Unione/Catechisti/ChanP/ChanP.txt Peter Chan L'amico birmano Piero Chan mi ha guarito dal pericolo dell'indifferenza che minacciava la mia vita. Mi ha salvato dall'abisso in cui stavo per precipitare a forza di guardare con troppa insistenza alle cose del mondo. Mi ha insegnato come sia indispensabile il contatto quotidiano con gli umili, i poveri, i residuati umani, i respinti dalla società. Mi ha detto che in essi dovevo vedere Dio. Eravamo due vite parallele alla ricerca del meglio. Adesso Peter, il mio amico birmano, è una meteora nel cielo che illumina la " Messa del povero ". Fratel Gustavo, più di me e con cuore più grande, lo ha seguito dal giorno del suo arrivo in Italia e ne ha tracciato un ritratto con un calore circonfuso di tenerezza. Piero possedeva qualità eccezionali, unite e collegate da un solido senso del dovere. La domenica prima di ammalarsi mi aveva confidato: " Spero di tornare in Estremo Oriente, di andare in Cina, da dove proviene la mia famiglia, appena mi sarò laureato. Un medico può fare molto per i suoi fratelli. Per questo motivo, prego ogni giorno la Madonna, la tua Madonna di Fatima, della quale hai scritto con tanto amore ". Non era mai stato a Fatima, ma aveva viaggiato con lo spirito scolpendo dentro di sé quella meravigliosa struggente bellezza che è il donarsi senza riserve per rendere felice il prossimo. Il mondo d'oggi ha bisogno di milioni di Peter Chan. Egli ha trasmesso a chi lo circondava il gusto della semplicità, della carità, del sacrificio. Quello che la Madonna disse ai tre pastorelli, Giacinta, Lucia e Francesco nella Cova da Iria, Peter lo ha praticato sin dall'infanzia: " Fate penitenza. Dite a tutti di pregare. Siate il modello del mondo ". Sono frasi rese oggi incomprensibili dall'usura dei cuori. Ma Peter le ha applicate a se stesso anche per noi. Lo ha fatto con quel casto sorriso sulle labbra che era un dolce rimprovero verso chi avesse osato lamentarsi. È morto offrendo i suoi dolori per la redenzione degli altri, dei molti giovani che stanno cercando la strada dell'avvenire. È morto come Giacinta, senza vedere i genitori e le sorelle. Il suo " Consummatum est " lo ha pronunciato in una corsia d'ospedale, mentre fuori il mondo continuava nella sua kermesse di affari e di piacere. Amore e dolore fusi insieme hanno troncato d'improvviso il suo sogno più bello. Ma Peter è più vivo che mai. Vivo in mezzo a noi con la sua anima, con il suo ricordo. Se n'è andato come Teresa del Bambino Gesù, la Santa di Lisieux. Ci ha lasciato un insegnamento nella sua breve esistenza: la sua vita è stata la fede; la sua voce, il silenzio; il suo respiro, la speranza; la sua parola, l'amore; il suo destino, l'eternità. Del suo dolore ne ha fatto scintilla; della sua sofferenza ne ha fatto semente perché la nuova primavera fiorisse domani. Da lui ho compreso che bisogna imparare ad amare per vivere meglio e soffrire per amare di più. Elio d'Aurora Piero Chin Chong-Wa, alias Peter Chan, per gli amici, Piero. Un bel faccione dai tratti caratteristici che un costante, radioso sorriso illumina tutto e quasi ti mette in soggezione dinanzi alla limpida innocenza del suo sguardo sorridente, ma nello stesso tempo ti attrae per quel misterioso fluido che emanano le creature che riflettono la luce di Dio. È giunto nel mese di giugno da Rangoon - Birmania - per essere con i suoi fratelli che, con Borse di studio dei Fratelli delle Scuole Cristiane della Provincia Religiosa di Torino, hanno con tenacia e ammirevole impegno, conseguito la laurea in medicina presso l'Università di Torino, nei sei anni regolari. Il loro fine, come il suo, è quello di essere medici-missionari, di fare della loro professione una missione di servizio al prossimo nell'amore di Gesù. Hanno lasciato a casa, a Rangoon, la Mamma Maria, il Papa Lorenzo e tre sorelle Audrey, Theresa, Rose-Mary. Hanno lasciato la loro patria di adozione, la Birmania ( essi sono di origine cinese ) perché, dopo la nazionalizzazione di quel paese, non è più consentito a loro di lavorarvi e di vivervi. La loro nuova casa è Villa San Giuseppe, la loro nuova famiglia