Unione/Catechisti/Fonti/Fonti.txt Giovanni Fonti Giovanni e la famiglia Nacque il 18 aprile 1911. I genitori. Luigi Fonti e Domenica Ferino, ebbero oltre a lui altri due figli, Francesco e Pietro, ed una figlia, Giuseppina. Trascorsero la loro vita ad educarli nell'amore a Cristo e al prossimo. Luigi Fonti era lo scrivano del notaio Luigi Cantò che stilò l'atto di fondazione della Fiat, in francese. L'azienda di famiglia fu fondata proprio pochi anni dopo, il 5 giugno 1911. Fin dalla più giovane età, Giovanni, insieme ai suoi fratelli, diede una mano nella conduzione della ditta patema sita in via Pesaro 20. Pietro Fonti ricorda il fratello: " Fece come me le elementari alla scuola "Ferrante Aporti", fino alla quinta. La sesta classe, alla scuola Fontana, dove aveva il prof. Enrico Bionda della cui stima Giovanni godeva: "Tu andrai per il mondo in carrozza - gli disse un giorno - e io sarò ancora qui ad insegnare " ". All'inizio degli anni '20, Luigi Fonti aveva presentato i propri figli a Fratel Teodoreto. Questi li invitò a far parte dell'Unione Catechisti, allora associazione, che dal 1926 veniva chiamata impropriamente "congregazione" ed aveva l'approvazione dell'Arcivescovo di Torino. Proprio all'interno dell'Unione, Giovanni divenne insegnante di pedagogia catechistica. Così lo ricorda Renato Assom che fu assunto da ragazzo a lavorare in ditta: " Giovanni era stato molto vicino a Fratel Teodoreto. Come figura morale, gli assomigliava molto ". Conseguì l'abilitazione diocesana di grado inferiore il 16 giugno 1929, esame per l'insegnamento nelle elementari e nelle parrocchie. Il servizio militare e gli anni della guerra Nel 1932, Giovanni fece il militare a Vercelli, alla Caserma Bava, nel Genio Radiotelegrafisti. Fu poi trasferito agli Alti Comandi di Torino, dove ricopriva il ruolo di dattilografo. Era una persona che ispirava fiducia e divenne segretario. Pietro prestava molta attenzione ai racconti del fratello sulla vita militare, perché, di lì a due anni, sarebbe partito anche lui. Infatti, da recluta, fece tesoro delle esperienze di Giovanni, tanto che il suo caporale un giorno si rivolse alla camerata dicendo: "Guardate come fa Fonti"; si riferiva al modo di tenere la gavetta ed il letto. Il comandante gen. Favagrossa ( che divenne successivamente ministro della difesa ) era molto severo, ma altrettanto vicino ai militari. C'era un'estrema pulizia. Si mangiava e si dormiva bene. Il vetro della finestra serviva da specchio per farsi la barba. Giovanni m poi richiamato quando l'Italia entrò nella guerra in Africa orientale e prestò servizio prima in Asti, poi in Sardegna, a Cagliari, nel 1935. Fu in quegli anni che nacque l'amicizia di Giovanni per un compagno d'armi Aurelio Mapelli il quale prese la strada del seminario diventando Salesiano e missionario a Cuenca ( Equador ). Con padre Mapelli, sino alla morte di questo nel 1991, trattenne una frequente corrispondenza. Racconta Leonardo Rollino, presidente dell'Unione Catechisti, che durante il secondo conflitto mondiale, Giovanni era Autiere ( automobilista militare ) in servizio presso la caserma "Cavalli" di Corso Vittorio Emanuele II, dove adesso c'è il nuovo Palazzo di Giustizia. L'8 settembre 1943, in seguito alla disfatta dell'Italia, si trovò libero dal servizio militare. Ricorda ancora Rollino: " Durante la guerra veniva a trovarmi al borgo S. Paolo in bici: era rischioso, perché con i tedeschi non si poteva circolare liberamente ". Luigi e Domenica Fonti con i propri figli L'8 ottobre 1936, alla morte del padre, i fratelli ne ereditarono l'attività imprenditoriale. E vi contribuirono tutti, come già avevano fatto gli anni precedenti: Pietro, nel periodo delle scuole elementari, ricorda che la sera andavano in un "cantinone" a stendere la vernice sui banchi per gli asili infantili costruiti dagli operai durante la giornata. Sin dall'inizio, Giovanni fu devotissimo alla sua famiglia, nel seno della quale è sempre regnata una forte coesione, sia nel pensiero che nelle opere. La sua era una intensa vita di preghiera, conservando sempre il proprio atteggiamento sereno e gioviale. Per lui la solidarietà al prossimo era un atto di amore che si svilupperà in seguito in una costante visita agli ammalati. Giovanni Fonti viaggiava