Unione/Catechisti/Tessitore/Tessitore.txt Carlo Tessitore La famiglia d'origine Carlo Tessitore nasce al principio del secolo appena trascorso, il 4 ottobre del 1902, ad Orio, fra i rigogliosi e verdeggianti paesaggi del Canavese, non lontano dal lago di Candia. È il primogenito di due coniugi poco più che ventenni: Carlo Antonio Tessitore e Anna Gaudino. Al maschietto seguiranno ben presto quattro sorelline: Maria Teresa, Caterina, Giuseppina, Anna. Carlo non ha mai fatto mistero dell'affettuoso orgoglio che lo legava alla terra natale. Il paese di Orio, situato sulla prima collina morenica che si incontra andando da Torino verso Ivrea, è una zona agricola piuttosto ricca: vi si trovano boschi di castagni, frutteti e campi di frumento. Una parte del suo territorio, inoltre, è coltivata a vigneti, che producono due vini molto pregiati, l'Erbaluce e il Passito. Tessitore stesso notava come non fosse facile trovare un paesaggio così composito: il bosco, le viti, i campi di grano e granturco … l'occhio è sempre attirato da panorami sorprendenti, mai monotoni. Il nonno di Carlo, Pietro Gabriele, era un proprietario benestante, ma poco attaccato al denaro; da buon economo non esitava a concedere prestiti e ad aiutare i braccianti afflitti da debiti. Carlo Antonio Tessitore, padre del catechista, era il suo secondogenito. Poiché, secondo una consolidata tradizione, le proprietà di famiglia non potevano essere frazionate più di tanto, le prospettive professionali, per il secondo nato, erano due: la carriera militare o quella religiosa. Carlo Antonio entrò, così, nel seminario di Ivrea. Conclusi gli studi, però, non volle seguire la strada del sacerdozio, che gli era stata imposta dal padre. Rientrato ad Orio e sposata Anna Gaudino, l'ex seminarista, intorno ai primi anni del '900, si trasferisce a Torino, dove risale la scala sociale partendo dai gradini più bassi. Dapprima si pone al servizio di una famiglia. Quindi, viene assunto dalla società del gas, che lo impiega nell'accensione manuale dei lampioni cittadini. In questa attività veniva talvolta affiancato dalla moglie, che, specie in inverno, quando il freddo si faceva più intenso, lo aiutava porgendogli personalmente i fiammiferi. Spesso Carlo Antonio tornava a casa bagnato e infreddolito: la cosa destava in famiglia una certa preoccupazione, poiché, a quel tempo, tra le mura domestiche, regnava sovrana l'umidità e, nelle classi meno agiate, le polmoniti "fulminanti" non risparmiavano neanche gli uomini più robusti. Accendere i lampioni nelle gelide serate invernali, a lungo andare, poteva rivelarsi dannoso per la salute. Ovvio, che Carlo Antonio pensasse a nuove soluzioni. In breve, infatti, si iscrive ad un concorso bandito dalle ferrovie e riesce ad entrare nelle liste del personale viaggiante, superando le prove col massimo dei voti ( ottiene 10 nel tema di italiano ). Allo scoppio della Grande Guerra ( 1915-1918 ) viene richiamato alle armi e parte per il fronte: la moglie e le figlie si rifugiano ad Orio ( gli aerei austriaci stavano già bombardando Milano ), mentre il primogenito resta a Torino, ospite di una famiglia di conoscenti, per proseguire gli studi. Al termine del conflitto, il capofamiglia torna a casa apparentemente illeso e riprende il lavoro sui treni, ma non per molto. Ha già raggiunto il grado di capotreno, quando le malattie contratte in trincea lo portano alla tomba. Fino al giorno della sua scomparsa, Carlo Antonio assicura alla famiglia Tessitore un livello di vita più che dignitoso. Purtroppo, alla sua morte, la moglie si ritrova in gravi ristrettezze economiche: anche la pensione maturata dal marito è troppo esigua. Correva l'anno 1921, Carlo aveva 19 anni ed aspirava al sacerdozio, quasi volesse incarnare quella vocazione che il padre aveva vissuto come un'ingiusta imposizione. Ma la madre, appena il ragazzo le confida questo proposito, sprofonda nell'angoscia: "Anche tu mi lasci sola?". La donna, infatti, rischia di rimanere in balia degli eventi con 4 figlie appena adolescenti: M. Teresa, la maggiore, aveva 17 anni, Caterina quindici, Giuseppina dodici, Anna, la più piccola, appena undici. Prendendo atto delle apprensioni materne, Tessitore, di fronte alle evidenti difficoltà familiari, rinuncia alla vita religiosa. " Nutriva una particolare venerazione per la madre, che, del resto, era ricambiata " ( Claudio Civalleri ). Trascorre, così, la giovinezza tra Torino e Orio, alternando agli studi di ragioneria, il lavoro nei campi dello zio, soprannominato affettuosamente "barbatin". Alcune fotografie lo ritraggono in tenuta da lavoro, con un cappellaccio in testa e la cascina sullo sfondo. In questo modo ha occasione di conoscere la fatica contadina e quella intellettuale. Il suo rispetto per il prossimo, forse, si nutriva anche di queste esperienze. " Ha sempre studiato e lavorato, sacrificando il proprio tempo libero per aiutare tutta la famiglia " ( Claudio Civalleri ). Fin dall'adolescenza, il giovane Carlo, acquisisce una sana abitudine che non abbandonerà mai più negli anni a venire: la Messa quotidiana. Ogni mattina, infatti, quando la chiesa di Orio è ancora chiusa, si reca a piedi nella vicina Montalenghe, distante circa 5 Km, per assistere alla funzione delle ore 7. Non mancano momenti di svago. In autunno, dopo la Messa, ama concedersi una pausa di ristoro nelle vigne di famiglia, dove gusta l'uva, ormai matura ( questo diventa, ovviamente, un pretesto più che valido per fare penitenza e saltare la colazione ). A Torino, gli studi procedono speditamente: dopo il diploma in ragioneria viene assunto come impiegato al Banco S. Paolo. Quindi, forte di un brillante curriculum scolastico, si iscrive all'Università, dove, in qualità di studente lavoratore, riesce a laurearsi, a pieni voti, in Scienze Economiche e Commerciali. In seguito ottiene un impiego presso la Cassa di Risparmio di Torino, dove avrebbe ricoperto incarichi prestigiosi. Le sorelle, intanto, prendono strade diverse. Maria Teresa ( nata nel 1904 ), una volta sposatasi, avvia ad Orio una serie di iniziative imprenditoriali ( prima un mulino, poi una pasticceria, quindi una cartiera ), infine si trasferisce in Liguria dove apre una pensione in società con due coniugi. Senza figli, ma legatissima ai nipoti, muore a Cogoleto nel 1974, per un arresto cardiaco. Caterina ( nata nel 1906 ), pur essendo la più energica delle sorelle, rimane in famiglia. Dopo aver risieduto in via Bologna ed in via San Donato, convince Carlo a trasferirsi in via Villa Quiete, presso un'elegante palazzina situata di fronte all'Istituto del Sacro Cuore. Carlo diceva di aver ceduto alle insistenze delle sorelle che mal sopportavano l'appartamento di via S. Donato. Dopo la morte della madre ( 1943 ), il Presidente dell'Unione condivide con Caterina la nuova residenza fino al 1954, anno in cui la sorella muore in seguito a problemi cardiaci. Giuseppina ( nata nel 1909 ) sempre afflitta da una grande nostalgia per Orio, vive gli inverni torinesi con grande disagio e perciò, dopo il matrimonio, torna ad abitare in campagna. Mette al mondo tre figli, Mariuccia, Marcella e Domenico, ma muore prematuramente, a 47 anni, nel '56, per un ictus cerebrale dal decorso rapido. Anna ( nata nel 1910 ), la beniamina di tutta la famiglia, che, in considerazione dell'età, era benevolmente dispensata dai lavori stagionali richiesti a tutti i familiari ( vendemmia e mietitura ), sposa un ufficiale d'aeronautica, Alberto Civalleri. Dalla loro unione nasceranno sette figli che allieteranno non poco, con la loro spensierata vivacità, i rari momenti di svago di zio Carlo. Per Anna il fratello resta un punto di riferimento, visto che, in più occasioni, la donna si trova a gestire da sola l'educazione e gli studi dei figli: il marito, infatti, a causa del lavoro, che lo porta a viaggiare nel centro e sud Italia, si assenta da casa per lunghi periodi di tempo. Anna, in sintonia con le aspirazioni del fratello, si prodiga per fornire ai figli un'istruzione scolastica e religiosa completa. I sette fratelli, nei limiti del possibile, frequenteranno scuole private dirette da religiosi. Carlo Tessitore, lungi dal rinchiudersi nella "torre d'avorio" della professione, non rifugge la compagnia dei nipoti, e anzi, malgrado i numerosi impegni, la sfrutta al meglio per trasmettere nel modo più accattivante possibile i suoi valori di laico consacrato. Aspetti della vita privata Tessitore, morendo, ha lasciato un grande vuoto in famiglia, dove rappresentava un punto di riferimento valido per tutti, specialmente per i ragazzi. Ecco che cosa ricorda di lui Claudio Civalleri, il figlio di Anna, la sorella più giovane: " Era sempre molto indaffarato, ma quando lo "catturavamo " si finiva col fare meravigliose passeggiate sulla collina torinese. Era un gran camminatore e un'amante della natura, conosceva il nome di tutti gli alberi, i fiori, gli uccelli e trovava sempre il pretesto per insegnarci qualcosa: "Riconosci il tal fiore?" "Senti come cinguetta quell'uccellino … conosci il suo nome? … Lo sai come fa il nido? ". Ci faceva camminare a lungo, arrivavamo a casa "distrutti", però era sempre una festa per noi. Durante le passeggiate riusciva a intrattenerci con mille discorsi e ci faceva arrivare dove voleva. Saremmo andati anche in cima al monte Bianco, con lui! Spesso ci portava a Gressoney, raccontando storielle, canticchiando, facendoci scuola di natura… erano giornate per noi molto esaltanti. Conosceva a fondo la psicologia dei ragazzi e questo ci faceva apprezzare meglio la sua bontà " ( Claudio Civalleri ). Carlo Tessitore era anche uno zio premuroso, preoccupato dell'avvenire dei nipoti. Alla loro nascita, infatti, aveva deciso di sottoscrivere per ognuno di essi un libretto di risparmio, vincolato fino a 18 anni, dove i giovani avrebbero potuto depositare i loro risparmi, col vincolo di non poterli riscuotere fino alla maggiore età. Trascorso il termine, svincolò i libretti e vi aggiunse una notevole somma, integrandoli abbondantemente. Sopra ogni cosa, però, confidava nell'azione preventiva dell'educazione cattolica che impartiva ai nipoti in modo graduale, ricorrendo alla forza persuasiva delle buone abitudini. " Non perdeva mai l'occasione di portarci a Messa. Tuttavia non ci ha mai forzato ( neanche a confessarci o a fare la comunione ), l'unica cosa che ci lasciava era l'esempio. Mio zio si recava a Messa ogni giorno, ma, del resto, nelle giornate trascorse assieme a lui, lo accompagnavamo in chiesa sia al mattino per la Messa, che al pomeriggio per la benedizione serale, senza alcuno sforzo o malumore " ( Claudio Civalleri ). Lo zio catechista godeva in famiglia di una grande stima: era una sorta di "patriarca". Quando si discuteva di questioni importanti, i suoi giudizi ed i suoi consigli erano tenuti nella massima considerazione. " Qualsiasi problema ci fosse, si chiedeva consiglio allo zio. Per esempio nello scegliere l'indirizzo di studio, una volta ultimate le scuole medie. "Sentiamo cosa dice lo zio ", si diceva; era, effettivamente, la figura di riferimento ideale per affrontare tutti i grossi problemi che in famiglia non riuscivano a trovare una soluzione. Alcuni gli chiedevano prestiti, anziché ricorrere alla banche, e lui, se poteva, si esponeva in prima persona. In questi casi, ai suoi cari, non chiedeva nulla in restituzione " ( Claudio Civalleri ). Questa è la voce amica della famiglia, dei parenti, in realtà, però, Tessitore non faceva grandi differenze tra familiari, colleghi o amici. Tutti, indifferentemente, hanno goduto dei suoi trattamenti di favore. Le radici di questa coerenza traevano "linfa vitale" dagli insegnamenti di un grande Maestro ( e asceta ): Fr. Teodoreto Garberoglio, fondatore dell'Unione del SS. Crocifisso. L'incontro con l'Unione Catechisti Carlo Tessitore incontra per la prima volta la pia Unione in modo fortuito, attraverso un suo giovane esponente, il Catechista Massaia che prestava servizio presso la parrocchia di San Tommaso, in Torino: qui era vissuto il Servo di Dio Fra Leopoldo Musso, cofondatore, per divina ispirazione, dell'Istituto Secolare e della Casa di Carità. Il futuro Presidente rimane positivamente impressionato da un modus vivendi in grado di conciliare la professione laica con la vita religiosa. Questa si rivelerà come la soluzione ideale per chi, come lui, aveva dovuto sconfessare la propria vocazione sacerdotale, in seguito ad improrogabili obblighi familiari. L'ideale di Fr. Teodoreto lo conquista: farsi portavoce della Parola di Dio, radicare la "buona novella" nel mondo delle professioni, guidare i giovani a scoprire l'amore di Dio attraverso la spiritualità del Crocifisso. L'incontro col Fondatore dell'Unione ( 1917 ) è decisivo poiché la figura ed il carattere che il Fratello di Vinchio manifesta già in quell'occasione, coincide perfettamente con l'ideale sostenuto: non c'è discrepanza tra le idee e l'uomo che le supporta. Questa coerenza unita ad un'umiltà "a prova di bomba" costituisce, per il giovane Carlo, lo stimolo decisivo a seguire le orme del "professor" Garberoglio. " Nella quaresima del 1917 io frequentavo il catechismo che si faceva tutti i giorni dalle 13 alle 14 in una parrocchia di Torino. La classe a cui ero iscritto era affidata a uno dei soci dell'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, che faceva le sue prove nell'apostolato catechistico. Mio padre era al fronte e mia madre, con la numerosa famiglia, si era rifugiata al paese natio […]. Io solo ero stato collocato presso una famiglia amica, perché potessi continuare gli studi in città. Avevo 15 anni […], e mi facevo onore. Il catechista, non so se fedele a direttive ricevute, o se di sua iniziativa, mi invitò alle adunanze dell'Unione, che si tenevano al sabato sera, alle 21, in una classe di via Resine 16. Io ero allora psicologicamente un disoccupato e iniziavo in penosa solitudine l'età più critica della mia vita. I miei genitori erano lontani e su di me si rifletteva il peso delle loro afflizioni. La famiglia che mi ospitava non mi trattava male, ma io mi sentivo un estraneo. La scuola che frequentavo, scuola di Stato, era quanto si può immaginare di più freddo e anonimo, esclusivamente informativa e senza il minimo raggio di idealità […] Tra i compagni non ne trovai uno che avesse una seria pratica di vita cristiana: era molto se non parlavano male e non deridevano le mie convinzioni religiose. Correvo dei rischi gravissimi senza saperlo, e la mia anima era alla mercé del primo occupante. Fortunatamente passò per primo il Signore. Accettai con interesse l'invito del catechista e al sabato successivo fui puntuale all'appuntamento. Da allora in poi, per tutto il tempo che rimasi a Torino non mancai ad alcuna adunanza dell'Unione. L'impressione che ne ricevetti è incancellabile. Avvertii immediatamente un 'atmosfera diversa da quella degli ambienti in cui ero vissuto fino allora; sentii un benessere vivo, una pace profonda, come chi ha raggiunto la sua casa dopo un lungo peregrinare. C'era un clima di purezza, un calore di amicizia e di rispetto, un senso di serietà e di sicurezza che io non riuscivo certo a definire, ma che mi entrava da tutti i pori e in cui mi immergevo e mi riposavo " ( Dal Bollettino, giugno 1955, p.17 e ss. ). Nel novembre 1922, Carlo diviene Aspirante Catechista: suo padre è morto da un anno, la rinuncia al sacerdozio, ormai, è un fatto compiuto. Nel 1925 si unisce al gruppo di 12 giovani, selezionati da Fr. Teodoreto, ai quali l'Arc. Mons. Giuseppe Gamba propone di abbracciare la vocazione religiosa di laici consacrati nel mondo, mediante la pronuncia solenne dei voti di Povertà, Castità e Obbedienza. De facto nasce il primo nucleo di Catechisti Congregati. Per la verità, la consacrazione di Tessitore sarà rimandata al 1927, anno in cui il giovane formulerà la sua prima professione. Il rinvio era dovuto ai dubbi espressi dal suo direttore spiritual, che riteneva piuttosto remota la possibilità di incarnare degli impegni così gravosi, quali i consigli evangelici, al di fuori di istituti religiosi ( caratterizzati da vita comunitaria ), ossia non pienamente separati dalle distrazioni mondane. Peraltro, era proprio questa la scommessa che Fr. Teodoreto e Fra Leopoldo proponevano ai giovani torinesi. Carlo, dopo i primi tentennamenti, imbocca con decisione la strada della laicità consacrata. Nel 1928 è incaricato di curare la formazione dei novizi dell'U.C. Li segue scrupolosamente e indica anche le letture più adatte ad ognuno. Da più parti gli viene riconosciuta la competenza e l'abilità del grande educatore. Si attiene fedelmente agli insegnamenti di Fr. Teodoreto, cercando di trasmetterli in modo vivo e pregnante, mediante il ricorso a frasi o aneddoti in grado di riprodurre in presa diretta il carisma e il temperamento del suo amato Maestro. L'approccio alla spiritualità del Fondatore ricorda da vicino gli "atti e i detti" ( apoftegmata ) di S. Antonio Abate, che i primi monaci riferivano oralmente ai novizi, onde esortarli, con esempi vividi e concreti, ad una santa emulazione. " Quando conobbe il Venerabile, Tessitore era ancora molto giovane: avendo vissuto parecchi anni al suo fianco aveva avuto il privilegio di assimilarne fedelmente la spiritualità che cercò, poi, di trasfondere nei Catechisti " ( Leandro Pierbattisti ). Ogni Fondatore che intenda trasmettere il proprio carisma all'Istituto necessita di collaboratori e discepoli in grado di comprendere fino in fondo il senso di uno specifico progetto di vita: Tessitore, insieme a Cesone, Massaia, De Maria, Ughetto … appartiene all'eletta schiera di coloro che, più di altri, seppero incarnare gli ideali di Fr. Teodoreto. Chi assisteva alle riunioni giovanili guidate da questi Catechisti "restava impressionato dal fervore che essi riuscivano a suscitare nei ragazzi" ( Fratel Damiano ), un fervore che nasceva, per l'appunto, dall'inesausta esortazione del Fratello: "facciamoli santi!". Come catechista Tessitore si distingueva per la spiccata sensibilità pedagogica e l'accattivante umanità che riservava indifferentemente a tutti i giovani con cui entrava in contatto, fossero gli allievi della Casa di Carità, i novizi dell'Unione o i suoi stessi nipoti. Molti membri dell'Unione, cresciuti nel solco del suo insegnamento, ancora oggi, serbano un ottimo ricordo delle ore trascorse ad ascoltarlo. " Durante i colloqui settimanali Tessitore aveva occasione di controllare il corretto comportamento dei catechisti. La sua guida paterna, i suoi preziosi consigli, insomma il suo modo di porsi nei confronti dei giovani, erano di grande edificazione per tutti " ( Ariosto Pintonello ). In genere, chi ha avuto modo di avvicinare e conoscere Tessitore, ne ha ricevuto l'impressione di una persona molto equilibrata, in grado di conciliare e temperare qualità apparentemente contraddittorie, come giovialità e austerità, entusiasmo e professionalità; tutte cose che rientrano, compensandosi, in un tratto caratteriale tipico dei veri piemontesi, che amano lavorare senza strafare, senza apparire, senza ostentare inutili trionfalismi: " L'ho conosciuto ancora giovane, io avevo appena 14 anni, intorno agli anni '30, nel secondo anno che frequentavo l'Unione, e una sera, eravamo un gruppetto… in ricreazione, tranquilli, entra ad un tratto questo giovane, che però aveva già cinque o sei anni più di noi… dall'aspetto giovanile, allegro ma non sguaiato, non esuberante o eccessivo. L'ho notato subito per la sua compitezza, e per il suo modo di parlare e di esprimersi, molto equilibrato, molto controllato. Una persona molto gradevole e