spirituale è quella dei Fratelli e degli Ex-allievi. Scoprono tra le attività degli Ex-allievi, l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata: seguono un corso di formazione, ottengono dalla Curia Diocesana il Diploma di Catechisti e fanno la loro Consacrazione di Catechisti Associati con piena coscienza di quanto fanno e dell'impegno che assumono. Giunge anche Piero, dopo aver superato le lunghe pratiche per uscire dal suo Paese nel quale ne lui ne i suoi fratelli potranno più rientrare. Ma ritrova qui altri Fratelli, come quelli che ha conosciuto e amato nelle Scuole di San Paolo e di Sant'Antonio di Rangoon. Vi ha frequentato le scuole elementari e medie e vi ha incontrato " Qualcuno " che segnerà per sempre la sua vita. La sua famiglia segue la religione di Confucio. Ma Piero, i suoi fratelli, i suoi genitori incontrano Gesù. Per loro il Cristianesimo non è ne una dottrina, ne una morale: è Qualcuno: è Gesù. Lo vedono nella vita dei Fratelli missionari, sentono che la consacrazione dei Fratelli, la loro testimonianza di dedizione e di sacrificio, anche nelle gravi difficoltà create dalla nazionalizzazione, ha un suo significato e un suo valore: i Fratelli amano Qualcuno più di qualsiasi persona, i Fratelli lavorano per Qualcuno, al disopra di ogni divisione di razza e di religione, lieti di presentare il volto e il messaggio di Gesù a chi li avvicina. E Piero, ragazzetto di 10 anni, non ancora cristiano, si alza tutte le mattine alle 5,30, si fa mezz'ora di strada a piedi, per trovarsi con i Fratelli a servire la Santa Messa che viene celebrata per loro. Il suo latino è incerto. Quanto differisce dal birmano e dal cinese che ordinariamente parla! Ma questo non ha importanza: quello che conta è che ogni giorno si trova tra i suoi Fratelli e Gesù è presente in mezzo a loro. Poi viene il giorno del Battesimo della famiglia: Giovanni, Paolo e Giuseppe vengono battezzati, già giovanotti, il 5 giugno 1964 da Father Mascarenhas nella Chiesa di St. John. Piero vi fa da chierichetto ma la funzione è differente dal solito sacrificio della Messa e Piero vi è un po' impacciato. Il vecchio sacerdote che amministra il Battesimo, non pare molto convinto del latino e del servizio di Piero e lo allontana. Due giorni dopo, nella chiesa di Santa Theresa, il 7 giugno 1964 Piero è battezzato da Sua Grazia l'Arcivescovo Mons. V. Bazin e cambia il suo nome cinese Wa che significa " pace ", in quello di Peter che significa " roccia ": Piero ha 13 anni. L'anno seguente, il 7 febbraio 1965 anche Mamma Maria, Papa Lorenzo e le sorelle Audrey, Theresa e Rose-Mary ricevono il Battesimo. Le lettere che scrive, quando ancora sono in corso le pratiche per la sua venuta in Italia, terminano sempre così: " May God bless you - Dio la benedica ". " May our Lord bless and keep you aiways. Your most obediently pupil, Peter - Nostro Signore la benedica e la conservi sempre. Suo obbedientissimo allievo Piero ". Dio è entrato intimamente nella sua vita ed è per lui tanto naturale che ogni occasione sia propizia per ricordarLo. La fede profonda, la delicata sensibilità del suo animo traspare dagli scritti e dal suo viso aperto e sereno. Non è facile, neanche per lui, la vita che pur nel breve arco dei suoi ventun anni gli ha offerto molte difficoltà, molte rinunce, molte separazioni: ma quando c'è Dio nel cuore, c'è la luce, la forza, e chi lo avvicina lo sente. Una vocazione ad una vita consacrata, e più volte lo manifesta ai suoi Professori della Birmania i Fratelli Peter, Hubert, Vincent, Anselm, Gabriel, attuale Visitatore della Birmania, che gli vogliono bene come ad un figliolo, pare maturare nel suo animo: vuole dedicare la sua vita completamente a Dio e la missione del Fratello lo attrae particolarmente. Intanto frequenta i giovani Novizi dei Fratelli e con loro condivide attività, giochi, vita di preghiera. In Italia Poi giunge il momento di partire per l'Italia. I primi mesi di permanenza in Italia lo vedono impegnato a fondo, come è costume suo e dei suoi fratelli, nell'imparare la lingua italiana: lo sforzo non è lieve. Deve passare dalla originale