidando personalmente la sua 127. La prima volta mi sono auto-invitato: Roggero era l'insegnante d'officina e aveva chiesto a noi allievi di dargli una mano, il sabato mattina, per trasportare le vecchie stufe giù dal terzo piano e caricarle su un furgone. La cosa mi aveva incuriosito e dopo aver mangiato a casa mi sono recato anch'io alla Sorgente. Dopo la parentesi invernale dedicata allo sci, ripresi a frequentare la Sorgente in primavera ed in estate. Non si faceva nulla di particolare: gioco, preparazione del cibo, pulizie, preghiere in comune. La domenica mattina si andava a Messa e al pomeriggio, durante l'adorazione, si svolgevano meditazioni sul Crocefisso legate alle intenzioni particolari dei giovani. Brusa, nei momenti di preghiera, sapeva infondere una grande carica spirituale e non solo formule " ( Marino Renda ) Il Catechista torinese era l'anello di congiunzione tra il mondo giovanile e l'Unione. Formalità, compostezza, dignità del ruolo ecc. impedivano a molti altri sodali di intrattenere coi ragazzi la stesso tipo di rapporto squisitamente "paterno" che distingueva Brusa. Un certo timore reciproco divideva le due categorie; con Brusa questo muro di ghiaccio venne meno, senza per questo compromettere l'autorevolezza della sua figura, ne la qualità dei valori trasmessi. Tutto era funzionale a "rialzare la Croce" in vista della "nuova e santa generazione", non c'erano secondi fini. "Nel '74 era molto difficile radunare i ragazzi e farli pregare raccolti davanti al Crocifisso. Brusa non faceva lezioni di catechismo, ma condivideva la sua spiritualità con chi partecipava agli incontri di preghiera … Ha saputo riportare la spiritualità di Fratel Teodoereto negli anni '70 … Quando andavo a mangiare in convitto o durante i ritiri lo vedevo anche con gli altri Catechisti. Questi erano più "formali", un po' distaccati, con molte difficoltà a comprendere i giovani. … Brusa invece era una figura paterna … Sarebbe ideale se ogni giovane trovasse un punto di riferimento fuori della famiglia, che sappia comprendere e cogliere i giovani in modo amichevole e genuino, senza strumentalizzarli o sfruttarli per il proprio tornaconto " ( Marino Renda ) Oggi con la crisi demografica e la diffusione di un certo nichilismo radical-chic il problema delle vocazioni è diventato più urgente di quanto non lo fosse negli anni '70. Molti movimenti attuano una caccia all'uomo senza quartiere, nella quale i giovani più promettenti sono contesi e tallonati in maniera ossessiva ( come succede ormai anche nel nostro Esercito, dove si è scatenata una disperata ricerca di volontari ): gli altri, lo scarto della produzione, sono abbandonati al loro destino. È una tendenza penosa che mette al primo posto l'interesse del singolo Ente, quando in verità, prima di tutto restano i "diritti di Dio", mentre il resto verrà elargito "in sovrappiù", come recita il Vangelo. Brusa ha coltivato la "nuova generazione" in vista di risultati tangibili anche sotto il profilo delle vocazioni, ma, a costo di fallire, non ha mai disatteso il criterio dell'autentico missionario cristiano: prima di ricevere, bisogna dare. "Sono andato alla Sorgente con una apparente religiosità, ma non ero molto credente. Io provenivo dalle fila della FGCI ( Federazione Giovanile Comunisti Italiani ) dove si guardava al cattolicesimo con la massima indifferenza. Del resto neanche i miei genitori potevano definirsi praticanti. Solo dopo l'incontro con Brusa, ho cominciato a pensare all'esistenza della vita dopo la morte. Grazie a lui ho scoperto la fede. Sono stato guidato in tutto il resto della mia vita dal ricordo di questa esperienza " ( Marino Renda ) In alcuni casi gli intenti di Brusa non furono affatto compresi. Qualcuno pensò addirittura che il Catechista intendesse "forzare" la mano ai giovani della Sorgente per costringerli ad entrare nelle fila dell'Unione Catechisti. In verità, i diretti interessati, interpellati sull'argomento, hanno ricordi ben diversi. Certo Brusa nutriva la legittima speranza di far sorgere a Baldissero qualche nuova vocazione, ma nulla ha mai avuto il sapore dell'imposizione o della costrizione. "Brusa una volta mi ha accennato al fatto che a giudizio di qualcuno stava tentando di indirizzare i giovani verso una vocazione che non sentivano. Nulla di più sbagliato: personalmente sono sempre stato libero di fare le mie scelte in piena coscienza. Certo come tutti coloro che si occupano di giovani sperava che qualcuno prima o poi potesse seguire le sue orme, ma parlare di "forzature " in questo caso è davvero una calunnia. Piuttosto aveva alcune idee precise sui Catechisti: l'idea, ad esempio, che tutti i membri dell'Unione dovessero per forza lavorare nella Casa di Carità non lo convinceva affatto, proprio perché questa tendenza limitava quella varietà di situazioni che era stata caldamente raccomandata da Fr. Teodoreto. Ricordando la sua esperienza di lavoro presso la Ditta Fonti mi confidava che anche in quel contesto sentiva di realizzare pienamente la propria vocazione. In genere, poi, ritornando al discorso sui giovani, più di ogni altra cosa gli premeva che questi, indipendentemente dalle scelte fatte, imparassero a non separare l'esperienza spirituale dalla vita di tutti i giorni: c'è gente infatti che in chiesa si atteggia ad agnello, ma in ufficio si trasforma in iena. Brusa ci insegnava la coerenza interiore: non si tratta di agitare bandiere o di predicare a tutti i venti, ma di fondare sulla verità i rapporti interpersonali" ( Marino Renda ) La crescita del seme della fede impiantato col battesimo è lo scopo di ogni autentica Catechesi e i risultati evidentemente non sono mancati. È vero che rimaneva irrisolta la grave questione delle vocazioni, tuttavia l'impegno di Brusa, se non altro, permetteva di allargare la "base d'ascolto" della spiritualità leopoldina. Attorno alla promozione dell'ideale cristocentrico, ruotavano tutta una serie di attività secondarie che costituivano, in un certo senso, quello spicchio di "vita comunitaria" all'interno del quale veicolare il modello di vita del laico consacrato. Ancora oggi permangono degli interrogativi circa la reale funzione della Sorgente in rapporto alla missione dell'Unione: è chiaro che Brusa vedeva in essa un autentico "Centro di Vita Spirituale" che in prospettiva, forse, doveva diventare una sorta di "piccolo seminario" per giovani Catechisti. Di certo resta nella memoria di molti come un'oasi di serenità nella quale più che la dottrina ( anche se la catechesi sulla Sindone ha lasciato tracce molto profonde ), contava la maturazione interiore della persona. I giovani che più restarono vicini al Catechista torinese per un verso ricordano il dispiacere che questi patì quando vide molti dei "pionieri" della Sorgente abbandonare l'Unione Catechisti, ma d'altro canto ci tengono a ricordare che più di altri Brusa mise i ragazzi nelle condizioni di trovare la propria strada, senza mai serbare rancore per quanti avessero deciso di abbandonare l'Istituto. "Brusa ha aiutato così tanti giovani a trovare uno scopo nella vita, che mi fa strano che se ne parli così poco. A mio giudizio è il classico esempio di "santo celato". Nell'ordine, quelli che mi hanno aiutato a trovare la mia vera "vocazione " sono stati Brusa e Padre Piombino. Io ero convinto di dover fare il Catechista ero già quasi al Noviziato. Brusa non mi ha mai forzato la mano: "tu devi entrare nel Noviziato nel momento in cui ti senti sicuro di dover fare questo passo ". Se n 'è accorto subito che c'era un 'altra persona nella mia vita, a quel punto mi sono confidato e lui si è limitato a dirmi: "non puoi tenere il piede in due staffe, devi scegliere: o l'una o l'altra ". Peraltro, dopo la mia decisione di lasciare l'Unione ha sempre mantenuto ottimi rapporti con la mia famiglia. Ha conosciuto mia moglie, ci siamo rivisti in più occasioni e, ora che ci penso bene, credo che l'ultimo suo biglietto l'abbia scritto proprio a me, poche ore prima di morire. Me l'ha consegnato suo fratello Alfio quando, saputo del decesso, sono andato in Via Campiglia a salutare il mio ex professore per l'ultima volta. Il destino ha voluto che Brusa sia mancato pochi giorni prima del mio matrimonio: lui era tra gli invitati, ovviamente" ( Luca Pacella ). Chi ha fatto un minimo di esperienza nei cosiddetti "gruppi cattolici", sa benissimo che il congedo è spesso caratterizzato da strascichi poco piacevoli, quali dissapori o atteggiamenti scostanti. Non fu così per Brusa la cui "paterna amicizia" ( anche gli allievi più affezionati continuarono a dargli del lei e a chiamarlo "professore" ) non venne mai oscurata da sentimenti meno che limpidi. Questo modo disinteressato di regolare i rapporti interpersonali, guardando le cose in prospettiva, appartiene a quel genere di cose che ci permettono di mantenere intatta la nostra fiducia nella natura umana, nonostante le meschinità che talvolta si celano sotto la falsa cortesia e i sorrisi diplomatici di tanti sedicenti cristiani. La tempesta ideologica Sebbene con qualche anno di ritardo, l'ondata della contestazione si infrangerà anche sull'Unione Catechisti, mettendo in crisi il suo approccio educativo, che verrà spietatamente confrontato con lo spirito d'innovazione dei movimenti cattolici "progressisti". La spiritualità del Crocifisso, con la sua interpretazione mistica della sofferenza umana, basta da sola a creare grossi problemi d'aggiornamento. Inoltre, il maggior tasso di tolleranza che si respira in questi ambienti, unita spesso ad una disponibilità di mezzi assai superiore, salta presto agli occhi di tanti ragazzi, che, pur frequentando la Sorgente, si sentono attratti più dal divertimento fine a se stesso che dalla crescita spirituale. I gruppi misti parrocchiali ( maschi e femmine ) fanno venire meno il rigore di un tempo: alcuni ragazzi si sentono menomati di un'esperienza - la presenza femminile per l'appunto - che con un pizzico d'ipocrisia oggi si definirebbe "arricchente". Come avverrà per la Casa di Carità in ordine all'insegnamento della Religione, anche la Sorgente viene scossa da qualche protesta e alcune defezioni. Si propongono soluzioni alternative: un insegnante della Casa di Carità, suggerisce a Brusa di invitare alla Sorgente, almeno per una giornata, un gruppo misto di scout. L'idea non viene accolta, ma ormai i tempi nuovi incombono. Del resto tutta l'Unione è attraversata da un vento riformista che al rigore oppone, quasi per eccesso opposto, proprio quella rilassatezza di costumi che dai college americani dilagava ormai in tutta l'Europa occidentale. Conseguentemente, alcune Regole dell'Unione, come "astenersi dal fissare volontariamente umana bellezza, anche se rivestita