Manuale sulla fede, speranza e carità

Indice

1.1 - Compiacimento per la cultura di Lorenzo, con l'auspicio che consegua la sapienza conforme alle sacre Scritture

È impossibile esprimere, o amatissimo figlio Lorenzo, tutto il mio compiacimento per la tua cultura e quanto desideri che tu sia sapiente, senza annoverarti, però, fra coloro di cui si dice: Dov'è il sapiente?

Dov'è il dotto? Dov'è il sottile ragionatore di questo mondo?

Non ha reso forse Dio stolta la sapienza di questo mondo? ( 1 Cor 1,20 )

Ti annovero, al contrario, fra coloro di cui è stato scritto: La moltitudine dei sapienti è la salvezza dell'universo, ( Sap 6,24 ) come l'Apostolo vuole che siano coloro ai quali dice: Voglio piuttosto che siate davvero sapienti nel bene e puri nel male. ( Rm 16,19 )

1.2 - La pietà, come culto di Dio, è la sapienza dell'uomo

Ebbene, la pietà è la sapienza dell'uomo.

Lo trovi anche nel libro del santo Giobbe, dove si legge quel che la Sapienza stessa ha detto all'uomo: Ecco, la pietà è sapienza. ( Gb 28,28 )

Se poi ti domandassi di quale pietà là si parli, lo troveresti più precisamente nel greco θεοσέβειαν, vale a dire " culto di Dio ".

In greco infatti " pietà " si dice anche in altro modo, cioè εύσέβεια, termine che significa " culto buono ", anche se riferito principalmente alla venerazione divina.

Nessuna parola è però più adatta di quella che esprime in modo esplicito il culto di Dio, quando si tratta di dire in che cosa consista la sapienza umana.

Mi domandi allora di dire qualcosa più in breve, quando mi chiedi discorsi brevi su argomenti importanti?

O forse desideri che ti sia illustrato brevemente proprio questo, riassumendo in un discorso breve quale culto si debba rendere a Dio?

1.3 - Il culto che si deve rendere a Dio

Ora, se ti risponderò che Dio si deve venerare con fede, speranza e carità, dirai sicuramente che questa risposta è più breve di quanto tu volessi e perciò mi chiederai di spiegarti brevemente che cosa è proprio di ciascuna di queste tre virtù, cioè che cosa si deve credere, cosa si deve sperare e cosa si deve amare.

Quando avrò fatto questo, allora avrò toccato tutte le questioni che hai posto nella tua lettera: se ne hai a disposizione un esemplare, ti sarà facile ritrovarle e rileggerle; in caso contrario, le ricorderai quando io le richiamerò.

1.4 - Le richieste di Lorenzo

Stando a quel che scrivi, infatti, tu vuoi che io componga un libro, per così dire una sorta di manuale, che tu possa avere sempre a portata di mano e che tenga conto delle tue richieste, vale a dire: che cosa si deve assolutamente seguire e soprattutto evitare, a causa delle diverse eresie; in quale misura la ragione possa intervenire a favore della religione o che cosa alla ragione sfugga, quando la fede è sola; che cosa si debba mettere al primo posto e che cosa all'ultimo; quale sia la sintesi completamente definita, quale il fondamento certo ed esclusivo della fede cattolica.

Ebbene, tu potrai conoscere senza alcun dubbio tutte le cose che richiedi, se conoscerai attentamente che cosa si deve credere, sperare e amare.

Queste infatti si debbono assolutamente seguire, anzi sono le uniche cose che si debbono seguire nella religione: chi vi si oppone o è completamente estraneo al nome di Cristo, oppure è eretico.

Esse, intraviste dai sensi del corpo o scoperte dall'intelligenza spirituale, debbono essere sostenute dalla ragione.

Quanto poi alle verità, delle quali non abbiamo avuto esperienza sensibile e non siamo riusciti e non riusciamo a conseguire con la mente, bisogna credere senza alcuna esitazione a quei testimoni che hanno redatto quella Scrittura che giustamente ha ormai meritato di chiamarsi divina: costoro, per mezzo del corpo o dell'anima, hanno potuto vederle o addirittura prevederle, grazie all'aiuto divino.

1.5 - La fede e la visione: Cristo fondamento autentico della fede cattolica e solo nominale degli eretici

Quando poi la mente è ormai pervasa dalla radice della fede, che opera per mezzo della carità, ( Gal 5,6 ) attraverso una vita buona tende a giungere anche a quell'immagine, che manifesta ai cuori santi e perfetti la bellezza ineffabile, la cui visione piena costituisce la suprema felicità.

È certamente questo quel che domandi, chiedendo che cosa si debba mettere al primo posto e che cosa all'ultimo: l'inizio appartiene alla fede, il compimento è nella visione.

