Unione/Interv/LPierbat/08_09_01.txt La risposta vocazionale di una vita per la pace Leandro Pierbattisti 1. Invito a riflettere sul significato di vocazione Avvicinandosi la data della nostra Assemblea Generale che, pur non essendo stata ancora convocata, è prevista verso la fine dell'anno 2009, mi è sembrato opportuno proporre, come tema dominante della stessa, il tema della pastorale vocazionale. Vorrei che in quei giorni questo tema venisse esaminato a fondo e in tutte le sue implicanze. La parola vocazione, nel concreto della vita di ogni giorno, ha perso il suo genuino significato per cui parlare di vocazione oggi può apparire un discorso avulso dalla realtà nella quale viviamo. La parola vocazione, e ciò che essa significa, risulta oggi fortemente distorta dal secolarismo, dilagante che l'ha esclusa dal suo vocabolario ed emarginata a pochi ambiti strettamente legati alla sfera religiosa. È importante richiamare a noi stessi il vero senso della vocazione per riapprofondire, come Catechisti, il suo genuino significato così da essere in grado di parlarne, al momento opportuno, nei nostri ambienti di vita, sempre tenendo presente di non disattendere l'invito di Gesù di pregare il padrone della messe che mandi operai nella sua messe. È questo una delle esigenze più urgenti. 2. Riscoprire il valore della vocazione Quando un giovane o una giovane ha incontrato personalmente Cristo e ha scoperto il suo amore, ha fiducia in Lui, ascolta la sua voce, si mette alla sua sequela, disposto a tutto, anche a dare la vita per Lui." La scoperta della vocazione è un obiettivo valido, sebbene oggi sia perseguito meno del passato. In ogni nostro incontro con i giovani e con la gente in genere, non necessariamente dobbiamo parlare di vocazione, ma dobbiamo tuttavia avere sempre di mira il loro incontro con Cristo in un'ottica vocazionale, sia per consolidare le risposte vocazionali già fatte secondo Dio sia per proporre, al momento opportuno, interrogativi profondi sul senso della vita e sul progetto che Dio ha su ogni persona. Non è sufficiente che noi conosciamo esattamente che cosa intendere per vocazione, occorre che anche gli altri, soprattutto i giovani, lo sappiano. Occorre far capire loro che la parola vocazione deriva dal termine latino "vocare" cioè chiamare. Si tratta di una chiamata speciale perché viene da Dio, per farci raggiungere la pienezza di vita nel compimento di una determinata missione. Poiché è Dio che chiama occorre dare una pronta e generosa risposta. Egli ha di mira solo e sempre il nostro bene, per cui assecondando la vocazione raggiungiamo la massima perfezione. Dopo la chiamata alla vita, che riguarda indistintamente tutte le persone, occorre rispondere ad un'altra chiamata di Dio: quella di servirlo in un determinato stato di vita, e così tendere alla santità. Rispondere generosamente a questa sua ulteriore chiamata significa assecondare in tutto la volontà di Dio a nostro riguardo. Ciò comporta il compimento in noi della santità di cui Dio ci vuole arricchire e l'operare per la santità di quanti il Signore ci ha affidato o ci affiderà. Occorre aiutare i giovani, soprattutto, a scoprire il disegno di Dio su di essi facendo loro capire che nel compimento della volontà di Dio realizzeranno al massimo se stessi facendo fruttificare i talenti ricevuti. Molti giovani, ed anche non pochi adulti, non sanno rispondere ai profondi interrogativi che interpellano tutti: Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? … Non avendo risposte chiare a tali interrogativi essi il più delle volte si limitano a vivere alla giornata e a faticare sovente unicamente protesi alla ricerca di un benessere materiale ed economico finalizzato al raggiungimento di piaceri e tranquillità. In tal modo, essi respingono ogni coinvolgimento e responsabilità nei confronti dei fratelli, sotterrando in definitiva i talenti ricevuti e ignorando volutamente le sofferenze e le necessità degli altri. "L'annuncio della essenzialità dell' incontro con Cristo pare, oggi, stroncato dal nascere dell'indifferenza di chi non risponde agli inviti e con il suo disinteresse sembra dire: "senza Dio si vive lo stesso … La religione è spesso considerata una esperienza emozionale e non una forza che trasforma la realtà" In un contesto sociale quale quello indicato, nel quale tuttavia non mancano persone buone e generose, noi Catechisti siamo chiamati ad operare per essere come luce sul monte, come lievito nella pasta e come sale che dà sapore. 