parecchio, anzitutto per curare i rapporti commerciali coi clienti della ditta, poi per il suo aggiornamento all'interno dell'Unione Catechisti e per partecipare agli incontri negli Istituti Secolari. Infine amava molto recarsi in pellegrinaggio ai tanti santuari, dedicati alla Madonna. Un'altra cosa che amava era la lettura. La laboriosità contraddistinse la vita di casa Fonti. Il tempo libero era ben occupato. La passione di Giovanni da giovane era lo studio della chimica e gli esperimenti. Una volta si bruciò la mano con la termite, ferro fuso che veniva anche impiegato per le saldature dei binari, prodotto tramite un procedimento chimico denominato alluminotermia. Si era anche addentrato nella chimica organica. Nella soffitta dell'abitazione di via Pesare, per esempio, c'era un angolo dedicato ad un piccolo laboratorio chimico: là, dentro una bacinella, Giovanni produceva il sapone. Il papa assecondava la sua passione per la chimica, quella per l'elettricità di Pietro e quella per le radio di Francesco, e cercava di procurare il materiale per gli esperimenti. Ricorda Pietro che nel 1924 Luigi gli regalò una pila di Grenet ed un'altra volta il filo di rame per costruire un trasformatore di Tesla. In quegli anni era difficile avere anche solo uno spezzone di filo di rame di recupero! Invece suo papa riusciva a procurare il materiale. Luigi Fonti collaborava in modo discreto. Non intervenne mai a dire la sua: seguiva i figli da lontano. Forniva materiale alla Paravia ( che oltre ai libri trattava anche banchi e attrezzi da ginnastica ) che, a sua volta, lo rivendeva alle scuole. Riusciva così ad ottenere dei libri in visione. Prima di darli ai figli li sfogliava tutti. Le pagine che secondo lui non erano convenienti venivano strappate. I libri che proprio non andavano li restituiva. Essendo in quattro, con la sorella Giuseppina, i fratelli non sentivano il bisogno di avere amici e ne avevano pochi occasionali delle elementari e dei corsi serali. Giocavano molto insieme, soprattutto col materiale di scarto della ditta. Avevano costruito quattro monopattini, le cui ruote erano state ricavate dalla parte interna degli anelli da ginnastica. Con le aste storte delle spalliere i ragazzi si facevano i trampoli: erano quattro trampolieri. I momenti di gioco venivano organizzati nel laboratorio di via Barolo 20, quando non c'erano più gli operai. La loro mamma, poi, era un'esperta di dolci. Era solita preparare una torta di farina di grano duro ricoperta di mele. Il sabato pomeriggio, Pietro portava i ragazzi dell'Unione da Fratel Teodoreto e dopo l'incontro distribuiva ad ognuno una fetta di quel dolce. Quella torta costituiva, nella sua semplicità, molto di più. Toccò il cuore dei ragazzi per l'amore che rappresentava il semplice gesto racchiuso in quel dono. Rammenta infatti il Sig. Ostellino, un ex dipendente e amico dei Fonti: " La mamma era dolce, affabile. Molto riservata. Ma se uno andava di sopra, ancora in via Pesaro, quando era appena finita la guerra, il pezzettino di dolce lo dava ". Nel 1950, la ditta Fonti dovette trasferirsi dai locali di via Pesaro all'attuale sede di via Lorenzini 36. Conobbero in quegli anni don Giuseppe Vietto che descrive così la signora Domenica: " Pensando ad una figura evangelica, potrei paragonare la madre dei fratelli Fonti a Marta e Maria insieme: pur vivendo nell'agiatezza, ha sempre scelto la povertà come loro ". Era una donna molto attiva nelle normali faccende quotidiane che sapeva unire ad un'intensa vita di preghiera. Un'affezione intensa Giovanni la coltivò per la sorella Giuseppina. Ma parlando di lui, si deve ricordare di far riferimento anche agli altri fratelli, poiché la corrispondenza di sentimenti era talmente forte che spesso gli amici e dipendenti che ne hanno parlato si sono lasciati sfuggire il motto dei moschettieri di Dumas: "Tutti per uno e uno per tutti". A proposito del profondo affetto per Giuseppina, Amilcare Ostellino racconta che un appuntamento fisso per la ditta Fonti era la Fiera di Milano: " Al ritorno era immancabile fermarsi al Pavesi a Novara e lui prendeva sempre la scotolino di dolci per Pina. Il pensierino per la sorella c'era sempre. Mezz'ora da Novara ed eravamo a Torino. Un piatto di tacchino allo spiedo e poi a