E questa è anche la sintesi completamente definita.

È Cristo, poi, il fondamento certo ed esclusivo della fede cattolica: Infatti nessuno può porre un fondamento diverso – dice l'Apostolo – da quello che già vi si trova, che è Gesú Cristo. ( 1 Cor 3,11 )

Il pensare di avere Cristo in comune con alcuni eretici non è una ragione sufficiente per negarlo come fondamento esclusivo della fede cattolica.

Se infatti riflettiamo attentamente a tutto ciò che si riferisce a Cristo, allora scopriamo il suo nome accanto a tutti quegli eretici che vogliono essere chiamati cristiani, ma a parole e non realmente.

Spiegarlo sarebbe troppo lungo; bisognerebbe passare in rassegna tutte le eresie: quelle passate, quelle presenti e quelle che sono state possibili sotto il nome cristiano, mostrando quindi per ciascuna di esse quanto ciò sia vero.

È una discussione, questa, che richiede tanti volumi, da risultare praticamente interminabile.

1.6 - La richiesta di un manuale e la difficoltà di parlare a favore della fede, speranza e carità

Tu invece ci richiedi un manuale, che si possa tenere in mano e non che possa appesantire uno scaffale.

Tornando dunque a quelle tre virtù che sono la fede, la speranza e la carità, le quali ci consentono, come abbiamo detto, di venerare Dio, sarebbe piuttosto facile dire che cosa si deve credere, che cosa sperare, che cosa amare.

Ma la loro difesa contro gli attacchi di quanti la pensano diversamente richiede un insegnamento più impegnativo e più complesso: perché ciò sia possibile, non è la mano che deve afferrare un piccolo manuale, ma il cuore che dev'essere infiammato da un grande impegno nello studio.

2.7 - Fede, speranza e carità racchiuse nel Simbolo e nel Padre nostro

Prendi, per esempio, il Simbolo della fede e la preghiera del Signore: che c'è di più breve da ascoltare o da leggere?

Che cosa di più facile da ricordare?

Poiché infatti, come conseguenza del peccato, il genere umano era oppresso da una grave infelicità ed aveva bisogno della divina misericordia, il Profeta, preannunziando il tempo della grazia di Dio, esclama: Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato. ( Gl 3,5; At 2,21; Rm 10,13 )

Di qui la necessità della preghiera.

Ma l'Apostolo, dopo aver ricordato questa testimonianza profetica per far apprezzare la stessa grazia, ha subito aggiunto: Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui? ( Rm 10,14 )

Di qui il Simbolo della fede.

Cerca quindi di scorgere, in queste due testimonianze, quelle tre virtù: la fede crede, la speranza e la carità pregano; queste però non possono sussistere senza la fede, perciò anche la fede prega.

È questo il motivo per cui è stato detto: Come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui?

2.8 - Fede, speranza e carità si implicano reciprocamente, pur essendo diverse

Ma che cosa si può sperare senza credervi?

D'altra parte si può credere qualcosa che però non si spera: quale cristiano infatti non crede alle pene degli empi, senza tuttavia sperarvi?

E per chiunque creda che esse siano imminenti e provi una reazione istintiva di spavento, è più corretto parlare di timore che di speranza.

Qualcuno ha distinto questi due aspetti dicendo: A chi è nel timore, sia consentita la speranza.1

Un altro poeta invece, anche se più grande, ha detto in modo non appropriato: Ho mai potuto sperare in un dolore così grande?2

Perfino alcuni grammatici si servono di questa citazione come esempio di espressione impropria, dicendo: "Ha usato sperare al posto di temere".

C'è insomma una fede nelle cose cattive e in quelle buone, poiché si crede al bene come al male, e con una fede buona, non cattiva.

Ancora: la fede riguarda il passato, il presente e il futuro.

Noi infatti crediamo che Cristo è morto, e ciò è ormai passato; crediamo che siede alla destra del Padre, ed è presente; crediamo che verrà a giudicare, ed è futuro.

Allo stesso modo la fede riguarda noi stessi come gli altri; ciascuno di noi infatti crede di aver cominciato ad esistere ad un certo momento e di non essere certo esistito eternamente, e così per tutti gli altri uomini e gli altri oggetti.

E crediamo molte cose che appartengono alla sfera religiosa non soltanto intorno ad altri uomini, ma anche intorno agli angeli.

La speranza, invece, si ripone unicamente nelle cose buone, solo in quelle future, e riguardanti colui di cui risulta che in esse nutre speranza.

Stando le cose in questi termini, per tali motivi si dovrà distinguere la fede dalla speranza in base ad una differenza razionalmente giustificabile, oltre che terminologica.