lingua birmana a quella inglese che ha imparato a scuola e da questa alla lingua italiana. La viva intelligenza, la tenace memoria e soprattutto il serio impegno lo portano a superare dopo solo 5 mesi, il 10 novembre 1972, l'esame di lingua italiana per l'ammissione all'Università di Torino. Intanto trova modo e tempo di dedicarsi ai poveri: come già i suoi fratelli, ogni domenica e ogni festa, si reca alla Messa del Povero, l'opera di redenzione dei mendicanti che da 40 anni svolge la sua benefica attività, presso l'Opera Pia Lotteri in Via Colombini e in Via Cibrario, a favore dei più poveri della città. Accanto ai Catechisti dell'Unione, ai Fratelli delle Scuole Cristiane, alle Figlie della Carità presta anche lui il suo servizio: è lui che porta all'altare il Pane per la Consacrazione, è lui che passa tra i tavoli, durante la modesta refezione che segue la Santa Messa, a servire i poveri ; per tutti ha il dono del suo luminoso sorriso: i poveri gli vogliono bene, lo ammirano con venerazione mista ad affetto paterno per questo giovane così buono con loro. E quando li ha serviti a tavola si mette a disposizione per la distribuzione del vestiario usato, che serve ad attenuare i rigori dell'inverno. Fa misurare maglie, giacche, pantaloni, contento quando riesce ad accontentare e sorride, sorride sempre con quel suo sorriso che non si riesce a dimenticare e che da un nodo alla gola quando pensi che non lo vedrai più. Passa con noi e con i poveri le feste più belle di fine anno: Natale, Capodanno, Epifania. Papa, Mamma, sorelle sono lontani: nel cuore c'è tanta nostalgia, ma non la dimostra: ha trovato una famiglia spirituale da cui riceve calore di affetto e a cui da immensamente con la sua generosità, accompagnata dal suo delicato, radioso sorriso. Domenica 7 gennaio è ancora con noi, e si ritrova al suo servizio alla Messa del Povero. Lunedì 8 gennaio accusa un dolore alla guancia. La prima diagnosi pare quella di un ascesso per il dente del giudizio. Ma la cosa si fa presto più seria perché il gonfiore aumenta e vi si aggiunge una febbre alta. Il dolore è forte, ma Piero non si lamenta: è lui stesso che dice che ha coraggio, sa sopportare e non vuole disturbare. I suoi fratelli, preoccupati, lo fanno portare a Demonte, dove il fratello Giovanni fa pratica di ospedale: la febbre sale e cominciano le emorragie. Sabato 13 gennaio viene portato all'ospedale di Cuneo: continuano le emorragie e a poco servono le trasfusioni. Gli esami ematologici fanno affiorare il nome del possibile terribile male: leucemia acuta. L'organismo è robusto, sano, ma il male lo distrugge inesorabilmente, rapidamente: sembra un povero fiore a cui viene a mancare la linfa. I suoi fratelli, nell'angoscia, lo assistono giorno e notte, impotenti di fronte alla violenza distruggitrice del male che non perdona. Poco a poco anche la speranza di una regressione svanisce. Mercoledì 17 gennaio viene portato a Torino, al Centro ematologico delle Molinette, in un ultimo tentativo che non riesce a celare il presentimento atroce che si fa strada nell'animo e che non si osa manifestare. Piero capisce: anche se attorno a lui si parla di speranza, di coraggio, di " Vedrai che passerà ", ha la perfetta conoscenza che per lui non c'è più nulla da fare. Lo dice e lo ripete chiaramente al fratello Giovanni che lo assiste nell'ultima notte dal mercoledì 17 al giovedì 18 gennaio. È una notte molto agitata: la febbre altissima e le emorragie lo tormentano continuamente. Pare delirare, ma non è così: tutte le sue espressioni rivelano una mente ben presente a se stessa: è cosciente di morire e cerca di dare ai suoi fratelli tutta la ricchezza del suo spirito e della sua fede, consigliandoli sul modo di vivere, sullo spirito di povertà che deve sempre animarli, sul servizio da rendere nella loro professione, sulla fede da praticare; è un'altissima, autentica, ma umile lezione, dalla cattedra del suo letto di morte. Cerchiamo con Giovanni, Paolo, Giuseppe di rievocare i momenti più vivi del suo messaggio. Parla Giovanni Parla a Giovanni: " Tu sai che ho sofferto molto, molto con Papa, Mamma