d'innocenza", vengono relegate nel museo della bigotteria, essendo giudicate come espressioni di un atteggiamento immaturo di chiusura e di difesa psicologica, assolutamente inconciliabile con la formazione della personalità. Brusa non ha nulla da eccepire sull'affinamento dei mezzi educativi, ma ha l'impressione che il desiderio smodato di rinnovare tutto e tutti nasconda il rifiuto della Croce, della prova, della sequela di Cristo. Questo appare abbastanza chiaramente a scuola, dove la contestazione assume toni più aggressivi. "Lo scontro ideologico non appassionava Brusa che si è adeguato ai tempi senza però cambiare di una virgola la sua linea di fondo. Il Crocifisso è sempre rimasto il suo punto di riferimento, indipendentemente dalle mode e dai gusti della gente. Nel '77, quando insegnava Religione, un 'intera classe lo contestò apertamente: in quanto docente subì solo attacchi verbali, ma l'aggressione nei confronti dei "suoi" ragazzi ( Renda ed io ) fu anche fisica. Hanno steso Marino su un tavolo prendendolo a pugni. Dicevano: "siamo qua per lavorare, cosa c'entrano le Messe e le preghiere?". Ce l'avevano con noi perché eravamo attivi sul versante dell'apostolato, andavamo alla Sorgente, eravamo considerati i "pupilli" del professore e comunque, in genere, persone poco accomodanti. Se c'era qualcosa che non andava lo dicevamo apertamente e questo fatto, in quel periodo ( gli ultimi fuochi della contestazione ) non ci rendeva molto popolari. In un'occasione abbiamo persino fatto sostituire un insegnante perché, invece di fare il suo lavoro, trascorreva ore a leggere "la Stampa ". Oggi, peraltro, è diventato un ottimo docente, ma allora e 'era molto disorientamento. Poi Brusa ha parlato con i ragazzi protagonisti della contestazione e li ho visti cambiati; da quel giorno ci hanno lasciato in pace. Brusa non li ha umiliati o emarginati: ha puntato molto sul rapporto "ad personam ". Purtroppo, di lì a poco, a causa di problemi di salute, ha dovuto abbandonare l'insegnamento. " ( Luca Pacella ). Ripensando a questi eventi, si comprende come l'insegnamento della Religione fosse per Brusa un fatto tutt'altro che riposante. Dare testimonianza di coerenza morale, allora, quando il cattolicesimo era spesso accusato di inculcare nei giovani i principi "borghesi" dell'autorità e dello sfruttamento, non era cosa da poco. Nelle ore di lezione Brusa non si limitava a ripetere stancamente gli articoli del Catechismo, ma illuminava l'attualità con riflessioni di carattere religioso che potevano, più o meno direttamente, far comprendere la missione svolta dalla Casa di Carità nel mondo operaio. I ragazzi più inclini alla protesta e più esposti ai miraggi dell'ideologia, infatti, tendevano ad ignorare i principi che animavano l'Unione Catechisti e che permettevano ai figli della periferia industriale di accedere ad un insegnamento triennale praticamente gratuito. Questo privilegio rischiava di essere dato per scontato, quasi si trattasse di un fatto "dovuto"; anche per questo motivo Brusa pensò bene di realizzare un filmato dedicato alle origini e alle finalità della Casa di Carità. Sul versante delle vocazioni, poi, di fronte ai ripensamenti che sempre più spesso interrompevano il noviziato dei suoi "pupilli" provava certamente un grande dispiacere, ma non si attardava in sterili polemiche, anzi, previdente come sempre, in certi casi interveniva di persona per consigliare la separazione dal gruppo. Claudio Brusa e la spiritualità dell'Unione Catechisti Alla fine degli anni '60, in una serie di lettere indirizzate ad un Catechista associato dell'Unione Catechisti, esposto al rischio di perdere i contatti con la Sede Principale a causa del servizio militare che lo tratteneva a Mantova, Brusa traccia una serie di riflessioni che illuminano molto bene le sue idee in merito ad alcune questioni cruciali. "La Divozione è all'origine dell'Unione Catechisti; il nostro Fondatore lo ha sempre messo in evidenza … Inoltre il primo compito del Catechista è di far conoscere Gesù Crocifisso mediante questa Adorazione … che sta all'origine della nostra vita interiore e della nostra santificazione come lo è stata per Fra Leopoldo … Essa è il mezzo per scoprire il Cuore di Gesù con il suo immenso amore per noi … La Divozione, in mano al Catechista è un 'arma potente per la salvezza delle anime e per la rinnovazione del mondo … è pure il mezzo per risparmiare gli uomini dai castighi che essi meritano per i loro continui orrendi peccati. Ho citato solo alcuni detti che Fratel Teodoreto ha riportato in varie pagine del suo libro ma tu stesso ne puoi trovare molti di più. Penso che potrai trovare materiale sufficiente per numerose meditazioni e per rinnovare il tuo slancio apostolico nell'ambiente in cui vivi" ( Lettera EM 134, Torino, 17.10. 1968 ) Qui l'impostazione della missione viene esposta con la forza dell'evidenza. Il Crocifisso innanzitutto, quindi l'Adorazione per scoprire il Cuore di Gesù e sentirsi da Lui amato, infine i detti, meditando i quali il Catechista ha modo di rinnovare lo slancio apostolico. L'esposizione di Brusa brilla per la consequenzialità e la convinzione che animano il ragionamento. Si noti il significativo riferimento all'"ambiente in cui vivi". È una precisazione che include la theologia crucis nella quotidianità, senza paurose distinzioni. La spiritualità del Crocifisso, ossia il "carburante" che dovrebbe ravvivare la fiamma dell'Unione Catechisti, viene esaltata da Fr. Teodoreto, non certo per una sorta di puntiglio tradizionalista, ma perché permette di gustare l'amore che Gesù nutre verso di noi, donandoci, così, il coraggio necessario per affrontare gli esami della vita. Non è una questione di lana caprina, ma di sopravvivenza interiore: le Piaghe di Cristo, infatti, assai meglio delle sedute yoga e degli psicofarmaci, sono in grado di bruciare la zavorra del peccato e dell'angustia cordis. Brusa ha assimilato in profondità questa lezione, tanto nello spirito, quanto nel corpo menomato dall'incidente. Ancora una volta abbiamo di fronte un uomo estremamente pragmatico, dotato di uno spartano senso della concretezza ereditato da una madre molto sbrigativa, talvolta persino un po' dura, a sentire chi l'ha conosciuta: eppure, nonostante questo vivissimo senso della praticità, Brusa da la precedenza al Crocifisso e lo fa alla fine degli anni '60, in piena contestazione. Sono cose che dovrebbero far riflettere gli alfieri della modernità. Scrivendo al Catechista associato, avvia un'iniziazione che, a mezzo secolo di distanza, non muta di una virgola quella amministrata da Fr. Teodoreto ai primissimi membri dell'Unione, Cesone in testa. Brusa continua il suo rapporto epistolare ricordando all'amico - che è sotto le armi e quindi frequenta un ambiente spesso ostile all'apostolato cristiano e proprio per questo perfettamente conforme alla "terra di missione" dei Catechisti - che se non si patisce dentro di sé non si può far opera di condivisione, ne di conversione: "Fai bene a proporti di far conoscere la Devozione-Adorazione a Gesù Crocifisso in quell'ambiente di cui tu mi parli; ti riporto alcune righe ricavate dai quaderni di Fra Leopoldo a questo proposito, ne sarai incoraggiato "Leopoldo … guarda da quanti tu ora mi fai amare ed è per questo che io tanto ti amo". … Ricorda però che per fare conoscere veramente Gesù Crocifisso bisogna accettare di passare per la Croce, solo così lo si può comprendere, e con Lui presentarlo agli altri; è quanto è stato chiesto più volte a Fra Leopoldo da Gesù e da Maria SS. … Guarda che normalmente Gesù non ci chiede cose impossibili, ci chiede di accettare con fede dalle sue mani la vita di tutti i giorni con i suoi ostacoli, le incomprensioni degli altri, le sofferenze che così frequentemente incontriamo. Accettale con lo spirito di voler stare un po' con Lui sulla Croce e Lui starà con tè nella tua vita e nel tuo apostolato" ( Lettera EM 144, Torino 29.11.1968 ). Si noti l'insistenza di Brusa sul termine "ambiente". Evidentemente il suo sguardo è puntato ben oltre le mura dell'oratorio o della parrocchia. I consigli sopra esposti si rifanno alla migliore tradizione leopoldina, anche se il tema del patire dentro per comunicare agli altri lo ritroviamo nel manuale di pedagogia catechistica curato da Fr. Norberto all'inizio del secolo scorso. In poche righe Brusa sintetizza altri aspetti essenziali alla spiritualità dell'Unione Catechisti: l'amare Cristo per esserne riamato, la comprensione del Crocifisso resa possibile dall'esperienza delle piccoli croci, il sacrificio cooperante con Cristo applicato alla quotidianità ecc. Sono tutti aspetti che, riproposti con forza nell'Italia del boom economico, acquistano un valore e una forza particolari. Anche qui si intuisce la volontà di introdursi in un contesto fortemente secolarizzato, quello militare per l'appunto, proprio a motivo della sua estraneità all'influenza del Magistero. L'ex allievo in quelle circostanze operava come un autentico agente infiltrato per conto di Madre Chiesa preparandosi, con l'assiduo carteggio corrisposto da Brusa, a sostenere gli ostruzionismi che ne sarebbero derivati: "in quanto alle espressioni di disprezzo che gli altri potranno usare - spiega ancora Brusa all'amico appena nominato Sergente -, lasciale a chi non sa avere il senso del rispetto per il prossimo, queste mancanze di carità, anche se rese legali da un malcostume collettivo tu non le farai tue a suo tempo. Il Catechista non deve mai servirsi di nessun vantaggio per prevalere sugli altri, ma … solo per praticare la carità verso il prossimo " ( Ibidem ) È una concezione del potere tipicamente cristiana. Brusa invita il giovane a conquistare posizioni di rilievo sociale per dare respiro alla carità, combattendo il malcostume collettivo. L'autorità, infatti, è prima di tutto "servizio" e, come dice Fr. Teodoreto, la varietà degli stati e delle cariche è una ricchezza che va sfruttata per "permeare" la società col proprio stile di vita. In quest'ottica gli incarichi prestigiosi più che un privilegio, appaiono come un mandato da esercitare a vantaggio di sottoposti e colleghi. È ovvio quindi che Brusa trascuri l'ambizione, insistendo piuttosto sul "desiderio di bene", un "bisogno", come lui lo definisce, che "deve" bruciare le forze dei Catechisti con l'intensità della passione: "Devi essere assillato dal bisogno di fare del bene, di richiamare alla virtù e pregare per i più lontani da Gesù" ( Ibidem ) I più "lontani da Gesù" sono spesso quelli che ci affiancano nelle nostre attività quotidiane. Ecco il paradosso in cui, consapevolmente, vive il Catechista. Nel timore che la vocazione del giovane corrispondente possa affievolirsi, le