casa. Anche per non disturbare Giuseppina a preparare una cena fuori orario ". L'affiatamento dei fratelli Fonti Aldo Gravino, dipendente dei Fonti dal 1934 al 1980, ricorda gli anni trascorsi alle dipendenze dell'azienda. Le richieste di fornitura aumentarono nel tempo facendo crescere il numero dei dipendenti. Si raggiunse un tetto di ben 92 addetti. E la situazione pareva dover avere ulteriori sviluppi. Durante una riunione, qualcuno fece la proposta: "Qua dobbiamo far fronte a delle consegne spaventose, dovremmo fare dei turni, peccato andare avanti per solo otto ore. Non dico la notte, ma almeno due turni: raddoppiarne il personale!" Al che, il signor Francesco replicò: "La ditta è un mezzo, non un fine". Questo era il pensiero di tutta la famiglia che vedeva l'azienda come un servizio da rendere fornendo prodotti utili; nel contempo essa dava agli stessi titolari ed ai dipendenti, un sostentamento onesto e duraturo. Gravino conferma l'impressione che ha ricevuto chiunque abbia conosciuto i suoi datori di lavoro: "I tre fratelli Fonti li vedo tutt'uno ". C'era sempre accordo, in tutte le decisioni che si prendevano. Sì, talvolta nascevano delle discussioni sulle direttive da seguire, ma erano subito risolte con la scelta migliore. E venivano sempre prese in considerazione le opinioni di tutti. Durante questi momenti, Giovanni spiccava per la sua grande apertura mentale verso le innovazioni, l'adattamento e il superamento delle situazioni sempre differenti che si presentavano. I cambiamenti non lo spaventavano. C'era sempre qualcuno che diceva "abbiamo sempre fatto così" ricevendo da Giovanni in tutta risposta: "No, da adesso in avanti…" Giovanni continuava in ditta con la propria vita quotidiana l'opera di diffusione del messaggio evangelico. Sorridente e lavoratore, infaticabile, cercava sempre di venire in aiuto con qualche idea al lavoro degli altri. Nella sua giovinezza, Renato Assom lavorò per la ditta e ricorda che, prima di partire per il servizio militare, lavorava nel reparto meccanico: " In officina, di notte, io ero da solo, come saldatore elettrico. Prima di ritirarsi, Giovanni mi raccomandava sempre di non addormentarmi. Erano i tempi della seconda guerra mondiale: la sera vigeva il coprifuoco. Ciò significava che si sarebbe dovuto interrompere tutte le attività. Allora i fratelli Fonti mi avevano fatto un gabbiotto per contenere la luce del saldatore, di modo che non si vedesse dalla strada. Una specie di separé ". La famiglia, poi, portava la catechesi direttamente sul luogo di lavoro. Don Vietto, e prima di lui un altro sacerdote, il salesiano don Cignatta, veniva chiamato per la preparazione degli operai alla Pasqua. Il raduno che ne sortiva costituiva un'occasione per cementare quell'atmosfera di unione familiare aleggiante nelle ore di lavoro. Racconta Mario Barletta, ex dipendente e amico, che veniva organizzata in ditta la preparazione. Questa si componeva in una breve riflessione e nella possibilità di confessarsi, grazie alla presenza dei sacerdoti che si mettevano a disposizione per l'occasione. Poi si andava alla Santa Messa. Al ritorno in ditta, i dipendenti più vicini ai Fonti precedevano gli altri per aiutare ad allestire il rinfresco. Si riprendeva a lavorare alle dieci del mattino e si proseguiva sino a mezzogiorno. Poi ci si interrompeva per rispettare il sabato preparatorio alla Pasqua. Sul lavoro estremamente attivo, Giovanni era anche molto socievole. Era addetto ai rapporti coi clienti della ditta, per cui aveva occasione di viaggiare. Prima della guerra si era recato in Albania per alcune forniture al governo locale. Durante la guerra, lo sbocco produttivo della ditta prese una svolta: attraverso rapporti con enti locali, municipi ed altri, la ditta Fonti non esitò ad occuparsi di interventi di ricostruzione delle case lesionate dai bombardamenti. Ostellino rammenta i lavori svolti al santuario della Consolata: di particolare impegno, un confessionale nuovo, la balconata superiore ed altri lavori. Non solo: furono eseguiti anche dei lavori per conto del Collegio San Giuseppe alla Villa Nicolas Superiore, ora l'attuale centro La Salle. La ditta Fonti affrontò quegli anni con spirito di adattamento e carità cristiana. I ragazzi partiti per la guerra che avevano