nello stesso tempo riservata. Sempre però molto alla mano e molto aperta. Questa è la caratteristica che mi aveva subito colpito. Ho sempre notato un grande equilibrio, nel suo modo di pensare, di fare. Passando gli anni ho avuto modo di confermare questo aspetto. Giovanile, entusiasta, ma compito. Sempre presente a se stesso, in tutte le situazioni: intuiva, e non parlava mai fuori tema, tanto per dire. Anche quando l'ho avuto come superiore diretto, l'impressione è stata la medesima. Obiettivo, suscitava un senso di rispetto che veniva spontaneo ". ( Albino Baiano ). Queste sue qualità lo portarono ben presto ai vertici dell'Unione, dove visse da protagonista alcune delle pagine più importanti della storia dell'Istituto. Presidente dell'UC (1933-1966) Tessitore dedicava grandissima cura alla buona riuscita dei ritiri spirituali. Sosteneva con grande energia questo tipo di incontri; coadiuvato da Fr. Teodoreto, selezionava i nomi dei religiosi e gestiva le conferenze con uno stile preciso e inappuntabile. In queste occasioni si rivelava davvero come il principale animatore dell'Unione Catechisti, il centro motore di tutte le iniziative, che provvedeva personalmente a sostenere e a realizzare. Nell'atmosfera raccolta dei ritiri manifestava uno spirito di preghiera profondo, edificante, perfettamente in sintonia con "uno stile di vita integerrimo" ( Ariosto Pintonello ). Nelle conferenze e nelle meditazioni era eloquente, non ci si stancava mai di ascoltarlo: "pur nella sua semplicità, aveva qualcosa di grande" ( Albino Baiano ). Lo stile dei suoi discorsi era improntato all'ordine, alla chiarezza, alla logica: nel corso dei ritiri amava, tuttavia, che venisse privilegiato più il silenzio che la parola. " Lui voleva che i ritiri fossero segnati dal silenzio; prestava attenzione a ciò che sentiva; e solo a chi faceva qualche domanda importante, lui rispondeva, altrimenti..: "Ciascuno veda, cresca, approfondisca… per conto suo". Era serio. Composto. Attento alla crescita spirituale ". ( Luigi Cagnetta ). Rispetto ai membri della sua famiglia spirituale ( Ascritti, Associati, Congregati ), si sentiva investito di una grandissima responsabilità, una sorta di "paternità spirituale" che racchiudeva il tesoro di una preziosa eredità morale da trasmettere integralmente, in un clima di affettuosa familiarità, alle nuove leve dell'Unione. Tessitore spronava i suoi giovani novizi alla donazione totale, all'obbedienza, alla piena consapevolezza della propria chiamata: " Gesù non ci obbliga ma ci invita: doniamoci spontaneamente. In questo Noviziato voi decidete tutto l'avvenire della vostra vita, è un momento importante, decisivo. Gesù vede nelle nostre anime, diamo a lui il conforto di vederci volenterosi e generosi per lui ". ( Giovanni Baiano, Conferenze di C. Tessitore, anni 1935-1940, 1.9.1935 ) E ancora: " Questa è la raccomandazione che io voglio fare a voi tutti. Ricordatevi che voi vi siete incontrati qua nell'Unione non così a caso, ma è il Signore che vi ha chiamati, ed al quale dovete rispondere ". ( Ibidem, 6.10.1935 ) " La nostra regola non deve essere qualche cosa in sovrappiù, bensì una valorizzazione di tutta la nostra vita attraverso il sacrificio di tutto in noi stessi ". ( Ibidem, 5.1.1936 ). Tessitore fu eletto Presidente Generale dell'Unione Catechisti nel 1933 e mantenne l'incarico fino al 1966. Impiegò notevoli sforzi al fine di promuovere il riconoscimento dell'Istituto secolare presso le autorità ecclesiastiche, cosa che si verificò ufficialmente nel 1947, con l'erezione dell'Unione a Istituto Secolare. Inoltre, accanto a Fr. Teodoreto, Tessitore si adoperò in un lavoro intenso di studio ed approfondimento finalizzato alla revisione delle precedenti Costituzioni dell'Unione Catechisti, la cui prima formulazione risaliva al lontano 1914. Le Regole approvate nel 1933 dal Cardinale Maurilio Fossati, Arcivescovo di Torino - implicanti i soli voti annuali e prive del voto di povertà - furono riviste dopo cinque anni, nel '38, nell'ambito del Capitolo Generale dei Catechisti, dove si decise l'aggiunta del voto di povertà e dei voti perpetui. La forma compiuta del progetto di vita concepito da Fratel Teodoreto e promosso da Carlo Tessitore, verrà approvato dalla Chiesa solo alla fine degli anni '40. Nel 1947, infatti, la Chiesa, con la Costituzione Apostolica " Provida Mater Ecclesia ", delineo ufficialmente la natura ed i fini degli Istituti Secolari, ma solo due anni dopo, nel 1949, poterono essere approvate, in via definitiva, le Regole e le Costituzioni dell'Unione Catechisti di Gesù Crocifisso. In quello stesso anno, alla presenza del Cardinale Maurilio Fossati, Arcivescovo di Torino, i Catechisti pronunciarono per la prima volta i voti perpetui. Malgrado diversi impegni, sia a livello professionale, sia all'interno dell'U.C. , Tessitore, a partire dalla fine degli anni '30, trovò sempre il tempo per svolgere qualche ora presso la Casa di Carità, specialmente come insegnante di Cultura e Religione. La sua attività di insegnante restò, comunque, piuttosto marginale rispetto alle responsabilità che, come Presidente dell'Unione Catechisti, lo legavano alla gestione della Casa di Carità nel suo complesso. " Insegnò alla Casa di Carità, per circa trent'anni, matematica, cultura e sopratutto religione, sia nei corsi serali che in quelli diurni, con zelo encomiabile, serietà, ragionevolezza, viva carità e santa fermezza ". ( Pietro Fonti ). La vita dell'Unione era scandita da momenti di profonda comunione spirituale che intendevano accomunare in un unico grande ideale, maestri e discepoli, catechisti e simpatizzanti. Si voleva sottolineare l'inestricabile nesso che saldava i mezzi temporali ai fini spirituali. In particolare, il Presidente si faceva notare per la delicata e premurosa attenzione che riservava agli allievi della Casa di Carità in occasione della commemorazione mensile del Servo di Dio Fra Leopoldo, che "si festeggiava il giorno 27 con una funzione presso la parrocchia di S. Tommaso" ( Padre Agnello Giobergia ). Era una vera e propria celebrazione della missione catechistica ed egli la viveva intensamente quasi dovesse rendere conto a Qualcuno dell'operato svolto fino a quel momento. La cura per la formazione dei Catechisti si esplicava soprattutto nel corso delle conferenze, quando aveva modo di manifestare la profonda preparazione culturale e, simultaneamente, la grande passione per l'ideale catechistico: i membri anziani ricordano "con particolare ammirazione le conferenze dedicate a Paolo di Tarso" ( Piero Vacchetta ), il "santo dei catechisti", che divenne ben presto ( 1966 ) uno dei protettori dell'Unione. Il Presidente prendeva molto sul serio il comando della correzione fraterna, che costituiva uno dei capisaldi della "fraternità" insegnata da Fr. Teodoreto: nei colloqui a tu per tu, riusciva a richiamare l'attenzione di associati e congregati su eventuali difetti o mancanze, senza per questo ricorrere ai metodi brutali dell'umiliazione e del pubblico rimprovero. Il tatto manifestato in queste circostanze è ancora oggi ricordato con molta gratitudine dai Catechisti, che, a distanza di anni, gli riconoscono una particolare attitudine a formare i caratteri con la delicatezza di un padre attento e premuroso. Spesso, infatti, è più facile tollerare i difetti altrui, piuttosto che collaborare attivamente alla loro correzione. Questo paziente equilibrio tra severità ed umanità, costa fatica, la fatica dell'autentico educatore. " E se doveva riprendere qualcuno per qualche cosa, non lo faceva mai in modo brutale, da far star male l'altro, ma lo faceva sempre con garbo, con molta signorilità, anche se con chiarezza. Il suo modo di fare non era tale da umiliare l'altro, ma sempre in vista di una sua crescita ". ( Leandro Pierbattisti ). I suoi interventi, il suo fare paterno, tuttavia, non si limitavano a semplici parole. Sovente Tessitore contribuiva alla soluzione concreta dei problemi familiari e professionali che talora angustiavano i giovani catechisti a lui affidati. Consigliò, ad esempio, a Pietro Fonti, allora ventisettenne, di proseguire gli studi per ottenere l'abilitazione magistrale, e così fece anche con gli altri due fratelli, Giovanni, e Francesco, che si diplomarono geometri. A quel tempo, infatti, i tre giovani avevano potuto conseguire soltanto la licenza elementare. In seguito, convinse il giovane Pietro a frequentare la facoltà di magistero, in modo tale da maturare una preparazione conforme agli incarichi di responsabilità che avrebbe potuto assumere nell'Unione Catechisti. Fin dal 1955, invitò Pietro Fonti a inserirsi negli organici della Casa di Carità, ma anche allora non mancò di seguire, con grande attenzione, la sua formazione, attraverso l'indicazione di letture e approfondimenti adatti agli impegni assunti con l'Istituto. Tessitore non agiva mai a caso: seguiva scrupolosamente un progetto di sviluppo dell'Unione nel quale la famiglia Fonti, di cui ben tre esponenti si erano dedicati alla causa dell'Istituto, svolgeva un ruolo non indifferente. Il Presidente sapeva comunicare ai giovani anche i suoi particolari interessi culturali che includevano, in special modo, lo studio della liturgia e del canto gregoriano. Si trattava, però, sempre e comunque, di "hobby" assai poco frivoli che, in un modo od in un altro, rimandavano costantemente ad una concezione "alta" della simbologia cristiana. Considerata la sua trascorsa vocazione sacerdotale, non stupisce che esigesse dai Catechisti una partecipazione attenta e composta alle funzioni religiose, desiderando che queste venissero celebrate con la massima attenzione ai particolari: la recita delle preghiere, il modo di accostarsi ai Sacramenti, la preparazione dei canti, ogni singolo aspetto della liturgia doveva essere "interpretato" dai presenti con la massima consapevolezza, eliminando ogni improvvisazione o vacuità che potesse "inflazionare" in qualche modo la solennità delle cerimonie. Lo svilimento della liturgia lo offendeva profondamente in quanto sintomo inequivocabile di decadenza culturale e tiepidezza spirituale. Queste preoccupazioni emergono anche dalla lettura delle sue relazioni di viaggio, dove emergono confronti molto stimolanti con situazioni ecclesiali extra-torinesi. " Aveva un certo gusto per il latino, e riusciva a seguire molto bene le funzioni dei vespri e le messe, che prima del '65 erano celebrate in tale lingua, e non in italiano. Aveva una forte predilezione anche per i canti gregoriani e le antifone dei salmi, da lui sostenuti e guidati ". ( Leandro Pierbattisti ). " Fedele alle sue pratiche di pietà, ( meditazione, lettura spirituale, rosario, Via Crucis, adorazione a Gesù Crocifisso, S. Messa ) con molto rigore per se stesso, esigeva che anche gli altri vi fossero fedeli, perché erano l'elemento fondante di tutta la vita spirituale ". ( Leandro Pierbattisti ). L'attenzione per lo stile e per la forma lo guidarono anche nella direzione del Bollettino, che rappresenta la fonte storica, forse più rilevante, della pia Unione. Direttore del Bollettino "L'amore a Gesù Crocifisso" Carlo Tessitore fu anche, per molti anni, direttore e compilatore solerte del Bollettino dell'Unione Catechisti, "L'amore a Gesù Crocifisso", incarico che mantenne per molti anni, fedele all'indirizzo e alla forma iniziali volute dal Fondatore. Subentrò nella direzione del bollettino nel '54, alla morte di Fratel Teodoreto, che lo dirigeva dal 1926. Con Tessitore mutò decisamente la veste tipografica: comparve la copertina cartonata raffigurante la visione avuta da Fra Leopoldo a Viale d'Asti e aumentò il numero delle pagine, ormai sulla trentina contro la quindicina delle precedenti edizioni; inoltre la tiratura divenne più regolare. Non cambiarono invece le linee di fondo, come le stesse parole di Tessitore, in un articolo del bollettino, confermano: "… l'impostazione è sempre la medesima, quella indicata da Fra Leopoldo, a cui intendiamo rimaner fedeli,6 aspettando da questa fedeltà l'efficacia del nostro modesto lavoro; siamo infatti persuasi, ormai anche dalla esperienza dei fatti, che Fra Leopoldo è veramente portatore delle parole del Signore, e le parole del Signore durano in eterno ". ( Dal Bollettino, maggio-agosto 1957, p. 43 ). Da una lettura attenta degli articoli scritti dal Presidente, emerge lo sforzo di valorizzare le vicende storiche e provvidenziali che condussero alla nascita dell'Unione Catechisti e di delineare il profilo morale e spirituale delle figure che più si prestarono a questo disegno soprannaturale, vale a dire Fratel Teodoreto e Fra Leopoldo. In particolare, commemorando il venticinquennio della morte del francescano, Tessitore si assume un preciso impegno: " … il giubileo di Fra Leopoldo sarà celebrato non con parole ma con opere, le quali, prendendo da lui l'ispirazione e l'aiuto, ne manifesteranno lo spirito e ne faranno rifulgere la gloria. I fatti esterni che dovranno ricordare il venticinquennio del passaggio di Fra Leopoldo all'eternità sono i seguenti: 1) La costruzione della nuova Casa di Carità Arti e Mestieri. 2) L'intensificarsi della propaganda della Divozione a Gesù Crocifisso nelle Parrocchie. 3) La traslazione della salma di Fra Leopoldo dal Cimitero alla sua chiesa di San Tommaso. E queste non sono cose di poco momento, sia per la grandiosità dei mezzi richiesti, sia per l'abbondanza dei frutti nel campo spirituale delle anime e sia come trionfo di un'idea che, ostacolata come tutte le manifestazioni di Dio, si dimostra così potentemente feconda, da superare ogni ostacolo con la sola sua virtù ed attuarsi secondo le previsioni fatte ". ( Bollettino, gennaio- giugno 1947, p.3 ). Nel 1956 Tessitore, celebra due importanti anniversari della storia dell'Unione. Il primo, un cinquantenario, prende spunto dall'ideazione del movimento, risalente al 1906, quando Fratel Teodoreto, durante il suo secondo noviziato in Belgio, concepì le linee essenziali del misterioso "Ordine", poi concretizzatesi nell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso; il secondo, invece, riguarda il trentennio dell'approvazione delle Regole, avvenuto nel 1926, da parte del Cardinale Gamba. " Vogliamo ricordare queste ricorrenze perché "rilevare ed annunciare le opere di Dio è cosa lodevole" ( Tb 12,7 ), anzi necessaria, se i disegni di Dio devono essere meglio conosciuti e attuati. E poi è doveroso ringraziare il Signore degli incalcolabili benefici che Egli ha elargiti in questi cinquant'anni per mezzo di quest'opera, che è come un canale silenzioso da cui si dipartono innumerevoli rigagnoli a irrigare la terra. È assai vasto il terreno irrigato da quest'acqua, la quale si diffonde ancora silenziosa e non è dato di vedere fin dove giungerà la sua azione fecondatrice. […] Le opere catechistiche e sociali fecondate dalla Divozione a Gesù Crocifisso prendono sempre maggiore rilievo ed estensione. Son molti coloro che il movimento ha raggiunti, e che hanno interesse a questa celebrazione. Noi ci proponiamo di parlarne non solo in questo numero, ma anche nei successivi. […] La Provvidenza di Dio, sempre in atto nell'intero universo, e mai assente dai fatti umani, nei riguardi dell'opera del SS. Crocifisso ha voluto semplicità e modestia tali che è più che evidente l'intervento di essa in ogni suo passo ". E ancora, parlando del rapporto tra Fra Leopoldo e Fratel Teodoreto: " Essi non si conoscevano affatto e attendevano a mansioni ben differenti […] Entrambi tendevano solo a compiere il più perfettamente possibile la loro missione: Fra Leopoldo si studiava di amare sempre più il suo amabilissimo Signore Gesù Crocifisso e di farlo conoscere ed amare: Fr. Teodoreto tendeva con tutte le sue forze alla santità e voleva condurvi i suoi giovani. Senza saperlo, partiti lo stesso giorno per vie diverse, si dirigevano alla stessa meta. Quando si incontrarono si avvidero stupiti di lavorare entrambi all'attuazione del medesimo disegno e di un disegno grandioso, non ideato da alcun uomo, ma solo dalla divina provvidenza. Li aveva guidati per via sicura la fedeltà alla propria vocazione vissuta fino infondo. Non avevano mire personali, ricercavano puramente la volontà di Dio, e la loro docilità alle ispirazioni li aveva illuminati e condotti come una stella. […] Nei momenti decisivi della storia, quando si è a una svolta e si impongono orientamenti nuovi il Signore viene in aiuto alla debolezza degli uomini e accenna a loro la strada da seguire. Questo è il senso del nostro movimento: una direzione, un richiamo, uno stile, un arricchimento di impensati sviluppi. Occorre studiarlo attentamente e ricavarne tutte le lezioni che la Provvidenza ci vuoi dare e che non sembrano trascurabili se, oltrepassando le vie ordinarie, ha voluto direttamente intervenire". ( Bollettino, luglio-dicembre 1956, pagg. 51-55 ). Tutti amano ricordare la compostezza e fluidità del suo stile, semplice e profondo ad un tempo. I suoi scritti rivelavano una cultura umanistica non indifferente, unita ad un'acuta sensibilità religiosa che lo stimolò ad approfondire, in un'ottica squisitamente spirituale, anche temi e problemi che sembravano esulare dal campo dell'apostolato catechistico ( si veda il problema del comunismo, affrontato in occasione del bimillenario della conversione del popolo russo: cfr. Bollettino, 1985, n. 2, pagg. 3-5 ). " Aveva la parola facile, parlava e scriveva volentieri e con competenza. Amava leggere e approfondire, era profondo e colto sul piano spirituale. Piuttosto austero, ma sapeva unire questa caratteristica a un modo di essere molto disinvolto e semplice ". ( Leandro Pierbattisti ). Tessitore lascia trasparire, dai suoi articoli, una sconfinata ammirazione per il Fondatore dell'Unione Catechisti, dedicando numerosi articoli alla sua figura. " Non c'era pericolo che in quella compagnia si sentisse del peso o della noia, anzitutto per quella sua raffinatissima carità così umile e soave, così schietta e comprensiva che infondeva in cuore la consolazione e il coraggio e metteva ciascuno a suo agio, e poi perché aveva il segreto di dare importanza a tutte le cose, di metterle in rilievo e di farne argomento e mezzo per elevarsi a Dio, suscitando così l'interesse ed il fervore. … Un giorno, arrivati ad una sorgente limpida e generosa si fermò un istante ad ascoltarne il misterioso mormorio ed a mirarne l'onda luminosa, poi ne attinse, si fece brevemente un gran segno di croce e ne bevve. Ma in quel semplicissimo atto, compiuto con tutta naturalezza e spontaneità c'era la solennità d'un rito e un senso così vivo di religiosità che tutti rimasero a guardarlo ammirati. Quello era l'atteggiamento dell'uomo innocente che si accosta alla creazione con occhio puro, e in quel gesto vi era in certo modo tutto il Fr. Teodoreto ". ( Bollettino, giugno '56 ). Sembra quasi, a tratti, di intravedere e quasi confondere lo scrivente ed il suo oggetto … Tessitore, il figlio spirituale, e Fratel Teodoreto, il padre; salta agli occhi la forte affinità interiore che lega i due personaggi, soprattutto per ciò che concerne le priorità di carattere spirituale, che entrambi avvertono in maniera radicale. Tessitore, difatti, si impegnò molto per la divulgazione dell'Adorazione alle Cinque Piaghe, si pensi, ad esempio, alla campagna in favore del "Crocifisso del gran ritorno", promossa attraverso il Bollettino, intorno agli anni cinquanta. Con la riproduzione e la diffusione tra le famiglie dell'icona - raffigurante l'anima abbracciata alla Croce - ispirata alla visione descritta da Fra Leopoldo nel suo Diario, si intendeva, per l'appunto, incitare gli