attenzioni "paterne" di Brusa si moltiplicano, anche perché la grande aspirazione che consuma il Catechista è proprio quella di fornire un valido contributo per rimediare alla carenza di adesioni che affligge l'Unione. Brusa cerca di coinvolgere l'amico in questo sentimento di apprensione, presentandogli le iniziative messe in campo dai Catechisti più impegnati ad arruolare nuovi sodali. "Come sai, nella Parrocchia delle Vallette, svolge la sua attività il Catechista Pierbattisti che quest'anno si è trovato quasi solo a causa della defezione di alcuni. Spinto dalla necessità ha rivolto l'invito ad allievi della sua classe alla Casa di Carità e si è pure rivolto ad alcuni ragazzi della 2^ e 3^ media della Parrocchia, ha potuto così raccogliere intorno a se un gruppo di ragazzi che ora sta formando e preparando per la nostra sezione giovanile. L'inizio è buono e con l'aiuto del Signore qualche cosa maturerà, l'unico inconveniente è che siamo così pochi da non poter estendere questa bella iniziativa ad altri. Pensa che si sono offerti per questa attività degli allievi appartenenti ad altre parrocchie e non sappiamo come fare ad aiutarli: : "La messe è molta, ma gli operai …". Purtroppo a molti chiamati è mancata la generosità e se ne sono andati" ( Lettera EM 162, Torino, 23.01.1969 ). "Non sappiamo come fare ad aiutarli": tutto è sempre visto alla luce dello spirito di servizio. C'è tanto lavoro, ma la scarsità di uomini limita l'adempimento della missione affidata da Gesù all'Unione. Questo impedimento strutturale frustra le aspirazioni "eroiche" di Brusa già provate dalle conseguenze dell'incidente; ma non è tipo da piegarsi facilmente, anzi sembra che dopo l'infausto evento, tutte le sue energie si concentrino proprio sul problema delle vocazioni. Scrivendo all'amico in realtà si rivolge a tutte le potenziali nuove leve dell'Unione. La sua missiva ha il tono di una lettera aperta che manifesta chiaramente l'intento di attirare nuove anime adoranti ai piedi della Croce, proprio secondo il detto comunicato da Gesù a Fra Leopoldo ( 193,2 ). "Ho letto attentamente la tua lettera e sono contento dello spirito di sicurezza e fiducia che in essa sono espressi. È questo l'atteggiamento che noi Catechisti dobbiamo tenere nelle varie circostanze che il Padre ci chiama a vivere nella nostra vocazione di laici e secolari. Credi che il Signore ti ha espressamente voluto lì perché vuole da tè la testimonianza e l'azione. Agisci momento per momento secondo la tua coscienza, segui le luci inferiori che ti verranno di volta in volta tenendo il cuore rivolto a Lui, non cercare il tuo successo o la tua affermazione ma la Sua. … possa trasparire ( dal tuo esempio, ndr. ) Colui che è motivo della tua vita e gli altri lo possano scoprire vivente in tè … il combattimento è la missione del Soldato di Cristo ma è un combattimento di amore che porta sempre la luce e la pace negli uomini di buona volontà" ( Lettera EM 2, Torino, 18.01.1968 ) Brusa, nel periodo di sosta forzata seguito all'incidente, prega per la scelta di vita dei suoi ex allievi, sperando che qualcuno segua la sua strada. Il periodo di stasi è un'occasione per ripensare tutta l'intensa attività svolta fino a quel momento per la scuola e l'Unione. Ogni energia spirituale si concentra da un lato sulle radici dell' Unione ( ricerca del carisma originario, rilettura dei diari ), dall'altro sulla coltivazione di un vivaio interno o comunque parallelo alla Casa di Carità. "In questi giorni ho avuto alcune visite da parte di allievi ed ex allievi, dal colloquio è risultato che qualcuno ha il problema della scelta dello stato, bisogna pregare perché Gesù aiuti questi giovani ad essere generosi e a rispondere positivamente alla sua chiamata. Essendo poi tu Catechista, prega che Gesù mandi operai nella nostra famiglia religiosa perché cresca e possa fare quel bene che lui si aspetta da essa" ( Lettera EM 118, Pinerolo, 23.8.1968 ) Ogni riunione, ogni incontro è motivo di riflessione sul problema delle vocazioni e su quello delle origini, ad esso intimamente connesso. Ritornare al carisma del Fondatore significa riattivare la forza attrattiva dell'Istituto, non tanto per dare lustro allo stemma dell'Unione, quanto per obbedire alle volontà espresse da Gesù nel Diario di Fra Leopoldo. "Portare frutto" nel senso evangelico del termine è il vero auspicio fatto proprio da Brusa e inculcato con forza nelle giovani menti dei suoi amici. "Effettivamente durante la settimana scorsa a Torino si è tenuto il Convegno Formativo dell'Unione Catechisti; erano presenti Fratelli e Catechisti di Spagna, del Perù e del gruppo di Roma e di Napoli. Martedì 17 sono venuti in ospedale a farmi visita ( la camera era al completo ) così mi hanno in parte compensato del grande desiderio che avevo di potervi partecipare anch 'io. Mi è così rimasta la sola possibilità di pregare perché l'iniziativa porti frutto …. Caro E. siamo in un periodo di notevole importanza per lo sviluppo dell'Unione. In varie parti stanno sorgendo vari gruppi … Non dimentichiamo, inoltre, il centro di spiritualità "La Sorgente" di Poggio Palazzo che è strettamente connesso con questo sviluppo" ( Lettera EM 125, Pinerolo, 22.9.1968 ). In qualità di Catechista associato, il soldato di leva destinatario delle missive è seguito e sostenuto con grande attenzione da Brusa che probabilmente teme i pericoli e gli sviamenti insiti nella vita militare. Egli tiene d'occhio tutte le "pecorelle" stando attento che nessuna vada perduta, specie quelle costrette a vivere lontano dalla Casa Madre. Come già Fr. Teodoreto, Brusa punta il dito sulla "perseveranza". Nella sua visione organica e quadrata dell'arruolamento nell'Unione, allievi, Catechisti associati, Catechisti consacrati sono in rapporto di interdipendenza, i primi rinnovano i secondi. Se il meccanismo si inceppa, manca qualcosa: la costanza, per l'appunto. Questo fatto non induce Brusa al fatalismo pessimista; quella che è una piaga storica dell'Unione, la carenza delle vocazioni, non è un pretesto sufficiente per demoralizzarsi. "… durante una giornata di ritiro si sono rinnovate le consacrazioni dei Catechisti Associati e, come già saprai, del tuo gruppo era presente solo Simone Carlo. Quanta Grazia … che non ha trovato corrispondenza ( vedi Fr. Teodoreto ed il "trattato di cooperazione alla grazia", ndr. ). È il caso di chiederci se non sia mancata da parte nostra quella generosità che avrebbe meritato a loro la perseveranza. Comunque ringraziarne e rallegriamoci … ciò che conta è che Gesù viene per rimanerci sempre accanto e questo ci deve bastare" ( Lettera EM153, Torino, 14 dicembre 1968 ). Il tema della consacrazione viene sviluppato con ulteriori riferimenti alla liturgia. Brusa non si dilunga sull'argomento, ma manifesta una grande attenzione ai simboli della Chiesa che stanno in relazione diretta con preziosissimi contenuti spirituali. La dignità e la trascendenza di questi ultimi devono trovare un'adeguata corrispondenza nelle forme esteriori, pena la perdita di senso. "Circa la tua consacrazione …La cerimonia esteriore ha importanza e la dobbiamo celebrare, in quanto è l'espressione del nostro sentimento e richiede la partecipazione totale di noi stessi divenendo così essa un aiuto per il nostro spirito … La liturgia di questa domenica dopo Natale ci richiama alla necessità di questo silenzio interiore per meditare il mistero di salvezza che è in noi, silenzio necessario per accogliere la Parola, Verbo del Padre ed ascoltarla perché sia veramente Parola che salva. Silenzio che ognuno di noi deve saper fare dentro di sé anche nel tumulto del mondo, sia esso la caserma o altra cosa … quindi non partecipare agli interessi del mondo pur vivendo in mezzo ad esso" ( Lettera EM 156, Torino, 30.12.1968 ). La mistica del silenzio. Ecco un tema che non smettiamo di ritrovare ora nei Diari di Fra Leopoldo, ora negli scritti di Fr. Teodoreto, ora nelle riflessioni dei grandi Catechisti. Esso è collegato alla missione dell'Unione: "essere nel mondo ma non del mondo", ovvero al carisma proprio degli Istituti Secolari. La condivisione delle situazioni unita al distacco inferiore non è solo un modo di dire, ma è il segreto dell'autentico "ottimismo" cristiano che nei momenti di desolazione fissa la luce ultraterrena e ascolta il soffio dello Spirito senza darsi pena delle passioni umane. L'insegnamento di Brusa, vista la sua situazione, è davvero credibile perché di motivi per perdere la speranza ne aveva in abbondanza. Davvero istruttiva e illuminante è, in questo senso, la fraterna correzione che impartisce al giovane amico, parlando della theologia crucis. "Tu dici che lo "stare sulla Croce è una cosa non facile in quanto si tratta di una cosa pesante … che però bisogna accettare come unica via di salvezza". Ma guarda che Gesù dice: "il mio peso è leggero, il mio giogo è soave"… Il segreto sta nello scoprire veramente che cosa è la vera intimità che ci unisce a Gesù e quindi alla Madonna che hanno portato e portano il peso di questa Croce. A noi il compito di accompagnarci con loro … Pensa che San Francesco d'Assisi, poeta, diceva "tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto" e S. Teresa d'Avila, mi pare, affermava che era tanta la gioia e la pace che provava in certe sofferenze intensissime per la particolare presenza di Gesù in quei momenti, che pregava e chiedeva insistentemente di soffrire ancora. … Il segreto sta quindi nello scoprire veramente l'Amore" ( Lettera EM 174, Torino, 10 febbraio, 1969 ). La meditazione ai piedi della Croce comporta una ricerca interiore che consuma il Catechista in una vibrante nostalgia dell'acqua viva, che tutto placa e consola. L'intimità col Crocifisso, categoria fondamentale della spiritualità del Crocifisso, viene ripresa con insistenza come obiettivo di questa ricerca. Non temere di manifestare a Gesù tutta l'effusione del tuo cuore, di dirgli che gli vuoi bene, di riconoscere che ti vuoi bene, diglielo sovente: "Tu mi vuoi bene", tieni con tè il Crocifisso della consacrazione e bacialo sovente. A questo proposito ti riporto alcuni consigli presi dagli appunti del nostro Fondatore che peraltro risultano pure in alcuni articoli dei primi regolamenti: - "Voi siete del Crocifisso e il Crocifisso è Vostro" - "Dobbiamo contemplare ogni giorno il Crocifisso e amare molto le anime" - "Tenere il SS. Crocifisso nel taschino per poterlo guardare e baciare sovente" - "Non andare a riposo senza avere baciato il Crocifisso e senza domandargli perdono" Questo deve essere il nostro stile, la nostra spiritualità, la sorgente ( vedi tema dell'" acqua viva", ndr. ) di tutta la vita interiore " ( Lettera EM 81, Pinerolo, 5.7.1968 ). Le riflessioni