Lettera N° 22

Torino, 1° aprile 2015

Riflessioni sulla Sindone

Gli evangelisti Matteo, Macro e Luca raccontano che, ottenuto il permesso di Pilato, Giuseppe d’Arimatea depose il corpo di Gesù dalla croce e lo avvolse in un bianco lenzuolo ( in seguito chiamato dal greco Sindone ) che egli aveva comprato.

Secondo una antica tradizione, la Sindone di Torino viene ritenuta il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù deposto dalla croce.

La sacra Sindone evoca le sofferenze di un uomo crocifisso e inoltre ci illumina su significati di termini evangelici che non sono alla portata della nostra esperienza quali “ flagellato”, “incoronato di spine”, “portando la croce”.

Leggendo i racconti evangelici della passione di Gesù, si trova una notevole corrispondenza tra questi ed i segni delle torture impresse sulla Sindone.

I segni di questa sofferenza sono oggetto di contemplazione in quanto sono segni d’amore, perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” ( Gv 15,13 ).

Volendo soffermarci a riflettere sulla Sindone non é determinante sapere se fu il lenzuolo che avvolse veramente Gesù, anche se ovviamente una risposta affermativa darebbe alla Sindone un significato ed un valore straordinario.

Il magistero della Chiesa cattolica non intende pronunciarsi sull’aspetto storico e scientifico della Sindone e ci ricorda che il culto attribuito alle immagini é “ relativo”, cioè non si riferisce all’oggetto in se stesso ma a ciò che esso rappresenta.

La contemplazione del Cristo Crocifisso alla luce della Sindone dovrebbe condurre “non solo ad una assorta osservazione sensibile dei lineamenti esteriori e mortali della meravigliosa figura del Salvatore, ma altresì introdurli in una più penetrante visione del suo recondito affascinante mistero”. ( Paolo VI )

* * *

L’ostensione della sacra Sindone, che avverrà nel Duomo di Torino dal 19 aprile al 24 giugno 2015, ci richiama il sacrificio di un uomo che riteniamo sia Gesù, che lasciò impresse le sue sofferenze sul lino che lo avvolse quando fu posto nel sepolcro.

Per essere aiutati a comprendere, per quanto umanamente possibile, l’enormità della sua sofferenza, attestata oltreché dai i Vangeli anche dalla Sindone, vi presento una relazione stesa da un medico francese: il dottor Barbet, che ci offre la possibilità di capire un po’ meglio quali fossero realmente i dolori di Gesù durante la sua passione.

Così Gesù ha sofferto

Egli scrisse: Io sono soprattutto un chirurgo; ho insegnato a lungo.

Per tredici anni sono vissuto in compagnia di cadaveri; durante la mia carriera ho studiato a fondo l'anatomia.

Posso dunque scrivere senza presunzione.

Gesù' entrato in agonia nel Getsemani - scrive l'evangelista Luca - pregava più' intensamente.

E diede in un sudore "come gocce di sangue" che cadevano fino a terra.

Il solo Evangelista che riporta il fatto e' un medico, Luca.

E lo fa con la precisione di un clinico.

Il sudar sangue, o ematidrosi, è un fenomeno rarissimo.

Si produce in condizioni eccezionali: a provocarlo ci vuole una spossatezza fisica, accompagnata da una scossa morale violenta causata da una profonda emozione, da una grande paura.

Il terrore, lo spavento, l'angoscia terribile di sentirsi carico di tutti i peccati degli uomini devono aver schiacciato Gesù'.

Tale tensione estrema produce la rottura delle finissime vene capillari che stanno sotto le ghiandole sudoripare, il sangue si mescola al sudore e si raccoglie sulla pelle; poi cola per tutto il corpo fino a terra.

Conosciamo la farsa del processo imbastito dal Sinedrio ebraico, l'invio di Gesù' a Pilato ed il ballottaggio fra il procuratore romano ed Erode.

Pilato cede e ordina la flagellazione di Gesù'.

I soldati spogliano Gesù e lo legano per i polsi a una colonna dell'atrio.

La flagellazione si effettua con delle strisce di cuoio multiple su cui sono fissate due palline di piombo e degli ossicini.

Le tracce nella Sindone di Torino sono innumerevoli; la maggior parte delle sferzate è sulle spalle, sulla schiena, sulla regione lombare e anche sul petto.

I carnefici devono essere stati due, uno da ciascun lato, di ineguale corporatura.

Colpiscono a staffilate la pelle, già alterata da milioni di microscopiche emorragie del sudor di sangue.

La pelle si lacera e si spacca; il sangue zampilla.