in precedenza lavorato nell'azienda, successivamente al ritorno ricevevano l'offerta di riprendere il loro posto. Le famiglie bisognose ricevevano qualche aiuto, per esempio della legna da ardere. Normalmente, la ditta si occupava di arredamenti scolastici e attrezzi ginnici. Nel dopoguerra si fornì parecchi arredamenti scolastici ai militari. Quando il mercato diminuì, la ditta si orientò verso la produzione di attrezzature ginniche professionali a livello internazionale. Giovanni andava frequentemente all'estero alle mostre ( Monaco ) e prendeva contatti con molte persone del CONI. Introdottosi nella Federazione Internazionale di Ginnastica ( F.I.G .) fece conoscenza col Presidente Gander e nel 1967 incominciò i colloqui con l'ingegnere tedesco Reuther che aveva brevettato delle attrezzature dalle caratteristiche dinamiche innovative. Nel 1968 Giovanni ottenne l'esclusiva per l'Italia della fabbricazione di queste attrezzature tedesche. Furono rifornite così molte palestre d'Italia e della Coni di attrezzi nuovi, fino alla scadenza dei brevetti. Successivamente, la ditta ha optato per la fornitura comprensiva dell'omologazione delle attrezzature. Nel 1981 la ditta Fonti eseguì il passaggio da s.r.l. a S.p.a. e dopo il 1986 Giovanni cessò la sua attività diretta nella produzione, diventando amministratore delegato, continuando a seguire il lavoro. Giovanni inventore Giovanni era un vulcano di idee. Brevettò diverse invenzioni. Tipo la sedia senza saldatura in collaborazione con l'ingegner Del Forno. Molte intuizioni sue hanno precorso i tempi: per esempio, un nastro trasportatore per verniciare i sedili e gli schienali delle sedie. Invece di muovere la pistola, muoveva i pezzi. Ricorda il signor Obialero: " All'inizio della ginnastica ritmica, non riuscivamo a trovare il peso giusto e la finitura superficiale necessaria per la palla di gomma. Un lunedì mattina, arrivando alle sette, vidi Giovanni seduto al tecnigrafo con gli schizzi di un progetto: una sfera cava divisa in quattro spicchi che si apriva a buccia d'arancia. Vi si introduceva la gomma cruda di 5, 6 mm. Si chiudeva la sfera cava con un pedale che azionava un cilindro ad aria compressa e s 'introduceva nell'autoclave a cuocere. Si giunse alla collaborazione con una ditta di Asti ( Maga ) per la realizzazione di questo prodotto ". Anche Assom che si mise a lavorare in proprio con un pastificio, usufruì dell'aiuto di Giovanni: " Mi aveva disegnato dei piantoni con le guide in cui passano delle assicelle in compensato su cui si mettono ad asciugare gli agnolotti. Lo adopero ancora oggi ". Giovanni diceva sempre: "Il mestiere dell'inventore è bellissimo, solo che non ti lascia dormire, devi sempre seguire l'idea e metterla in pratica." La sua apertura mentale certamente non gli consentiva molti attimi di riposo, ma lo predisponeva sempre ad imparare qualcosa. Un esempio, sono i viaggi. Pietro Fonti non ricorda una sola volta che, per il ritorno suo fratello rifacesse la medesima strada percorsa all'andata. Voleva farne sempre una nuova. Le fiere e le esposizioni Le fiere erano, oltre che un impegno di lavoro, anche un appuntamento conviviale; ognuno si occupava di un settore differente: Obialero per la meccanica, Ostellino per la falegnameria, Maran per la verniciatura e Boccaccio per i progetti e i disegni. Giovanni sovrintendeva. La fiera di Milano era la tappa principale. Giovanni vi si recava con la Topolino. Più tardi ci fu quella di Colonia. Obialero, ancora, racconta che tante volte si erano recati a Colonia dove avevano fatto conoscenza con il parroco del Duomo. Giovanni si rivelava una buona forchetta, molto parco nel bere, fra l'altro. Quando andavano a Milano, al ritorno lui si fermava volentieri all'autogrill di Greggio, per non disturbare la sorella, perché spesso era già tardi. Questo accadeva almeno tre volte al mese. Era una prassi stabilita. In questi viaggi, gesti semplici divenivano speciali a tal punto da toccare il cuore e la memoria: ad una gara di ginnastica in Lombardia, per esempio, Obialero aveva portato con sé la propria moglie. Arrivati sul posto, c'era soltanto una stanza doppia. L'albergo più vicino era a quattro o cinque chilometri. Giovanni cedette ad Obialero la sua camera, scegliendo per sé il