proseguono con fitti riferimenti al Diario di Fra Leopoldo che Brusa, a dispetto delle perplessità di alcuni, ha interiorizzato in modo sistematico e proficuo. L'unità con Gesù resta lo sfondo mistico di tutte le lezioni di catechismo impartite al giovane associato. È un punto fisso, il cardine di tutta la spiritualità dell'Unione: " Naturalmente Gesù vuole anche la nostra collaborazione che sarà di lavoro e di preghiera: … ( seguono citazioni tratte dal Diario ). La preghiera illuminerà il nostro modo di lavorare e lo renderà efficace. Cerca di mantenerti unito a Gesù con la preghiera continua, come Gesù stesso chiede ripetutamente a Fra Leopoldo: "Voglio che il tuo cuore sia sempre unito al mio, conformandoglisi nell'operare ". Ti puoi servire delle giaculatorie che possono essere, secondo le circostanze, di lode, di ringraziamento, di domanda o di riparazione, come quella raccomandata tanto da Fra Leopoldo "Gesù mio misericordia" …. Altra via per progredire nell'Amore, e da non sottovalutare, sono le mortificazioni volontarie e ancora più meritorie quelle che vengono dalle circostanze della vita: "ora tu continua a farmi compagnia: a quelle anime che si offrono di soffrire per Me, tuo Gesù, io brucio il cuore d'amore" " ( Lettera EM 125, Pinerolo, 22 settembre 1968 ). È proprio la seconda iniziazione rivolta ai giovani Catechisti che già ritrovammo in Fr. Teodoreto: se la catechesi ordinaria è l'iniziazione alla vita nuova in Cristo, la seconda iniziazione legata alla consacrazione, porta al sacrificio cooperante con Cristo, vero obiettivo della vita nuova. La scelta dei passi suggerisce chiaramente questo indirizzo: le anime che si offrono sono quelle dei Catechisti. A dire queste cose è un Catechista della seconda generazione e ciò rappresenta un fatto fondamentale, che ben rappresenta il passaggio del testimone che lega Fr. Teodoreto alle nuove leve. È solo una scoria del dolorismo preconciliare sopravvissuto, come un reperto fossile, ai cataclismi delle rivoluzioni o c'è dell'altro? La risposta è decisiva e deve tener conto del fatto che Brusa era assolutamente consapevole delle novità che circolavano in materia di dogmi e divozioni ( basta sfogliare i libretti sulla Messa e l'Eucaristia che allora venivano diffusi all'interno della "sezione giovanile" ). È davvero difficile parlare di dolorismo a proposito di Brusa. Parole come "ottimista" o "speranza" gli sono abituali è ricorrono con grande frequenza nel suo lessico epistolare. Inoltre, il tono delle sue riflessioni è spesso scherzoso. Stupisce positivamente l'ironia, davvero eroica in questo caso, con cui si riferisce al gravissimo incidente subito nel '68. Ricorda vagamente il tono usato da certi reduci di guerra, rotti a tutte le esperienze, quando descrivono con noncuranza e un po' di spavalderia le ferite riportate in battaglia. Ricordiamoci che Brusa aveva rischiato la mutilazione. "Mi scrivi che in occasione dell'anniversario del mio incidente hai fatto l'esame di coscienza! Che, tu l'esame lo fai solo una volta l'anno? Un po' rarefatto, per la verità! Mica devo farmi investire più o meno una volta al giorno … non so se mi spiego … di gambe ne ho soltanto due e anche già rotte. … Coraggio non ti scoraggiare mai, sii giustamente ottimista, è Gesù che lo vuole" ( Lettera EM 179, Torino, 21.02.1969 ) Da dove viene una simile carica vitale? Sarebbe riduttivo spiegare tutto con una congenita forza di carattere. C'è, invece, una forte dose di speranza che lo sostiene, speranza legata al significato mistico attribuito al dolore. Esso non è sterile, anzi, ai suoi occhi, assume un grande significato: "Quelli che ama. Dio li mette alla prova". Parole tremende, ma che Brusa interiorizza e manifesta con una "leggerezza" sorprendente. Sembra addirittura che ci prenda gusto a trattare con sovrano e ironico distacco l'evento più tragico della sua esistenza, quasi a voler infondere nei suoi interlocutori la "tempra d'anima" che Fr. Teodoreto richiedeva ai suoi Catechisti: "Ti invito pure a tenere presente, nei tuoi incontri con altri, la "Crociata della Sofferenza": se pensi di poter fare qualcosa in questo senso me lo dici e ti invierò del materiale. Oggi sono stato a Pinerolo a ritirare le radiografie delle mie gambe e le ho contemplate a lungo ( le radiografie ) che spezzatini! Quante viti e quanto ferro! Quando andrò in pensione e si porrà per me il problema di come sbarcare il lunario, metterò su un negozio di ferramenta …" ( Lettera EM 170, Torino, 3.02.1969 ). Curiosamente il tono serio riservato alla "Crociata della Sofferenza" diventa allegro e faceto descrivendo le fratture subite alla gamba. Eppure le due cose sono, anche all'interno della lettera, in strettissima continuità. Semplicemente l'umiltà del suo spirito di sopportazione diventa, più modernamente, ironia, ma non perde una virgola del suo altissimo valore esemplare. Vera catechesi della "vita nuova", secondo le indicazioni fomite dall'attuale Catechismo Cattolico. In altri tempi, probabilmente, avremmo letto pagine piagnucolose sulla crudeltà della vita, sulle amarezze da sopportare con rassegnazione, sulle offese al corpo da patire come carne da macello. Nulla di tutto questo in Brusa: il suo spirito reagisce con ottimismo ed è lontano mille miglia dalla rassegnazione del cane bastonato. Non subisce passivamente la sofferenza, ma la mette a frutto con energia e volontà. Il lavoro di ricerca sulle fonti Dopo l'incidente Brusa si dedica ad un intenso lavoro di studio e recupero degli scritti di Fra Leopoldo e Fr. Teodoreto che ha come primo obiettivo quello di raccogliere e riunire tutti i documenti riguardanti le due figure chiave dell'Unione Catechisti. A questo lavoro preliminare segue un'analisi "comparata" se così possiamo dire delle varie trascrizioni dei detti di Fra Leopoldo, che lo porta ad un minuziosa serie di annotazioni e rilievi, necessari a purificare i detti da aggiunte, omissioni ed equivoci. Contemporaneamente Brusa collabora con il Presidente dell'Unione, Domenico Conti, che lo aiuta a compilare alcune raccolte intese a far conoscere origini e finalità dell'Unione Catechisti. Di seguito ne diamo l'elenco: 1. "Dal diario e dagli scritti del Servo di Dio Fra Leopoldo O.F.M. - I fratelli delle Scuole Cristiane. Frate! Teodoreto f.s.c. L'Unione Catechisti", 321 pagine, 1971: stampato in un migliaio di copie e diffuso anche in molte case dei Fratelli 2. "Lo sviluppo del testo dell'Adorazione nella successione delle varie edizioni": fotocopie dei fogli originali delle prime dieci edizioni, dal 1906 al 1939. 3. "L'Adorazione a Gesù Crocifisso", 81 pagine: un estratto dalla biografia "Il segretario del Crocifisso" scritta da Fratel Teodoreto f.s.c., dove vengono riportati integralmente i brani del libro, ad eccezione di un confronto fra quattro edizioni della Adorazione in cui vengono evidenziate le parti comuni e le diversità. Le edizioni sono quelle del 1906, del 1920, del 1938 ( quella Indulgenziata da Papa Benedetto XV ) e del 1966. 4. "Preghiere", libretto di 58 pagine contenente diversi detti e preghiere tratti dal diario di Fra Leopoldo, che ha una grande diffusione tra i dipendenti della Casa di Carità e i loro familiari. 5. Una raccolta di manoscritti inediti di Fratel Teodoreto, 104 pagine ( Estratti dal diario del Servo di Dio Fra Leopoldo con note autografe; 30 Lettere ai Fratelli; 2 Lettere ai Catechisti; 6 Lettere a Sr. Gabriella; Alcuni appunti autografi ) 6. "Il Bollettino - L'Amore a Gesù Crocifisso. Dagli scritti di Fra Leopoldo ", 16 pagine, settembre 1972. 7. "Il Convitto ", dagli scritti di Fra Leopoldo, 5 pagine, settembre 1972. 8. "Documentazione circa la figura degli Zelatori e degli Ascritti dell'Unione Catechisti: nelle varie edizioni del Regolamento dell'Unione; nelle circolari di Fratel Teodoreto ai Fratelli S.C.; nelle lettere di Fratel Teodoreto", 22 settembre 1973. 9. "Dal diario di Fra Leopoldo: Detti dell'Adorazione; Manoscritti vari ". 10. "Raccolta di documenti: dal Messaggio di Fra Leopoldo; dai Regolamenti dell'Unione del SS. Crocifisso; dagli scritti di Fratel Teodoreto de "Il Movimento degli Adoratori a Gesù Crocifisso nella Casa di Carità e presso le opere dei Fratelli delle Scuole Cristiane ", 11 maggio 1974. 11. "L'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata" da "Il Segretario del Crocifisso ": fotocopie del libro eseguite sicuramente dopo il 1958, di 50 pagine circa. Nel 1972, cura la ristampa del Diario di Fra Leopoldo in 5 volumi revisionando la trascrizione del professor Luigi Rostagno che, in certi punti, tradiva la fedeltà al testo. Infine, provvede a far stampare in copie litografiche i manoscritti di Fratel Teodoreto suddividendoli in 4 volumi, coi seguenti titoli: 1 - L'ideale cristiano e religioso 2 - Mezzi di perfezione 3 - Pensieri sulle regole e costituzioni del 1949 4 - Regole del governo dei Catechisti Congregati del 1933 Il modo col quale Brusa presenta uno dei lavori dedicati al frate di Terruggia illumina chiaramente l'intento che anima questa sua attività di ricerca, tutta volta a riscoprire, nella loro purezza originaria le radici profonde dell'Unione: "Spero che questo lavoro ( l'estratto del Diario di Fra Leopoldo ) possa essere un contributo per approfondire la conoscenza del messaggio che ci è stato trasmesso tramite Fra Leopoldo e in modo particolare per quella parte che riguarda le Opere sorte dalla "Adorazione a Gesù Crocifisso". Le Opere, cioè le realizzazioni pratiche e tangibili che suscitano l'ammirazione di chi si limita ad osservare l'aspetto esterno della Casa di Carità e dei suoi distaccamenti peruviani, nulla sarebbero, ad avviso del Catechista, senza il motore segreto della spiritualità leopoldina. Fatto essenziale, questo, per capire la psicologia e la grandezza del personaggio. A Brusa non mancano i pretesti per intraprendere la sua attività di ricerca. Scrivendo al Prof. Federico Ruffinello di Napoli ( 1 aprile 1971 ), rivela ad esempio di aver selezionato una serie di "detti", riguardanti Fr. Teodoreto e l'Unione Catechisti, per celebrare degnamente il centenario della nascita del Fondatore. In realtà gli obiettivi immediati sono altri, primo fra tutti quello che gli studiosi della Bibbia chiamerebbero il "ritorno alle fonti", ossia ai manoscritti originari, quasi a voler udire con le proprie orecchie la stessa voce recepita da Fra Leopoldo. Ciò avviene sia per l'Adorazione che per i Diari. "Colgo l'occasione per offrirti fotocopia della Adorazione a Gesù Crocifisso più antica che io sia riuscito a rintracciare. È un foglio manoscritto di Fra Leopoldo che risale all'agosto del 1906, come risulta dalla nota aggiunta a matita da Fratel Teodoreto sul foglio stesso. È molto significativo