Lettera N° 8

Torino, 1 gennaio 2013

Preghiera - Azione - Sacrificio

Ai Referenti dei Cenacoli di Adorazione - evangelizzazione.

Carissimi,

il titolo di questa lettera, tratto dal motto programmatico dell’Azione Cattolica, l’ho richiamato in questa lettera perché molto si addice alla realtà dei nostri Cenacoli, fondati sulla preghiera di adorazione, sull’impegno di evangelizzazione e sulla disponibilità ad affrontare gli eventuali sacrifici legati a questa nostra missione.

É un piccolo segno di amicizia e di condivisione mantenere vivo questo semplice contatto con voi attraverso le lettere che di tanto in tanto vi faccio pervenire, il cui scopo, come sappiamo, è quello di consentire un fraterno scambio di idee sull’approfondimento della nostra spiritualità e sulla conduzione della nostra missione.

La nostra missione

L’annuncio della salvezza alle persone sfiduciate, disorientate o alla ricerca di un senso da dare alla propria vita, compresi i credenti non praticanti, è la missione che, con l’aiuto di Dio, cerchiamo di portare ispirandoci alla pedagogia di Gesù avanti cercando di imitare la pedagogia di Gesù.

Nei suoi insegnamenti Gesù si rivolgeva soprattutto alle “pecore senza pastore”, affinché potessero trovare in Lui l’orientamento della propria vita e la gioia di vivere nella carità e nella pace.

Volendo imitare l’approccio di Gesù con la gente, teniamo presente che Lui si avvicinava agli altri con carità che si esprimeva attraverso una vicinanza attenta, amorevole e mai impositiva, attuata da un uomo che si definiva “mite e umile di cuore”.

Evangelizzare chi ancora necessita di essere evangelizzato

Il Signore non ci chiede di evangelizzare chi è già stato evangelizzato, ma di rievangelizzare chi ancora è indifferente al suo amore, a cominciare dai battezzati, dimentichi del loro battesimo.

Si tratta di attuare una missione in comunione con gli orientamenti del parroco e con gli altri collaboratori della propria parrocchia.

Nel noto miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci operata da Gesù, essendo molte le persone da sfamare, possiamo ipotizzare che i discepoli cominciassero a distribuire i pani e i pesci moltiplicati a quelli della prima fila.

Quelli delle file successive non restarono tuttavia senza mangiare, perché gli Apostoli, pur non potendo avvicinarsi loro a causa della ressa, continuarono a distribuirli a quelli della prima fila che a loro volta li passavano dietro.

Se questo non fosse avvenuto quelli della prima fila si sarebbero saziati, mentre gli altri sarebbero stati costretti a digiunare.

Analogamente accadrebbe qualora dei cristiani fossero unicamente protesi a nutrirsi di “Gesù Via, Verità e Vita”, dimenticandosi dei fratelli indifferenti a Dio che forse inconsciamente, lo ricercano, ma che spesso giungono al termine della loro esistenza terrena prima di aver conosciuto ed esperimentato il suo amore.

È più facile evangelizzare chi è già evangelizzato, ma tale comportamento è imperfetto, perché non scaturisce dalla piena comunione con i fratelli, perché trascura le membra del corpo di Cristo che ne hanno più bisogno, mentre Gesù è morto sulla croce per salvarle tutte.

Formarsi per formare

Tutto quello che il Signore può averci suggerito nei mesi scorsi, anche attraverso i foglietti formativi fatti avere settimanalmente a voi Referenti, non è destinato a restare semplicemente lì, perché sono idee che vanno fatte circolare, tutte le volte che questo sia possibile e opportuno.

La nostra partecipazione ai Cenacoli mira ad una contemplazione più autentica dell’Agnello immolato per la nostra salvezza e ad acquisire un fondamento più solido della nostra fede.

Ciò ci permette di svolgere una missione più efficace e crescere nel nostro innamoramento di Gesù, perché più sarà grande questo innamoramento, più la nostra testimonianza ci risulterà facile e sarà ben accolta.

Scopo della nostra missione non è quello di gratificarci e di ritenerci migliori degli altri, come spesso accade nella conduzione di realtà terrene, perché, come ben sappiamo, il nostro maggiore compito è quello di crescere nell’amore di Dio e di aiutare gli altri a crescere in un legame affettuoso verso di Lui che si attinge dall’amorosa contemplazione delle sue piaghe sanguinanti e gloriose.

L’annuncio che il Signore ci ama ed è morto sulla croce per salvarci e ci attende in Paradiso, non è affidato unicamente al Papa, al Vescovo, ai Sacerdoti o alle persone consacrate, ma è dovere e compito di ogni battezzato.

Non ci spaventino, carissimi, l’ampiezza della missione e le prevedibili insidie del nemico, perché Dio cammina al nostro fianco e, se ci troverà umili, allontanerà da noi il tentatore con “un soffio delle sue labbra”.