disagio dello spostamento. Conclude Obialero: " Si è mantenuto efficientissimo dal punto di vista fisico fino ad un mercoledì pomeriggio in cui, rientrando in ditta, ha parcheggiato la macchina in garage, si è appoggiato ad una scrivania, quella di Amilcare Ostellino, lamentandosi "Oggi sono particolarmente stanco. " È mancato al sabato verso le 15 della stessa settimana ". Giovanni Fonti morì il 19 giugno 1993. Giovanni e l'Unione Catechisti All'inizio degli anni '20, Giovanni conobbe Fratel Teodoreto alla scuola serale diretta da quest'ultimo in via delle Resine. Fratel Teodoreto lo invitò a far parte dell'Unione Catechisti. Fece la sua prima professione a Chieri il 15 agosto 1931, festa dell'Assunta. Successivamente, il 28 giugno 1949 si consacrò a Gesù Crocifisso con la sua professione perpetua a Castelvecchio Torinese. La sua formazione catechistica ( convegni, assemblee ) Conseguì molto presto il diploma di catechista di primo grado insieme ai fratelli Pietro e Francesco ed ai giovani Rosso e Bosso. Successivamente, partecipò con molto impegno ai corsi programmati dell'Azione Cattolica; seguì, dal 1937 al 1940, il corso quadriennale di Teologia come catechista delle scuole medie superiori: il responsabile di queste lezioni era il teologo Vaudagnotti e le lezioni furono tenute presso l'Istituto Superiore di Magistero; dal 1959 al 1963 il Corso superiore di Cultura Religiosa per laici diretto da Mons. Pietro Caramello; dal 1969 partecipò a differenti convegni liturgici e diocesani sulla catechesi a Pianezza, Rivoli, Betania, Roma, Napoli. Ebbe sempre molta cura di aggiornarsi sui problemi catechistici partecipando a numerosi convegni ed incontri di catechesi e anche con la partecipazione ad un corso biennale estivo di Pedagogia Catechistica dei Salesiani al Centro di cultura "Maria Immacolata" al passo della Mendola negli anni 1971-72 e 1972-73. Fu interessato anche al convegno della Mendola per i direttori degli uffici catechistici diocesani; si tenne a Vallombrosa dal 30 giugno al 2 settembre 1971. Il tema era: "I catechisti nella Chiesa di oggi". Inoltre, si recava spesso alla Madonnina del Grappa di Sestri Levante, dove avvenivano incontri per i membri degli Istituti Secolari: lì conobbe gli psicologi Cencini e Manenti. L'apostolato - attività in Spagna e in Italia Rappresentò l'Unione Catechisti nei suoi numerosi viaggi in Italia ( Roma, Pompei, Torre del Greco, Napoli dal 1964 sino al 1992 ) ed all'estero ( in Spagna dal 19 al 21 giugno del 1961, a Barcellona e Badalona; dal 21 al 24 novembre 1965 a San Sebastian, Irùn, Bilbao; dal 24 al 26 giugno 1966 a Valladolid ) in occasione di assemblee ed incontri. A memoria di tutti i viaggi di Giovanni Fonti, ecco l'estratto di un resoconto comparso sul numero unico dell'anno 1965, a pagina 19: Incominciato con fede e proseguito tenacemente dal Fr. Saturnino, Assessore, il gruppo di Napoli va lentamente crescendo e consolidandosi, con nuove consacrazioni di catechisti e con vivace attività, che dimostrano l'impegno dei mèmbri e la vitalità del gruppo. Il 2 aprile, venerdì di Passione, venne celebrata la giornata del Crocifisso presso l'Istituto de La Salle, con molto fervore e partecipazione generale dei giovani e dei Fratelli. Il 15 maggio, festa di S. Giovanni Battista de La Salle, due allievi catechisti hanno fatto la loro consacrazione di catechista effettivo e altri quattro giovani furono ammessi alla consacrazione di allievo catechista. Il piccolo numero dei giovani promossi al passaggio è indice della serietà che si esige per l'impegno della consacrazione. Il clima di fervore in cui questa fu fatta e la risonanza che essa ebbe in tutto l'Istituto dimostrano l'importanza che l'Unione assume nel suo ambiente. In rappresentanza del Presidente Generale era presente il catechista Giovanni Fonti venuto da Torino ad accogliere i nuovi confratelli di Napoli. […] Giovanni catechista Era divenuto esperto di pedagogia catechistica. La dottrina che insegnava non costituiva solo una serie ordinata di principi e di nozioni, ma soprattutto l'espressione di abitudini morali e comportamenti quotidiani. Traduceva la dottrina cristiana in testimonianza diretta, non limitandosi ad insegnare concetti, ma portandoli concretamente nella pratica di tutti i