Lettera N° 51

Torino, 1 ottobe 2017

Dio ci ama, lasciamoci amare da Lui senza pensare troppo al domani.

"Dobbiamo combattere il nostro disgusto per la monotonia col non permettere ai nostri pensieri di spingersi nel futuro, perché la tentazione si fa più pesante nel prevedere che domani "sarà come oggi" e il giorno dopo "come il precedente".

Gettiamoci piuttosto con tutta l'anima nel lavoro del tempo presente, ricordandoci che sappiamo ben poco dell'avvenire, anzi non sappiamo nemmeno se l'avremo.

Viviamo giorno per giorno come se fosse l'ultimo.

Dio Padre vuole che sperimentiamo la monotonia nella vita, altrimenti ne sentiremmo troppo l'attaccamento.

È un modo suo di farci comprendere che abbiamo bisogno di Lui" ( Daniel Considine )

Note di spiritualità orionina per Operatori Pastorali

All'inizio del nuovo anno pastorale mi sembra utile richiamare quanto il Parroco della parrocchia Santa Famiglia di Nazaret di Torino, Don Gianni Paioletti, ci ha detto circa la spiritualità che deve sostenere e orientare tutte le attività degli Operatori Pastorali, qualunque sia la loro missione.

"Umiltà e Carità, la virtù ancella ( l'umiltà ) che è al servizio della virtù regina ( la carità ), sono sempre in simbiosi nella vita dei santi, servi inutili ma strumenti preziosi del Signore.

Ne è conferma eloquente l'arguta autoironia del Santo Curato d'Ars: "Se Sansone con una mascella d'asino ha colpito mille Filistei, quali meraviglie non potrà compiere il Signore con un asino intero che sono io?"

Con la stessa convinzione Santa Madre Teresa di Calcutta si è autodefinita un semplice pennello, anzi un lapis, sempre a disposizione dell'Artista: "Sono come una piccola matita nelle mani di Dio, nient'altro.

È Lui che pensa.

È Lui che scrive.

La matita deve solo poter essere usata".

Anche San Luigi Orione, ministro della grazia del Signore, aveva una modesta considerazione di sé.

Durante il terremoto della Marsica del 1915, egli confidò il segreto della propria vocazione al giovane Ignazio Silone, commosso e imbarazzato alla vista dello "stano prete" che si era offerto come suo portabagagli: "Io sono il facchino della Divina Provvidenza, della Chiesa e del prossimo.

Mio onore è portare le valigie come un asinello".

È probabile che egli si sia ispirato all'episodio dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme all'inizio della Settimana di Passione. ( Cf. Lc 19,29-34 )

"Gesù inviò due discepoli dicendo: Andate nel villaggio di fronte, entrando troverete un puledro legato, scioglietelo e portatelo qui.

Se qualcuno vi chiederà: perché lo sciogliete?

Direte così: il Signore ne ha bisogno."

Da questa profonda convinzione è sbocciato il suo carisma fecondo, valido anche per i suoi figli spirituali laici: "Siamo i facchini di Dio: ci riposeremo in Paradiso!

Lavorare è faticare da facchini della Provvidenza, sempre pronti, ad ogni ora, al servizio dei ragazzi e dei poveri".

L'immagine dell'asinello mite e umile, che non si pavoneggia per l'accoglienza festosa riservata a Gesù, nè si esalta per l'illustre personaggio che porta in groppa, né si illude di essere lui al centro dell'attenzione della folla, traduce bene anche la spiritualità del laico orionino.

Come sole e sale della terra egli è lieto e fiero di lavorare nella vigna del Signore.

Il "Principale" paga sempre bene!

Il compito è chiaro: "Accogliere e donare Gesù, che ha voluto avuto bisogno di lui per entrare nel cuore delle persone.

La sua speciale vocazione-missione consiste nella testimonianza umile e gratuita dell'Amore misericordioso di Dio Padre per i suoi figli più poveri e bisognosi, senza pretese nè di riconoscenza, né di riconoscimenti, né di attenzioni particolari " ( Cf Lc 17,11-19; Mt 6,4; Mt 10,8 ).

Per il cristiano la gratitudine è un dovere di chi riceve il bene, non un diritto di chi opera il bene, per me è anche un bisogno profondo del cuore: grazie per quello che siete e che fate per la nostra comunità"

Alla luce dei preziosi insegnamenti di Gesù, riprendiamo decisi lo svolgimento della missione di adoratori ed evangelizzatori.

La nostra missione è quella di amare Gesù, vivendo in amicizia con Lui e facendo tutto ciò che gli gradito.

Un vero adoratore si sforza di vivere con sentimenti di amore verso tutti, specialmente con Gesù nostro amabilissimo Signore, al quale dovremmo ripetere spesso con amore la giaculatoria che Lui stesso chiese a fra Leopoldo di dire frequentemente: Tu ami me - io amo te

Chi ama veramente Gesù, pensa spesso a Lui, specialmente durante l'adorazione giornaliera a Lui Crocifisso, e riflette su tutto ciò che Egli ha fatto e fa continuamente per ognuno di noi, nonostante le nostre molte imperfezioni e i nostri peccati!

Nel mondo, talvolta anche nelle nostre famiglie, regna sovrana l'indifferenza religiosa, dove spesso si trascura anche di incontrarci con Gesù nella santa Messa domenicale.

È in questo ambito che gli adoratori sono chiamati particolarmente ad essere evangelizzatori.

Questo modo di evangelizzare è facile ed è possibile a tutti perché, come più volte vi è stato detto, i veri adoratori si impegnano a praticare l'evangelizzazione con: una profonda umiltà - una illimitata carità fraterna - una "angelica" adorazione - un serio impegno apostolico

Gesù Crocifisso a fra Leopoldo il 17 - agosto - 1914

"Chi vive in castità e preghiera, si prepari a ricevere grandi grazie di Dio

Fraternamente

Leandro Pierbattisti