animi al "gran ritorno", alla conversione del cuore. Scrive Tessitore: " Se si dovesse procedere ad un primo riesame , di stato consuntivo, di quanto è stato fatto finora per la campagna del Crocifisso nelle famiglie a mezzo della nostra tavola a colori ( Il Crocifisso del gran ritorno ), il diagramma che ne risulterebbe segnerebbe una punta altissima fra altre minori, e tra queste e quella lunghe linee orizzontali a zero. […] Una campagna come questa esige una preparazione, affinché le persone alle quali intendiamo rivolgerci, capiscano che cosa vuoi dire la Divozione a Gesù Crocifisso e quindi che cosa rappresenta la nostra tavola a colori che ne riassume visivamente la significativa e preziosa portata […] Perciò tutti gli aggregati all'Unione, tutti i suoi Amici: Parroci, religiosi, insegnanti, professionisti, operai, impiegati che siano o buone mamme in famiglia e zelatrici in parrocchia, vedano di cominciare e concludere qualche cosa in modo razionale, con tenace costanza: promuovano dove possono delle brevi conversazioni atte a spiegare il valore della Divozione ed il significato della sua immagine caratteristica: si organizzino delle "Giornate del Crocifisso". […] si sviluppino tutte quelle manifestazioni, che richiamino i cuori a penetrare quanto più si possa negli "incomprensibili" dolori della Passione, perché lo spirito di carità si accenda e divampi apportatore di pace negli animi e nella società! ". ( Bollettino, maggio 1954 ). Ecco spiegato il senso di quei trafiletti, intitolati, "Giornate del Crocifisso" che costellano pagine e pagine del Bollettino. Il Presidente, grazie a questa campagna promozionale, mirava a reintrodurre in Torino una grande solennità in onore del Crocifisso. Il suo impegno per la Casa di Carità (1925-1972 ) Tessitore fu uno tra i primi Catechisti dell'Unione a condividere in pieno l'idea portante della Casa di Carità, sostenendo fin dall'inizio, con grande energia, l'indirizzo dato a quest'opera da Fratel Teodoreto, e prodigandosi per il suo sviluppo. In verità, il proposito di collegare il catechismo parrocchiale ad un insegnamento tecnico per operai, stando alla testimonianza di G. di Sales, si deve all'intraprendenza di due anonimi Catechisti, poi appoggiati da Fratel Teodoreto. Tessitore condivise subito questo progetto, in grado di fondere l'elevazione morale con l'emancipazione sociale, e se ne fece promotore, lavorando, con spirito costruttivo, alla sua realizzazione. " L'8 settembre 1925, Natività di Maria, due Catechisti dell'Unione del SS. Crocifisso s'incontrarono casualmente per via, poco dopo le 18. Uno di essi, che fu poi congregato, era diretto alla chiesa di Nostra Signora della Pace, dove insegnava catechismo ai ragazzi di quell'oratorio, mandatevi dall'Unione stessa, uno o due anni prima. L'altro, un catechista - secondo la denominazione di allora - " ammissibile ", era avviato verso casa. Percorrendo un tratto di strada insieme, vennero a parlare d'un argomento che stava a cuore al primo: come far breccia tra i grandi del circolo di quella parrocchia, per istruirli più a fondo in tema di religione. ( Vari tentativi già fatti erano andati a vuoto ). L'altro catechista affacciò allora l'idea, trattandosi in genere di elemento operaio, di indire delle riunioni per i soci del circolo, le quali rappresentassero per loro anche un interesse pratico, d'ordine tecnico, di modo che l'uditorio sarebbe stato intrattenuto su argomenti di religione e di lavoro. L'idea piacque. E senza frapporre indugio, i due mutarono direzione, recandosi in via delle Rosine a sottoporre la cosa al parere di Fratel Teodoreto, direttore dell'Unione Catechisti. Il quale ascoltò, riflesse, suggerì: " E perché non dare all'idea addirittura un orientamento scolastico di tipo gratuito popolare, senza pretese, tanto per incominciare ? Ma fareste qualche cosa di organico, con molto maggior probabilità di durata ". ( G. di Sales, "Origine della Divozione" ). La Casa di Carità - scuola professionale festiva e serale - costituì, fin dall'inizio, per i Catechisti un impegno davvero notevole. Trattandosi di un'attività che si svolgeva anche nei giorni festivi, interferiva con le attività che i Catechisti conducevano nell'ambito degli oratori domenicali e dei ritiri mensili. In queste condizioni, come si può bene immaginare, il tempo libero di questi professionisti, che dopo otto ore di duro lavoro, si prestavano ad operare gratuitamente a favore dell'Unione, era ridotto al minimo. A fronte di queste difficoltà, Tessitore seppe equilibrare gli impegni e riuscì a mantenere un clima di serena laboriosità: tutti gli elementi coinvolti nel volontariato didattico, dovettero sostenere orari molto impegnativi, ma senza, per questo, incorrere in pericolose e snervanti maratone lavorative. Si decise, ad esempio, di spostare i ritiri spirituali nei giorni delle festività civili ( che allora erano numerose ), per dare la possibilità a tutti i membri dell'Unione di prendervi parte. Lo sviluppo della scuola fu rapido, se paragonato alla grande mole di lavoro svolta dai Catechisti negli oratori parrocchiali, e sorsero diversi sedi distaccate presso le parrocchie dove già si impartivano lezioni di catechismo ( come S. Mauro, Allessano, Balangero, Settimo Torinese ecc. ). Dopo un felice avvio, nel 1936, la Casa di Carità visse un momento difficile: un Catechista, poi seguito da altri insegnanti e collaboratori, non intese sottoscrivere la linea di sviluppo concepita da Fratel Teodoreto e le direttive di Tessitore ad essa ispirate: sulla base dell'esperienza maturata alla Casa di Carità, i fuoriusciti aprirono una scuola per proprio conto. Quasi metà degli allievi lasciarono la scuola madre, ma anche in questa occasione i Catechisti, e Tessitore in particolare, dimostrarono grande carità e fermezza. Nel 1939 gli iscritti alla Casa di Carità di Via Feletto erano saliti a 800. I locali erano esigui e Tessitore, come Presidente, si trovò davanti ad un bivio: o respingere le domande di iscrizione e limitare il numero degli allievi o attivarsi per individuare una nuova sede ( "Nella intimità del Crocifìsso" ). Il 16 giugno 1939, festa del Sacro Cuore di Gesù, Cesone andò a riferirgli che in c.so Brin era stato messo in vendita un terreno edificabile. Il posto indicato era ideale, in mezzo alle fabbriche; l'area sufficiente, equo il prezzo, buone le condizioni di pagamento. Tessitore era determinato a concludere l'affare: "non avevamo soldi, non avevamo niente, ma io non ho voluto perdere l'occasione", diceva. Il 31 maggio 1940 venne firmato il contratto per l'acquisto definitivo del terreno. Possiamo quindi affermare che la scuola di c.so Benedetto. Brin è stata fatta costruire su impulso di Tessitore. Fedele alle indicazioni di Fra Leopoldo, il Presidente decise, con l'assenso dei Catechisti, di adottare il nome "Casa di Carità Arti e Mestieri". In seguito, a conferma della bontà di quelle scelte, si verificò una serie di avvenimenti favorevoli che molti giudicarono come il chiaro sintomo di un intervento della divina Provvidenza. L'opera poteva avviarsi avendo a disposizione inizialmente il solo terreno ed un prestito di 15 milioni del Cardinale Maurilio Fossati, ma nel dopoguerra avvenne un fatto inaspettato. " Un intervento della Signora Maria Romana De Gasperi ( la moglie dell'omonimo Presidente del Consiglio, contattata dal geom. Bosso ndr. ) alla quale non diremo mai abbastanza grazie, consentì alla "Casa di Carità" di beneficiare dei fondi UNRRA e cioè di quei fondi messi a disposizione all'Italia dalle Nazioni dell'Alleanza Atlantica per la sua opera di ricostruzione …". La posa della prima pietra, alla presenza del Cardinale Fossati e di Fr. Teodoreto, avvenne il 29 giugno 1947, festa dei SS. Pietro e Paolo. La ditta costruttrice "Bosso & Ferrerò" usufruì dei finanziamenti UNRRA a patto di aprire, per i lavori in corso, un cantiere scuola per disoccupati, secondo le disposizioni allora previste dal Ministero del Lavoro. L'autore del progetto era l'architetto Felice Bardelli, affermato professionista torinese, autore tra l'altro di cinque o sei edifici religiosi presenti nella nostra città, quali, ad esempio, la chiesa del Redentore e quella di San Giuseppe Cafasso. Tessitore ebbe modo di coordinare e supervisionare la progettazione della nuova scuola, definendo le sue dimensioni, il numero delle aule, la distribuzione dei corsi; fu sua anche l'idea di lasciare momentaneamente liberi i due piani più alti, l'ultimo dei quali avrebbe ospitato la cappella e la tomba di Fr. Teodoreto, quasi a voler significativamente riservare la parte più elevata dell'edificio alle cose dello spirito. Nel complesso le strutture della scuola furono sovradimensionate ( per 1500 allievi ) sia per accogliere, in un avvenire non troppo lontano, un numero maggiore di studenti, sia per poter esibire, nell'immediato, la proprietà di un immobile in grado di accedere facilmente ai prestiti bancari. Queste misure non furono sufficienti: le spese non riguardavano solo i materiali edili, ma anche svariate dotazioni "minori" ( impianti elettrici, banchi, lavagne ecc. ) che non rientravano nelle voci dei finanziamenti americani. I fornitori cominciarono ad esercitare forti pressioni su Tessitore: fu allora che, grazie anche all'infaticabile attivismo di Giovanni Cesone, il Presidente allestì una fittissima rete di contatti ( epistolari e non ) con potenziali "sponsor". Questa catena di sostenitori,8 dovuta anche alla posizione occupata dallo stesso Tessitore all'interno della CRT, unitamente ad una oculata politica del "dilazionamento", permisero di salvare la nuova creatura dell'Unione. Ad un certo punto, infatti, sembrava che questa dovesse essere abortita, prima ancora di prendere forma: c'erano i muri ( molto spessi, visto che la manodopera assunta doveva essere addestrata nell'arte muraria ), ma mancava tutto il resto. " Il buon Fratel Teodoreto - raccontava Tessitore al nipote - mi guardava e alzava le braccio al cielo, gli altri catechisti mi guardavano e alzavano le braccia al cielo e … io dovevo tirare fuori i soldi per pagare! ". " Mio zio - ricorda il nipote - era già direttore della prima agenzia della CRT. Aveva contatti a qualsiasi livello, politico e industriale… Grazie ai corsi di formazione i ragazzi della Casa di Carità venivano collocati con successo in varie industrie ". ( Claudio Civalleri ). Al principio dell'anno scolastico 1950/51 ( metà ottobre ), a lavori ancora incompiuti, avvenne il trasferimento della scuola dalla sede di via Feletto 8 al nuovo edificio di Corso Brin. Sempre per iniziativa di Tessitore, intanto, erano stati avviati i corsi diurni ( 1948 ). Il numero degli allievi aveva superato ormai il migliaio di unità, mentre circa 60 professori si dedicavano gratuitamente all'insegnamento. " Furono trasferiti là i corsi serali, furono chiusi quelli festivi …e s'iniziarono i corsi diurni, con i quali la "Casa di Carità" raggiunse la sua compiutezza ". ( Bollettino, 1985-1, pag. 2 ). Nel 1953 il Ministero del Lavoro riconobbe alla scuola il titolo di "Centro di formazione professionale" che dava accesso ai contributi pubblici. Questo obiettivo fu raggiunto grazie ad un'insistente campagna di promozione nel corso della quale molte autorità ( sindaci, ministri del lavoro, parlamentari ) vennero a verificare di persona il funzionamento della scuola. Il Bollettino, nei primi anni '50, riporta dozzine di dichiarazioni lusinghiere rilasciate da politici e industriali, sia italiani che stranieri. Si infittiscono anche le collaborazioni ed i rapporti con le grandi aziende ( Lancia, Michelin, Officine Moncenisio, Nebiolo, Microtecnica, Giustina ecc. ) e le relative cerimonie commemorative contornate da premiazioni e distribuzioni di medaglie agli allievi più capaci. La "Casa di Carità", insomma, si è fatta un nome e gran parte del merito di questa grandiosa opera di sviluppo del consenso, va riconosciuta senza dubbio a Carlo Tessitore. Quella per la Casa di Carità fu una lotta combattuta con le armi del buon senso e della fede, ma lo scontro con la gelida spietatezza degli importi di spesa e dei bilanci annuali, in certi frangenti, appariva davvero insostenibile. Tessitore avrebbe avuto agio, dall'alto della sua posizione professionale, di condurre ben altra vita, di svincolarsi dalle angosce derivanti dalla gestione dell'Istituto, coltivando i suoi interessi prediletti: il canto gregoriano, lo studio della teologia, la botanica. Per trenta lunghi anni, invece, restò in trincea a combattere per "i suoi ragazzi". I momenti di crisi e di scoraggiamento che, a più riprese, minarono lo sviluppo della Casa di Carità furono molteplici e avrebbero potuto costituire un ottimo pretesto per abbandonare la fragile navicella dell'Unione ai marosi del destino. I precedenti non mancavano. Negli anni trenta, prima ancora che fosse acquistato il terreno di Corso Brin, la scuola professionale ( allora in via Feletto 8 ) era stata funestata da un grave dissidio interno, che Tessitore, a distanza di mezzo secolo, non esitava a bollare con parole di fuoco: " … ci furono delle difficoltà interne, tra il Consiglio Generalizio dell'Unione … e la direzione della Casa di Carità, insofferente di disciplina, assai intraprendente, ma disordinatissima, tanto da chiedersi se quella scuola fosse ancora un'opera dell'Unione Catechisti. Alla fine gli elementi ribelli se ne andarono …e anche questa bufera era passata ". ( Bollettino, 1985-1 ) Tessitore, grazie anche ad una grande dose di ottimismo e sangue freddo, non si fece mai sopraffare dalle avversità. Era infiammato da una sorta di "zelo inestinguibile", per la santa "Opera" che era stato chiamato a costruire. La "missione divina" affidatagli dal buon Dio aveva assunto, per lui, i toni di una sfida epica, in grado di marchiare in modo indelebile un destino: il suo. Le difficoltà, in un certo senso, invece di abbatterlo, esaltavano le sue doti migliori. " Dimostrava un sano ottimismo, una grande fiducia nella vita e nella Provvidenza … Proprio perché aveva una visione del soprannaturale che lo aiutava a vivere così ". ( Michele Bertero ). " L'ho conosciuto negli ultimi anni della sua vita, malfermo sulle gambe… andavo a prenderlo quando c'era qualche funzione alla Casa di Carità, e me ne parlava con entusiasmo, come di una cosa sua. Mi parlava di quando era sorta, dei sacrifici che aveva fatto… ". ( Domenico Bovero ). " Negli ultimi tempi, poco prima della morte, diceva: "Mi piacerebbe essere sepolto alla Casa di Carità, in mezzo ai miei ragazzi…"". ( Claudio Civalleri ). Il 27 febbraio 1959, durante l'ultimazione dei lavori d'ampliamento - i quali registrarono un'intensificazione delle visite di parlamentari e ministri, tanto che nel 1958 la scuola venne definita, in Parlamento, un "modello di Istituto Professionale" - la salma di Fr. Teodoreto venne traslata presso la Casa di Carità. L'articolo del Bollettino che riporta la notizia è seguito, non a caso, da un invito rivolto ai privati, probabilmente vergato dallo stesso Tessitore, che delinea molto bene il senso di una "missione" dalle finalità, certamente, non solo didattiche. " Non si perda mai di mente che chi collabora con la Casa di Carità Arti e Mestieri … agevola la penetrazione del Vangelo in una società che sempre più paganeggia in un egoismo … ciecamente insensato ". ( Bollettino, gennaio-aprile 1959, pag. 29 ) Il fulcro dell'ammonimento risiede in quel "non si perda mai di mente", cui possiamo aggiungere un'altra affermazione, sempre riferita alla Casa di Carità, che troviamo nella conferenza tenuta dal Presidente a Bordighera nel 1951: "è Gesù che suscita questa iniziativa e che infiamma l'ambiente dove essa è suscitata". Quando lo scoraggiamento prende il sopravvento significa che qualcosa ha smesso di bruciare. Il grande orgoglio nutrito da Tessitore per la "sua" Casa di Carità, forse nasceva proprio dal fatto di essere riuscito a mantenere sempre "alta" la temperatura spirituale di quella scuola. Il suo rapporto con i Fratelli delle Scuole Cristiane Fratel Teodoreto si adoperò con grande solerzia per far conoscere ai suoi Confratelli, in Italia e all'estero, l'Unione Catechisti, e per creare, nella famiglia lasalliana, un clima favorevole alla crescita dell'Istituto secolare, mantenendo, con i Fratelli meglio disposti verso l'iniziativa, una fruttuosa rete di relazioni. Tessitore, fedele alla linea di Fratel Teodoreto, si sforzò di intensificare, ove possibile, il rapporto di collaborazione tra Fratelli e Catechisti. Frutto di questa felice opera "diplomatica", fu la celebre circolare n. 328, emanata nel 1949 dall'allora Superiore Generale Fr. Athanase Emile, il cui scopo precipuo consisteva nel promuovere nuove sezioni dell'Unione nell'ambito delle Case dei Fratelli. Incoraggiato da questi successi, il Presidente si applicò intensamente ad estendere l'Istituto nel mondo, coltivando fruttuosi rapporti epistolari con quei Fratelli delle Scuole Cristiane, che, assecondando l'invito del loro Superiore generale, desideravano inaugurare nuove sezioni dell'Unione all'interno dei gruppi di ex-allievi. A tale scopo vennero promosse delle conferenze, rivolte ai Fratelli del Secondo Noviziato, dove Tessitore ebbe modo di esporre i suoi progetti. "Una persona che sapeva anche capire e soprattutto organizzare l'impegno in aiuto dell'Unione Catechisti, una persona molto seria e convinta. Tessitore ha cercato di ricongiungere la giovane congregazione con i FSC e con lui si sono approfonditi gli scambi di vedute, i rapporti… In quanto non erano sempre facili ". ( Fratel Felice Cornetto, FSC ). Significativi appaiono alcuni stralci ricavati dagli articoli apparsi sul Bollettino, che confermano la sua grande stima per l'Istituto dei FSC, nonché l'impegno a diffondere, tra i Fratelli, la conoscenza dell'Unione, e nel delineare i collegamenti che le due opere hanno intrecciato nel corso della loro missione apostolica, manifestando, così, una grande docilità agli impulsi della Provvidenza. " L'Unione Catechisti ha una derivazione diretta dall'Istituto dei Fratelli, è piantata nello stesso ceppo, perché il suo fondatore è un Fratello d.S.C.; è nutrita alla stessa sorgente, che è la dottrina di S. Giov. Batt. de La Salle e la tradizione lasalliana; è a lui strettamente collegata anche nella sua struttura, perché un Fratello d.S.C. fa parte di tutti i suoi Consigli direttivi; cosicché nel definirne i rapporti, sorge spontanea alla mente l'idea di parentela. […] L'Istituto dei Catechisti è affine a quello dei Fratelli, ma non uguale. Attinge alla stessa sorgente, ma non in modo esclusivo. Ha uno scopo analogo, ma non identico. Ha dei metodi simili, ma non precisi. In ciò che vi è di comune si rivela la fecondità dell'identica origine: in ciò che vi è di diverso appare il diverso compito e la giustificazione del sorgere del nuovo Istituto. Da tutti gli elementi deriva una complementarietà reciproca veramente ammirabile, formatasi provvidenzialmente e in cui si riflette chiaramente un disegno divino, talché i due Istituti convengono reciprocamente, si potenziano a vicenda, riverberano come i raggi di due fiamme. […] Nella divisione dei compiti che lo Spirito Santo assegna ad ogni uomo come ad ogni istituzione, ci pare di intendere che all'Istituto dei Fratelli sia stata affidata la missione di diffondere la verità per mezzo della Scuola. […] Della verità piena però e quindi non limitata all'ordine naturale, ma illuminata dallo spirito di Fede, per cui le scuole sono cristiane e non soltanto umane. […] Analoga è l'impostazione dei catechisti. Anch'essi hanno per fine la diffusione capillare della verità rivelata, per mezzo del catechismo. Ciò che non fanno nella scuola lo fanno nell'ambiente di famiglia, di lavoro e di società […]. I catechisti, uniti nel sacrificio della consacrazione a Dio […] continuano il lavoro dei Fratelli nella scuola, ne mostrano l'efficacia e vi aggiungono quello che solo la vita vissuta vi può aggiungere di esperienza ambientale ". ( Bollettino, lug.