Idee distorte

Purtroppo, spesso anche tra i cattolici praticanti, serpeggia l’idea distorta che la diffusione della fede, l’evangelizzazione, spetti quasi esclusivamente ai sacerdoti, magari a qualche suora, mentre il resto dei fedeli sia esonerato da tale compito.

Questa idea distorta era abbastanza diffusa prima del Concilio Vaticano II, ma ora fortunatamente è stata superata.

Gesù non ha mai detto che i suoi discepoli debbono mimetizzare la propria fede, anzi ha insegnato il contrario quando ha affermato che i suoi discepoli devono essere “lievito che deve far lievitare la pasta” e che una lampada non la si mette sotto uno sgabello, ma sul lucerniere, perché faccia luce a tutti quelli che sono nella stanza, a quelli cioè che vivono accanto a loro.

Infatti non potrà rimanere nascosta una città costruita sopra un monte.

Questo significa che i veri cristiani, sull’esempio datoci da Gesù, debbono portare al mondo il lieto annuncio della salvezza, perché membra di quel corpo di Cristo nel quale, con il battesimo, sono stati innestati.

I battezzati, infatti, sono diventati con Cristo una cosa sola e quindi anch’essi sono chiamati a far riecheggiare nel mondo l’insegnamento di Gesù che afferma che Dio ci ama, che perdona i nostri peccati e che ci vuole tutti partecipi della sua gloria in Paradiso.

Dio ha fiducia di noi

La tentazione di ridurre al minimo l’impegno di evangelizzazione, pensando, come purtroppo molti ancora fanno, alla propria incapacità, alla propria pochezza o, peggio ancora, all’inutilità di tale compito è da rifuggire.

Questi sono ragionamenti di chi pensa di dover fare tutto da solo, non di chi intende operare insieme a Gesù che si fida di noi, come ci ha ricordato il nostro Arcivescovo Cesare Nosiglia nell’omelia della veglia missionaria in Cattedrale del 20 ottobre 2012 , della quale riporto uno stralcio:

“Racconta il Vangelo di Marco che al momento dell’ascensione al cielo del Signore « alcuni dubitavano ».

Non sono bastate le numerose apparizioni di Gesù per 40 giorni, i segni che egli ha dato, per convincere alcuni discepoli che era veramente risorto.

Malgrado questa debole fede ed incredulità, Gesù conferma il mandato missionario a tutti, nessuno escluso.

Oggi, le nostre comunità sono come quella degli Undici: non mancano persone incredule o dubbiose.

La fede resta una conquista incessante del diventare cristiani.

L’annuncio del kerigma e la sequela di Cristo non cessano di costituire un obiettivo per la missione della Chiesa qui tra noi come nel mondo.

Per questo, parlare di missione oggi significa comprendere tutti nello stesso dono d’amore, che è rappresentato dal Vangelo accolto e dalla fede in Cristo celebrata e testimoniata ad ogni creatura.

Ma prima che i singoli, è decisivo guardare alla comunità missionaria, al nostro essere Chiesa che annuncia Cristo vivendo la carità nel suo interno come fonte di amore verso tutti.

La Chiesa è carità nel senso che accoglie l’amore di Dio rivelato e donato all’umanità intera in Cristo suo Figlio.

Gesù è la carità di Dio, perché lui ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito affinché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”.

Zelo e perseveranza

Carissimi, continuiamo con zelo questa importante missione, non volgiamoci indietro rimpiangendo ciò che abbiamo lasciato, perché per il poco che abbiamo lasciato il Signore ci donerà molto, molto di più.

Continuiamo dunque a testimoniare gioiosi l’amore del Signore che attingiamo nella contemplazione adorante delle sue piaghe sanguinanti e trionfanti.

Svolgiamo la nostra missione con gioia cercando di imitare i primi discepoli di Gesù che annunciavano il regno di Dio testimoniando la carità con animo lieto.

Il linguaggio della carità è immediato ed è capito da tutti perché esprime il normale stile di vita dei discepoli di Cristo, che purtroppo anche molti cristiani hanno dimenticato.

Oggi, in cui dilaga un sempre più esteso clima di indifferenza religiosa, una delle necessità più urgenti della Chiesa è quella di riscoprire nel Popolo di Dio il suo carisma di evangelizzazione, perché venga riscoperto e vissuto il comandamento dell’amore che riassume tutto quello che Dio vuole da noi e in mancanza del quale non sarà possibile accedere al regno di Dio.

Ed ora giunga a ciascuno di voi , referenti e coordinatori zonali dei Cenacoli, la mia più sincera gratitudine per l’impegno che mettete nel condurli e svilupparli.

Senza questa vostra dedizione i Cenacoli stenterebbero a svilupparsi e nel mondo vi sarebbe ancora più “freddo” per carenza di amore.

Vi giunga il mio fraterno saluto, nella preghiera reciproca per un impegno sereno e fecondo.

Con viva cordialità

Leandro Pierbattisti