giorni. Ne da particolare testimonianza la sua lunga presenza in parrocchie, in diocesi e a Roma. Ad esempio, durante la guerra ebbe l'incarico pomeridiano dell'oratorio Sassi ( 1943-45 ), fra il 1968 ed il 1970 fu all'oratorio della parrocchia del Cottolengo, e nel biennio 1971-72, alla Parrocchia di S. Francesco da Paola di via Po per la preparazione alla Messa di Prima Comunione e per un programma dedicato alle mamme "catechiste a domicilio". Dal 1982 ali'89 partecipa ad una serie di incontri nei caseggiati su vari temi promossi dalla sua parrocchia di San Vincenzo de" Paoli. Amilcare Ostellino, a proposito dell'attività di catechesi di Giovanni, rammenta quelle che lui stesso chiamava "pagine attive": si trattava di una sorta di questionari stampati con la tecnica della litografìa. Le domande che vi comparivano servivano ai ragazzi del catechismo per provare subito le cose che avevano compreso. Successivamente, Giovanni le correggeva e le commentava. Un altro metodo di insegnamento era una serie di proiezioni tenuta direttamente in casa propria. Spiegava ed intanto proiettava le immagini. Il signor Ostellino a quell'epoca aveva 13 anni. Ricorda dei Fonti: " Tornato Giovanni da militare, da via Pesaro erano stati sfollati a Sassi in una parte dei locali dell'oratorio: avevano due camere per dormire. Prese a fare il catechista lì. Alla parrocchia di San Giovanni Decollato, l'attuale Nostra Signora Regina del Rosario ". Leonardo Rollino spiega che, presso il Centro Diocesano GIAC, Giovanni fu Delegato alle attività catechistiche ( 1945-48 ). Era impegnato nella catechesi nelle parrocchie, in modo particolare presso quelle del Cottolengo in Corso Potenza, della Natività a Pozzo Strada, di S. Bernardino e de Le Stigmate di S. Francesco in Corso Umbria. Fece un po' di catechismo anche allo stesso Rollino. Inoltre, nei numerosi viaggi che doveva affrontare, portava sempre gli altri catechisti congregati nel cuore. Come ricorda il catechista Luigi Cagnetta, Giovanni era molto affettuoso e disposto al dialogo interpersonale: " Sotto il profilo artistico era un amico: lui viaggiava tantissimo. Gli chiesi di portarmi qualche diapositiva dei monumenti artistici dai suoi viaggi. Da allora, sovente arrivava in sala professori con una busta contenente alcune fotografie ". Incarichi nell'Unione Ricoprì il ruolo di maestro dei Novizi e di delegato degli Aspiranti in via delle Resine dal settembre 1933 al febbraio 1935. Successivamente, presso l'Istituto Arti e Mestieri di corso Trapani fu delegato degli Aspiranti dal marzo 1936 all'ottobre 1938 e in seguito presidente dell'Unione Catechisti - sezione giovanile Azione Cattolica "Maria Immacolata" - dall'ottobre 1938 al giugno 1945. I ritiri dell'Unione A Giovanni piaceva stare coi ragazzi. Questi campeggi estivi a Valprato erano organizzati dall'Unione e duravano 15 giorni. Dal 1933 al 1936. Nel 1937 fu organizzato un soggiorno al mare. Dopo, a Ronco. Le occasioni certo non mancavano. Molti di coloro che l'hanno conosciuto ricordano con nostalgia le gite in montagna ( Valprato Soana, Ronco Canavese ). Era un buon camminatore. Organizzava anche dei giri in bicicletta coi giovani. Obialero traccia un vivace ritratto di queste gite: " Nei mesi estivi andavamo in bicicletta a Valprato ( si era intorno al 1949- '50 ) a raccogliere stelle alpine. Trovavamo i Catechisti alla "Casa dei terrazzi". C'era anche Giovanni. Si beveva tutti assieme una bibita e poi, guidati da Claudio Brusa, continuavamo la salita ". Antonio Barello, insegnante alla Casa di Carità ricorda di aver imparato a giocare a scacchi durante un ritiro a Gressoney. Giocò anche con Giovanni, ma era un impresa, poiché era davvero forte. Anche Elso Massalin, un altro ex-allievo, ricorda quei ritiri. Giovanni stava volentieri coi giovani e giocava molto con loro. Massalin ricorda le partite a ping pong con lui. Rammenta anche i giochi organizzati assieme a Claudio Brusa, come le "cacce al tesoro": queste consistevano nella ricerca di tabelle codificate che andavano trovate, raccolte e tradotte. Si trattava sempre di brani edificanti con lo scopo di insegnare all'interno del momento di gioco. I ragazzi dovevano portarsi dietro, durante la loro ricerca, il materiale già ricuperato: per questo, si erano