- die. 1951, cfr. anche lug.-dic. 1956 ). Tessitore sottolinea con insistenza l'importanza fondamentale della collaborazione sorta tra Fratelli e Catechisti. Nel Bollettino del gen.-apr. '39, ad esempio, viene pubblicata una cronistoria dei passaggi più salienti dello sviluppo dell'Istituto Secolare. In particolare vi si evidenzia l'elezione di Fr. Francesco di Gesù quale Assistente Generale dei FSC per l'Italia ( 1934 ) "il quale mostrò subito di prediligere l'opera nostra e ne sposò la causa, promuovendo in tutte le case da lui dipendenti, la formazione di una Sezione dell'UC e perciò sorsero varie Sezioni a Roma, Milano, Genova, Tripoli, Bengasi, Viareggio, ecc. " Si rileva anche, con toni quasi commossi, il "segnalatissimo favore dell'affiliazione all'Istituto" ottenuto per i membri congregati il 21 novembre 1935, da parte del Superiore Generale dei FSC, e un analogo provvedimento ottenuto dall'ordine dei Frati Minori per tutti i membri dell'Unione, Catechisti e Zelatori, il 4 ottobre 1936. "in questo modo" scrive Tessitore "l'Unione è diventata ricchissima di privilegi spirituali, attingendo direttamente a due fra i massimi Ordini religiosi della Chiesa". È difficile stabilire quale e quanta parte abbia giocato il Presidente dell'Unione, nel promuovere gli scambi e i rapporti del nascente Istituto, con i due Ordini. Un'attività intensa, sovente nascosta, che ha dato importanti frutti. Peraltro, la conferenza, dal titolo "Il nostro Istituto Secolare", tenuta, nel 1951, ai novizi FSC di Bordighera, testimonia la forte predilezione nutrita da Tessitore per la congregazione di La Salle. L'auspicio, allora formulato, di una più intensa collaborazione nel campo della didattica, si concretizzò molto più tardi, nel 1969, quando i Fratelli entrarono stabilmente nel Consiglio d'Amministrazione della "Casa di Carità". Il Nuovo Statuto prevedeva che la scuola diventasse, a tutti gli effetti, un Ente avente come soci fondatori i Catechisti ed i Fratelli delle Scuole Cristiane. L'apertura delle sedi dell'Unione Catechisti in Perù e in Spagna Sotto la Presidenza Tessitore, l'espansione mondiale dell'Unione conobbe un vero e proprio periodo aureo, le cui ragioni vanno ricercate anche nella fruttuosa collaborazione con la famiglia lasalliana, sopra esaminata. La lettura dei numeri del Bollettino apparsi negli anni '50 e '60 è, in merito, molto istruttiva. I Paesi interessati a questo fenomeno erano essenzialmente quelli di lingua spagnola, in particolare Spagna e Perù. È difficile arguire i motivi che portarono i Fratelli di origine iberica o iberoamericana a supportare con tanto impegno lo sviluppo dell'Unione Catechisti: probabilmente risultarono sensibili al messaggio di Fr. Teodoreto le popolazioni caratterizzate da una tradizione devozionale più legata al Crocifisso e, comunque, non ancora investite dai venti del secolarismo. Dai primi scarni comunicati pubblicati sul Bollettino, veniamo a conoscenza di alcuni tentativi d'insediamento dell'Unione a Cuba, in Colombia e in Bolivia. I Fratelli operanti sul posto giunsero a chiedere l'invio di alcuni Catechisti in grado di avviare nuove Scuole professionali ( vedi Colombia, Barranquilla ). Tali richieste colsero impreparati i Catechisti torinesi, che erano impegnatissimi a garantire il regolare funzionamento della neonata Casa di Carità. Si venne così a creare una situazione ambigua: l'area di diffusione della Divozione aumentava considerevolmente, cresceva, pure, in molti Fratelli, il desiderio di appoggiare fattivamente il progetto di Fr. Teodoreto, ma, d'altro canto, il numero dei Catechisti risultava insufficiente a sostenere un'opera su scala mondiale. La carenza di Catechisti congregati affliggerà a lungo la Presidenza Tessitore: nel 1966 essi superano a stento la trentina. In questo quadro di luci e ombre, tuttavia, gli sforzi messi in atto dalle sezioni estere, grazie soprattutto a personaggi come Fr. Placido Fermin, Fr. Ambrosio Leon, Fr. Genasio Maria, caratterizzano uno dei momenti più fulgidi della storia dell'Unione, confermando in maniera sostanziale le predizioni contenute nel Diario di Fra Leopoldo. Dopo qualche momento di esitazione, Tessitore, sostenne con grande vigore la propagazione dell'Unione nel mondo. Purtroppo, intorno al 1976, questa spinta espansionistica, per quanto si può rilevare dai numeri del Bollettino, subì un'improvvisa paralisi. Ciò non toglie che tra il 1961 ed il 1966 Tessitore ebbe la capacità e la volontà di imprimere all'Unione un afflato "missionario", conferendo alla Sede di Torino una discreta "visibilità" internazionale. In questa forte spinta espansiva le dimissioni dalla CRT ed il conseguente impegno "a tempo pieno", ebbero certamente un ruolo non indifferente. Certo, nella prospettiva del Presidente, gran parte dell'organizzazione e della formazione delle sezioni estere andava attribuita alla "amabilità" e disponibilità dei Fratelli, fatto che rendeva i Catechisti stranieri piuttosto estranei al controllo diretto della Sede di Corso Brin. Tuttavia, in merito, Tessitore aveva definitivamente chiarito la sua posizione già nel 1951, in occasione di una Conferenza tenuta a Bordighera: l'Unione avrebbe dovuto essere progressivamente incorporata nell'Istituto dei Fratelli. In seguito, egli non fece altro che attenersi scrupolosamente a questa linea di condotta che inizialmente avrebbe dovuto riguardare soprattutto le filiali non italiane. Si può anche non condividere questa visione strategica; ciò, però, non intacca la limpida coerenza con la quale essa venne sostenuta. Nel periodo del maggior successo internazionale dell'Unione ( 1963, visita di venti giorni in Perù ) Tessitore è contemporaneamente Presidente Generale e Direttore del Bollettino: le scelte editoriali del giornalino sono la cartina di tornasole della politica dell'Unione. Articoli, titoli, fotografie possono fornire indizi interessanti sulle strategie internazionali decise in Corso Brin. Dapprima il tono è sommesso: la creazione delle sezioni estere viene descritta come un fatto secondario, frutto dello zelo di qualche Fratello spagnolo o sudamericano. Si tende a relegare l'argomento in rubriche redatte in lingua francese, specificatamente dedicate all'Istituto del La Salle ( "Echos de Frères" ). Dopo il 1961 Tessitore cambia politica e si dilunga a descrivere le visite compiute dai Catechisti a Lima, Arequipa, Barcellona ecc. Lo sviluppo dei vari distaccamenti regionali e nazionali carica di ottimismo i congregati piemontesi. Nasce così la rubrica "L'Unione Catechisti nel Mondo" e aumenta il numero di fotografie ritraenti i Catechisti torinesi, in veste di "ambasciatori" della Sede Principale, ora a Barcellona, ora a Lima, ora a Tarragona. Il giornalino assume un respiro internazionale: la Sede di Torino è spesso meta di pellegrinaggi da parte di aspiranti Catechisti che giungono dal Perù, dall'Etiopia, dall'Egitto. Tessitore, sempre attento a non fare il passo più lungo della gamba, non nasconde i rischi connessi a questa coraggiosa svolta, ma non cerca neanche facili giustificazioni per gli eventuali fallimenti. Specie negli ultimi anni della Presidenza non perde occasione per verificare personalmente la crescita materiale e spirituale delle nuove sedi. Assiste personalmente a quasi tutte le cerimonie di consacrazione dei congregati spagnoli ammirando, in particolare, il sostegno che questi ricevono dalle famiglie, diversamente da quanto accade in Piemonte. In seguito, dopo il 1966, i problemi economici della Casa di Carità sembrano prendere il sopravvento e gli ardori "missionari" si spengono. Eppure, tra il 1958 ed il 1966, l'Unione aveva vissuto la sua piccola grande epopea. Sono cinque i momenti chiave di questa espansione: il riconoscimento dell'Unione da parte dei vescovi di Arequipa e Lima ( rispettivamente il 26 giugno 1958 ed il 28 marzo 1960 ), l'inaugurazione della sede di Barcellona ( 8 dicembre 1960 ), i viaggi di Tessitore in Spagna e Perù ( 7-16 aprile 1963 e 18 luglio-13 agosto 1963 ). I protagonisti di questi successi sono: in Sud America, Fr. Ambrosio Leon, assessore per l'Unione in Perù, e Fr. Genasio Maria; in Spagna, Fr. Placido Fermin, Visitatore del distretto di Barcellona. In Perù, il primo nucleo di Catechisti nasce grazie alla propaganda effettuata a favore dell'Unione dalla locale "Legio Mariae". In genere, comunque, lo sviluppo delle nuove comunità si compie in sette fasi: diffusione della Divozione, approvazione arcivescovile, inaugurazione della sede, prime consacrazioni, contatto "preliminare" con la "sede principale" di Torino, visita di cortesia dei presidenti locali a Torino ( M. Bargallò per la Spagna ), visita di Tessitore e Fr. Gustavo con relativa esposizione delle origini e dei fini dell'Unione. Le prime quattro fasi di sviluppo sono interamente gestite dai Fratelli stanziati in loco e, in alcuni casi, si protraggono fino al 1963; in seguito il Presidente Generale ed i Catechisti torinesi intrecciano una fitta rette di contatti epistolari e non coi confratelli spagnoli e peruviani ( i Fratelli chiedono, però, ai Catechisti di poter visionare le lettere inviate a Torino ) che permettono un proficuo scambio di esperienze e informazioni. Nella prima metà degli anni sessanta la pia Unione, nel suo complesso, continua a crescere sia in Italia che nel resto del nel mondo: ecco la situazione che Tessitore, nel 1966, lascia al neo Presidente Domenico Conti. " Dopo il passaggio del Fr. Teodoreto alla vita eterna …ha avuto inizio l'espansione, che nel sessennio trascorso è continuata e si è accresciuta. Faccio notare che ciò è avvenuto spontaneamente senza alcun impulso diretto da parte dei Catechisti torinesi, i quali erano troppo impegnati nel loro apostolato alla Casa di Carità per spingere lo sguardo al di fuori… Ecco alcuni dati statistici che dicono meglio di ogni parola: …Sedi dell'Unione nel 1966: Diciotto, distribuite in sette distretti, delle quali 8 canonicamente erette … Esse sono così ripartite: 3 in Italia ( Torino, Roma, Napoli ); 11 in Spagna ( Barcellona, Tarragona e Figueras nella Catalogna; Bilbao, San Sebastian, Zumarraga, Andoain, Irun, Zaragoza nel distretto di Bilbao; Valladolid e Bustiello nel distretto di Valladolid ); 2 in Africa ( a Keren e nel Madagascar ); 2 nel Perù ( Arequipa e Cuzco ) ". Sono dati che non hanno bisogno di commenti. Essi ci forniscono l'aspetto forse storicamente più interessante della Presidenza Tessitore. L'apostolato alla CRT e la collaborazione con la Messa del Povero Come il Catechista Demaria, anche Tessitore si era laureato in Scienze Economiche, studiando nelle poche ore di tempo libero sottratte a giornate di intenso lavoro. Ben presto il neo-dottore ottenne un impiego alla C.R.T. dove bruciò in fretta le tappe della carriera, distinguendosi per serietà e correttezza professionale. Tutti i colleghi ne apprezzavano il valore e l'indubbia competenza tecnica. Grazie alla sua affidabilità assunse incarichi via via più importanti, fino a divenire Capodivisione, e, a giudizio del nipote Claudio, avrebbe potuto anche aspirare al ruolo di Direttore Generale, se, intorno al 1957-58, non si fosse volontariamente dimesso per seguire più da vicino l'opera che gli stava maggiormente a cuore in quegli anni, la Casa di Carità. La drasticità di questa rinuncia a cogliere i meritati allori di un'invidiabile carriera, la dice lunga sulla "tempra d'anima" che si celava dietro i suoi modi affabili e bonari. " Persona di cultura, buon senso ed esperienza, a lui si chiedevano consigli. Occupava una posizione prestigiosa alla CRT, se non si fosse dimesso, avrebbe potuto ambire a posizioni più elevate, facendo carriera ". ( Claudio Civalleri ). " Tessitore era una persona al di sopra della media come preparazione, cultura, e come umiltà. A volte era rigido, ma solo quando serviva. È stata una persona che ha lasciato il segno alla CRT, di una moralità assoluta, validissima, sul piano umano. Fu una delle persone che ho stimato di più, alla Cassa di Risparmio. Correttissimo. Il suo modo di fare, di agire, coi colleghi e superiori, è sempre stato di una precisione… di una correttezza amabile, tale da essere un punto di riferimento per molti, che lo stimavano, poiché lo conoscevano come persona impegnata su vari fronti, nel volontariato alla S. Vincenzo, accanto alla Tesoriera Jolanda Anfossi e ad altri, alcuni sapevano della sua appartenenza all'Unione Catechisti, e che svolgeva in modo serio e onesto le sue occupazioni lavorative alla CRT. Era quindi una persona fuori dal comune, che ispirava fiducia e stima ". ( Castone Meneghetti, ragioniere, ex dipendente CRT ). La signora Anfossi, entrata nella conferenza aziendale della S. Vincenzo quando Tessitore ne era già il Presidente, lo ricorda come una persona profondamente giusta e piena di umanità, sempre attenta ai problemi dei suoi dipendenti: possedeva la rara capacità ascoltare il prossimo, di entrare subito in sintonia, in confidenza… " Era profondamente cattolico e profondamente umano ". ( Jolanda Anfossi ). Queste parole esprimono, in maniera sintetica, ma efficace, la lucida coerenza che intimamente legava la dottrina e l'opera del Presidente. Al principio degli anni '40 Tessitore fonda, con pochi altri, la sezione aziendale della San Vincenzo allargando, così, ulteriormente il suo campo d'azione. Il prestigio professionale e l'attivismo in campo umanitario ne faranno, ben presto, una delle personalità di maggior spicco del panorama cattolico torinese. " Il signor Tessitore ha avuto il merito di fondare la conferenza di S. Vincenzo aziendale, insieme al signor Monchietto e al signor Tallio … non ricordo con esattezza quando, ma la stessa esisteva già nel '42. Fu una loro libera iniziativa. Tessitore era un uomo che si è dedicato molto agli altri. Portava una croce appuntata sulla giacca, gliel'abbiamo vista parecchie volte. Come capoufficio non aveva preferenze, ma esigeva disciplina, onestà. Come presidente della S. Vincenzo partecipava alle sedute nelle quali si decideva chi aiutare, come organizzarsi per mandare pacchi di viveri ai più bisognosi. Ma non era solo un presidente di rappresentanza, ma un vero e proprio militante, poiché si interessava in prima persona delle situazioni di bisogno". ( Jolanda Anfossi e Marcella Della Piana attuale Presidente della Conferenza di S. Vincenzo ). Raggiunta la pensione, amava ritrovarsi spesso con i suoi ex-colleghi e, grazie al loro appoggio, ebbe modo di organizzare una serie di incontri, molto seguiti, a carattere religioso. Il successo di queste iniziative derivava anche dalla capacità, più volte dimostrata, di aiutare fattivamente il prossimo ad uscire dai periodi di crisi. Più di una volta si prodigò personalmente per trovare un lavoro a giovani neo-diplomati. " Io debbo a Tessitore l'impiego alla CRT. Avendo visto che ero in difficoltà a trovare lavoro come geometra, pur essendo in pensione, mi aveva incoraggiato a portare un curriculum alla CRT, indicando come referente lui stesso: "Ma io sono un geometra, non un ragioniere ", gli facevo notare "Però a contar soldi sei capace… e allora non ti preoccupare, scrivi che conosci me, mettimi come referente: Dott. Tessitore, Capodivisione. " Prima di allora il catechista mi aveva sempre celato, umilmente, questa sua importante qualifica. Ci sono stati poi dei colloqui, dopo che la domanda è stata inoltrata al direttore generale, e infine sono stato assunto ". ( Piero Vacchetta ). " E stato il mio capoufficio, ne ho sempre avuto un'impressione ottima, di un grand'uomo… Ho avuto degli insegnamenti preziosi dal dottor Tessitore. Davvero un sant'uomo, che ha dato molto alla CRT. Era sicuro di sé, autorevole ma non severo, si prestava a cose che non tutti facevano. Per esempio, quando sono andato alla CRT nel '48, mi ha aiutato, e io ho imparato molto da lui. Era una persona capace e molto preparata ". ( Carlo Bruni ). Per la verità il suo spirito "assistenziale" non si limitò alla Conferenza di San Vincenzo, agli incontri di preghiera con gli ex colleghi, alle assunzioni di giovani in cerca di lavoro. Un articolo del 1984 ricorda il decisivo contributo da lui fornito all'avvio della collaborazione tra l'Unione Catechisti e la Messa del Povero. In quegli anni qualcuno dimostrava evidentemente una scarsa memoria di cose e persone, e Tessitore, con piglio piuttosto energico, cercò di chiarire meglio la dinamica dei fatti. Il tono, per la verità, è un po' seccato. " Ci sono già tanti motivi di confusione e non c'è proprio bisogno che siano aumentati. Ci si perdoni questo sfogo … L'inizio della Messa del Povero è dovuto a una Figlia della Carità e precisamente Suor Luisa Montaldo, che presso l'O.P. Lotteri, in via Villa della Regina, oltre a distribuire elemosine ai mendicanti, li riuniva la domenica mattina per la Santa Messa. Dell'opera si interessavano e collaboravano ( sic ) due canonici di Torino, e precisamente il canonico Bertola e il canonico Morino. Del primo si ricorderanno bene i catechisti più anziani, che andavano settimanalmente a casa sua per una lezione di religione. Questi due sacerdoti avvertirono presto che le suore dell'O.P. Lotteri avrebbero avuto bisogno dell'aiuto di qualche uomo per affrontare i mendicanti, tutti uomini, piuttosto grossolani e non sempre corretti. Perciò vennero da me, che ero stato eletto poc'anzi presidente dell'Unione Catechisti e mi chiesero di mandare ogni domenica un paio di catechisti alla Messa del Povero. Io aderii volentieri alla richiesta, anzi proposi addirittura che l'Unione si assumesse la responsabilità dell'opera, compreso il relativo onere finanziario. … Dei catechisti congregati non c'era nessuno libero, perché tutti impegnatissimi alla Casa di Carità, che in quegli anni aveva anche i corsi festivi: e allora mi rivolsi ai catechisti associati. Questi risposero con entusiasmo e con lo stesso entusiasmo si occuparono sempre dell'opera. Citerò soltanto i fratelli Mussino e Ronco, …al Signore bisogna ricorrere perché mandi operai nella sua messe, specialmente di quelli che parlano poco e operano molto ". ( Bollettino, 1984-3, pag. 7 ). L'articolo in questione è solennemente intitolato "I diritti della verità". L'energia che ancora dimostra l'ex Presidente, ormai ottantenne, è quantomeno sorprendente. Ancora una volta Tessitore, proprio come Fr. Teodoreto, combatte, nel suo piccolo, "il secolo della confusione", manifestando una concezione militante e "virile" dell'apostolato sociale. Alcuni aspetti della sua spiritualità Tessitore era animato da una grande coerenza interiore, una sorta di intimo circolo virtuoso grazie al quale la preghiera comportava la buona azione e la buona azione conduceva alla preghiera, senza soluzione di continuità. Novello "Servo di Cana", sembrava condividere con la Madonna la stessa apprensione che si rileva nell'invito rivolto a Gesù: "Non hanno più vino," ( Gv 2,3 ). Non si accontentava di discutere i problemi altrui: desiderava risolverli. La sua esistenza, pura come l'acqua del Vangelo, fu miracolosamente trasformata in vino, per molti: per i familiari, che gli confidavano le loro preoccupazioni circa l'avvenire dei figli, sicuri del fatto che avrebbe saputo orientarli nelle scelte