come lui, semplice cuoco con un limitato grado di cultura profana e ritirato in convento, portasse nel suo cuore tutti i problemi del mondo a lui contemporaneo. Viveva così l'insegnamento di S. Paolo: "Abbiate in voi lo stesso sentire che fu in Cristo Gesù" ( Fil 2,4-5 ) e questi sentimenti li viveva con Gesù Crocifisso entrando nel suo cuore attraverso le Piaghe aperte. … Per noi Catechisti, nati dall'Adorazione, questo sia di esempio affinché … la nostra vita si realizzi secondo il Cuore di Gesù. Tutto dobbiamo portare a Lui nella nostra "Adorazione" quotidiana, poiché per essa tutto ci verrà da Lui" ( Torino, 21 dicembre 1971, a Jorge Pascual di Barcellona ). "Già in altre circostanze ti ho accennato che la trascrizione ( di Rostagno ) è discutibile, perché falsa la virilità del carattere di Fra Leopoldo facendolo apparire sovente sdolcinato e a volte non è nemmeno riportato con esattezza il pensiero di Fra Leopoldo. Inoltre la copia dattiloscritta che è stata riprodotta nella stampa di questi volumi contiene pure errori dovuti a successive ricopiature dalla trascrizione originale. Questa pubblicazione ( curata da Brusa ndr. ) è per il momento il meglio che abbiamo potuto fare … la lettura … permette una sufficiente conoscenza … del messaggio trasmessoci tramite il Servo di Dio" ( Torino, 8 marzo 1973, a Jorge Pascual di Barcellona ) La dinamica del recupero intrapreso è manifestata chiaramente nei due passaggi chiave delle lettere inviate a Pascual: "per essa tutto ci verrà da Lui" e la "lettura permette una sufficiente conoscenza del messaggio trasmessoci". Ossia, risalendo al manoscritto originario dell'Adorazione si tocca quasi con mano la fonte di tutte le grazie che pioveranno sull'Unione; inoltre, rileggendo la versione integra del Diario leopoldino si ha modo di "conoscere" il messaggio rivolto ai Catechisti, dato che in quelle pagine non si descrivono solo le gioie delle pregustazioni mistiche ( prospettiva oltremondana ), ma vengono impartiti degli ordini precisi ( circa l'Ordine e l'Opera che verranno ). Si noti pure, nella lettera a Pascual, il riferimento specifico al tempo futuro "verrà" e soprattutto al pronome "ci" che si riferisce direttamente a "noi Catechisti". C'è, insomma, l'attesa per qualcosa di grande e di buono per i membri dell'Unione che siano in grado di sfruttare, nel suo spirito originario, quel mezzo privilegiato di intimità con Cristo che risponde al nome di "Adorazione", al fine di realizzare gli obbiettivi anche "secolari" delineati nel "messaggio" trascritto da Fra Leopoldo. Brusa avverte intorno a sé le perplessità di chi non capisce tutto quell'affannarsi a rovistare tra vecchi manoscritti e scartoffie d'archivio e, di conseguenza, tenta quasi di scusarsi arrivando a parlare di una sua "mania". "Colgo l'occasione per allegare pure alcuni fac-simili di documenti scritti da Fratel Teodoreto e Fr. Leopoldo. Non sono novità … ma cosa vuoi, per me è un po' una "mania" fare delle raccolte e non perdo mai occasione per cominciarne una nuova: il guaio è che sento il bisogno di farlo sapere anche agli altri e così li carico di carta stampata" ( Torino, 28 maggio 1974, al Signor Jorge Pascual di Barcellona ). Per la verità, però, è una fissazione solo apparente: difatti, le decine di lettere, con le quali annuncia queste sue iniziative, sono dirette, con grande oculatezza, ai Fratelli S.C., ai Catechisti spagnoli, ai novizi che per impegni di vario genere rischiano di perdere i contatti con la Sede Principale. C'è insomma l'intento, per nulla irrazionale e impulsivo, di diffondere un clima mentale favorevole al recupero di quella "fede dei primi cristiani" che, invocata in tempi diversi da fra Leopoldo e Padre de Cloriviere ( i due grandi modelli di Fr. Teodoreto ), potrebbe suscitare una nuova e grande primavera di carismi e vocazioni. "La lettura del messaggio scritto nel Diario di Fra Leopoldo, io credo, deve portarci prima di tutto ad una maggiore comprensione dell'Adorazione", che ne esprime sostanzialmente la sintesi e spiega quindi il contenuto della nostra vocazione (1). Dalla Adorazione noi dobbiamo ricavare il nostro modo d'essere in rapporto con il Signore(1a). L'amabilissimo Dio Gesù Crocifìsso, e lo stile della nostra vita-apostolato. vale a dire il nostro impegno nel mondo (1b) e verso il mondo. Se tutto questo lo viviamo in stretta unione con Gesù e secondo il Suo Cuore (1a) … questa preghiera può essere soltanto la "Adorazione": è l'impegno che Gesù ha voluto da noi chiamandoci ad essere suoi Catechisti. A noi tocca lo sforzo per essere quelli che Lui ci vuole anche se ciò ci può richiedere di andare contro la mentalità del mondo di oggi (1b). Sovente nel Diario di Fra Leopoldo si legge che occorre ritornare alla fede dei primi cristiani (2) ed allora vi sarà una nuova aurora (3) … un 'atmosfera purificata dallo smog del vizio e del peccato che oggi rende l'aria irrespirabile" ( Torino, 13 febbraio 1973, al Sig. Jorge Pascual di Barcellona ). "La ringrazio per il suo ricordo nella preghiera … Questo ci permette di rimanere uniti nel Signore Gesù e di comunicarci quella grande ricchezza che ci viene dallo scambio di doni che è possibile nel Corpo Mistico. Io e i Catechisti sentiamo tanto il bisogno di questi beni per poter crescere nell'amore a Gesù Crocifisso e per il nostro apostolato sempre tanto difficile a causa delle varie situazioni d'ambiente e per i tempi che corrono " ( Torino, 2 febbraio 1971, a Padre Rufino Liprandi o.f. m., Meadi - Egitto ). Nella lettera al padre francescano ( c'era un interlocutore più appropriato? ) appare chiaramente ciò che Brusa si attende dalla "fede dei primi cristiani": una comunicazione continua di "doni" mistici finalizzata alla crescita della comunità. Attraverso gli scritti, però - ed è questa la ragione che spinge Brusa a diffondere le raccolte - Gesù suggerisce ai suoi Catechisti i modi, i tempi e gli scopi che permettono di innescare questa catena di effetti positivi. Tutto si origina nell'Adorazione, che assicura l'intimità vivificante col Crocifisso ( "Tu ami Me, Io amo tè" si legge nel Diario leopoldino ), a questa si aggiungono i detti che permettono di meditarla e di tornare nella condizione ideale ( per spirito di dedizione ) dei primi cristiani: infine, la Provvidenza invierà a suo piacimento le "benedizioni" indispensabili alla realizzazione di quel "piano" di Dio che l'Unione ha l'onore e il dovere di adempiere col soccorso fondamentale delle nuove vocazioni, le quali costituiscono un traguardo non trascurabile dell'apostolato giovanile. "Nel fare questo lavoro, mi sono proposto di mettere a disposizione dei Fratelli e dei Catechisti del materiale … che riguarda l'Istituto dei Fratelli S. C. e l'Unione Catechisti perché è da loro che il Signore si aspetta la diffusione dell'Adorazione a Gesù Crocifisso e la realizzazione delle Opere ad essa relative". Diversamente "l'Unione non si potrà sviluppare secondo il piano prestabilito dalla Divina Provvidenza" ( Torino, 2 febbraio 1973, a Fr. Saturnino Ricci di Albano Laziale ) "Mi è gradita l'occasione di queste altre pagine di Fra Leopoldo appena pubblicate per scriverti due righe di risposta alla tua lettera … Ti restituisco il foglio che hai allegato alla lettera. Non ho osservazioni da fare, credo che la nostra ansia debba essere quella di far incontrare i giovani con Gesù: "Lasciate che i bambini vengano a me" ( Mt 19,14 ). Chi sarà semplice come loro Lo incontrerà e Lui gli dirà cosa vuole, lo salverà e, se è nel suo piano provvidenziale, ne farà anche un apostolo " ( Torino, 17 marzo 1972, a Federico Ruffinello di Napoli ). C'è dunque un "progetto" nel panorama esistenziale di Brusa, ma soprattutto l'attesa di una "nuova aurora" della fede cristiana in grado di infiammare il suo zelo apostolico, sospingendolo di nuovo al centro della "buona battaglia" che, pur nei limiti imposti dalle precarie condizioni fisiche, egli non rinuncia a combattere anche se avrebbe motivi più che validi per cedere ai colpi del destino e ritirarsi chissà dove a godersi un meritato pensionamento. Parlando del suo attuale lavoro, più volte Brusa adopera termini come "riscoprire" e "riscoperta". Tutto ciò dovrebbe stimolare l'interesse dei suoi sodali, ma non è così. Alcuni sembrano attendere il pretesto giusto per criticare l'impianto generale dell'iniziativa, altri rimangono perplessi, non riuscendo ad apprezzare appieno i suoi sforzi e si limitano a "lasciar fare". Solo il Presidente Conti lo incoraggia apertamente, ma vengono dei segnali molto positivi anche dall'esterno: alcuni Fratelli infatti non perdono occasione per manifestargli affetto e considerazione, al punto che Brusa si sente obbligato a ringraziarli con un tono tra il sorpreso e il commosso. "Carissimo Frate! Saturnino, innanzitutto la ringrazio per le buone parole di incoraggiamento che Lei mi scrive, mi creda, a volte, quando si è nella "nebbia " e non si riesce più a vedere un palmo più avanti del naso, si sente il bisogno di essere incoraggiati. Sono contento che i manoscritti di Fratel Teodoreto possano essere utili ad altri Fratelli … " ( Torino, 18.11.1970, al Fr. Saturnino Ricci, Albano Laziale, Roma ). La "nebbia" non è solo lo scoraggiamento personale, ma qualcosa di più vasto, ossia quella "atmosfera di vizio e peccato", citata nella lettera a Jorge Pascual, che dovrebbe essere spazzata via dalla "nuova aurora" della Cristianità. Il metro morale di Brusa evita di scadere nelle ipocrite distinzioni che il laicismo pone tra moralità pubblica e privata: l'una è legata all'altra. Le primavere della Chiesa, si pensi al francescanesimo ed all'epopea dei santi sociali torinesi, sono segnali di "controtendenza" che prendono sempre avvio da una dimensione privata e personale, ma che puntualmente hanno enormi riflessi anche sul piano sociale. È in questa prospettiva che Brusa intende recuperare gli scritti di Fra Leopoldo, nei quali non mancano forti invettive contro il malcostume dilagante che certi politici in malafede ( indipendentemente dai partiti d'appartenenza ) fomentano con diabolica perseveranza, quasi a neutralizzare e prevenire ogni decisa reazione morale alle loro malefatte. " … noto dai suoi scritti quanto lei soffra per la situazione politica che ormai tormenta il nostro caro Paese da decenni. Il settore politico non è che un aspetto di un malcostume che ci sta portando alla deriva. Leggendo in questi giorni il Diario personale del Servo di Dio Fra Leopoldo ofm …ho trovato dei "Detti" che ancora oggi mi fanno riflettere. … Ciò che noi constatiamo ( nella politica odierna, ndr. ) non è che il frutto di una vita senza fede, frutto di cuori ormai lontani da Dio … quindi abbandonati alla passione e all'egoismo. I