e le sorelle. Voi in Italia vi trovate bene, ma dovete pensare alla nostra famiglia a casa; non dovete fare spese superflue; dovete vivere nella povertà ed essere sempre molto uniti, aiutandovi molto. Non dimenticateli! " Poi, dopo una breve pausa domanda: " Ci sono lettere per me dai miei amici? Perché non mi hanno ancora risposto ? Desidero tanto ricevere le loro lettere e sapere come stanno… Voglio andare a casa a vedere Papa, Mamma… io sono forte, io cammino… voglio andare a casa. Mamma, Papa, io muoio! " La corrispondenza ha avuto sempre larga parte nella sua vita: sente molto e con costanza l'amicizia e ha presente il ricordo delle persone che ha conosciuto. Dimostra tutta la delicatezza di affetto che esiste nel suo spirito con un assiduo scambio di lettere di cui tiene conto nel diario giornaliero che ci ha lasciato. Si calma un poco e si guarda attorno: sul tavolo c'è un libro e chiede: " Che libro è quello? " Giovanni gli risponde: " È un libro di medicina. Vuoi leggere qualche cosa? " " Sì, però, non quel libro di medicina. Dammi il Vangelo: voglio leggere il Vangelo! " " Riposati ora, sei stanco e ammalato. Lo leggerai quando starai meglio ". Sentendosi dire che non può leggere, si calma un poco, poi quasi a conclusione di un pensiero che si fa sempre più strada nella sua mente, dice: " Non ho paura di morire, perché ho tanta fede in Dio. Lui mi ama. Ma dimmi quale è la mia vera malattia ". Giovanni cerca di confortarlo: gli parla di intossicazione del sangue e gli dice che deve avere pazienza ancora un po' di giorni. Piero non è convinto e continua: " Devi essere sincero con me, non mi devi contare bugie. Se tu racconti bugie non sei bravo. Anch'io sono contento se tu mi dici la verità… Tu mi dici che guarirò, ma io soffro molto, molto. Soffro, non ce la faccio più… devo morire! " Si ferma un momento poi riprende: " Non c'è più speranza! Perché mi capita questo? Perché? Non lo capisco perché. Sono un uomo coraggioso, non ho paura di morire… ma non potrò più vedere Mamma, Papa… " È il " perché " angosciante e terribile che facilmente ci richiama alla mente la invocazione di Gesù sulla Croce: " Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? " È passata da poco la mezzanotte; Giovanni chiama un infermiere perché lo aiuti a sollevare Pietro a sedere un poco sul letto. La testa gli pende sul petto mentre un filo di sangue gli esce dalla bocca. Poi solleva lo sguardo al Crocifisso sulla parete di fronte e guardando fissamente, con il sorriso ritornato sul suo viso, dice a Giovanni: " Vedi Giovanni? Là c'è la Madonna che mi chiama, è venuta a chiamarmi per andare con Lei. La vedi Giovanni? " Giovanni pensa al delirio della febbre e, per calmarlo, lo rassicura: " Sì, sì, la vedo anch'io! " Ma Piero resta perplesso per qualche istante, con lo sguardo sempre fisso alla parete, poi guarda Giovanni e gli dice in tono di dolce rimprovero: " No, tu hai detto bugia. Tu non puoi vedere la Madonna, perché viene a chiamare me e non tè e tu non puoi vederla. Solo io posso vederla ". Lo fissa più intensamente e continua: " Giovanni, tu devi sempre essere sincero, non devi mai dire bugia anche in futuro. Tu devi giurare di dire sempre verità ". E Giovanni lo tranquillizza: " Sì, Piero, lo farò. Perdonami ". E Piero: " Sono contento della tua promessa! " e si lascia ricadere sui cuscini. Così trascorre la notte: notte di dolore ma anche di preparazione al sacrificio che Dio gli chiederà nel giorno che si annuncia, pieno di sole. Piero ha ormai accettato in piena coscienza e in completa serenità quanto sente che dovrà accadere, e presto. Giungo da Piero, con il fratello Giuseppe, alle 8,30 del mattino. Come ci vede entrare pare illuminarsi; gli rivedo il solito sorriso con il quale era solito accogliermi e mi fa la consueta domanda: " Come sta lei, Fratello? " È pallido, molto pallido: le labbra sono prive di sangue che invece si vede sui denti e nella bocca: i suoi grandi occhioni neri, così dolci, spiccano ancora di più in quel volto disfatto. Gli rispondo: " Io sto bene. Ma tu piuttosto… " " Mi sento un po' meglio, grazie… " e continua