Francesco Fonti

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Cessione dell'azienda e impiego a tempo pieno alla Casa di Carità

Nel 1991, dopo 55 anni di onorata professione, Francesco Fonti si dimise da tutti gli incarichi aziendali e cedette la società ad Obialero che divenne il nuovo titolare della ditta.

Fu un momento che il Catechista-imprenditore affrontò con la massima serenità, avendolo preparato con anni di anticipo.

Dopo il fallimentare tentativo di trasformare l'azienda in una cooperativa ed il congedo di alcuni vecchi impiegati che, al termine della carriera, non intendevano rischiare di tasca propria in un' "avventura" imprenditoriale dai contorni confusi, si procedette alla fondazione dell'attuale S.P.A. che coincise col ritorno in azienda di Obialero.

L' "affìancamento " di Francesco è durato una decina d'anni: dal 1981 ( quando nacque la nuova S.P.A. ) al 1991.

Poi mi ha lasciato in mano l'azienda.

Nel frattempo mi aveva nominato dapprima Consigliere ( 1984 ) e poi amministratore delegato ( 1986 ).

Dal 1991 in avanti la collaborazione è proseguita solo in ordine alla Casa di Carità.

Io lo accompagnavo nei vari uffici dove si rendeva necessaria la sua apprezzata opera di "diplomazia " finanziaria.

A questo fine siamo stati varie volte a Roma. . . -,

Per quanto concerneva la mia attività, lo mettevo al corrente di tutte le novità che capitavano in ditta; lui mi dava preziosi consigli, ma ormai tutte le sue attenzioni erano rivolte alla Casa di Carità. ( Obialero )

La scuola attraversava dei momenti di grossa difficoltà per i ritardi dei finanziamenti regionali che, a loro volta, costringevano Francesco a sostenere gli interessi crescenti dei prestiti, concessi dalle banche proprio per colmare i suddetti ritardi.

L'assegnazione dei fondi da parte della Regione si aggirava sul miliardo e duecento milioni, dunque era sufficiente a coprire le spese dei nuovi corsi, ma, a parte un 30% della somma anticipato per l'acquisto dei materiali - anticipo ottenuto a prezzo di continue e sfiancanti trattative con la Regione - il resto del denaro veniva sborsato dopo lungaggini interminabili.

Talvolta si arrivava ai limiti del tollerabile.

Per fortuna, ma i fratelli Fonti direbbero "grazie alla Provvidenza", i direttori di banca nutrivano la massima stima di Francesco e non esitavano a fargli credito; si rendevano perfettamente conto che quest'uomo si esponeva in prima persona per diversi miliardi, non spinto da qualche oscuro interesse personale, ma per il bene della scuola.

Rivolgendosi a quanti lo accompagnavano in banca, era solito ripetere: "se lavoriamo per le finalità indicate da Fratel Teodoreto, puoi stare sicuro che la Provvidenza ci aiuterà" ( Obialero ).

In sostanza, Francesco si prendeva tutti questi fastidi solo per poter pagare nei tempi previsti gli insegnanti della Casa di Carità.

Considerava la regolarità dei versamenti un suo dovere inderogabile.

Per spiegare agli amici questa sua sana abitudine citava un episodio: sua madre negli anni '20, pur di pagare gli operai di via Pesare entro la scadenza del sabato, si presentò al banco dei pegni impegnando una collana d'oro e la fede nuziale.

Ai responsabili della Cassa di Risparmio, Francesco esponeva i problemi della Casa di Carità per giustificare la richiesta di nuovi finanziamenti.

Non esitava a porre come garanzia la sua parola e il patrimonio della famiglia.

I fidi dovevano essere rimborsati nel giro di 4 mesi: le cifre si aggiravano sui sette-ottocento milioni di lire.

A detta dei suoi accompagnatori ( Obialero ), la partecipazione a quegli incontri è stata una "scuola" di pubbliche relazioni davvero istruttiva, paragonabile ai moderni stage aziendali dei laureati in economia.

Francesco presentava con pacatezza i problemi della scuola, cifre alla mano valorizzava in modo efficace il ruolo svolto dalla stessa verso i giovani e la società, non deviava mai dal binario delle finalità prescritte alla scuola, mantenendo una serietà professionale costante.

I direttori della CRT cambiavano ogni 3 o 4 anni e quindi ogni volta bisognava tornare alla carica per evidenziare al nuovo venuto le esigenze della scuola, concentrando l'attenzione dell'interlocutore sulla natura particolare dell'Istituto.

Con i parenti più stretti, invece, Francesco era molto più sbrigativo.

Già in gioventù mi mandava in bicicletta da Tessitore ( che tra i Catechisti era il più benestante ) per ottenere dei prestiti a favore dei padri dei ragazzi della Casa di Carità rimasti disoccupati.

In seguito, quando la situazione stipendi della scuola si faceva critica, passava direttamente alle vie di fatto.

Un giorno mi disse: "firma qua" e io di rimando "che cos'è?", "è un fido per la Casa di Carità" mi rispose.

Lessi la cifra riportata: "un miliardo e duecento milioni ".

In un 'altra occasione Bandone, l'attuale Direttore Generale della Casa di Carità, gli presentò una scadenza improrogabile: "Guardi Geometra che io, per settembre, ho bisogno di 730 milioni".

E così Francesco è partito alla ricerca di un nuovo fido.

In pieno agosto vedevo che si aggirava per banche ed uffici, ma non osavo chiedere nulla.

Poi ad un certo punto, spinto dalla preoccupazione, gli ho domandato che cosa stesse succedendo.

La sua risposta è stata molto chiara: "Ho chiesto un fido di 730 milioni ed ho messo come avvallo tutto il nostro patrimonio.

Il direttore della banca voleva dissuadermi dal compiere un tale passo, ma io gli ho detto che sulla Casa di Carità i Fonti non hanno nulla da temere".

Dopo le ferie, il 1° di settembre arrivò una telefonata dalla Regione che ci comunicava la lieta notizia: "Quella pendenza di 730 milioni è stata risolta a vostro favore".

Finalmente si erano decisi a sbloccare la parte mancante del finanziamento regionale. ( P. Fonti )

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