frutti non sono buoni sia che si faccia il centro-sinistra, … il centro-destra e nemmeno se si rimane al centro. Noi che dobbiamo fare, esaurirci in proteste sterili? È la Madonna stessa che ci suggerisce il comportamento. Offriamo tutte le nostre energie per affermare il bene con tutti i mezzi a nostra disposizione, Gesù vuole da noi la nostra collaborazione … " ( Torino, 8.7.1970, a Perardi Giuseppe ). Ovviamente è la "collaborazione" a un progetto che trova la sua traccia di fondo negli scritti di Fra Leopoldo e Fr. Teodoreto. Basta saperli leggere e Brusa, nel suo piccolo, si attiva per consentire una rilettura di quei testi che fosse anche sensibile ai segni dei tempi. L'impegno per la diffusione della Divozione Negli anni '70 l'impegno profuso per la diffusione dell'Adorazione aumenta considerevolmente. Ciò che stupisce è il fatto di scorgere, in una personalità che ha maturato esperienze professionali così lontane dalla mistica, una tale sensibilità nei confronti di un umile francescano quale Fra Leopoldo. Il fatto è reso più evidente dai rapporti epistolari tenuti con religiosi che da Brusa stesso ricevono consigli e suggerimenti per meglio interpretare la natura della Divozione; le normali gerarchie si invertono, in questo caso infatti è un religioso che si rivolge ad un laico ( anche se consacrato ) per ottenere delucidazioni in merito a questioni spirituali: "Al Reverendo Fra Geraldo Molins, Convento di San Domenico, Bologna Ho ricevuto la sua adesione al Movimento Adoratori e le invio la pagellina per l'anno 1976-77. La ringrazio per le sue lettere e mi voglia scusare se non ho risposto … Voglia ricordare nelle sue preghiere i nostri giovani che si stanno preparando a diventare Catechisti. " ( Torino, 5 aprile 1977, Brusa a Fra Geraldo Molins ) Anche il rapporto con i Catechisti di lingua spagnola è ravvivato dall'intento di sostenere la causa della Divozione che, per la verità incontrava, sull'onda del rinnovamento post-conciliare, qualche difficoltà in ordine specialmente alla figura del suo estensore. Fra Leopoldo Musso, erroneamente assimilato a quel sentimentalismo dolorista che tanto angustia i campioni dei nuovi tempi. Scrivendo ad un simpatizzante colombiano ( a Baranquilla, fin dagli anni '50, emerge un forte interesse per l'Unione Catechisti ), Brusa lo esorta con forza a fondare una nuova sezione del Movimento Adoratori. La spinta missionaria non abbandonerà mai il Catechista torinese: anche nei momenti di maggiore disorientamento ideologico la Divozione contro ogni falsa prudenza umana viene promossa quale viatico sicuro per chi voglia raccogliere i frutti della "carità autentica". " Stimatìssimo signor Saul Raul Castillo, il suo zelo nel diffondere la pratica dell'Adorazione a Gesù Crocifisso mi fa pensare all'opportunità di suggerirle di promuovere tra le persone ed i giovani che incontra, il Movimento degli Adoratori: Ascritti e Zelatori. … proponga la preghiera alle Cinque Piaghe di Gesù, invitando ad impostare la vita alla luce dei valori che questa contiene. Può così ottenere che la recita di una formula si trasformi in pratica di vita … A coloro tra gli ascritti che manifesteranno un particolare fervore in questa pia pratica suggerisca di impegnarsi per diffonderla … La carità quando è autentica è anche operosa ed ha delle risorse inaspettate " ( Torino, 20 ottobre 1974, Brusa a Raul Castillo di Bogotà, Colombia ) L'interpretazione della Divozione come sigillo di autenticazione della carità cristiana è un aspetto interessante della spiritualità di Brusa e giustifica in gran parte il suo interesse per la formulazione originaria, e quindi autentica, della preghiera di Fra Leopoldo. L'intento mistico, più che teologico, di qualificare la pratica delle virtù cristiane con la recita di una preghiera, risalta chiaramente in una lettera inviata all'amico Renato Bidese nella quale l'abbandono completo in Cristo, ottenuto dalla meditazione sulle Piaghe di Cristo, diventa, almeno a livello personale, il primo obiettivo dell'Adorazione ( le "benedizioni" sull'Unione sono una conseguenza successiva ): " Sì, lascialo crescere dentro di tè, lasciati impossessare da Lui. Questo è il mio augurio. Che tu possa dire come San Paolo, "non più io vivo, ma Cristo vive in me" " ( Torino, 25 dicembre 1972, Drusa a Renato Bidese ) La preghiera, dunque, diventa motivo di condivisione, non di riflessione speculativa, di relazione amicale ( secondo quanto prescritto dal Catechismo Cattolico ) non di gratificazione cerebrale. Si legge nello sfondo la lotta ingaggiata da Brusa contro la sviante sensazione dell'isolamento che certo doveva riaffiorare, a tratti, nelle lunghe notti trascorse a meditare gli scritti di Fra Leopoldo: di conseguenza l'approccio alle verità di fede è vissuto e sofferto fino in fondo. Sono le preoccupazioni esistenziali, più che i sillogismi, che spingono Brusa a privilegiare la dimensione mistica dell'esperienza leopoldina e a scovare affannosamente nuovi stimoli negli scritti del francescano. Fra Leopoldo ha conosciuto e vinto angustie e dolori che anche Brusa ogni giorno intende affrontare e risolvere "rimanendo nell'Amore senza limiti": " La preghiera se vogliamo non è poi tanto difficile: quando abbiamo qualche problema o qualche desiderio, basta uscire dal dialogo egoistico ed infantile … per aprirci ad un dialogo con Gesù e la sua mamma, … se sappiamo pregare Gesù ci forma, ci educa, ci fa scoprire il vero bene, ce lo fa desiderare … Gesù è il maestro buono che ci ama … come dice a Fra Leopoldo: "sappia il mondo che per un 'anima sola, pur di vederla salva, mi lascerei di nuovo crocifiggere" ( 29.3.1917, 1834 ). Rimani in questo amore senza limiti, è il mio rinnovato augurio " ( Torino, Epifania 1971, Brusa a Renato Bidese ) La lotta quotidiana per l'esistenza, il tema sottinteso della solitudine emergono chiaramente in un altro scritto dei primi anni '70, nel quale Brusa sembra voler illuminare l'essenza più profonda del suo amore per Cristo, un amore che appare davvero indispensabile alla stessa sopravvivenza dell'uomo "provato" dalla vita. Nel secondo dopoguerra la filosofia europea trascura le grandi questioni teoretiche, per concentrarsi sulle angosce esistenziali dell'uomo ( solitudine, disperazione, morte ): pensiamo all'opera di Sartre. Sono gli stessi temi affrontati da Brusa, anche se con parole più semplici, nelle lettere indirizzate agli amici, con la differenza che alle astrazioni dei filosofi, egli oppone la realtà di un Uomo. "Ti trovi come chi, in un mare in tempesta, non sa nuotare …e facilmente si trova con la bocca piena di acqua salata e amara. In questi casi l'unica salvezza è l'avere a portata di mano un buon salvagente, e tu il salvagente lo hai sempre a disposizione: Gesù" ( Gressoney, 23 luglio 1970, Brusa a Renato Bidese ) Questa confessione ci offre uno squarcio molto profondo della sua vita interiore. Il Cristianesimo che traspare da queste righe non è un orpello da sfoggiare in qualche dibattito culturale e neanche una filosofia del buon senso utile per esorcizzare la paura della morte o i contrasti tra le classi sociali ( per quanto possa essere pure questo ). Qui, come direbbe Messori, il Cristianesimo è prima di tutto una Persona che Brusa, in ogni modo, vuole sentire vicino sé. Se l'Inferno è innanzitutto separazione eterna da Dio, con tutto quello che questa separazione comporta in termini di angoscia, la pace interiore è essenzialmente garantita dall'intimità con Gesù, Colui che, realmente, ci ama più di ogni altra cosa. Questa visione di fondo si evince da molte lettere di Brusa, nelle quali "l'intimità col Crocifisso" esaltata da Fra Leopoldo, non è affatto l'espressione di una religiosità ingenua e puerile, ma una vera categoria esistenziale assimilata con forza per poter sopravvivere alle sconfitte della vita: "Da parte tua impegnati a respingere il male che tende a separarti da Gesù; lo sai che ti vuole tanto bene al punto di accettare di soffrire il martirio della croce per tuo amore affinché tu possa avere la pienezza della tua vita… il soldato deve combattere a volte delle battaglie difficili, ma non temere perché Gesù è sempre al tuo fianco e non ti abbandona anche se qualche volta ti capita di dimenticarti di Lui" ( La Sorgente, 20 settembre 1971, Brusa a De Leo Antonio ). La preminenza della confidenza amicale con Gesù spinge Brusa a sostenere la diffusione dell'Adorazione anche presso i Fratelli, ai quali, a giudizio del Catechista, l'Unione può fornire un grande arricchimento spirituale, svelando aspetti della quotidianità condivisa col Crocifisso che la famiglia lasalliana, forse, non aveva colto fino in fondo. Inizia così un fitto rapporto epistolare coi Fratelli che non è esente da qualche osservazione critica nei confronti di chi non coglie la natura profonda della secolarità consacrata. "Il dr. Conti sta lavorando per portare avanti il pensiero dell'Unione in seno agli Istituti secolari dopo il Convegno di Roma, che, come è stato impostato, ha tentato di far escludere "Istituti" come il nostro dalla denominazione di "Istituti Secolari". La opposizione alla sua azione è forte … Anche il Papa parlando recentemente ai dirigenti dell'Azione Cattolica italiana ha richiamato l'importanza e la necessità dell'apostolato e delle opere d'apostolato dove i laici si devono organizzare per portarle avanti. Il convegno di Roma intanto sosteneva che un apostolato organizzato e le stesse opere di apostolato eludono la secolarità … ! Come si fa ad affermare tali assurdi? … Almeno si rispettassero i Carismi che lo Spirito ha dato ad ogni Istituto tramite i loro Fondatori! " ( Torino 19 novembre 1970, Brusa a Fr. Jairne Pujol ) La foga con la quale Brusa difende il carisma del Fondatore, al di là delle osservazioni di merito, manifesta chiaramente una carica interi ore che l'incidente non ha per nulla incrinato e che anzi, forse, ha ulteriormente rafforzato. Alcuni religiosi evidentemente sono positivamente impressionati da questo zelo e rispondono in modo incoraggiante alla sua campagna in favore della Divozione. Fra questi spiccano i nomi di Fr. Jaime Pujol ( Parigi ), Fr. Franco De Simone ( Pompei ) e Fra Geraldo Molins O. P. ( Bologna ) che nel 1977 aderisce al Movimento Adoratori. I documentari Un'altra fase importante di questo lavoro di riscoperta delle radici e delle motivazioni profonde che stanno alla base dell'Istituto, è rappresentato da una serie di filmati dedicati alla Sindone e alla Casa di Carità. In tale occasione Roggero e Luca Pacella aiutano Brusa in funzione di assistenti e partecipano ad un intenso lavoro di ricerca: "Eravamo assidui frequentatori dell'Elle.Di.Ci. Abbiamo cominciato con un video sulla Sindone " Tutto inizia con una serie di foto del sacro lino. Poi Brusa entra in contatto col Centro di Sindonologia del Prof. Baima Bollone e comincia a lavorare sulle immagini tridimensionali messe a punto dal Prof. Tamburelli, responsabile dello Cselt: sono le prime del genere in Italia a riprodurre con tanta fedeltà i lineamenti dell'Uomo sindonico. Questo studio di carattere fotografico è accompagnato da un'opera di documentazione, che porta Brusa a prendere in esame tutti i testi disponibili in materia di Sindonologia. Col tempo acquisisce una conoscenza molto approfondita dell'argomento, arrivando a costituire una biblioteca specialistica, contenente volumi e pubblicazioni di grande valore. "Da quel momento in avanti alla Sorgente la Sindone è diventata il punto di forza, permettendo di valorizzare l'Adorazione a Gesù Crocifisso in un periodo poco favorevole a queste forme di culto" ( Luca Pacella ). Brusa continua a coltivare i rapporti avviati con il Centro di Sindonologia e con gli esperti di fama internazionale che vi prestano la loro opera. Diversamente dagli altri studiosi, però, che si limitano a studiare l'"oggetto" Sindone in maniera distaccata e asettica, egli, pur non sottovalutando il versante scientifico del problema, inserisce le scoperte e le valutazioni sorte in seguito all'analisi del tessuto, del sangue ecc., in un contesto spirituale che ben manifesta il taglio "catechistico" impresso a questa sua nuova iniziativa. Difatti, la proiezione dei filmati, che corona mesi di ricerche, consultazioni e montaggi fotografici ( curati da Roggero ), viene sempre accompagnata dalla lettura della Bibbia. Questa impostazione scientifica nei contenuti, ma apostolica nelle sue finalità è molto apprezzata perché trasmette in maniera esemplare la filosofia di fondo che dovrebbe animare la Casa di Carità. "Il primo filmato messo a punto con Brusa riguardava la Sindone. Ci ha dato delle grandi soddisfazioni al momento della sua divulgazione. Prima di iniziare la divulgazione nelle parrocchie, però, Brusa, scrupoloso come sempre, ha preteso di avere l'approvazione degli esperti del Centro di Sindonologia; entrò in contatto con questi studiosi spinto dal suo grande "desiderio " di verità, non certo per ambizione. Avendo l'intenzione di diffonderlo voleva avere la certezza di non essere smentito proprio su un tema che toccava da vicino il carisma dell'Unione. Aveva voluto anche l'approvazione di Mons. Ricci che aveva scritto un libro sull'argomento. Si era procurato, presso lo Cselt, le foto tridimensionali della Sindone autografate dal Prof. Tamburelli, al quale aveva spiegato che il filmato non aveva finalità di lucro ma voleva essere solo una testimonianza nostra. Siamo stati tra i primi, in Italia, ad entrare in possesso di quelle foto e la cosa non era certo da poco. Finalmente dopo tante ricerche, verifiche ed un lungo lavoro di montaggio abbiamo presentato in anteprima il filmato presso il Centro di Sindonologia ricevendo i complimenti di Baima Bollone e di altri. Così abbiamo potuto avviare questa forma singolare di apostolato con il loro beneplacito. La cosa colpisce molto se si pensa che non voleva essere un documentario di divulgazione scientifica, ma una vera "preghiera filmata"; la sequenza delle immagini, infatti, è accompagnata dalla lettura di passi della Bibbia, accuratamente selezionati così da dare forma ad una vera Adorazione a Gesù Crocifisso. Brusa poi ha voluto la gigantografìa della Sindone alla Sorgente, proprio per illuminare meglio le Piaghe di Nostro Signore sulle quali si svolgeva l'Adorazione al Crocifisso. Il discorso sulla verifica dell'autenticità non era il nostro problema: la Sindone aiuta a pregare, spinge a pensare a Gesù Crocifisso … questo è quello che conta! Anche Don Lanfranco aveva presentato la cosa in questi termini. La Casa di Carità è stata fondata dai Catechisti del Crocifisso? Bene, la Sindone ci presenta il Crocifisso e dunque è un validissimo punto di riferimento. Il filmato, nel settembre del '79, fu presentato a Roma presso la Direczione Generale dei F.S.C., davanti ad una platea di 500 ex allievi. Io e Marino, accompagnati da Brusa e dal Dott. Conti, eravamo presenti in qualità di ex allievi della Casa di Carità, la "costoletta povera " del mondo lasalliano. Nel pubblico c'erano grandi luminari, fior di laureati eppure il filmato ha ricevuto molti consensi. Siamo stati tre giorni a Roma e abbiamo avuto modo di visitarla" ( Luca Pacella ). Nel 1978, poco dopo la produzione di questo filmato, viene realizzato un lavoro analogo sulla storia della Casa di Carità Arti e Mestieri, con l'intento di spiegare agli allievi l'origine, per nulla banale, di un Istituto che era ormai entrato a pieno titolo nel panorama industriale di Torino. Per la colonna sonora ed il montaggio Brusa sceglie due ex allievi ( Luca Pacella e Marino Renda ), ai quali si aggiunge Piero Roggero, attuale membro dell'Unione Catechisti, che, al fine di migliorare la qualità delle foto ed accelerare i tempi di lavorazione, allestisce, presso la "Sorgente", un vero e proprio laboratorio fotografico. "Alla mattina venivano "pensate" le foto e alla sera, dopo diverse prove, erano già pronte. Brusa le faceva ripetere più e più volte fino a che non risultassero esattamente come le voleva. Si realizzavano anche dei foto-montaggi. In un certo senso, Brusa era al tempo stesso produttore e regista " ( P. Roggero ). Le ricerche bibliografiche e la produzione di audiovisivi sono impegni il cui valore cresce, e di molto, se rapportato alle gravi condizioni di invalidità in cui venivano svolte. Attardarsi a descriverne la portata significa, al di là del giudizio sui singoli lavori, poter apprezzare lo spirito reattivo con cui Brusa affronta la sua nuova condizione. Molti al suo posto avrebbero mille e più motivi per tirare i remi in barca: lui no, lui è un Catechista del Crocifisso. Chi gli sta accanto rimane impressionato da questa sua tenacia conservandone un ricordo ammirato. "Tutta questa attività, che sarebbe notevole per una persona sana, fa meraviglia nelle sue condizioni. Ed era svolta quasi in silenzio. " ( P. Roggero ) Brusa incarna uno stile di comportamento nuovo e originale. Alla Casa di Carità i suoi allievi più fidati vengono perfino soprannominati ( dai compagni di classe ) "brusisti", le sue opinioni nel campo della didattica sono tenute nella massima considerazione ( "l'ha detto lui!" ), le sue schede scolastiche plasmano in modo determinante le modalità di studio e insegnamento praticate nella scuola. La sua personalità così energica, anche dal punto di vista fisico, e così "spietatamente" metodica nella professione, tanto da costringere i suoi collaboratori a fare e rifare più volte lo stesso lavoro, sono il segno ancora oggi vivo, nella memoria di molti, di un modo nuovo, moderno, quasi "agonistico" di interpretare il carisma di Fr. Teodoreto senza per questo travisarlo. Gli ultimi momenti Uno degli ultimi impegni assunti da Brusa, è rappresentato dalle colonie estive organizzate a Baldissero per i ragazzi delle famiglie meno abbienti. Per quanto tenti di non darlo a vedere, le aggravate condizioni di salute ( ricordiamo i problemi circolatori alle gambe ) trasformano queste sue scampagnate in imprese sovraumane. Nel 1982, come da anni ormai, trascorre alla "Sorgente", insieme alla madre e ad alcuni allievi della Casa di Carità, il mese di agosto: terminate le vacanze, coltiva l'ambizione di presenziare, con tutti gli altri insegnanti, alla ripresa dell'anno scolastico. Si vanno, però, frapponendo mille piccole difficoltà che ritardano la sua partenza da Baldissero. La chiusura dei locali, la preparazione dei bagagli, nonché i soliti problemi di deambulazione che gli rendono doloroso ogni spostamento sulla lunga distanza, lo costringono a rimandare il ritorno. Ogni piano, ogni previsione è sottoposta alla tirannia di fattori secondari e di imprevisti che gli impediscono di gestire in modo autonomo la propria giornata: questa situazione lo deprime molto, come avrà modo di confidare più tardi a Rollino. La mattina del 2 settembre, verso mezzogiorno, Brusa rientra finalmente a casa. Qualche ora dopo Rollino lo accompagna in una Pizzeria di Via Casteldelfino, a mangiare un boccone, quindi i due amici si dividono: Brusa trascorre il resto della giornata a casa, mentre Rollino si reca alla Casa di Carità di Grugliasco, dove dirige i corsi preserali ( 18,30-21,30 ), per poi rientrare verso le 22. È ormai notte fonda quando Brusa avverte i primi sintomi di quel malore che, a giudicare dai fatti, l'avrebbe portato nel giro di qualche ora al decesso. "Verso l'1 o 2 di notte, la mamma di Claudio venne a svegliarmi perché Claudio stava male. Scesi subito e trovai Claudio in piedi pallido e tremante. Mi raccontò che nella notte si era alzato come aveva fatto altre volte a bere un bicchiere di latte freddo dal frigo. Mi raccontò pure che aveva avvertito, in quei minuti, un malore non ben definito accompagnato da sudore freddo, di qui la decisione di prendere una pastiglia di Buscopan. La crisi, ora, era passata ma rimaneva in un penoso stato di prostrazione. D'accordo con sua madre gli proposi di chiamare l'ambulanza per un pronto soccorso ospedaliere. Claudio rifiutò decisamente questa proposta ( forse temeva un trauma doloroso durante il trasporto date le condizioni dei suoi piedi: sopportava con difficoltà anche solo il peso del lenzuolo e delle coperte ). Decidemmo allora, con il suo consenso, di chiamare la guardia medica notturna, per una visita di controllo. Dopo circa un quarto d'ora, si presentò una giovane dottoressa, che dopo avere controllato cuore e pressione sanguigna, non avendo riscontrato, in quel momento particolari problemi, prescrisse il Buscopan come calmante. Cosa che Claudio già aveva fatto. Durante la visita medica Claudio era calmissimo e perfettamente lucido, rispondeva a tono, descrivendo tutti i particolari del malore che lo aveva colpito, quello che si sentiva e quello che aveva fatto anche con qualche punta scherzosa come era sua abitudine. Alla dottoressa domandai se fosse necessario l'acquisto di medicinali, cosa che lei escluse decisamente. Dopo questo intervento Claudio si era ristabilito e si accingeva a prendere sonno. Mi fermai ancora accanto al suo letto con la madre per circa mezz 'ora parlando sottovoce per rassicurarla. E poi alla richiesta esplicita di Claudio che ci invitava a lasciarlo dormire, rientrai nel mio alloggio. Erano circa le quattro del mattino. Verso le sei fui svegliato da una telefonata della madre che mi comunicava angosciata la morte del figlio. Mi precipitai a casa sua e lo vidi sereno nella posizione in cui l'avevo lasciato qualche ora prima: era