A ogni colpo Gesù trasale in un soprassalto di dolore.

Le forze gli vengono meno: un sudor freddo gli imperla la fronte, la testa gli gira in una vertigine di nausea, brividi gli corrono lungo la schiena.

Se non fosse legato molto in alto per i polsi, crollerebbe in una pozza di sangue.

Poi lo scherno dell'incoronazione.

Con lunghe spine, più dure di quelle dell'acacia, gli aguzzini intrecciano una specie di casco e glielo applicano sul capo.

Le spine penetrano nel cuoio capelluto e lo fanno sanguinare ( i chirurghi sanno quanto sanguina il cuoio capelluto ).

Dalla Sindone si rileva che un forte colpo di bastone, dato obliquamente, lasciò sulla guancia destra di Gesù una orribile piaga contusa; il naso è deformato da una frattura dell'ala cartilaginea.

Pilato, dopo aver mostrato quell'uomo straziato alla folla inferocita, glielo consegna per la crocifissione.

Caricano sulle spalle di Gesù il grosso braccio orizzontale della croce; pesa una cinquantina di chili.

Il palo verticale è già piantato sul Calvario.

Gesù cammina a piedi scalzi per le strade dal fondo irregolare, cosparso di ciottoli.

I soldati lo tirano con le corde.

Il percorso, fortunatamente, non è molto lungo, circa 600 metri.

Gesù, a fatica, trascina un piede dopo l'altro; spesso cade sulle ginocchia.

E la spalla di Gesù è coperta di piaghe.

Quando egli cade a terra, la trave gli sfugge e gli scortica il dorso.

Sul Calvario ha inizio la crocifissione.

I carnefici spogliano il condannato; ma la sua tunica è incollata alle piaghe e il toglierla è atroce.

Avete mai staccato la garza di medicazione da una larga piaga contusa?

Non avete sofferto voi stessi questa prova che richiede talvolta l'anestesia generale?

Potete allora rendervi conto di che si tratta.

Ogni filo di stoffa aderisce al tessuto della carne viva: a levare la tunica, si lacerano le terminazioni nervose messe allo scoperto dalle piaghe.

I carnefici danno uno strappo violento.

Come mai quel dolore atroce non provoca una sincope?

Il sangue riprende a scorrere; Gesù viene disteso sul dorso.

Le sue piaghe si incrostano di polvere e di ghiaietta.

Lo distendono sul braccio orizzontale della croce.

Gli aguzzini prendono le misure.

Un giro di succhiello nel legno per facilitare la penetrazione dei chiodi orribile supplizio!

Il carnefice prende un chiodo ( un lungo chiodo appuntito e quadrato ), lo appoggia sul polso di Gesù, con un colpo netto di martello glielo pianta e lo ribatte saldamente sul legno.

Gesù deve avere spaventosamente contratto il volto.

Nello stesso istante il suo pollice, con un movimento violento si è posto in opposizione nel palmo della mano: il nervo mediano è stato leso.

Si può immaginare ciò che Gesù deve aver provato: un dolore lancinante, acutissimo, che si è diffuso nelle dita, è zampillato, come una lingua di fuoco, nella spalla, gli ha folgorato il cervello.

É il dolore più insopportabile che un uomo possa provare, quello dato dalla ferita dei grossi tronchi nervosi.

Di solito provoca una sincope e fa perdere la conoscenza.

In Gesù no.

Almeno il nervo fosse stato tagliato netto!

Invece ( lo si constata spesso sperimentalmente ) il nervo è distrutto solo in parte: la lesione del tronco nervoso rimane in contatto col chiodo: quando il corpo sarà sospeso sulla croce, il nervo si tenderà fortemente come una corda di violino tesa sul ponticello.

A ogni scossa, a ogni movimento, vibrerà risvegliando dolori strazianti.

Un supplizio che durerà tre ore.

Il carnefice e il suo aiutante impugnano le estremità della trave; sollevano Gesù mettendolo prima seduto e poi in piedi; quindi facendolo camminare all'indietro, lo addossano al palo verticale.

Poi rapidamente incastrano il braccio orizzontale della croce sul palo verticale.

Le spalle della vittima hanno strisciato dolorosamente sul legno ruvido.

Le punte taglienti della grande corona di spine vi hanno lacerato il cranio.

La povera testa - di Gesù è inclinata in avanti, poiché lo spessore del casco di spine le impedisce di appoggiarsi al legno.

Ogni volta che il martire solleva la testa, riprendono le fitte acutissime.

Gli inchiodano i piedi.