a fissarmi. Giuseppe gli si avvicina e cerca di confortarlo, ma Piero risponde : " Sto andando via da questo mondo, ma non so che malattia ho. Non so perché mi capita questo ". Giuseppe gli dice: " Abbi pazienza, Piero: è malattia del sangue. Noi uomini cerchiamo di aiutarti. Se Dio ti vuole con sé, tu devi accettare di andare con Lui, ma se vuole che tu lo serva ancora, ti lascerà su questa terra. Accetta questa volontà di Dio ". Piero guarda Giuseppe, poi Giovanni, poi me e con decisione afferma: " Sì, sì, la accetto! " Al terribile, angosciante " Perché " è subentrata la serenità della disponibilità: " Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta ". Alle 10,30, chiamato dai suoi fratelli, dopo che Piero ha manifestato il desiderio di ricevere i Sacramenti, giunge il Cappellano dell'Ospedale. Resta qualche minuto solo con Piero, poi, presenti i suoi fratelli e Fr. Gustavo, gli amministra l'Unzione degli infermi. Vorrebbe anche ricevere il Signore ma le continue emorragie lo sconsigliano. Piero segue in piena coscienza le preghiere e pare essersi calmato un poco. Fissa ora il Cappellano, ora i presenti ed è tutto compreso della grazia che Dio gli fa. Il Cappellano lo saluta, gli promette di tornare ed uscendo, commosso, dice: " Non avrei mai pensato che ci fossero dei giovani così, oggi! " La situazione si aggrava sempre più. Il sangue che gli viene infuso esce sempre più abbondante dalla bocca. Giungono medici e infermieri: ma per loro non c'è più nulla da fare: la scienza medica è impotente di fronte al terribile male. Piero accoglie tutti ancora con un sorriso e, con un filo di voce, chiede ogni volta perdono del disturbo che arreca a tanta gente. Al Professore che gli ascolta il cuore, dice: " Non riesco a respirare ". Il medico lo incoraggia: " Ci vuoi pazienza: fra qualche giorno starai meglio ". Ma Piero, salutando tutti con la mano, risponde: " Sì, sì! Grazie, grazie a tutti ". Non è ancora giunto il fratello Paolo da Saluzzo. Le condizioni ormai sono gravissime. L'amico Nazzareno Ancora, che è presente, telefona a Saluzzo, al Direttore e agli amici di Villa San Giuseppe. È circa mezzogiorno. Giuseppe si avvicina a Piero e gli dice: " Piero, dobbiamo pregare molto e unirci alla Croce di Gesù ". Piero lo guarda, e sul volto spunta ancora una volta il suo radioso sorriso. Attorno a lui ampie macchie di sangue lo incorniciano: il richiamo al Crocifisso sale spontaneo nel nostro spirito. Poi si volge a Fr. Gustavo e, con voce dolce ma ferma, dice: " Sì, sì è molto importante portare la Croce con Gesù. Soffro molto e adesso ho la croce nel mio corpo " - e con la mano destra si traccia il segno della Croce sulle ferite delle due dolorose punture sternali che gli hanno fatto sul petto. - " Ho la Croce anche nel cuore, ma non ho la Croce fuori " - e cerca attorno al collo la catenina che era solito portare. Fr. Gustavo gli porge allora il suo Crocifisso. Sorride, lo prende con tutte e due le mani e, con ardente passione, lo porta alle labbra, baciandolo con intensità, ripetutamente. Quando lo stacca dalle labbra il Crocifisso è tutto rosso di sangue. Poi, con sforzo, si fa passare attorno al collo la catenina e si stringe sulla ferita del petto il Crocifisso. È l'ultimo atto cosciente che compie; resta ora calmo, stringendo sul petto il suo Crocifisso. Ad un tratto chiama ancora: " Mamma, Papa " poi nomina le sorelle e Paolo che non è ancora arrivato. Nomina anche qualche amico, poi, a noi che gli siamo intorno, fa con la mano un segno di saluto e dice: " Ciau, ciau! " Arrivano il Fr. Michele, Direttore della Villa San Giuseppe e due amici. Piero li guarda fissamente, ma non può più parlare. Un filo di sangue gli esce dalla bocca, il cuore entra in fibrillazione e il polso si fa sempre più debole e incerto. Piero entra in coma. Il respiro rallenta il suo ritmo a ondate sempre più distanziate. Poi, l'ultimo breve respiro, il corpo si rilascia e il volto si distende nella calma della morte: sono le 12,45. Attorno, volti rigati di lacrime; ma c'è anche tanta serena accettazione di una morte segnata così palesemente dalla presenza