passato direttamente dal sonno alla morte." ( Leonardo Rollino ) Tutto è concluso. I 14 anni di purgatorio sono giunti al termine, anche se quella scomparsa improvvisa appare ancora oggi "traditrice". Brusa probabilmente immaginava di affrontarla in modo diverso, con tutti i crismi della "buona morte", invece viene colto di sorpresa. Ancora una volta qualcosa sfugge al suo assillante bisogno di programmare, prevedere, inquadrare con rigore razionale gli atti dell'esistenza. Perde le cose migliori senza preavviso, nel giro di pochissimi minuti: 14 anni prima la salute, ora la vita. Ispirato dalla "dedizione totale" praticata da Fra Leopoldo, si abbandona completamente alla Provvidenza e questa decide per lui, stravolgendo gli orari e i piani della sua esistenza, in modo sorprendente, quasi enigmatico. Ciò nonostante, Brusa non diserta, rimanendo in prima linea fino all'ultimo. Al riguardo suonano profetiche e perfino commoventi le parole scritte qualche anno prima ad un giovane Catechista associato: " …oggi ( 10 febbraio 1969, ndr. ), vigilia della prima apparizione della vergine SS. A Lourdes, celebro il primo anniversario del mio incidente; credo che sia questo tra i più bei regali che la Madonna mi ha ottenuto anche se mi è costato e mi costa ancora rinunce e sacrificio, ma quanta strada mi resta ancora da fare! " ( Lettera EM 174, Torino, 10 febbraio 1969 ). Già … tredici anni sono lunghi da passare! Ma come scrive in un'altra occasione: " …bisogna accettare di passare per la Croce, solo così si può comprendere il Crocifisso e con Lui, presentarlo agli altri; è quanto è stato chiesto più volte a fra Leopoldo da Gesù e da Maria Santissima come ad esempio l' 8 novembre 1908: "Figlio, ti sentiresti di passare per la via della passione per la quale passò il mio Divin Figlio? Ove passerai spargerai benedizioni in nome del tuo Gesù …" ( Lettera EM144, Torino. 29. 11. 1968 ). Brusa, evidentemente, ha il coraggio di ripetere "sì" a quel genere di domanda che Gesù gli aveva già rivolto tanti anni prima, nel giorno della consacrazione, quando era solo un ragazzo: "mi vuoi proprio bene?"( Diario leopoldino, II, 479,1 ). La perseveranza nella prova lo trasforma in un modello esemplare di quel coraggio della sopportazione di cui fornisce abbondante testimonianza nella più grande discrezione, lui che pure è dotato di un coraggio fisico così "appariscente". Le acrobazie con la fune, l'alpinismo, lo sci, ormai, sono ricordi lontani, poiché la forza che innalza a Cristo è di natura molto differente e si produce nel segno della debolezza ( "mi compiaccio nelle mie infermità … sofferte per Cristo: quando sono debole è allora che sono forte" 2 Cor 12,10 ). Nel momento fatale rimane solo con se stesso, senza il conforto di una carezza, senza il calore umano di una presenza amica: la crudele repentinità della sua scomparsa sarà motivo di gravissimo dolore per i suoi cari - primi fra tutti la mamma e il nipote Mauro - ma anche per tutti gli ex allievi che avevano trovato in lui un amico, un confidente carissimo, un secondo padre. Gli ultimi anni vedono il suo abbandono definitivo dell'insegnamento, la defezione di alcuni novizi, la riduzione delle attività alla "Sorgente" e perfino qualche contestazione ( 1977 ). La vita non gli sorride più da molto tempo e in questo apparente insuccesso umano, in questo isolamento che accompagna le sue ultime ore, avvertiamo, anche se in forma ridotta, delle affinità con la condizione di Fra Leopoldo, il quale tradito dal teologo Bracco, pensò, a pochi giorni dalla fine, di essere stato abbandonato perfino da Fr. Teodoreto. Brusa, lungi dal sentirsi tradito, avverte però il peso di un "impegno d'apostolato" che, esigente com'è, vorrebbe coronare con un grande afflusso di giovani nell'Unione: ma il suo desiderio resta inappagato. Ecco, questo "dispiacere" umano può essere in parte accostato a quello che Fra Leopoldo aveva provato di fronte ai rifiuti opposti al suo Diario. In verità, anche la sensazione ( ingannevole ) del fallimento fa parte della condivisione della Croce e il pensare che Brusa non lo sapesse, dopo le ore e ore trascorse a meditare e a interiorizzare il mistero della Passione, sarebbe davvero un grossolano equivoco. Conclusione Claudio Brumsa è un Catechista, esemplare nella sua fedeltà alla verità "tutta intera", che pur aprendo nuove vie all'apostolato dell'Unione, pur sperimentando forme didattiche innovative nella Casa di Carità, non perde mai di vista il carisma del Fondatore. Uomo di grande risorse intellettuali e morali, mente quadrata, temperamento forte e volitivo, sul lavoro non lascia mai nulla al caso. Al costo di ripetere una cosa cento, mille volte non desiste dall'impegno finché il risultato non corrisponde al suo progetto. Questa assidua concentrazione sugli obiettivi lo fa apparire talvolta un po' ombroso e riservato, ma quando il lavoro termina, il suo carattere si trasforma. Tra i veri amici come tra i giovani si mostra gioviale, disposto al gioco, allo scherzo, alla sfida. Tutta la sua vita appare ispirata da una certa baldanzosa intrepidezza che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi, con atteggiamenti perfino un po' spericolati, ma che gli assicurano l'ammirazione e quindi l'attenzione dei più giovani. Del resto, non rileviamo gli stessi atteggiamenti anche nel giovane Don Bosco? Al di là dello spirito d'avventura e degli stratagemmi adottati per coinvolgere emotivamente i più piccoli, Brusa, fin dal giorno della consacrazione, sembra entrare in quello stato d'animo che San Paolo chiamava "buona battaglia". In cosa consiste esattamente? Difficile spiegarlo con esattezza. Diciamo che al cristiano Brusa non piace l'immagine un po' logora dell'uomo di chiesa tutto moine e smancerie: egli incarna nell'Unione il prototipo del cristiano militante dal piglio energico e "sportivo" ( in questo lo possiamo avvicinare a Pier Giorgio Frassati ), ma anche e soprattutto una forma mentis metodicamente perseverante, quasi "intransigente". Nella vita militare egli svilupperà gli aspetti congeniti del suo carattere riuscendo a disciplinarli in modo costruttivo. Questo stile, lo "stile Brusa", silenziosamente permea di sé buona parte dell'impostazione didattica della Casa di Carità, ma lascia evidenti tracce anche nel lavoro svolto a favore di quello che avrebbe dovuto essere il "vivaio" giovanile dell'Unione: la "Sorgente" di Baldissero. Perfino le attività ricreative vengono trasfigurate dal suo stile inconfondibile. Qual'era ad esempio il significato dei giochi basati sull'uso dei codici cifrati? Innanzitutto si intendeva sviluppare un forte spirito di collaborazione, ma il Catechista voleva anche manifestare il suo modo di concepire l'apostolato giovanile. Più che l'esposizione fredda e codificata delle verità di fede, a Brusa interessava sviluppare una sintonia spirituale capace di superare la piatta banalità di gesti e parole. Non intendeva fare cinema o cabaret, quanto piuttosto mettere i ragazzi nella giusta condizione d'ascolto, la stessa che si richiede ai militari preposti ad interpretare i messaggi cifrati inviati dagli Alti Comandi. Il linguaggio di Dio non è quasi mai diretto. Egli ci parla coi fatti della vita che vanno adeguatamente compresi e interiorizzati. Il cristiano non si affida al caso: ogni evento ha un senso provvidenziale che va capito nel modo giusto, così da intuire il piano di Dio per la nostra vita. Brusa, utilizzava il pretesto del gioco di squadra, per gettare il seme della vera Sapienza: non faceva solo intravedere la possibilità di un'intesa spirituale, superiore a quella grettamente verbale che intercorre tra insegnante e allievo, ma anche lo sforzo di leggere oltre le righe, di non fermarsi alle apparenze. Intuire il disegno di Dio e conformarvisi secondo le proprie attitudini, era un aspetto non trascurabile delle meditazioni svolte nei due tre anni successivi all'incidente ( si leggano in proposito le lettere di quel periodo ). Lui così forte e prestante, veniva umiliato proprio in quello che era sempre stato un suo punto di forza: l'agilità. Lui così coriaceo e resistente, ora non poteva sopportare neppure il minimo tocco agli arti inferiori, pena la percezione di sensazioni dolorosissime. Lui che per anni aveva imposto una disciplina di ferro ai suoi allievi, ora dopo il periodo della contestazione, i cui primi anni avevano coinciso grosso modo la sua convalescenza, incontrava gravi difficoltà a mantenere l'ordine in classe. Che cosa significava questo terribile abbassamento? Forse un messaggio in codice del buon Dio da leggere con gli strumenti del Vangelo: "Chi si umilia sarà esaltato". Come Giobbe, Brusa perde molte di quelle orgogliose sicurezze che confortano l'amor proprio dell'uomo comune, ma, aiutato anche dalla lettura dei diari di Fra Leopoldo, si sforza di reinterpretare questa umiliazione secondo la "chiave d'accesso" della Croce e ne ricava un messaggio sensato: restare forti anche nella debolezza più disarmante significa testimoniare la potenza della fede. Come un legionario privato di corazza e scudo, Brusa continua a fare quello che faceva prima, ma senza le garanzie precedenti: nessuna certezza mondana, solo la forza di Cristo. Questo è il suo modo di dare testimonianza ai giovani che lo avvicinano. Ad essi non manifesta schiettamente questi pensieri, sarebbe segno di stupida superbia o di autocommiserazione. Lascia tuttavia trapelare nel suo modo di essere e di fare, una serie di segnali che fanno capire il Mistero della Croce nella vita di tutti i giorni. Non dimentichiamo la crudeltà delle sue sofferenze: i chiodi impiantati nelle ossa gli procurano sofferenze che, senza nessuna forzatura, richiamano alla mente una sorta di parziale, ma quotidiana crocifissione "fisica". Il Catechista Brusa non ha paura di accettare la sfida della Croce, ne di misurarsi col mondo anche quando tutto congiura contro di lui. Questa "buona battaglia" nella sua travagliata esistenza assume varie forme: la militanza nell'Unione Catechisti abbracciata ad appena 17 anni, l'intensa attività didattica e formativa presso la Casa di Carità, l'ascesi praticata perfino nelle scalate alpine, lo studio meticoloso della Sindone, immagine vivida e impressionante del Crocifisso. In tutto lo stile di Brusa si avverte, più ancora che in altri due grandi Catechisti come De Maria e Tessitore, una forte dose di concretezza e pragmatismo, mai slegata, però, dall'intenzione profonda di transignificare ogni atto con la ricchezza della vita interiore e di avvalorare ogni sofferenza nel segno della Croce. Qui forse risiede la cifra più profonda e autentica di quel carisma che Fr. Teodoreto aveva voluto lasciare in eredità ai suoi Catechisti.