decisive; ma anche per i suoi figli spirituali, i ragazzi della Casa di Carità ed i Catechisti, che seguiva con patema apprensione, richiamandoli con dolcezza e fermezza ai loro doveri. Nei colloqui settimanali o durante i ritiri, nella cappella di corso Brin o altrove, dedicava molte ore del suo tempo prezioso all'ascolto dei giovani. Cosa davvero poco scontata, vista l'ostilità che tanti adolescenti mostrano nei confronti degli adulti. Sovente la sua opera non è stata solo esemplare, ma anche preziosa, se non addirittura concretamente "utile", per chi l'ha conosciuto di persona, Ovvio che si sviluppasse intorno alla sua figura un "granitico" sentimento di gratitudine, affine a quello che può unire il fratello minore, inesperto e irruente, al fratello maggiore sempre pronto a chiarire equivoci ed incomprensioni. Il Catechista Giovanni Baiano, nel lontano 29 giugno del '40, giorno della sua professione, gli manifestò apertamente questa riconoscenza, ma, ancora una volta, Tessitore colse l'occasione per delineare la sua particolare visione della "maturazione" umana. " Non hai che da ringraziare Lui! Ed ora prosegui con fermezza, con fiducia filiale. È stato Lui a condurti fin qui e sarà Lui a mantenerti fra di noi. Iddio non fa mai le cose a metà, sta a noi non interrompere il Suo lavoro, tendendo sempre alla perfezione: non abbiamo che da seguiLo … nient'altro. Il Signore ti da modo di santificarti in questa nostra congregazione, non hai che da disporre la tua volontà in modo favorevole. Iddio non fa nulla, in noi, senza il nostro consenso. Se questa donazione è sufficiente a farci santi, offriamoGli tutta la volontà, con generosità. Esercita la tua mente a volere le piccole cose gradite a Dio, è dal poco che si comincia: poi si prosegue verso le vette più alte. Ricordiamoci di pregare affinché la grazia del Signore sia sempre con noi ". L'uomo in quanto tale non può che frapporre ostacoli alla crescita interiore; l'uomo pervaso dall'Amore di Dio, invece, accede realmente alla "pienezza" dell'età matura. Agisce con le proprie mani, ma è sospinto dallo Spirito Santo. Prendendo spunto da una fiaba di Andersen, Tessitore paragonava simpaticamente i giovani novizi ai "brutti anatroccoli," inesperti, incompresi, ma destinati ad una radiosa "metamorfosi". Li esortava, perciò, a non scoraggiarsi, a reagire, a combattere i cattivi pensieri amando Dio sopra ogni cosa, con lo sguardo sempre fisso al premio del Paradiso: " Anche noi siamo dei paperottoli destinati a miglior vita. Anche noi saremo tra i disprezzati, nel mondo. Non lasciamoci abbattere. Non lasciamoci attirare dalle cose del mondo, con l'affetto sregolato, ne lasciamoci scoraggiare dalle difficoltà. Ricordiamoci che la nostra carriera la faremo in Paradiso. Là avremo la felicità, e ne godremo in misura di quanto si sarà faticato per la nostra e l'altrui santificazione. Lassù tutto sarà chiaro, possibile, definitivo. Il Paradiso sarà il compimento della nostra perfezione, se quaggiù tenderemo a questo traguardo. Il pensiero del Paradiso ci aiuterà nello scoraggiamene. Il mondo ride mentre voi piangete: non temete … procurate d'essere sempre lieti … la tristezza è una ruggine che vi predispone alla noia, all'inoperosità ". ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 8 settembre 1935 ) La tensione che si avverte, in modo quasi palpabile, nelle parole di queste "lezioni" rivolte ai novizi - nella versione fornita dal giovane catechista Giovanni Baiano ( morto nel '41 ) - è orientata senza scampo al dono del sé, al totale abbandono in Dio, ed è un richiamo continuo a riconoscere la propria debolezza di creature imperfette. Tutti gli affetti e le energie intellettuali devono essere diretti, per l'appunto, all'unico legittimo detentore della bellezza e della grandezza, quel Creatore a cui spesso, con ridicola presunzione "rubiamo" il merito dei nostri piccoli successi mondani. Nei passi seguenti emerge con forza la matrice rigorosamente ascetica di queste convinzioni: " Gesù ci annunciò non come comandamento, ma quale premessa: "Io sono il Signore Dio tuo!" Signore vuoi dire padrone. Lui il tutto, noi il niente. Noi siamo qui in quanto Lui è, e Lui vuole. Tutto il creato a Lui obbedisce, così noi pure, benché liberi, usiamo di questa libertà per servir Dio. Tutta la perfezione di una creatura è riposta nella legge di Dio. Gesù venne a noi per compiere la volontà del Padre. La sua vita è un continuo atto di obbedienza. Gesù ci ha redenti per mezzo dell'obbedienza, e per l'obbedienza noi giungeremo alla nostra salvezza con la sottomissione della volontà … Per imitare Gesù bisogna che la nostra vita sia un atto di amore, amore perfetto. Noi dobbiamo sforzarci di conoscere la volontà di Dio. Tutti gli uomini devono l'obbedienza, ma in noi dev'essere completa ". E ancora: " Consideriamo i diritti di Dio. egli è geloso del nostro cuore. Occorre cercare e amare Dio in tutte le cose, con tutte le proprie forze, con tutta l'anima. L'umiltà ci insegna a vedere la nostra posizione reale, nella verità del nostro essere: noi non abbiamo nulla. Tutto ci viene da Dio. Vengo da Dio, sono di Dio, vado a Dio. Dal timore del Signore scaturisce l'umiltà e chi è veramente umile è anche obbediente ". ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 1° marzo 1936, 15 agosto 1939 ) La rinuncia diviene il sigillo della totale sottomissione all'Altissimo. Il breve testamento spirituale di Tessitore, riportato dal dott. Domenico Conti nel discorso commemorativo pronunciato durante le esequie del 4 ottobre 1995 ( all'interno di un laboratorio della Casa di Carità ), rivela un altro aspetto fondamentale di un retroterra spirituale tipicamente cristocentrico: la riparazione. In ciò si intravede chiaramente l'impronta di Fra Leopoldo. " Domando perdono a tutti delle mie mancanze, anche di omissione, e anche se non avvertite. Confido nella misericordia di Dio, ma anche nelle preghiere dei miei confratelli. Accetto volentieri quel genere di morte che Dio vorrà destinarmi, e, se ha un senso, la offro in riparazione delle tante offese che gli uomini recano a Dio, unendomi così al sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo e alle sofferenze della Vergine Maria Addolorata ". Al giorno d'oggi ci sfugge il senso di queste "offese". L'unico "vulnus" degno di considerazione è ciò che danneggia materialmente l'individuo. Per Tessitore non era così: al centro di ogni cosa c'è Cristo e la sua sofferenza. Prima vengono i "diritti di Dio", poi quelli dell'uomo. Ritornare a questa gerarchia delle priorità significa rieducarsi e rieducare il prossimo alla fede autentica: se, infatti, non ci "preoccupiamo" più di Cristo, come possiamo pensare che Egli intenda "preoccuparsi" di noi ( Fra Leopoldo ), donandoci il divino "sovrappiù" promesso dal Vangelo? In questo senso tutta la spiritualità e le iniziative catechistiche promosse da Tessitore ( pensiamo alle "giornate del Crocifisso" ) sono l'esatta negazione di quell'"indifferentismo" religioso, di quella inettitudine a pregare, che tanto angustiava Fr. Teodoreto. La preghiera e l'Eucaristia: il centro degli affetti La conseguenza immediata di questo radicale cristocentrismo si concretizza ovviamente nella "passione" per l'Eucaristia, unica e preziosissima occasione di contatto "diretto" con Nostro Signore. Aldilà dei simboli e dei sillogismi, oltre le omelie e le immaginette sacre, nella Comunione Tessitore poteva finalmente condividere la Presenza Reale di Gesù fra gli uomini. Fatto, anche questo, che spesso, nella sua eccelsa sublimità, sfugge a molti cattolici praticanti. " Mi è particolarmente caro ricordare il gusto che manifestavi per le cose dello spirito, sulle quali sapevi intrattenerci con un discorso semplice ma penetrante ". ( Domenico Conti ). " In particolare ricordo la tua passione, credo che si possa chiamarla così, per l'Eucaristia, per la Messa, che appariva davvero come il centro dei tuoi pensieri e dei tuoi affetti ". ( Domenico Conti ). " Innamorato dell'Eucaristia, qualcuno mi diceva che sarebbe stato anche un buon vescovo, poiché sapeva trasmettere le verità di fede, con efficacia ". ( Pierino Vacchetta ). " … in lui il raccoglimento e la preghiera, che gli erano molto naturali, non costituivano una frattura rispetto al suo modo di vivere ". ( Ing. Michele Bertero, aggregato all'Unione ). La Messa quotidiana gli apparve, così, più che un obbligo da onorarsi con pedante diligenza, un'anticipazione, una preparazione a quell'incontro definitivo cui mirava con tutte le sue forze. Ecco motivato anche il grande amore per la liturgia ed il canto gregoriano nei quali vedeva compendiarsi, anche se in forma embrionale, la celestiale glorificazione che gli angeli, gli arcangeli e i serafini tributano senza requie al Signore dell'Universo. Pur avendo una considerazione così alta della Messa e del ministero sacerdotale, Tessitore non la fece mai pesare, limitandosi a frequentare i Sacramenti con umile disciplina e ferrea meticolosità, senza quella boria repressa che talvolta affligge un certo tradizionalismo cattolico. " Tessitore era un uomo di preghiera … o di pietà, come allora si diceva … Una cosa che ha lasciato in me una traccia indelebile, è il suo incantevole modo di cantare: lui intonava sempre tutti i canti con molta sicurezza, sapendo dare un'espressione bellissima al canto, che allora era quasi esclusivamente quello gregoriano. Tanto che io sono rimasto innamorato di questo stile, ne sono affezionato da quando l'ho appreso da Tessitore, lui me ne ha trasmessa la passione. Anzi, poi l'ho studiato per conto mio, e adesso sono circa undici anni che insegno il Canto gregoriano all'Università della terza età. Anche per questo sono riconoscente a Tessitore, oltre che per la mia formazione spirituale. Ho verso di lui una riconoscenza sconfinata ". ( Ariosto Pintonello ). " Lo vedevamo tutti i giorni venire a Messa, nella nostra Chiesa intitolata alla Madonna del Buon Consiglio. Era devoto della Madonna, discreto e raccolto, assiduo nella partecipazione". ( Sr. Costantina ). " La tua fedeltà alla Messa quotidiana, la tua decisione di partecipazione, apparivano in tè come una seconda natura ". ( Domenico Conti ). Anche il nipote Claudio è rimasto colpito dalla "pietas" imperturbabile dello zio, mai disgiunta da una spiccata attitudine al "silenzio" del raccoglimento, cui più tardi Tessitore avrebbe dedicato un articolo del Bollettino ( 1972, n°3 ): " Lui riusciva ad estraniarsi da tutto quello che lo circondava. In chiesa c'era lui, il sacerdote e Nostro Signore: niente di più. Rifuggiva le funzioni disturbate da un 'eccessiva affluenza di persone, cercando la concentrazione in ambienti favorevoli al raccoglimento, poco affollati, privi, insomma, di clamori e distrazioni. Durante la Messa viveva un reale distacco dal mondo. Finita la Messa, continuava a fermarsi, a pregare, fino a che in chiesa non c'era più nessuno. Aveva il messale sempre sottomano ". Questa profonda vita dello spirito, libera dal mondo che appaga, ma sempre attenta al mondo che soffre, si segnalava nei gesti più comuni della vita sociale. Anche i suoi regali erano il segno evidente di questa visione delle cose: amava, infatti, donare copie del Vangelo o dotti commenti alla "buona novella", accompagnando questi omaggi con quello che può definirsi un programma d'azione e contemplazione: "Nel Vangelo c'è la soluzione di tutti i problemi. " Detto così, può apparire una banalità, ma in realtà un approccio realmente "evangelico" ai drammi dei singoli e dell'umanità esige un coraggio non indifferente. Lo stesso coraggio che Tessitore dimostrò nei giorni crudeli della malattia e della morte. " Era un uomo di un'elevata sensibilità spirituale … Partecipava ai nostri incontri con una pietà che era veramente un esempio, per tutti noi. Con gli anni questo suo anelito nel vivere la vita interiore, non si è affievolito, ma fino agli ultimi giorni in cui è vissuto aveva sempre un'attenzione particolare alla preghiera, che faceva in casa, perché negli ultimi tempi non usciva più, ma svolgeva con molta attenzione e raccoglimento e leggeva anche dei libri spirituali, e anche quando si preparava a ricevere l'Eucaristia, che gli veniva portata a casa, lo faceva con fervore e attenzione. Nelle feste più importanti, per i catechisti, circa due volte l'anno, faceva celebrare una Messa a casa sua ". ( Leandro Pierbattisti ). Curiosamente, in Tessitore, la vita di preghiera ( proprio come in san Francesco ) spesso si accompagna ad una "rivisitazione" in chiave simbolica della Creazione, in specie della natura, della vegetazione, dei cicli stagionali. Del resto anche i mistici medievali ricorrevano ad intricate metafore floreali per introdurre i novizi agli inesprimibili misteri della Fede. Questa "cosmologia cristiana", vista come specchio della Sapienza divina, spiega l'interesse nutrito da Tessitore per la botanica che si focalizzava in particolar modo su quelle piante in cui più evidente fosse il passaggio dalla morte autunnale alla rinascita primaverile. " Parlando del verde, mi diceva: "Io amo le siepi e gli alberi, che mettono le loro gemme a primavera, perché mi ricordano che l'inverno è passato… Le piante e le siepi sempreverdi, non mi danno il succedersi delle stagioni ". Voleva avvertire questo passaggio, tra una stagione e l'altra, proprio per poter dire: "È iniziata la primavera, cioè un anno nuovo ". Primavera, estate, autunno, inverno …primavera. Questo era il senso della vita. La nascita, la crescita, la maturità, la morte e la rinascita. La primavera simboleggiava lo sbocciare di una nuova vita … il risveglio della Creazione ". Tutte queste considerazioni si allacciavano ad una visione del mondo che, ben lungi dagli stereotipi ecologisti, nella contemplazione della natura, aveva agio di ricondurre la deprimente "banalità" del reale, alla sua matrice originaria; Dio, l'altissimu, onnipotente, bon Signore" del Cantico delle Creature. Quando, infatti, conduceva i nipoti ad ammirare la bellezza delle colline torinesi, quasi a voler suscitare nei loro cuori una segreta ammirazione per la grandezza di Dio riflessa nel Creato, Tessitore non poteva prescindere dal prologo di ogni "lezione di vita": la Messa mattutina. "… ed era una cosa del tutto naturale, seguirlo, non ha mai costretto nessuno, non insisteva con le parole, per convincere di qualcosa, ad esempio sull'utilità della confessione o degli altri sacramenti: era più convincente il suo esempio ". ( Claudio Civalleri ). Dunque una Fede dai panorami molto vasti, non ristretta nei compartimenti stagni del legalismo, ma capace di interpretare il mondo nella sua interezza. Questa visione "integralmente" cristiana, in grado di guardare con gli occhi dei santi l'arte, la musica, il lavoro, la natura stessa, è un aspetto non trascurabile di quella elevazione delle affezioni raccomandata da Fr. Teodoreto ai suoi Catechisti nei "Pensieri sulle Regole e Costituzioni": "l'uomo interiore vede Dio nelle creature, si serve di esse per elevarsi a Lui" ( pag. 63 ). Il padre spirituale: Fratel Teodoreto Siamo nel 1917, al culmine della Grande Guerra. Tessitore, che ha appena 15 anni, risiede per motivi di studio a Torino, ospite presso una famiglia di conoscenti. Il padre è al fronte, la madre e le sorelle sono rimaste ad Orio attendendo la fine del conflitto. È proprio in questo cruciale periodo dell'adolescenza che avviene l'incontro più decisivo della sua vita. Il futuro Presidente rievocherà, in un articolo del Bollettino, le impressioni suscitate dal primo impatto con l'Unione Catechisti e col suo fondatore, Fratel Teodoreto Garberoglio. Nello scritto risalta il mistico incanto suscitato dal Venerabile, le cui parole si radicavano lentamente nel suo animo, suscitando, a fasi alterne, intuizioni e illuminazioni, che accrescevano il desiderio di ulteriori incontri e approfondimenti. L'adolescente "sentiva" in maniera confusa la grandezza dell'ideale, ma non ne aveva ancora messo a fuoco l'essenza più profonda: santificare gli altri, santificando se stessi. " Il Fratel Teodoreto parlava con estrema semplicità, ma raggiungeva il cuore, diritto diritto. Tutto quello che diceva era così vero, così bello, così importante che io non perdevo una sillaba. Sembrava che parlasse proprio per me. E come conosceva bene l'anima umana! Le sue parole mi destavano risonanze profonde, mi illuminavano, mi ammonivano, mi spronavano, mi entusiasmavano, mi suggerivano propositi pratici e mi seguivano durante tutta la settimana. Ma io non riuscivo a realizzare tutto: molte luci che Egli andava accendendo si spegnevano presto, cosicché desideravo di sentirlo di nuovo. E mai che Egli mi abbia deluso, o annoiato, o parlato invano: il suo discorso così semplice e spoglio aveva un tale carattere di verità e una vibrazione così alta di saggezza che costituiva per me veramente il verbo di vita. Nessuno mi aveva mai parlato con tanta efficacia ". ( citato in Fr. Leone di Maria, "Fr. Teodoreto", p. 238 ) La figura e l'esempio di Fratel Teodoreto spronavano i Catechisti a sopportare le piccole tribolazioni del quotidiano. Come Padre Pio, anche il Venerabile considerava vitale, per la salvezza delle anime, l'educazione al sacrificio. Ma il pesante fardello di questo "scandaloso" insegnamento, incentrato sulla spiritualità del Crocifisso, non trovava molti ascoltatori. Tessitore, invece, avvertiva la portata del messaggio, così come il valore dell'uomo che la Provvidenza aveva scelto per riproporre tale modello educativo alla Torino massonica e positivista del primo '900. L'impopolarità non spaventava il Fratello, che anzi privilegiava la discrezione, il nascondimento. Tessitore, a forza di frequentarlo, ne assimilò ben presto una virtù essenziale, base di partenza ( ai tempi di san Benedetto, come oggi ) di ogni autentica "ricostruzione" ulteriore: l'umiltà. " Ordinariamente, Egli non si faceva notare; anzi, autentica radice, aveva l'arte di scomparire; ma in certi casi si rivelava suo malgrado, e questo avveniva soprattutto durante gli Esercizi Spirituali. Allora sembrava che si trasfigurasse. Non era possibile rimanere tiepidi o indifferenti davanti a un uomo che appariva così compreso da un'idea dominante, così assorto in pensieri sublimi e formidabili, così risoluto a seguire un meraviglioso ideale, così slanciato e deciso a qualunque sacrificio ". ( Ibidem, p. 245 ) " Una cosa mi pesava assai: la visita in chiesa dopo cena. Terminate le preghiere in comune, ci lasciava lungamente inginocchiati, in silenzio; e io, che sempre ebbi la digestione difficile con molto dispendio di energie nervose, trovavo la cosa un vero tormento. Ma Fr. Teodoreto era là, assorto in preghiera e immobile, come una statua; nessuno fiatava, e io, pur potendo uscire perché Egli non imponeva nulla, ne redarguiva mai, sentivo l'influenza del suo esempio e la superiorità del suo consiglio di protrarre la preghiera, e non mi occorreva di più per restar a pregare ". ( Ibidem, p. 245 ) Egli era riuscito, come pochi, a condividere quel desiderio di perfezione interiore ( praticata dai monaci con la schola charitatis ), che tanto aveva infiammato Fra Leopoldo e che, ora, Fr. Teodoreto si sforzava di estendere al mondo laico. Non dissimulava l'importanza di questo fattore, anzi, perfino nelle tempeste finanziarie che spesso affliggevano l'Unione, non smetteva mai di ribadire, sul Bollettino e nelle conferenze, la precedenza assoluta che i Catechisti dovevano riconoscere agli obblighi di pietà. " Tessitore, per me, era l'elemento di maggior spicco dell'Unione Catechisti. Tessitore era strettamente legato a Fratel Teodoreto: da lui aveva assimilato una spiritualità tutta inferiore, centrata sulla preghiera, sull'intimità del rapporto con Dio ". ( Ing. Pintonello ). " Santifichiamo noi stessi, affinché in noi siano santificati i nostri fratelli … la preghiera illumina l'anima, affina lo spirito e matura la sua vocazione … l'apostolato deve basarsi sulla … mortificazione, sulla rinuncia a noi stessi. I pericoli dell'apostolato sono: darsi all'azione esterna a danno della vita interiore, lavorare troppo sotto l'impulso esteriore della natura …". ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 3 ottobre 1937, h. 11.05 e 14.45 ). L'entusiasmo per questa impostazione scandalosamente "radicale" dell'apostolato cristiano, viene confermato con forza dalle acutissime considerazioni espresse a proposito dei ritiri guidati da Fr. Teodoreto, che spiccavano, nel generale degrado della devozione giovanile, per la rigenerante "linfa vitale" che riuscivano ad infondere nei presenti: " Era la sete di Dio che veniva acuita e soddisfatta allo stesso tempo, era il problema centrale della vita che veniva affrontato insieme con tutti gli altri, i quali restavano però in sott'ordine. Gli altri problemi si collocavano attorno a quello, e con quello venivano implicitamente risolti, cosicché ciascuno sentiva sempre predominante l'influenza dell'Unione nella propria vita, si avvedeva di vivere in essa la parte migliore e si attaccava ad essa sempre più strettamente. Che parte aveva in tutto questo Fratel Teodoreto? Evidentemente era Lui che aveva creato quel clima, che aveva riunito quei giovani in un organismo sociale vivo, dove la linfa spirituale circola abbondante, e questa linfa aveva la sua radice nella vita interiore di Lui ". ( Fr. Leone di Maria, "Fr. Teodoreto", Casa Editrice A & C, 1956, Torino, p.244-245) Tessitore amava molto il raccoglimento, l'unione silenziosa e adorante con Dio ottenuta mediante la preghiera, ma, nelle conferenze, non si stancava mai di esaltare anche la forza unificante della preghiera. L'amoroso vincolo di comunione che nasce dal sentirsi fratelli e insieme figli di Dio, ovvero la "fraternitas" celebrata da Fr. Teodoreto nella nota preghiera per la "carità fraterna" si realizzava al meglio nelle adunanze e nei ritiri spirituali. " Come si pregava bene! Come si sentiva che tutte quelle anime giovanili si elevavano veramente verso Dio! Io mi sentivo come trasportato da quell'onda che saliva, e quasi non avvertivo più distrazioni. Del resto bastava guardare Fratel Teodoreto,che assumeva un aspetto profondamente raccolto e quasi trasfigurato: inginocchiato su di una sedia, il corpo eretto, gli occhi bassi, pareva impersonare l'Orazione. Era evidente che Egli stava tutto immerso in un intimo colloquio con l'invisibile, e che l'anima sua si irradiava in tutte quelle giovinezze che lo circondavano ". ( Ibidem, pag. 245 ) " Scusatemi se torno sovente su questo argomento, ma è doveroso che io lo ripeta, per richiamare gli indolenti … E questo il periodo in cui si riattiva la vita nelle associazioni A. C., quindi anche noi, non da meno degli altri, dobbiamo scuoterei e riattivarci. Ricordatevi di essere assidui nella frequenza delle nostre adunanze … sforziamoci di ritrovarci il più frequentemente possibile per ravvivare in noi le nostre risoluzioni ". ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 12-13 ottobre 1935 ). "… cerchiamo di dire tutto ( ai Superiori ), di consigliarci come se fossimo dinanzi a Dio ". ( ibidem, 12 giugno 1938 ). "… Preghiamo gli uni per gli altri ". ( ibidem, 15 agosto 1939 ). Il Presidente amava ricordare il giorno in cui aveva conseguito a pieni voti il Diploma di Catechista, e come, da quel momento, Fr. Teodoreto gli avesse affidato, in più occasioni, l'incarico di tenere vari discorsi di circostanza. Questa predilezione sembrava quasi prefigurare una speciale consacrazione da parte del Fondatore, cosa di cui Tessitore, come a suo tempo Giovanni Cesone, andava giustamente orgoglioso. " Ai Neo-Catechisti, poi, si rendeva particolare onore. Il Fratel Teodoreto allora voleva anche il discorso di qualche giovane, e ricordo che alcune volte ne diede a me l'incarico. Non avevo mai parlato in pubblico, ne avevo idea delle difficoltà che occorre superare, specialmente se si ha un carattere impressionabile: il fiascone che feci la prima volta, me lo rivelò ottimamente. La distribuzione dei diplomi ai Neo-Catechisti, Egli preferiva farla fuori dell'adunanza settimanale, durante una piccola accademia con canti, musiche, discorsi, ecc., e con l'intervento di molti Fratelli della Comunità. Fu proprio così che io ricevetti il Diploma insieme a una decina di altri giovani, ed ebbi l'onore della precedenza, a motivo di quel "30 con lode" che la Commissione esaminatrice mi aveva generosamente regalato ". ( Ibidem, pag. 239 ) Del resto, fin dal suo primo ritiro, Tessitore aveva ricavato una viva impressione dal particolare clima spirituale che si respirava, a dispetto di contesti e situazioni modeste, accanto a Fr. Teodoreto: " Il primo Ritiro al quale io partecipai, nella primavera del 1917, fu per me un'altra grande rivelazione, e l'impressione che ne ricevetti rimase profonda, nonostante la grande modestia dell'iniziativa e la esiguità dei mezzi impiegati. Non si fece in un luogo riservato, bensì nei soliti locali della scuola. Non avemmo colazione ne pranzo in comune, perché ciascuno li consumò a casa sua, e non fu invitato nemmeno un predicatore di speciale valore: tutto si ridusse ad una predica del Cappellano della Comunità, alle conferenze del Fratel Teodoreto, a frequenti preghiere in comune, ai brevi periodi di passeggio in silenzio. [..] Tentai di aprire il mio animo al Fratel Teodoreto, cercando in Lui una guida della quale avvertivo confusamente il bisogno; ma Egli non me lo consentì. Penso che questo atteggiamento suo sia stato costruttivo, perché mi richiamò a un senso di serietà e di austerità di cui forse avevo bisogno ". ( Ibidem, pag. 241 ) " Nell'anno 1922 si organizzò un turno di Esercizi Spirituali chiusi, riservati a Catechisti. Da allora si ripeterono ogni anno e costituirono il momento saliente dell'annata, il periodo delle grandi manovre, i traguardi di arrivo e di partenza nello stesso tempo. Erano preparati con grande cura, con una settimana di preghiere e di adunanze preliminari, ed erano attesi più che le ferie, come il grande incontro con Dio. Nel 1922 si fecero a Chieri, ove poi si continuarono per molti anni vi andavamo a piedi, recitando per la strada molte decine di Rosario, facendo tappe alla Madonna del Pilone, dove consegnavamo l'anima nostra alla Madonna, e Le affidavamo non solo la riuscita dei nostri Esercizi, ma le sorti della nostra vita, sorti che andavamo a trattare in quegli Esercizi. La casa dei Missionari a Chieri ci appariva il luogo santo, ed ogni cosa vi aveva nell'anima una risonanza profonda ed arcana, che penetrava sino all'intimo e svelava prospettive nuove, orizzonti di santità divinamente belli e allettanti. Le prediche erano semplici, le letture durante i pasti erano fatte su libri di uso comune, le pratiche di pietà erano quelle consuete; ma tutto acquistava un rilievo straordinario e persino l'ambiente esterno si legava nella nostra fantasia alle emozioni spirituali e ci diventava carissimo ". ( Ibidem, pag.244 ) Col passare degli anni tra Tessitore e Fr. Teodoreto si era sviluppata una grande affinità spirituale che permetteva loro di intuire i reciproci pensieri, di cogliere la brace che si nascondeva sotto la cenere delle parole. Il catechista era conscio di possedere questo dono, questa attitudine all'introspezione psicologica che lo avvicinava così tanto al "vero" Fr. Teodoreto. Proprio a causa di questa vicinanza interiore, Tessitore si era radicalmente convinto della santità del Fratello, anche se, al di là delle commemorazioni di rito, in rare occasioni ebbe modo e tempo di trascrivere su carta gli aspetti più confidenziali di quelle lunghe frequentazioni col Fondatore dell'Unione. " Abbiamo avuto la fortuna eccezionale di frequentare spessissimo, quasi ogni giorno, il nostro carissimo Fondatore e di ascoltare le sue conferenze … Mi veniva in mente l'esclamazione delle folle che ascoltavano Gesù: "nessuno ha mai parlato come quest'uomo". Per me era così. Forse era una grazia speciale data a me solo …" ( C. Tessitore, Bollettino, 1990-1, pag. 2 ). Ciò non toglie che, nei fatti ( più che con le testimonianze scritte ) Tessitore si sia impegnato per portare Fr. Teodoreto alla meritatissima gloria degli altari. E visse abbastanza per cogliere i frutti delle sue fatiche. Il processo diocesano per la beatificazione del Fratello iniziò nel 1961; le audizioni dei testimoni si interruppero nell'aprile del 1964, per essere riprese nel giugno 1966, pochi mesi prima che il catechista di Orio lasciasse la Presidenza dell'Unione. Una volta passati in rassegna tutti i testimoni ( 1969 ) il processo subì un'interruzione per essere ripreso nel 1975. Il 2 febbraio 1977, grazie alla lettera di presentazione firmata dal Cardinal Michele Pellegrino, il Vice Postulatore Generale Fr. Gustavo Luigi Furfaro, presentò i 15 volumi degli Atti del Processo alla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, in Roma. Lo stesso Fr. Gustavo, in uno scritto del 1977, mette in relazione il grande evento con una lettera del maggio 1947 che, non certo casualmente, abbinava le firme di Tessitore e Fr. Teodoreto: "I Catechisti del SS.mo Crocifisso … considerata la Costituzione Apostolica "Provvida Mater Ecclesia" … domandano ( al Cardinale M. Fossati ndr. ) che i loro statuti e regolamenti siano approvati in conformità della medesima". 2 febbraio 1947-2 febbraio 1977: un trentennio decisivo. Ma per cogliere il premio della pazienza. Tessitore doveva aspettare ancora. La Chiesa, alla fine, gli diede ragione, affermando innanzi al mondo quello che lui aveva sempre sentito nel suo cuore: " Oggi 3 marzo 1990, alla presenza del Santo Padre, sono stati promulgati i seguenti Decreti riguardanti …le virtù eroiche del Servo di Dio Fr. Teodoreto … La notizia tanto attesa è venuta … d'ora in poi Fr. Teodoreto sarà chiamato "Venerabile" Deo gratias, Deo gratìs! ". ( C. Tessitore, Bollettino, 1990-1, pag. 2 ). La gioia di Tessitore è comprensibile: in quel lontano 1917 aveva visto giusto, la sensazione provata ascoltando le conferenze del Fratello non era una di quelle suggestioni che San Giovanni della Croce tanto detestava. Era una "grazia" speciale, un segno concesso a pochi. Come detto, Tessitore non registrò per iscritto quel patrimonio di impressioni e confidenze che l'assidua frequentazione del Fratello portava con sé: non abbiamo un diario dei colloqui, ma solo sintesi molto generiche. Tuttavia, nelle testimonianze rilasciate alla Commissione delle Cause dei Santi, si aprono, degli squarci illuminanti: " Io conobbi l'Unione nel 1917. Nella quaresima di quell'anno frequentavo il catechismo presso la parrocchia di S. Teresa. Il catechista che ci faceva lezione, Stefano Massaia, mi invitò a partecipare alle adunanze dell'U.C., al sabato sera alle 21, nella scuola ROMI tenuta dai FSC. … Vi si accedeva da una porticina in via Rosine 14 che dava direttamente in una classe. … Egli ( Fr. Teodoreto ) aveva con sé un messaline e faceva leggere l'epistola del giorno dopo da qualcuno dei ragazzi. Molto spesso l'incarico era affidato a me. … acquistavo consapevolezza di aver trovato un santo, non solo, ma di aver incontrato la guida definitiva dell'anima mia … colui che mi avrebbe fatto scoprire la mia strada … Alle sue riunioni e ritiri intervenivano degli studenti forestieri del Politecnico … fra i quali l'indimenticabile Justìn Nicoara … Qualche volta arrivò anche Pier Giorgio Frassati. … L'Istituto dei Fratelli delle S. C. non mostrava di voler accogliere l'eredità di Fr. Teodoreto e questi ne soffriva assai … Quando il Card. Gamba suggerì al Fr. Teodoreto di inserire nella Regola la pratica dei voti religiosi … non manifestò un eccessivo entusiasmo … nemmeno io ero troppo entusiasta, …mi confessavo regolarmente da un Padre Gesuita dei SS. Martiri, il P. Cerniti, il quale si mostrò decisamente contrario all'emissione dei voti da parte dei Catechisti. ( Dopo l'approvazione dei voti, ndr. ) la frequenza degli associati alle adunanze si diradò alquanto … anche Fr. Teodoreto tendeva ad appartarsi e a lasciar fare ai catechisti, con mio disappunto. Io insistevo che continuasse lui a presiedere le adunanze … ma non fu mai più come prima. … Tra noi si diceva che si andava da Fr. Teodoreto a farsi fare un'iniezione spirituale ". ( C. Tessitore, Appunti sulla figura morale di Fr. Teodoreto, Torino, sett. 2001, pagg. 14-17 ) I profani si devono accontentare di questo termine vagamente misterico, "iniezione spirituale", anche se è chiaro che il "ricostituente" dei catechisti, in primis del loro stesso Presidente, era racchiuso nell'intimità di quei colloqui di stampo leopoldino. In proposito, anche l'esperienza di Giovanni Cesone è molto indicativa. Peraltro, negli anni della vecchiaia, pur mantenendo sempre viva la riconoscenza verso il Fondatore, Tessitore non mancò di rimarcare il ruolo svolto da Fra Leopoldo, come risulta dalle dichiarazioni che il Presidente ebbe modo di rilasciare al Catechista Cagnetta, nel corso di vari colloqui: " Poiché volevo avere da lui notizie su Fratel Teodoreto, più di una volta, nei nostri colloqui, gli ripetevo le stesse domande, e avevo le stesse risposte. Era sempre nelle condizioni di intendere e di volere, nonostante la sofferenza, anche qualche mese prima della sua morte. Gli domandavo: "Io ho letto certi scritti di Fratel Teodoreto, ma non ne sento parlare. Come mai? Lei ne è a conoscenza? ". E Tessitore mi diceva: "Fratel Teodoreto, per il fatto di aver conosciuto Fra Leopoldo, era, come lui, un assetato dell'Amore di Dio e quindi nutriva il desiderio di conoscere, amare, e adorare Nostro Signore, per poi farlo conoscere, amare e adorare dagli altri. Perché questo è il messaggio essenziale rivolto da Gesù a Fra Leopoldo e quindi anche a me. … Luigi, devo dirti sinceramente che noi, avendo conosciuto personalmente Fr. Teodoreto, non ci siamo preoccupati di chiedergli i commenti agli scritti. C'erano i testi originali, venivano diffusi, per il resto ci bastava la sua presenza fisica. Certo avremmo fatto bene a chiedere a lui il commento! Ne sono dispiaciuto … ma per me, la sua presenza, era più che sufficiente". "E dopo la sua morte?" "…Dopo la morte il suo ricordo è rimasto talmente vivo, in me, che non ho creduto, non ho pensato di approfondire gli scritti di cui tu ogni tanto mi parli. Fai bene ad approfondire la questione, tu che non lo hai visto di persona… " ". ( Luigi Cagnetta ). "Il suo spirito era dentro di me", ripeteva Tessitore. Evidentemente il carisma del Fondatore aveva trovato un valido interprete, il quale a forza di "ruminare" il mistico alimento ereditato dal Fratello, era stato in grado di trasformarlo in una vera e propria forza interiore. Tessitore, forse, non era pienamente consapevole del privilegio di cui aveva goduto, frequentando per così lunghi anni il Venerabile ( 1917-1954 ): se fosse ancora fra noi, alcuni aspetti della storia dell'Unione, che a lui certo apparivano lampanti, oggi potrebbero essere meglio inquadrati e interpretati. Non si può negare, tuttavia, che al centro dell'ideale di Fr. Teodoreto, così come lo ha vissuto Tessitore, la santificazione propria e altrui resti il perno educativo attorno a cui ruota tutta l'opera dell'Unione. Carità generosa La solidità delle convinzioni, non implica certo l'ottusità della mente. Il catechista di Orio, quando si trattava di riportare i tiepidi e gli sconsolati alla Fede, era di mentalità piuttosto flessibile: sapeva presentare l'amore di Gesù Cristo in modo conforme alla sensibilità della persona che aveva di fronte, senza forzare i caratteri. Se un'anima era afflitta, distratta, interamente soggiogata da un pressante problema materiale, non esitava ad intervenire con tutto il peso della sua autorità. "Faceva la carità" in prima persona, non si defilava dietro la porta dell'ufficio, ma evitava accuratamente di apparire come il deus ex machina della situazione; ogni merito, ogni soluzione dei problemi veniva attribuita al "padrone di tutte le santificazioni". Questa carità, realmente disinteressata, era infatti la migliore propaganda che si potesse fare per l'Unione Catechisti. " Il bene compilo pure innanzi al prossimo, ma senza sottrarre la lode a Dio, bensì dirigendola soltanto a Lui, affinché la lode non si fermi a tè e possa salire a Dio solo. Anche se farai cose grandi non rallegrarti, ma offrile a Dio ". ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 25 settembre 1935 ). Quella trascritta da Baiano non è altro che la teoria della "restituzione" di francescana memoria, uno dei capisaldi dell'ascetica cristiana. Tessitore la adattò alle esigenze dei nostri tempi, ma il suo marchio inconfondibile lasciò, tra gli amici e i conoscenti, una scia di ricordi e gratitudine che ancora oggi possono aiutare a comprendere l'umanità del loro benefattore. Paradossalmente la testimonianza forse più viva e sincera della sua carità non proviene dall'Italia, bensì dal Perù, il Paese nel quale, durante gli anni sessanta, si era recato per seguire da vicino l'evoluzione della locale Unione Catechisti. In effetti, una cittadina di quel tormentato Paese, la signora Wilma Huaman Bravo, che lo accudì personalmente nei giorni difficili della sua lunga malattia, ha avuto modo di farsi un'idea precisa della charitas praticata da Tessitore. La sua era una posizione in un certo senso privilegiata: il lavoro, infatti, l'ha obbligata a trascorrere molto tempo a fianco di un autentico "soldato" della Croce e l'impressione ricevutane non poteva non segnare in meglio la sua vita. La donna, assunta come assistente domiciliare, si era lasciata alle spalle, in Perù, una situazione familiare molto difficile e Tessitore, dopo averne ascoltato i dispiaceri, si adoperò per sostenerla sia dal punto di vista spirituale, che da quello materiale. La guidava nella preghiera, si sforzava di farle apprendere l'italiano, le offriva conforto, fede ed amicizia. A lei, come a molti conoscenti, colleghi e confratelli, sapeva comunicare il suo particolare gusto per le cose "ben fatte", ma soprattutto una fede, mai esitante, nel "soccorso" di Cristo. " Per me, l'incontro con questa persona è stata l'inizio di una nuova vita… perché io ho sofferto tanto nel mio Paese. Poi, quando sono venuta qua ( a Torino, dal Perù ), non mi sono trovata bene, ho incontrato molte difficoltà ad inserirmi nell'ambiente di lavoro. Il Dott. Tessitore ha cominciato ad insegnarmi le preghiere in italiano, parola per parola, e il rosario: lo recitavamo tutti i giorni alle cinque del pomeriggio. Lui mi diceva: "porta anche le tue amiche, pregheremo insieme ", ma non potevo farlo perché lavoravano. Aveva un cuore generoso: io gli raccontavo le difficoltà per ricongiungermi a mio figlio, rimasto nella sua terra di origine, il Perù, senza il padre: lui ci aveva lasciati, non si poteva più contare sul suo aiuto. "Non ti preoccupare - ribatteva il Dott. Tessitore - domani prendo tutta la documentazione e vado fino a Roma!" In quei momenti non era pienamente lucido, non si rendeva conto della gravita delle sue condizioni di salute e delle sue effettive possibilità. Era la volontà, che lo faceva parlare così. Il suo interesse per gli altri. Mi ha aiutato a trovare la "pace " di cui parlava sempre. Per me si è trattato di un vero e proprio cambiamento. Parlava sempre della Vergine Maria, diceva: "Preghiamo la Madonna, rivolgiti alla Madonna, raccomanda le tue pene a Lei, e vedrai!". Quante volte capitava che la notte si svegliasse con l'intenzione di recarsi a Messa o alla Casa di Carità: "Andiamo - esclamava - ci sono tante cose da fare! " Solo dopo qualche minuto si rendeva conto di non poter riuscire a scendere neanche le scale. … Il suo esempio mi ha dato la forza necessaria ad andare avanti, perché la sofferenza e 'è, ma non bisogna lasciarsi andare ". ( Sig. ra Vilma Bravo Huaman ). Memore dei disagi patiti in gioventù, Tessitore non aveva alcuna difficoltà a calarsi nei panni delle persone meno fortunate e, al fine di trovare una soluzione radicale e definitiva ai problemi, non esitava a sfruttare con cristiana spregiudicatezza risorse e conoscenze di "alto livello". Si contano, del resto vari episodi, che rivelano in maniera efficace le qualità non comuni di un uomo che metteva in gioco pubblicamente il suo nome, la propria onorabilità, nell'intento di aiutare le persone più esposte alla miseria e, quindi, a scelte di vita potenzialmente esiziali. Il Catechista Cagnetta, in proposito, conserva dei ricordi molto significativi: " Io conoscevo una coppia di sposi, che stava andando alla deriva. Lui, per motivi di salute, non riusciva più a gestire la rivendita di vini con cui si manteneva; una grave affezione polmonare gli impediva, ormai, qualsiasi sforzo. E questo incideva sulla vendita, aveva pochi clienti. A casa la situazione era diventata critica: incomprensioni, minacce, insulti …. La moglie, che da giovane aveva interrotto gli studi dopo il terzo anno di scuola media superiore, era disoccupata. In quel periodo mi chiamarono per fare da padrino al battesimo della loro primogenita. Fu allora che decisi di ricorrere al dottor Tessitore, e gli dissi: "se non troviamo un lavoro per la moglie, qua finisce male". Tessitore telefonò al dottor Moccia, che allora era dirigente FIAT, gli espose il caso. La questione venne risolta nel giro di un mese. La dovevano impiegare come dattilografa, ma lei non aveva mai adoperato una macchina da scrivere! Così le prestai la mia macchina ed un manuale per fare pratica… il giorno della prova tutto andò per il meglio e la donna ottenne l'impiego. Grazie alla comprensione del dottor Tessitore, la situazione di questa famiglia, era decisamente migliorata … dopo qualche anno anche il marito venne assunto alla FIAT ". ( Sig. Cagnetta ) La pratica della carità non era mai disgiunta da una profonda comprensione dei caratteri. Anche le persone dotate delle migliori intenzioni ( genitori, insegnanti … catechisti! ), soprattutto se esasperati dagli sforzi necessari a curare i difetti altrui, possono trascurare le reazioni nefaste di un orgoglio ferito: cocciutaggine, scoraggiamento, cinismo. Eppure, talvolta, basta una minima attestazione di stima, per "sciogliere" i cuori più duri. Tessitore "maneggiava" i suoi interlocutori, specie se giovani, con molta cautela; alla via diretta, ma fin troppo facile della coercizione ( "bisogna farlo perché lo dico io" ), preferiva quella faticosa e usurante dell'educazione, forma colta, ma non per questo meno importante, di charitas cristiana. " Profondo conoscitore di persone, ma soprattutto di ragazzi. Prendeva ognuno di noi per il "suo verso ". Anche con me, che da piccolo ero ribelle, insofferente alle imposizioni si rivelò un raffinato psicologo. Tessitore riusciva a guidarmi, e a condurmi dove voleva. Aveva una sensibilità eccezionale, e una delicatezza… È stato lui ad insegnarmi a fare il chierichetto. Io non ricordo di essere mai stato offeso da mio zio, che mi abbia mai detto una parola in grado di ferirmi. Aveva la vocazione del grande educatore che manifestava nei fatti più banali. A Natale, il suo regalo di rito, per i nipoti, consisteva nei libri, libri per ragazzi. Sapeva scegliere bene, in modo attento e oculato, per ognuno sceglieva il libro adatto. Per le sorelle selezionava libri adatti alla cultura e alla psicologia femminili… ". ( C. Civalleri ). La missione educativa era un settore fondamentale del suo personale "progresso nella virtù" ( Fr. Leopoldo ). Si dona solo ciò che si ha e Tessitore donava a piene mani le sua "scienza religiosa". Quando era infermo, su una poltrona, e il parroco di S. Agnese veniva a portargli la Comunione, sentendo il sacerdote lamentarsi per la carenza di personale disponibile all'insegnamento del catechismo, si rammaricava di non potersi più rendere utile come una volta. Il pensiero di non riuscire ad onorare i suoi obblighi di catechista proprio lì, nella parrocchia del suo quartiere, lo angustiava profondamente: "Oh, potessi ancora camminare, anch'io potrei insegnare religione. Verrei io!" ( Sig. Leandro Pierbattisti ). Questo senso del dovere "cristiano" traspariva nelle circostanze più banali, rivelando ai novizi dell'Unione l'avvenuta assimilazione della lezione di Fr. Teodoreto: "predicare con l'esempio e la parola" per "permeare di spirito cristiano la società" ( Quaderno 3°, pag. 45 ). La vita e la Parola fuse insieme… giorno dopo giorno, istante dopo istante. Una tale costanza non lasciava indifferenti: " Per tutta una vita ho conservato l'impressione del primo incontro. Giovialità contenuta: nei suoi interventi era sempre giusto, obiettivo. Non si lasciava trasportare dai sentimenti personali. Pacatezza e controllo di sé, ed uno spirito vivace. Una persona retta, pulita. Le cose che faceva spingevano alla riflessione e all'azione ". ( Sig. Albino Baiano, cat. associato ). " Tra il parlare di cose profonde e il parlare di cose allegre …tra i temi profani e quelli spirituali, direi che non c'era una soluzione di continuità: la preghiera permeava completamente la sua vita. Raccoglimento e orazione gli erano naturali: gli veniva spontaneo passare dalle cose di tutti i giorni a quelle più elevate. Era profondo. Ricordo che quando gli chiesi un consiglio per alcune conferenze riservate agli anziani, Tessitore mi invitò a non soffermarmi troppo sul tema della morte. L'anziano, a suo avviso, attraversa momenti di grande tristezza, a causa del progressivo decadimento fisico, e quindi non va afflitto con argomentazioni tenebrose. Mi consigliò di adottare un tono "giovanile", di parlare dell'aldilà con ottimismo, in modo da suscitare la speranza di una nuova vita ". ( Sig. Vacchetta ). A giudizio di Fr. Teodoreto, l'obbligo della "carità fraterna" implicava anche il richiamo, l'ammonimento dei confratelli smarriti. Tessitore onorava questo impegno con la massima discrezione, biasimando, ove necessario, i comportamenti, non le persone. Talvolta, nei colloqui privati col catechista Cagnetta, azzardava qualche commento sull'operato dei catechisti, ma in modo benevolo, mai sprezzante: " Lui non giudicava gli altri, ma essendo stato Presidente dell'Unione per un trentennio, aveva sviluppato un grande fiuto per il futuro e sapeva vedere lontano. Io col passar del tempo gli ho dovuto dare ragione. Anche perché mi parlava di tutto ciò senza giudicare, in positivo o in negativo, nessuno. "È il mio punto di vista" - mi diceva - "guarda … poi verifica" quindi, sotto questo aspetto, era anche un galantuomo. Non ha mai detto: "Le cose stanno così! " ma: "verifica ". Più onesto e sincero non poteva essere … ". ( Sig. Cagnetta ). Come Cesone e Demaria ( ed altri Catechisti della vecchia guardia ) aveva volontariamente rinunciato all'automobile, pur possedendo, a livello personale, mezzi e titoli bastevoli per permettersi una limousine col rispettivo autista. Viaggiava in tram poiché "considerava l'auto un bene di lusso che, specie negli anni della presidenza, mal si confaceva al suo status di laico consacrato" ( Sig. Pierbattisti ). Tuttavia non si sognò mai, neanche lontanamente, di far pesare questo fatto su parenti e confratelli. Anzi, in una particolare occasione, non esitò ad aiutare il nipote Claudio ad acquistare la prima auto che il giovane, essendo agli inizi della carriera, non poteva ancora permettersi. " Un giorno - era un sabato di primavera - mi invitò a casa sua e, parlando del più e del meno, mi disse: "mah, se tu avessi la macchina potremmo andare all'Abbazia di Vezzolano… ". "Non ho ancora i soldi per comprarmela - risposi - aspetta qualche mese, magari riesco a metterli da parte ". Al che replicò: "Quanto ti manca?". Saputo che mi mancavano 250000 lire, circa la metà dell'intero costo dell'auto, decise di darmi una mano. Non disse:" ti presto i soldi", ma "tè li do io". Di fronte alle mie resistenze lo zio, che intuiva le ragioni del mio orgoglio, mi rassicurò: "non ti preoccupare, quando avrai i soldi, se vorrai, me li potrai restituire". A quel punto accettai, promettendogli di onorare il mio debito nel giro di quattro mesi. In verità non riuscii a saldare i conti nei tempi previsti… eppure, quando gli resi i soldi, lui li accettò solo per non offendermi. Aveva capito che ci tenevo a saldare il debito, che non volevo abusare della sua generosità ". ( C. Civalleri ) Nei rapporti di amicizia imponeva la sua presenza con un eloquio fluente e la battuta sempre pronta, a ciò, però, si univa un'innata sensibilità, che lo disponeva all'ascolto: da una parte desiderava comunicare le sue conoscenze e i suoi interessi ( si pensi al canto gregoriano ), ma dall'altra aspirava anche a scoprire e assecondare quelli altrui. Al fine di cementare conoscenze e rapporti, che la cortesia puramente formale poteva solo soffocare, cercava occasioni e pretesti per esprimere agli amici stima, approvazione, incoraggiamento: Tessitore, da buon contadino, curava con grande affetto le "piante" del suo orticello, badando a non calpestarle. Su di esse investiva tempo e denaro. " Come ci teneva, quando ricorreva il mio onomastico, a farmi gli auguri. Se ne ricordava sempre: il 21 giugno, festa di S. Luigi Gonzaga. Era puntuale! Non so se lo abbia fatto con gli altri. Quando aveva qualche cosa di buono in serbo amava "spartirlo" con gli amici. …In virtù dell'amicizia che ci legava, siamo andati una volta in vacanza a Bordighera: là si trovava un Collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane, dove io e lui, dopo un viaggio in macchina, siamo stati ospitati. Anche lì, ha dimostrato, di saper indovinare, conoscendo le abitudini regionali, i gusti degli amici: può sembrare un fatto di secondaria importanza, ma non lo è. Questo succedeva perché lui intendeva sfruttare tutti gli espedienti possibili e immaginabili per entrare in sintonia col prossimo. Un giorno mi disse: "Andiamo sul colle … - adesso mi sfugge il nome - così giriamo un po', ci facciamo una passeggiata… "; poco dopo ci fermammo in una piazzetta di Bordighera Alta e mi disse: "Aspettami". Entrò in un negozio, acquistò dei fichi freschi, e me li portò nel cartoccio. Dico: "Mah… dottor Tessitore… " "Non vorrai dirmi che a voi meridionali non piacciono i fichi?" … Insomma, non voleva prendere per la gola chi gli stava accanto, quasi a suscitare una sintonia forzata, ma desiderava allargare il campo delle cose condivise, per creare un'amicizia più profonda, più vasta, che non comprendesse solo le faccende strettamente spirituali, ma anche gli interessi culturali e i momenti di svago. Si parlava di arte, si parlava di musica… anche perché la musica gli piaceva e io mi trovavo a mio agio; questi erano anche i miei interessi preferiti … Poi dimostrò una grande attenzione nei miei confronti, quando approfittò di una particolare occasione per donarmi un'opera in due volumi ( assai costosa ) intitolata "Il commento ai Vangeli. " Sono due volumi che io consulto ancora con grande profitto. C'è un'esegesi e un'interpretazione dei Vangeli che conservano tuttora la loro validità ". ( Sig. Cagnetta ) Tessitore riservò sempre una grande attenzione alla formazione culturale di novizi, catechisti e … nipoti. Un antico detto monastico recita: "una casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria". Ovviamente, il defunto Presidente non ambiva, certo, a forgiare una specie di catechista bibliofilo. Lo preoccupava, semmai, la confusione che serpeggiava in molti ambienti cattolici e, come Fr. Teodoreto, si sentiva chiamato a "rischiarare", in primis, le anime dei suoi sodali. Anche questo era un aspetto qualificante del suo modo, organico e integralmente cattolico, di fare la carità. Malattia e calvario La generosità di Tessitore fu messa a dura prova da eventi che sfuggivano completamente al suo controllo; fatto dolorosamente nuovo e inatteso per un uomo abituato a organizzare rutti i suoi impegni con ferrea meticolosità. Intorno al 1989 cominciò ad essere afflitto da una serie impressionante di malanni: nel complesso quel calvario durò sette anni. Tutto ebbe inizio quando, dopo una rovinosa caduta, avvenuta in casa, fu ricoverato in ospedale in seguito alla rottura del femore. Per un camminatore come lui, la diminuita capacità motoria, era un fatto molto difficile da accettare. Da quel momento la sua autonomia di movimento, in casa come in città, non fu più la stessa. Il suo carattere autonomo e indipendente ne soffrì parecchio. La caduta si era verificata di domenica: Tessitore era solo nella sua abitazione. La signora Bronzino, la donna che lo assisteva dal 1954, da quando, cioè, era deceduta Caterina ( la sorella non sposata che viveva con lui ), si trovava a S. Ambrogio, in Val di Susa, presso alcuni familiari. Erano molto rare le sue assenze, ma si sa … le disgrazie non arrivano mai sole. Tessitore, dopo l'incidente, rimase per molto tempo disteso sul pavimento, immobilizzato, privo di qualsiasi assistenza. Il caso volle che fossero fuori città anche i vicini, ragion per cui era perfettamente inutile invocare a gran voce il loro aiuto. In qualche modo Tessitore riuscì a trascinarsi al telefono per chiamare i cugini di Orio che accorsero immediatamente, provvedendo a ricoverarlo presso l'Ospedale Mauriziano. Dopo l'operazione, gli venne applicata una protesi alla rotula. La signora Bronzino era troppo anziana ormai, per recarsi tutti i giorni all'ospedale. Furono perciò i confratelli catechisti, coadiuvati dal nipote Claudio, a occuparsi della sua assistenza medica, in particolare il signor Rollino, attuale Presidente dell'Unione Catechisti, ebbe frequenti contatti con i medici e seguì da vicino i trattamenti e le cure a cui veniva sottoposto il paziente. Una volta tornato a casa, Tessitore, dopo un periodo di riabilitazione, riuscì, in qualche modo, a ritornare in posizione eretta. Sebbene la protesi lo costringesse a incedere in modo faticoso e stentato, non si perse d'animo: anzi, una volta dimesso, riprese ad uscire tutte le mattine per recarsi in chiesa, come faceva, ormai, da una vita. Purtroppo, le sue tribolazioni erano appena cominciate, quasi che un destino beffardo volesse prendersi gioco di lui: ben presto, si verificò la seconda caduta, all'aperto, proprio nei pressi della chiesa intitolata alla Madonna del Buon Consiglio, il luogo di culto che il Catechista, data la vicinanza con l'abitazione di via Bicocca, ultima sua residenza, frequentava con grande assiduità da molti anni. Avevano potato gli alberi senza curarsi di rimuovere i rami caduti sul marciapiede, e Tessitore vi era inciampato: si ruppe, purtroppo, anche l'altro femore. Certe disgrazie sembrano ordite da un dio dispettoso e crudele: solo la Fede, in questi momenti, libera gli animi da quella disperazione cinica e rancorosa che tante volte opprime gli anziani tribolati dal peso di una vita "invivibile". Tessitore, invece, mantenne intatto il suo buon umore: non era una posa da eroe, ma il frutto di quella "pace" interiore, alimentata nella preghiera, che seppe infondere anche in chi lo accudiva. Questa volta la degenza fu lunga e tormentata: dopo il ricovero subì un altro intervento, nel corso del quale gli vennero inseriti dei chiodi nell'osso. Purtroppo, l'operazione riuscì solo in parte; il femore non si allineò perfettamente. Ben presto la situazione peggiorò: una mattina i chiodi, spostati dalla loro sede, perforarono l'epidermide, provocando un'infezione. I medici che avevano eseguito l'operazione non osavano rimuovere i ferri poiché, non essendosi ancora formato il callo osseo, c'era il rischio di un nuova frattura. Tessitore, ormai, era costretto all'immobilità assoluta. Gli ultimi tre anni di vita li trascorse confinato in casa, prigioniero dei suoi malanni. Questo domicilio coatto fu interrotto da nuovi ricoveri: al S. Camillo per la riabilitazione, alla clinica S. Paolo, per l'asportazione dei chiodi, poi ancora alla clinica Bertalazona di S. Maurizio Canavese e al Gradenigo. Ma Tessitore era afflitto anche da altri disturbi: febbri, infezioni polmonari, affezioni croniche di varia natura ecc. In ospedale, durante il lungo calvario dei trattamenti terapeutici, una delle sue maggiori preoccupazioni riguardava l'assistenza del cappellano, per la Comunione. Ritornando a casa, era sempre accompagnato dallo stesso assillante pensiero: continuare a ricevere il Corpo di Cristo. Se dopo la prima caduta poteva ancora recarsi alla vicina chiesa del Buon Consiglio, ora non era più in grado di farlo. A questo punto fu il sacerdote della vicina S. Agnese, che, invertendo il tradizionale percorso del Catechista, prese a visitarlo quotidianamente per offrirgli l'ostia consacrata. Per il resto, Tessitore non si limitava a nutrire lo spirito: nei limiti del possibile cercava anche di mantenere in forma l'intelletto. " Secondo le sue possibilità fisiche si teneva sempre occupato, attivo, anche nei mesi della sua infermità, e non si lasciava mai andare ". ( Leandro Pierbattisti ) " Negli ultimi anni della sua vita avevo ripreso i contatti con lui, ormai malato, e notavo come avesse conservato lo stesso spirito di mezzo secolo prima, e cioè una grande religiosità unita ad una disponibilità sempre pronta verso il Signore. Aveva pure mantenuto la sua ironia saggia e bonaria, il suo senso dell'umorismo. Non era un uomo cupo o "musone", ma era animato da una sana e incoraggiante arguzia, con la quale sdrammatizzava le situazioni difficili … Non l'ho mai sentito lamentarsi della sua malattia, ha sempre mantenuto una grande serenità. Anzi, dirò di più: quando andavo a visitarlo in casa o all'ospedale, come tutte le persone sane che avvicinano un ammalato, entravo nella sua camera con una certa angoscia; eppure, dopo l'incontro, uscivo completamente rasserenato. La stessa impressione l'ha avuta mia moglie. Andavamo a trovare un malato, una persona sofferente, e ne uscivamo confortati ". ( Ing. Michele Bertero ) Pur essendo in condizioni veramente deprimenti, a chi lo visitava nell'angoscia, sapeva trasmettere la "quiete" dello spirito, qualità distintiva, un tempo, dei monaci più avanzati nel "progresso della virtù". Eppure, negli anni della vecchiaia, Tessitore aveva conosciuto momenti di grande sconforto. La notizia della morte dell'ultima sorella, ad esempio, ebbe su di lui una grave ricaduta, sia a livello morale che fisico. Probabilmente sperava di sopravvivere almeno ad una delle sorelle. Peraltro, tra i familiari del defunto Presidente girava una voce secondo la quale Fratel Teodoreto aveva predetto al Catechista che la famiglia Tessitore si sarebbe estinta il giorno della sua - di Carlo - scomparsa. La sorella Anna lo ripeteva spesso e i fatti le diedero ragione. Prima morì il padre, poi la madre, quindi le sorelle fino all'ultimogenita, e infine lui, il primogenito. La famiglia Tessitore, in effetti, si è estinta con la morte di Carlo. " Sono stato tante volte in punto di morte " - diceva ( riferendosi specialmente alla "spagnola" che negli