di Gesù che è venuto a prendere Piero. Dopo alcuni minuti arriva Paolo: non può trattenere uno scoppio di pianto: non ha più potuto parlargli, ma ha nel cuore il ricordo vivo delle notti in cui l'ha vegliato e assistito. Ora il pensiero Ora il pensiero, mentre fisso quel volto immobile, corre a Mamma, Papa, alle sorelle, lontani. La " Sua Mamma " è donna dal carattere delicatissimo, di tanta fede e affezionatissima ai suoi sette figlioli, ai quali ha saputo dare una educazione di semplicità e di tanta delicatezza d'animo. Per essi ha cercato una sistemazione anche con il sacrificio di un lungo distacco. È sofferente di cuore. Anche Papa è sofferente: nelle sue lettere rivela la sua profonda fede e la completa dedizione ai figli. Le sorelle hanno in Piero il beniamino: è il più giovane dei fratelli, quello che più a lungo è vissuto con loro. Come giungerà loro questa improvvisa, tremenda notizia? Spontaneamente mi sgorga dal cuore la prima di altre numerose preghiere, che rivolgo a Piero: non mi sento di pregare per lui che so già con Dio: " Piero, pensa tu a Papa, Mamma, pensa ad Audrey, a Theresa, a Rose-Mary. Stai loro vicino con il tuo conforto e con il tuo sorriso perché meno doloroso sia questo distacco ". Quando lasciamo l'Ospedale, Piero viene portato alle camere mortuarie. È rimasto solo. Ma il suo spirito è con noi e ci segue mentre sommessamente e con le lacrime agli occhi parliamo di Lui, dei suoi ultimi momenti tra noi, ai Fratelli di Villa San Giuseppe, agli amici universitari, a quanti lo conoscevano, lo stimavano e lo " amano ". I suoi fratelli, affranti dal dolore, ma pure con profonda fede e serena accettazione della volontà di Dio si ritrovano alla sera con me e Fr. Joseph Clémence al Centro La Salle. Si parla fino a tarda notte di Lui, ora col pianto, ora con maggior serenità mentre nella mente scompare sempre più la figura di quel volto disfatto dalla morte e sempre più si fa vivo il ricordo del suo volto sorridente che ci accompagna, che quasi vediamo ancora presente fra di noi. Abbiamo sul tavolo e leggiamo alcuni scritti trovati fra le sue poche, povere cose. Ecco due lettere di presentazione di Piero, scritte da chi lo conosce, per quando si tratta di venire in Italia. La prima è di Father Farren Edward S.J. che da Rangoon così lo raccomanda: " Ho conosciuto Peter Chan per oltre due anni. È un ragazzo di buon carattere e di pieno affidamento. È uno studente applicato e un ottimo cattolico, convinto e praticante della sua fede: per molto tempo ha prestato servizio in Chiesa. Lo raccomando moltissimo e senza alcuna riserva ". L'altra è di Father Jeannequin della Chiesa di Santa Theresa di Rangoon, quello che ha battezzato Papa, Mamma e sorelle: " Affermo che ho conosciuto Piero durante gli ultimi tre anni. È un ottimo ragazzo, molto intelligente, studioso e impegnato. Come cattolico è sempre stato molto generoso nel servizio della Santa Messa, ogni mattina nella Cappella della sua Scuola, Gli auguro ogni successo nella vita e tutti gli aiuti di cui avrà bisogno per continuare i suoi studi e giungere ad una buona professione ". C'è l'ultima lettera di Sister Venturina, una Suora missionaria di Kengtung, nel nord Birmania, dove Piero si era recato per studio: è scritta in italiano: " Bravo il mio Piero! Sono proprio contenta che hai raggiunto i tuoi fratelli. Cerca di fare del tuo meglio e avanti sempre con coraggio, malgrado tutte le difficoltà che incontrerai nella tua carriera… sarà mia premura contraccambiare la tua delicatezza, con la mia povera preghiera, per ottenerti dal Cielo la grazia di essere buono, come eri qui in Birmania… Caro Piero ti lascio con lo scritto, ma ti sarò tanto vicina con la mia preghiera… " E c'è anche il suo diario che incomincia il 20 giugno 1972, giorno della sua partenza da Rangoon. Giornalmente vi annota quanto ha fatto, chi ha incontrato e vi tiene conto della corrispondenza in partenza o in arrivo. Troppo lungo sarebbe stralciarne delle citazioni, pur di grande rilievo per comprenderne fino in fondo la grande delicatezza, la estrema sensibilità di cuore, la sentita profonda vita