impegnati nella preparazione di una tasca di plastica ( fornita da Giovanni che procurava i ritagli della dita di famiglia ) da portare a tracolla per il trasporto dei codici. Caratteristico della sua figura fu l'apporto che diede alla sistemazione della Sorgente a Baldissero: nella Cappellina, per esempio, bisognava mettere delle panche. Giovanni arrivò con un disegno ed i pezzi pronti da montare. Racconta ancora Roggero: " Brusa, io e gli altri ragazzi facevamo vita comunitaria. Giovanni ed i suoi frateili si univano a noi per la preghiera. Se Giovanni poteva far qualcosa forniva tutto il necessario attraverso la ditta. Ad esempio, séparé con le tende, racchette da ping pong, sostegni metallici per teloni utili per stare fuori casa nei giorni di pioggia ". La ditta Fonti procurava anche la legna per i ritiri in montagna. Giovanni e i suoi fratelli portavano su camion di legna ( sfridi, cioè ritagli ) e segatura. Tutti e tre i fratelli dimostrarono sempre una grande disponibilità. Ricorda ancora Pierbattisti, riguardo al trasporto dei giovani fino alla Sorgente: " Giovanni Fonti veniva tutte le volte che lo chiamavo. Non si tirava mai indietro. Io portavo i ragazzi fino a Costiglione Torinese col pullman e lui faceva la spola con la sua automobile, fra lì e Baldissero ". Poi, per gli incontri dell'Unione, preparava il commento alle liturgie della domenica, cosa che fino a poco tempo fa ha continuato a fare suo fratello Francesco. Attività di missione parrocchiale Fin dal 1965, collaborò con l'Ufficio Catechistico Diocesano per i corsi di formazione dei Catechisti Parrocchiali. Don Giuseppe Vietto conobbe Giovanni Fonti quando lo interpellò per tenere un incontro di catechesi alle scuole materne della chiesa del Cafasso nei primi anni sessanta. Il tema della conferenza era cercare di adottare certe linee moderne di insegnamento in rapporto ai giovani. Lo ricorda come un uomo brillante, che possedeva la materia. Un uomo che diceva tutto sempre col sorriso sulle labbra; era questo il suo lato più affascinante: comunicare la verità attraverso il messaggio del sorriso. Giovanni seguì negli anni successivi l'attività parrocchiale di don Vietto al San Vincenzo de Paoli. E le prediche. Un giorno il suo amore per la semplicità e l'aderenza al Vangelo lo indusse ad una correzione fraterna: " Al San Vincenzo De Paoli, 25-30 anni fa, veniva sempre alla Messa e, ad un certo momento, me lo vedo arrivare in sacrestia sollecitato da un amore alla Bibbia che mi faceva piacere, perché mi disse: "Ma parli di più di Gesù e della Bibbia spiegando veramente quello che è il Vangelo della domenica e anche le altre letture". E quella ripresa mi ha spinto ad essere più aderente a ciò che la Bibbia dice, piuttosto di fare attenzione a tutti i nostri aneddoti narrati talvolta per approssimarci maggiormente alla realtà ". Successivamente, come per addolcire l'umile ripresa di cui l'aveva reso oggetto, gli disse le seguenti parole: " Lei ha la capacità di dire in breve ciò che è il pensiero del Vangelo senza star lì a dare tante spiegazioni che alle volte complicherebbero di più la spiegazione stessa ". Nel marzo del 1988 partecipa alla missione parrocchiale alla Parrocchia San Paolo di Via Macherione 23, intitolata "Con Cristo verso il 2000" e nel biennio 1990-91 sarà attivò alle periodiche missioni parrocchiali nelle famiglie di S. Vincenzo De Paoli. Giovanni amava la semplicità, quindi. Una semplicità già ravvisata nella vita familiare che conduceva in via Lorenzini, al primo piano dell'edificio che ospita la ditta Fonti. La semplicità che portava con sé nelle visite agli ammalati della parrocchia. Amore per la catechesi, la Madonna e Gesù Crocifisso. Giovanni fotografo La sua passione, poi, erano gli audiovisivi. Da notare che lui era il "fotografo ufficiale" dell'Unione. Quando c'era da fare dei reportage fotografici di avvenimenti ufficiali, come le consacrazioni, lui entrava in azione. Organizzava anche delle gite alla Elle.Di.Ci. Ricorda Roggero, lui stesso addetto al "reparto fotografico", ruolo che, prima di Giovanni era ricoperto da Umberto Ughetto: " Durante una gita in Liguria ( a Noli Ligure ), mi feci prestare dal signor Giovanni la sua macchina fotografica per riprendere le onde. Per fotografarle, dovevo