anni '10, oltre a infettarlo, aveva mietuto migliaio di vittime ) - però non aveva mai pensato che sarebbe arrivata la sua ora, fino a quando non è mancata mia mamma ( Anna ), l'ultima sorella. Quando è arrivato il momento, però, non si è fatto prendere dallo sconforto, ha atteso la morte in piena consapevolezza. Io non ho mai visto una persona spirare così serenamente, e soprattutto nessuno così preparato ad affrontare la "buona morte ". Lui mi diceva sempre: "Aspetto la cartolina di Nostro Signore, aspetto la Sua chiamata". Lui, pensando ai militari di leva, la chiamava "cartolina". Nel corso delle varie malattie che lo hanno afflitto prima che mancasse mia mamma, ripeteva questa frase: "Non è ancora arrivata l'ora della cartolina". Quando invece è morta anche Anna, non ha più usato questa espressione. Probabilmente ricordava la predizione di Fr. Teodoreto. Tutti gli anziani hanno il terrore della morte. Lui no: l'attendeva, come il passaggio ad una vita migliore. Negli ultimi tempi diceva: "Ma che cosa sto a fare qua? Sono inutile. Non servo più a nessuno, non riesco più a fare niente, sono bloccato qui… ". Eppure, quando io andavo a visitarlo oppresso da problemi di famiglia o di lavoro, che magari cercavo di non far trapelare, io ne uscivo comunque rasserenato e rafforzato nella determinazione ad affrontare le mie difficoltà. Quindi non è vero che non fosse utile, lo era ancora, aveva un suo ruolo. L'unica cosa di cui aveva timore era il giudizio, dell'aldilà. " Diceva: "Speriamo che Nostro Signore non sia troppo severo, con me. " Per lui la morte era una liberazione, un risorgere ad una nuova vita, un qualche cosa di naturale come il passaggio delle stagioni ". ( Claudio Civalleri ). La signora Vilma Huaman Bravo, l'assistente peruviana alla quale abbiamo già accennato, si alternò alla signora Dolgitta, nell'assistenza all'anziano catechista. Nei suoi ricordi Tessitore non è "uno dei tanti", uno di quegli anziani spesso altezzosi e indisponenti che si lamentavano del suo cattivo italiano. Rappresenta semmai un punto di svolta nel difficile cammino che la portò ad inserirsi in una società completamente nuova e spesso ostile. Le sue parole hanno un valore speciale. " È stato forse Dio che mi ha aiutato a trovare questa persona, mediante il signor Rollino, che stava cercando qualcuno in grado di assistere il Dr. Tessitore, ormai non più autosufficiente. Quando sono arrivata io, ho trovato una persona molto affabile: ispirava un senso di familiarità fin dal primo sguardo. La sua presenza mi dava la sensazione di una cosa "bostra", ossia familiare, naturale, come se l'avessi già conosciuto prima. Il suo viso, il suo atteggiamento ti infondevano fiducia; il largo sorriso, che disegnava leggeri solchi sulle guance e gli zigomi, era schietto, sincero. Assistevo Tessitore dall'una del pomeriggio fino alle nove del giorno dopo. Grazie a lui ho imparato tutte le orazioni più importanti ( in italiano ): è lui che mi ha insegnato il Padre Nostro, l'Ave Maria, Ti Adoro, le preghiere del mattino e della sera. Quando pregava, meditava. Aveva la finestra volta verso la collina e mentre pregava guardava fuori, l'orizzonte, e dava l'impressione di parlare con qualcuno. Io non avevo quella forza. Diceva poche parole, concise e serene: "Metti in pace il tuo cuore". Era animato da una grande voglia di vivere, di impegnarsi per qualcuno e di mantenersi attivo. Ha sempre conservato il suo spirito fresco, giovane, brillante e moderatamente ironico, senza sarcasmi. Col suo sorriso da bambino sapeva rispondere a tono, con battute spiritose. Non voleva far pesare a nessuno la sua condizione di malato, e, quasi si sentisse in colpa, mi diceva spesso: "Mah; che umiliazione, che lavoro umiliante fai! ". Credeva che per me lavargli i piedi fosse un 'umiliazione. Non si lamentava mai di niente, neanche se sentiva dolore. Per me è un santo … forse non lo dimostro coi gesti, ma, nella mia mente, lo penso. Non vado al cimitero, non gli porto i fiori … forse per mancanza di tempo, mi piacerebbe farlo… però nel mio cuore è sempre presente ". ( Vilma Huaman Bravo, assistente ) Soffriva molto a causa della malattia, ma era logorato, soprattutto, dall'immobilità forzata e da altri disturbi che lo tormentavano fin dalla gioventù. Di fronte a trattamenti indubbiamente dolorosi ma necessari, insisteva col dire: "Non mi fa male, non mi fa male". Fino alla fine ha cercato di convincere amici e parenti di questa sua presunta insensibilità, ma la realtà era ben diversa. A volte erano evidenti i suoi sforzi per celare la rabbia e il dolore provocati da malanni che oltre a tormentarlo, ferivano la sua dignità. Quando la signora Wilma, durante queste crisi, accorreva al suo letto, lui la interrogava: "Ma cosa hai fatto, per meritare questa vita? " Alla bella età di 92 anni, malato e non autosufficiente, arrivava persino a rassicurare l'assistente, quando quest'ultima si mostrava preoccupata per la sua eventuale intolleranza ai trattamenti piuttosto invasivi che, suo malgrado, doveva eseguire. Il dolore non era l'unico protagonista delle sue giornate: la mente, spesso, si annebbiava, facendogli perdere la cognizione del tempo e riportandolo ai tempi eroici della Casa di Carità, quando, insieme alla "vecchia guardia" dei Catechisti, si affannava a pagare conti, organizzare ritiri e stilare relazioni. Una testimonianza indiretta, questa, della sua insopprimibile e contagiosa "voglia di fare". " A lui piaceva pregare, parlare della Chiesa e della Casa di Carità. Diceva: "Devo andare a lavorare, devo andare in ufficio, devo fare qualcosa…". Si alzava al mattino, e poiché non ricordava nulla, diceva: "devo compilare tante documentazioni! " Ma ormai era anziano e malato. Parlava anche di Fratel Teodoreto, sognava di vederlo beatificato. "Vorrei fare tante cose, ma mi sento impedito" diceva. Durante il giorno stava seduto a leggere, a scrivere o a pregare. Meditava passi della Bibbia o leggeva il Breviario e poi mi diceva: "Porta le tue amiche, facciamo un gruppo di preghiera, recitiamo il rosario! …Metti in pace la tua vita, prega… preghiamo". Mi ha aiutato tanto: la sua pazienza, la sua fede, hanno segnato un cambiamento nella mia vita ". ( Sig.ra Vilma Bravo Huaman, assistente ) I suoi giorni erano scanditi dalla recita del Rosario e dell'Adorazione. Quando il dolore tornava a sfidare la sua "tempra d'anima", come la chiamava Fr. Teodoreto, il buon "soldato" negava o minimizzava: "No, no… ho poco male". Il giorno precedente alla sua morte, ebbe ancora la forza di accettare di buon grado un dono del Catechista Cagnetta. A poche ore dal decesso era ancora perfettamente lucido e presente a sé stesso; dopo una prima esitazione - "Non è più il caso …" - con uno sforzo di volontà si impose di accettare il dono: "E va bene lo gradisco". Desiderava portare la Croce in silenzio, anche per non far soffrire le persone che gli erano care. Carlo Tessitore lasciò questo mondo la mattina del 2 ottobre 1995, nelle stesse ore in cui solitamente si alzava per recarsi a Messa. " È mancato con una serenità eccezionale. Io l'ho visto la sera prima che morisse, era ancora cosciente; gli ho chiesto come stava - era già molto provato - e lui mi ha guardato con un flebile sorriso, come per dirmi: "Eh.. lo vedi anche tu come sto! Sono alla fine ". Nel corso della notte entrò in coma, per spirare nelle prime ore del mattino successivo, all'alba, verso le sei ". ( Claudio Civalleri ). La signora Huaman, l'ultima persona a vederlo in vita, restò molto affezionata al suo ex assistito e continuò a ricordare il suo esempio di cristiana fortezza, specie durante le avversità, anche molto dure, che dovette affrontare negli anni successivi. La sua mente aveva ormai stabilito una sorta di nesso logico tra il "saper soffrire" e la figura del catechista: l'uno richiamava immediatamente l'altra. Il seme gettato da Tessitore, evidentemente, non era caduto sull'arida roccia. " Io ho subito un incidente molto grave: i medici pensavano che sarei diventata invalida, che non avrei camminato mai più. In un primo momento ho provato una gran rabbia contro il mondo intero… non volevo più vivere. La mia vita, da quando era morto il signor Tessitore, aveva preso una brutta piega. Ma non era finita. Un giorno, durante la convalescenza, ho fatto un movimento scomposto e mi sono detta: "questa volta ho combinato un guaio ". Il giorno seguente mi dovevano visitare i medici per dirmi cosa era successo … ero disperata. Quella notte ho pregato tanto: ho pregato il dottor Tessitore, e, per intercessione sua, Fr. Teodoreto, e perfino Padre Pio. Terminata la visita i medici mi hanno tranquillizzata. Quell'osso che dava l'impressione di essere fuori posto, sembrava, invece, avere assunto una posizione più corretta. Per me questo è stato un miracolo. Pensavo di aver compromesso la stabilità dell'osso e invece …. È stata una grazia, adesso cammino, avverto ancora dei dolori, ma cammino! I dottori me l'hanno detto chiaramente: "Guardi, è già tanto che lei cammini!" ". ( Vilma H. Bravo ). Aldilà delle considerazioni personali che ciascuno di noi può fare in merito a certi eventi, resta comunque notevole e profonda la "traccia" spirituale lasciata dal Dr. Tessitore nella vita e nella memoria dei suoi conoscenti. Alla luce di questo fatto, il suo stile di vita resta, dunque, un prezioso modello di testimonianza per chiunque si riconosca negli ideali di vita proposti da Fr. Teodoreto e Fr. Leopoldo. Un vero Catechista del Crocifisso, infatti, non si accontenta di lasciare dietro di sé cumuli di parole o carte bollate: pretende, innanzitutto, di migliorare il mondo con un'azione riflessa che Tessitore aveva ben compreso: "santifichiamo noi stessi - diceva - affinché in noi siano santificati i nostri fratelli, … se vogliamo che vincano gli altri, vinciamo noi stessi". Una simile opera d'apostolato, geniale e semplice allo stesso tempo, comporta uno sforzo, per molti versi, sovraumano, tale da richiedere un aiuto soprannaturale. Non per niente le Regole e le Costituzioni dell'Unione si configurano come un "trattato di cooperazione alla grazia". Tessitore, in vita come in morte, ebbe la costanza di non rompere mai quella cooperazione, di non "contristare" mai lo Spirito Santo: ecco spiegata quella profonda "serenità" che egli sapeva comunicare, persino nell'ora dell'agonia, agli amici, ai parenti ed in genere a quanti hanno avuto la fortuna ed il privilegio di assimilare qualche particella del suo inestinguibile amore per la Croce. Conclusione Tra i Catechisti della "vecchia guardia", Carlo Tessitore è forse quello che più ha inciso nello sviluppo e nell'espansione dell'Unione Catechisti. La sua lunga Presidenza ha lasciato un segno profondo nella storia dell'Istituto, ma questo successo non può essere colto nella giusta prospettiva se non ritornando alla natura della pia Unione. Se rileggiamo i "Pensieri sulle Regole" del 1949, notiamo come, fin dalle primissime righe, vengano messi in evidenza due "tratti caratteristici", apparentemente opposti: integrità e pieghevolezza. L'Unione è, infatti, un gruppo di laici consacrati, vincolati ai consigli evangelici, che, "come il lievito nella pasta", aspira a fermentare le masse dei laici ( ormai affette da un cronico agnosticismo ), con una vita religiosa la cui integrità, nel mondo secolare, dovrebbe essere amplificata da una grande flessibilità operativa: ossia, "una pieghevolezza nell'adattare i mezzi di santificazione alle diverse condizioni sociali dei suoi mèmbri". C'è, dunque, un paradossale ma proficuo rapporto di competenze, sfruttato in maniera geniale da Fr. Teodoreto, tra l'integrità della vita cristiana e la flessibilità dei mezzi e delle condizioni sociali. La prima trova il suo volano nella seconda. Questa flessibilità, che ricorda da vicino la furbizia e la scaltrezza suggerite ai suoi discepoli da Cristo, è "retta", ovvero ordinata alla gloria di Dio, proprio perché è limitata ai mezzi dell'apostolato e non inficia la dottrina che ispira le Regole e, quindi, la condotta di vita dei membri. Strumenti flessibili, ma vita integrale. La limpida concezione di Fr. Teodoreto, come già spiegato altrove, rischiara "il secolo della confusione" mettendo ogni cosa al suo posto. L'integrità riguarda la vita religiosa, la flessibilità riguarda i mezzi della sua promozione, non viceversa! C'è, quindi, una fondamentale gerarchia di ruoli che si instaura tra il pragmatismo degli operai chiamati a realizzare il progetto e l'immaterialità degli obiettivi finali perseguiti dal progetto stesso: " Era la sete di Dio che veniva acuita e soddisfatta allo stesso tempo, era il problema centrale della vita che veniva affrontato insieme con tutti gli altri, i quali restavano però in sott'ordine ". ( Fr. Leone di Maria, "Fr. Teodoreto", pag. 244 ). La parabola esistenziale di Carlo Tessitore, autore del giudizio sopra riportato, è la prova provata della realizzabilità dell'ideale di vita proposto ai laici da Fr. Teodoreto. Pensiamo all'isolamento in cui spesso si ritrovò il Fratello, pensiamo alle perplessità di quanti lo consideravano fautore di una sorta di utopia cristiana, smentita dalla durezza di una società competitiva e tecnocratica. Ed ora, torniamo con la mente al suo figlio spirituale, a Carlo Tessitore, laureato, dirigente di banca, personalità nota per i suoi contatti ad alto livello. Davvero un bel salto di qualità: dall'ipotesi alla realtà. Il "cristiano integrale" compiutamente inserito e operante nella società moderna non è una favola. Se i fondamentalisti protestanti ( pensiamo agli amish ) sono obbligati a creare dei mondi a parte per realizzare integralmente il loro stile di vita, se i fondamentalisti islamici, anche i più pacifici, sono obbligati ad estraniarsi completamente dai meccanismi della civiltà moderna per riaffermare l'antica legge islamica, all'opposto il "cattolico integrale" ( vincolato tanto ai precetti, quanto ai consigli della vita evangelica ) può realizzare la propria santificazione nel cuore della civiltà industriale. Il progresso, cioè, trasforma la zappa in trattore, il banco dei pegni in sportello telematico, ma non cambia di "uno Iota " la legge di Dio che plasma il cuore dei convertiti col fuoco dello Spirito, indipendentemente dai contesti che la Provvidenza assegna a ciascuno di noi. È possibile dirigere una banca o un'azienda, coltivare amicizie e rapporti ai più alti livelli dell'economia e della politica, girare il mondo in aereo come dinamici uomini d'affari, eppure restare fedeli al mandato di Cristo. Il paradosso è solo apparente e il dinamismo di Giovanni Paolo II, insieme custode del depositum fìdei e grande comunicatore, è lì a ribadirlo. La figura di Carlo Tessitore per molti aspetti anticipa lo stile di vita, attuale nei mezzi ma antico nei contenuti, proposto dal regnante Pontefice. Nella dimensione più propriamente culturale, l'apertura mentale di Tessitore ( profondamente cattolica, ossia universale, si pensi all'amore per la musica e la botanica ) ci dimostra ancora una volta quanto sia superfluo l'uomo nuovo promesso dalle vecchie ideologie e come i sogni della ragione, troppo spesso divenuti incubi, siano superati, in concretezza e positività, dalla "nuova generazione" annunciata da Fra Leopoldo e incarnata, tra i tanti, anche da Carlo Tessitore. Se osservata alla luce dei travagli dell'adolescenza, quando il Catechista si considerava, come tanti giovani d'oggi, "psicologicamente disoccupato", la sua maturazione interiore rivela la forza tramante della Croce. Del resto, senza questo polo magnetico dell'umano pellegrinaggio, valido tanto nelle tempeste quanto nelle bonacce della vita, le aspirazioni della gioventù, dopo le prime disillusioni, si perdono nel vuoto desolante della "vanitas vanitatum", proprio perché la persona matura, l'uomo che veramente conosce se stesso, non si accontenta dell'uomo. Vuole molto di più, vuole il massimo, vuole Dio. Ecco cosa significa "acuire la sete di Dio": far conoscere ai ragazzi il desiderio nascosto che cova sotto le fumisterie dello stordimento materialista. È questo desiderio bruciante che rende tollerabile le fatiche della vita. Tessitore ha convertito - secondo quella rettificazione delle pulsioni raccomandata da San Ignazio e appresa nei ritiri spirituali - la naturale ambizione che anima tutti gli uomini e le donne in carriera, nel "santo zelo" predicato da Fr. Teodoreto. Insegnare ad "avere sete di Dio" per riflettere sul mondo l'amore che non chiede nulla, la carità che culmina nella sofferenza dedicata a Cristo, è il compito che Tessitore si è dato e che ha svolto in maniera esemplare. Questa esemplarità è data soprattutto dall'ampiezza della sua azione. "Carità" era intravedere Dio nelle bellezze della natura, esaltarlo col canto gregoriano, presentarlo nel catechismo e nei commenti ai Vangeli donati agli amici, manifestarlo nell'aiuto concreto prestato al giovane senza lavoro ecc. Ma soprattutto "carità" era regalare al prossimo il "desiderio di Dio", l'ardore che consuma tutte le nostre paure e meschinità, permettendoci "il progresso nella virtù". " Fratel Teodoreto, per il fatto di aver conosciuto Fra Leopoldo, era, come lui, un assetato dell'Amore di Dio e quindi nutriva il desiderio di conoscere, amare, e adorare Nostro Signore, per poi farlo conoscere, amare e adorare dagli altri. Perché questo è il messaggio essenziale rivolto da Gesù a Fra Leopoldo e quindi anche a me ". ( C. Tessitore citato da L. Cagnetta ). Pensiamo a cosa fanno e sopportano molti genitori per amore dei figli. Quale molla segreta li spinge, quale forza misteriosa li anima di fronte alle avversità? Non è certo la fredda ed inerte razionalità dell'imperativo categorico kantiano, bensì un fuoco, un amore che scalda e trascina. Ogni mezzo propagandistico atto a suscitare questo fuoco è il benvenuto. Dunque, le grandi realizzazioni pratiche di Carlo Tessitore non possono essere disgiunte da iniziative affini a quelle sostenute per il "Crocifisso del gran ritorno", il cui senso profondo non va ricercato in un antiquato ossequio alle forme del passato, ma in una tenace e radicata convinzione interiore: " Noi dobbiamo trasformare tutta la nostra vita in una immolazione continua a Dio, così come lo fu Gesù Cristo; ecco il nostro sacerdozio " ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 14 agosto 1939 ). Tessitore ritrovò nell'Unione l'ideale sacerdotale a cui aveva dovuto rinunciare da giovane: la Croce divenne la "maestra" di una schola charitatìs eretta in mezzo al mondo moderno col preciso scopo di praticare la verità, la vita e la donazione cristiane in maniera integrale, senza quelle riserve, verso le quali ci inclina il cosiddetto "pensiero debole". La sfida, nonostante le irrisioni di tanti neo-modernisti, fu vinta, sia nel campo dell'interiorità che in quello della professionalità, ossia dei mezzi umani. Tessitore riuscì a dimostrare che il cristiano autentico non è un "pagliaccio", non è la maschera dietro cui nascondere la nostalgia per un vuoto folclore archiviato dalla Storia, bensì il portavoce di un futuro di salvezza. Il suo ottimismo, la sua bonaria ironia, la sua disponibilità all'ascolto aggiungono, a questa volontà di riproporre un cristianesimo senza sconti, l'attitudine del grande educatore capace di introdurre i giovani, con dolcezza e gradualità, alla sequela di Cristo. In questa meravigliosa sintesi risiede il valore di una vita spesa per costruire e diffondere nel mondo una realtà cattolica capace di "rialzare la Croce" proprio laddove si pensava di poterla sostituire con gli idoli del progresso.