di fede: ogni tanto affiora qualche accenno di nostalgia per la sua patria, per i suoi cari lontani. Gli avevo chiesto una volta, ricordo, se ancora sentisse così forte questa nostalgia: il volto gli si era illuminato nel sorriso e scotendo leggermente la testa, mi aveva risposto quasi a rassicurarmi: " Sì! ma devo essere forte e così ora non la sento più tanto. E poi la vita è sacrificio ". Il diario degli ultimi giorni mi pare possa riassumere quanto passava nel suo spirito: l'ha iniziato su una nuova agenda e lo scrive in inglese e in birmano. Il 1° gennaio '73, dopo la Messa del Povero, ha avuto una lunga conversazione con il fratello Giuseppe sulla situazione delle due Cine divise e scrive a conclusione: " I oath to go back my chinese land - Giuro che ritornerò nella mia patria cinese ". Il 2 gennaio: " Ho studiato fino a mezzanotte. Prima di andare a letto mi ricordo di scrivere una cartolina di auguri a Ludovico per il suo compleanno. Devo voler bene ai miei amici. Signore aiutami! Ho tanta nostalgia! " Il 3 gennaio: " La situazione del mio cuore è più serena perché è venuto a trovarmi mio fratello Giovanni ". Il 4 gennaio: " Oggi sono molto contento: ho aiutato Giuseppe e poi è venuto Paolo e mi ha portato il panettone… Non devo vivere nel divertimento; devo vivere nell'impegno e nel dovere… " Il 5 gennaio: " Il mio cuore è ancora sereno… " Il 6 gennaio, Epifania: " Sono andato alla Messa del Povero… " - e conclude - " devo ritornare nella mia patria la Cina ". Il 7 gennaio, ed è l'ultima pagina: " Sono andato alla Messa del Povero! Sono tornati a Villa San Giuseppe alcuni studenti dalle vacanze. Non mi sento più così solo. Non mi sento molto bene di salute. Ho mal di testa forte. Forse è l'influenza. Oggi è domenica: non c'è posta! Bene, bene! Vado avanti! Con coraggio! Gesù mi aiuta! Studia, studia, studia!!! " Sono le ultime parole che scrive! Una inspiegabile serenità è nei nostri cuori, ora. Ci risuonano nell'animo le sue ultime parole: " Avanti! Con coraggio! Gesù mi aiuta! ": lo prendiamo come il suo ultimo messaggio! Andiamo all'ospedale Andiamo all'ospedale il venerdì 17: è composto nella bara. Ha il volto sereno, disteso. Il suo Crocifisso è sul petto, dove l'ha voluto lui. Tra le mani ha la sua piccola corona del Rosario che portava sempre con sé. Abbiamo tempo di pregare molto, assieme, mentre fissiamo il suo volto. Alla sera, a Villa San Giuseppe, una liturgia della Parola, Parola di speranza e di fede in Gesù Resurrezione e Vita, riunisce studenti e amici nel nome di Piero. Sabato 18 gennaio alle 7,15 siamo nuovamente da lui. Ancora preghiamo con lui per Papa, Mamma, sorelle. Arrivano i Fratelli, i suoi amici universitari e numerose persone. Un ultimo bacio sulla fronte gelida come glielo avrebbero dato Papa e Mamma. Sono i suoi amici che prendono la cassa, ormai chiusa, e la trasportano al carro funebre. E Piero ritorna a Villa San Giuseppe. L'hanno voluto ancora una volta, l'ultima, presente nella Cappella in cui ogni giorno partecipava alla Celebrazione Eucaristica e si comunicava. La Cappella è gremita. Ci sono molti Fratelli, molti Catechisti dell'Unione, le Suore della Messa del Povero, Suore, medici, amici di Torino, Demonte e Saluzzo, tutti i suoi compagni della Villa. Padre Cesare, Cappuccino, cappellano di Villa San Giuseppe, concelebra con don Comba Spirito, amico di Piero e di Giovanni, che è venuto da Demonte. La funzione è intima, raccolta, commovente. Sentiamo Piero in mezzo a noi con il suo spirito e il suo sorriso, mentre Padre Cesare, di fronte al mistero della domanda " Perché si muore a vent'anni? " ci apre lo spiraglio della luce della speranza che è Cristo. Oltre ai Celebranti, passano ad aspergere la salma i suoi fratelli, il Direttore di Villa San Giuseppe, Fr. Igino, Fr. Gustavo. Poi la bara, portata a spalla dai suoi fratelli e dagli universitari esce dalla cappella, ripercorre il corridoio e ritorna al sole splendente di quel magnifico limpido giorno invernale: sembra il sorriso della natura che vuole rasserenare i nostri occhi offuscati dal pianto. Il furgone si muove. Si giunge al