avvicinarmi. Gli spruzzi d'acqua salata, però, la danneggiarono, costringendolo a portarla a riparare ". Anche quando ormai lo affiancava lo stesso Roggero, Giovanni consumava sempre almeno un rullino per volta. Ma, mentre la ricerca per gli audiovisivi portava nella direzione delle diapositive, lui si limitava sempre alle stampe. Con le sue foto si può ricostruire la sua vita personale catechistica e familiare. Un cammino come insegnante Questa sua attività è poco appariscente, ma forse la più importante per conoscere Giovanni Fonti. In lui appare certo di più la figura dell'imprenditore e del catechista, m realtà, come insegnante, Giovanni si è prodigato dedicando a quest'attività notevole tempo ed energia. E sicuramente l'ambito in cui ha dato di più e meriterebbe un ulteriore approfondimento. Con la sua prima esperienza di lavoro ed aderendo all'Unione Catechisti, Giovanni aveva colto l'importanza di introdurre i giovani nel mondo del lavoro con una formazione cristiana. Nell'anno scolastico 1931-32, all'età di vent'anni, iniziò la sua attività di insegnante presso la Casa di Carità di via Feletto, angolo via Soana, e in quest'ambito svolse un servizio ininterrotto sino al 1987, fatta eccezione delle parentesi militari descritte nel primo capitolo. Le sue prime materie furono Religione e Disegno nei corsi serali. Successivamente si dedicò ai corsi serali e festivi, insegnando Religione e Tecnologia, ma anche Matematica e Geometria, Fisica, Chimica. Can la sua capacità didattica e la sua esperienza, riusciva a presentare ai ragazzi materie molto diverse fra di loro. L'impegno che portava avanti lo spingeva ad un continuo lavoro di approfondimento e di studio personale e alla relativa preparazione delle lezioni. Seguiva di preferenza le prime classi che allora erano formate da 36 allievi ( divisi poi in laboratorio in 3 squadre da 12 ), molto impegnative anche dal punto di vista della disciplina. Il dopoguerra L'amore per l'insegnamento come opportunità di portare ai ragazzi e agli adulti la catechesi lo spinse ad occuparsi dei corsi alla Casa di Carità, facendo convivere questo impegno con lo studio, con l'attività nell'Unione Catechisti e con il lavoro per la ditta. Nel dopoguerra, un episodio fra tanti è importante per evidenziare la sua vita di fede e l'amore per gli altri. Nel 1949 la Madonna Pellegrina fu portata in processione a Torino. Si trattava di una festa in cui la statua della Madonna veniva portata in processione da un elicottero americano nei paesi. Era un ringraziamento alla Madonna per la fine del conflitto. Questo accadde per circa un anno e mezzo. Un giorno, la Casa di Carità venne scelta come tappa di questa processione. Durante una lezione, allora, Giovanni Fonti volle che due dei suoi ragazzi andassero in delegazione per accogliere la Madonna. Giovanni Obialero era uno dei due giovani. Due anni dopo la posa della prima pietra, la Casa di Carità Arti e Mestieri di Corso Benedetto Brin 26 era ultimata e Giovanni intraprese l'insegnamento della Fisica e della Chimica ai corsi serali: in seguito il suo impegno si concentrò sull'insegnamento della Religione e della Tecnologia, oltre che sull'attività di varie classi di laboratorio. Al notevole impegno, si deve rilevare l'amore per la didattica: nel 1950, infatti, il fratello Pietro lasciò il suo lavoro all'interno della ditta di famiglia per dedicarsi completamente alla Casa di Carità. Nelle aziende, in simili situazioni, si pone sempre l'esigenza di sostituire i componenti che vengono a mancare con il loro lavoro. Nonostante questo, Giovanni non ha voluto interrompere il suo cammino come insegnante, sostenendo entrambi gli impegni. Il suo rapporto con gli allievi Racconta Giovanni Taralli: "L'ho conosciuto alla Casa di Carità, probabilmente nel settembre 1969, che faceva tecnologia e religione. Molto dolce e disponibile. Sovente aveva un cerchio di ragazzi intorno alla cattedra, anche con un po' di confusione, perché vedevano in lui l'insegnante buono. Non lo vidi mai arrabbiato con gli allievi e con gli altri insegnanti, ma sempre col sorriso sulle labbra. ". Testimonianza confermata anche da un suo ex-allievo, Renato Ordazzo, che rammenta con un sorriso la dolcezza del rapporto coi ragazzi instaurato da quest'insegnante.