É mezzogiorno.

Gesù ha sete.

Non ha bevuto dalla sera precedente.

I lineamenti sono tirati, il volto è una maschera di sangue.

La bocca è semiaperta e il labbro inferiore comincia a pendere.

La gola, secca, gli brucia, ma egli non può deglutire.

Ha sete.

Un soldato gli tende, sulla punta della canna, una spugna imbevuta di bevanda acidula, in uso tra i militari.

Tutto ciò è una tortura atroce.

Uno strano fenomeno si produce sul corpo di Gesù.

I muscoli delle braccia si irrigidiscono in una contrazione che va accentuandosi: i deltoidi, i bicipiti sono tesi e rilevati, le dita si incurvano.

Si direbbe un ferito colpito da tetano, in preda a quelle orribili crisi che non si possono descrivere.

É ciò che i medici chiamano tetania, quando i crampi si generalizzano: i muscoli dell'addome si irrigidiscono in onde immobili; poi quelli intercostali, quelli del collo e quelli respiratori.

Il respiro si è fatto, a poco a poco, più corto.

L'aria entra con un sibilo, ma non riesce più ad uscire.

Gesù respira con l'apice dei polmoni.

Ha sete di aria: come un asmatico in piena crisi, il suo volto pallido a poco a poco diventa rosso, poi trascolora nel violetto purpureo e infine nel cianotico.

Gesù, colpito da asfissia, soffoca.

I polmoni, gonfi d'aria non possono più svuotarsi.

La fronte è imperlata di sudore, gli occhi escono fuori dall'orbita.

Che dolori atroci devono aver martellato il suo cranio!

Ma cosa avviene?

Lentamente con uno sforzo sovrumano, Gesù ha preso un punto di appoggio sul chiodo dei piedi.

Facendosi forza, a piccoli colpi, si tira su alleggerendo la trazione delle braccia.

I muscoli del torace si distendono.

La respirazione diventa più ampia e profonda, i polmoni si svuotano e il viso riprende il pallore primitivo.

Perché questo sforzo?

Perché Gesù vuole parlare: "Padre, perdona loro: non sanno quello che fanno".

Dopo un istante il corpo ricomincia ad afflosciarsi e l'asfissia riprende.

Sono state tramandate sette frasi pronunciate da luì in croce: ogni volta che vuol parlare, dovrà sollevarsi tenendosi ritto sui chiodi dei piedi; inimmaginabile!

Sciami di mosche, grosse mosche verdi e blu, ronzano attorno al suo corpo; gli si accaniscono sul viso, ma egli non può scacciarle.

Dopo un po', il cielo si oscura, il sole si nasconde: d'un tratto la temperatura si abbassa.

Fra poco saranno le tre del pomeriggio.

Gesù lotta sempre: di quando in quando si solleva per respirare.

É l'asfissia periodica dell'infelice che viene strozzato.

Una tortura che dura tre ore.

Tutti i suoi dolori, la sete, i crampi, l'asfissia, le vibrazioni dei nervi mediani, gli hanno strappato un lamento: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".

Ai piedi della croce stava la madre, di Gesù.

Potete immaginare lo strazio di quella donna?

Gesù grida: "Tutto è compiuto".

Poi a gran voce dice: "Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito".

E muore.

* * *

Nella passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo si manifestano in un modo unico lo splendore e la forza dell’amore di Dio che in Gesù ci mostra fino a che punto Dio sa amare.

Tra le molteplici manifestazione dell’amore di Dio una eccelle fra tutte: la morte e risurrezione di Gesù.

Qui il mistero di Dio, che è amore, appare in tutta la sua pienezza, il suo splendore e la sua forza.

Disgelati e riscaldati dall’esperienza dell’amore di Dio anche noi diventeremo capaci di riamare lui e i fratelli con un cuore nuovo, il cuore di Dio.

La croce è gloria, perché manifesta che la Trinità vive amando e donandosi.

La croce di Dio è per noi, allora, sorgente di salvezza: Dio si manifesta salvandoci.

La croce indica anche a noi che essa è la vera via della gloria.

Anche se apparentemente appare come un fallimento essa in realtà realizza la nuova ed eterna alleanza. Essere in comunione con nostro Signore vuol dire seguirlo sulla via della croce, ma con la certezza di risorgere con Lui e condividere la Sua risurrezione. Buona Pasqua carissimi Referenti e amici dell’Unione Catechisti, il Signore ci ricolmi della sua gioia, delle sue grazie e benedizioni e ci doni la sua pace.

Fraternamente

Leandro Pierbattisti