Cimitero. Una benedizione ancora nella Cappella del Cimitero e poi ci si avvia alla tomba dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Il Visitatore Provinciale, Fr. Vittorino Ratti, con atto di paterna comprensione per questo figliolo così lontano dai suoi, interpretando il pensiero di tutti i Fratelli, ha voluto che Piero continuasse a rimanere in mezzo ai suoi Fratelli, con i quali è vissuto a Rangoon prima e poi in Italia: è questa la sua seconda famiglia e Piero ne è stato figlio fedele, affezionato, riconoscente. Sulla tomba, rinnovata di recente dalla volontà di Fr. Giulio Sirocchi e degli Ex-allievi, un giovanile, slanciato San Giovanni Battista de La Salle invita, con il volto e il braccio alzato, a guardare in alto. Piero è deposto in un loculo accanto a tanti altri Fratelli che già lo hanno preceduto nella Casa del Padre: si trova con i suoi Maestri, lui, l'Ex-Allievo affezionato, fedele ai suoi Fratelli e, mentre rappresenta tanti e tanti Ex-allievi affezionati e fedeli come lui, pare dirci col suo sorriso: " Grazie, grazie! È questo il più grande conforto che potevate dare a Papa, Mamma, sorelle, fratelli. Dio vi benedica e vi conservi sempre… vostro obbedientissimo allievo Peter " con le stesse parole con cui concludeva le sue lettere. Domenica 21 gennaio, Piero non è più presente fisicamente alla Messa del Povero. All'inizio della Santa Messa, che viene celebrata per lui, ricordo la sua presenza fra noi di pochi giorni fa e comunico agli ottanta poveri presenti la notizia della sua santa morte, nel silenzio più assoluto e commosso. Grossi lacrimoni scendono su quelle guance che recano i segni di tante sofferenze, di tanta vita grama, di tanti dolori. Tutti lo sentiamo ancora con noi con la sua bontà, col suo luminoso sorriso. Mentre l'onda dei ricordi ritorna e insiste nella mente, la penna corre veloce, guidata dal cuore, senza preoccupazioni di limiti o di regole. Ogni tanto alzo gli occhi alla fotografia di Piero che ho dinanzi. Ho il nodo alla gola. Lo vedo offuscarsi un poco dietro il velo di una lacrima, ma poi gli dico: " Arrivederci, Piero! Il tuo sorriso radioso, che riflette la luce del volto di Gesù, lo ritroveremo! Ne siamo certi! Questa certezza è il conforto nel temporaneo distacco! " Fr. Gustavo Luigi Furfaro Spigolature Spigolature da " Riflessioni sulla morte di Peter Chan giovane studente universitario di 21 anni " Ci troviamo di fronte al problema del dolore, della morte, della " morte del giusto ". Il problema del dolore e della morte non ha soluzione se non è visto nella realtà cristiana. Infatti: Cristo - il giusto - morì… ma per risorgere. Il cristiano sa di trovarsi di fronte ad un grande mistero, ma anche a splendide certezze. Piero è vissuto e morto come colui che crede nella certezza cristiana, secondo cui la vita non è tolta, ma solo cambiata, la vita è un viaggio di ritorno alla casa del Padre. I fratelli ne davano notizia dicendo: " Piero è ritornato alla casa del Padre ". San Paolo: " Scio cui credidi - So su chi ho " puntato " ". Il nostro Piero ha " puntato " su Cristo. Egli ha cercato Dio con animo semplice, fanciullo, puro. Ed ha " visto " Dio. ( C'è un sentire profondo in noi che con chiarezza ci attesta Dio…) È vero che Dio si da a " vedere " a tutti gli uomini - come il sole e più del sole. Ma occorre che l'uomo " voglia " vederLo… La scoperta di Dio non è automatica; anzi, date le cortine fumogene che la nostra società frappone, è sempre più difficile vedere Dio. Occorre che ci rendiamo idonei, occorre che Lo cerchiamo… Piero Lo ha cercato, Lo ha voluto vedere, Lo ha visto, Lo ha gustato. E quando si ha il " gusto di Dio ", le " prove " di Dio sono superflue. A volte pensiamo ai santi come ad esseri strani, lontani da noi nel tempo e nello spazio. No. I santi sono coloro che - mentre vivono con pienezza la loro dimensione umana - sanno avere familiarità con Dio. Di santi ne abbiamo anche in mezzo a noi. Piero è morto baciando quel Cristo su cui aveva " puntato " tranquillamente la propria vita, che aveva ricercato con serena fiducia. Fr. Igino Villa San Giuseppe, 20 gennaio 1973.