3. Il nostro impegno di Catechisti per le vocazioni Nostro compito è quello di operare per la conversione delle coscienze favorendo la risposta alla vocazionale che Dio ha posto e pone nella mente e nel cuore di ogni persona. "Per costruire la nuova civiltà dell'amore siamo chiamati a vivere nel mondo e per il mondo per esserne sale e fermento … per trasformarlo dal suo interno" Non si tratta di indurre gli altri a scegliere il nostro stato di vita, ma di aiutarli a scoprire quale sia la volontà di Dio a loro riguardo. La fede si diffonde con la dinamica dell'incontro e dell'amore, più che con quello del convincimento e del proselitismo. Pur constatando oggi più di un tempo la carenza di risposte vocazionali, è indubbio che Dio non ha smesso di chiamare gli uomini a compiere ciò che veramente è il meglio per ciascuno. Ma purtroppo l'udito di molti si è fatto per l'andazzo o colpevolmente duro, per cui non si ode più la sua chiamata. Spesso attribuiamo la carenza di risposte vocazionali all'ambiente che non le favorisce, alla società secolarizzata da cui sono influenzate molte famiglie. Ma la verità più profonda è quella che purtroppo molti fedeli ritenendo che un maggior impegno di vivere la fede non li riguardi direttamente, ma interessi altri, per questo respingono prontamente ogni proposta di generosità e dedizione come se fosse una pericolosa deviazione. A questo punto chiediamoci: ma è proprio vero che la responsabilità di questa indifferenza religiosa sia attribuibile solo e sempre ai comuni fedeli? Non ci potranno forse essere anche nostre manchevolezze come animatori di comunità: sacerdoti, religiosi, suore, laici consacrati derivanti dallo scoraggiamento e dall'accidia? Siamo davvero luce nel nostro ambiente? Siamo persone che dialogano? Siamo davvero lievito che fa crescere la pasta? Siamo sale che sala e da il sapore: il sapore di Cristo? Qualora, per quanto direttamente ci riguarda, la nostra luce fosse smorta o posta sotto un secchio, qualora non fossimo lievito desideroso di fermentare tutta la pasta, se non fossimo sale che sala e dà sapore, che Catechisti saremmo? Per una efficace riflessione sulla pastorale vocazionale ripensiamo allo spirito con il quale fr. Teodoreto ha pensato e formato i suoi Catechisti e soprattutto a cosa il Signore si attende da noi oggi. Questi interrogativi li pongo in primo luogo a me stesso chiedendomi se non dipenda anche da noi questa aridità di risposte vocazionali. Alla vigilia della nostra Assemblea urge un ripensamento ed una analisi più accurata di questa situazione condotta alla luce dell'amore di Dio, urge inventare strategie nuove, se sarà necessario, non tanto per condannare quanto fin qui è stato fatto ma per trarre nuovi stimoli e chiederci se non occorra e non si possa fare qualcosa di più in questa direzione. Occorre riproporre con rinnovato entusiasmo la sequela di Gesù e farlo in un'ottica mirata alla riscoperta della volontà di Dio sugli altri e su noi stessi. Desidero che i Catechisti di ogni nostra sede si soffermino sugli interrogativi indicati e sugli scritti che, a Dio piacendo, intendo proporvi ancora su questo tema. Vi prego di accoglierli come spunti di riflessione finalizzati unicamente alla santità ed allo sviluppo della nostra Unione nel compimento sempre più perfetto della volontà di Dio e del nostro venerato Fondatore. "Seguire senza riserve Cristo Crocifisso e povero con uno stile di vita casto, è la risposta e l'antidoto sia alla cultura dell'apparire, che all'insidia della mediocrità, dell'imborghesimento e della mentalità consumistica, che oggi anche la vita religiosa talora sperimenta". Questo è quanto ha affermato Benedetto XVI nel suo discorso del 22 maggio 2006 ai superiori generali degli istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, e mi sembra che torni opportuno riportarlo a conclusione di queste riflessioni.