Ciò che attiene al non vedere, siano esse cose nelle quali si crede o si spera, è comune alla fede e alla speranza.

Nella Lettera agli Ebrei, la cui testimonianza è utilizzata da insigni sostenitori del principio e della fede cattolica, la fede è definita come prova delle cose che non si vedono. ( Eb 11,1 )

Peraltro se qualcuno dice di aver creduto, cioè di aver prestato fede, non alle parole, né ai testimoni e nemmeno a qualsiasi argomentazione, ma all'evidenza di cose presenti, la sua non appare un'assurdità, al punto da poter riprendere giustamente il suo modo di parlare, dicendogli: Tu hai visto, dunque non hai creduto; non se ne deve concludere perciò, possiamo supporre, che tutto ciò che si crede non si possa vedere.

Tuttavia è meglio chiamare fede quella che ci è stata insegnata dalle parole divine, vale a dire il credere nelle cose che non si vedono.

Anche sulla speranza l'Apostolo ha detto: Ciò che si spera, se visto, non è più speranza: infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo?

Se invece speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con pazienza. ( Rm 8,24 )

Perciò credere nei beni futuri non è altro che sperarvi.

Che dire a questo punto dell'amore, senza il quale la fede è inutile?

La speranza, poi, non può sussistere senza amore.

Inoltre, come dice l'apostolo Giacomo, anche i demoni credono e tremano: ( Gc 2,19 ) tuttavia non sperano né amano; piuttosto, credendo in ciò che noi speriamo e amiamo, temono che possa realizzarsi.

Per questo anche l'apostolo Paolo approva e raccomanda la fede che opera per mezzo della carità, ( Gal 5,6 ) che non può certamente sussistere senza speranza.

Quindi l'amore non sussiste senza la speranza, né la speranza senza l'amore, né amore e speranza sussistono senza fede.

3.9 - La fede cristiana non riguarda il mondo naturale, ma la bontà del Creatore

Quando dunque si domanda quale sia l'oggetto della fede religiosa, non si deve avviare un genere di ricerca naturale alla maniera di quelli che i Greci chiamano fisici e non ci si deve preoccupare di un'eventuale ignoranza del cristiano intorno alla proprietà e al numero degli elementi, intorno al movimento, all'ordine e all'eclissi degli astri, alla forma del cielo, ai generi e alla natura degli animali, dei vegetali, dei minerali, delle sorgenti, dei fiumi, dei monti, alle dimensioni spaziali e temporali, ai segni di tempeste imminenti, e alle mille cose simili che quelli hanno scoperto o credono d'aver scoperto.

Infatti nemmeno quelli hanno trovato tutto, malgrado la loro non comune genialità, la ricerca appassionata e la disponibilità di tempo libero, rintracciando alcune cose in base ad ipotesi puramente umane ed indagandone altre in base all'esperienza storica; anche nei casi in cui si vantano d'aver fatto scoperte, si tratta il più delle volte di opinioni, più che di vero sapere.

Al cristiano basta credere che la causa di tutte le realtà create, celesti e terrestri, visibili e invisibili è unicamente la bontà del Creatore, unico e vero Dio; che non c'è nessuna natura al di fuori di Lui o che non dipenda da Lui; che Egli è la Trinità, cioè Padre e Figlio generato dal Padre e Spirito Santo che procede dal medesimo Padre, in realtà l'unico e medesimo Spirito del Padre e del Figlio.

3.10 - La somma Trinità ha creato solo cose buone

Da questa Trinità sommamente, ugualmente e immutabilmente buona sono state create tutte le cose, che non sono sommamente, ugualmente e immutabilmente buone, anche se lo sono tuttavia individualmente; globalmente considerate comunque sono assai buone, ( Gen 1,31 ) in quanto costituiscono tutte la mirabile bellezza dell'universo.

3.11 - L'ordine del male e la sua nozione

In essa anche quel che viene chiamato male, che è ben ordinato e collocato al suo posto, fa apprezzare in modo ancora più eccelso le cose buone, perché dal confronto con le cattive piacciano maggiormente e meritino maggiore ammirazione.

Del resto Dio, nella sua onnipotenza, Egli che ha il sommo potere sulle cose,3 come riconoscono anche i non credenti, essendo sommamente buono, non lascerebbe assolutamente sussistere alcunché di male nelle sue opere, se non fosse onnipotente e buono fino al punto da ricavare il bene persino dal male.

Allora cos'altro è quello che viene chiamato male, se non privazione di bene?

Per i corpi viventi, infatti, essere ammalati o feriti non è altro che perdere la salute.

Del resto, quando si presta una cura, non ci si adopera perché quei mali esistenti, vale a dire malattie e ferite, si ritirino da una parte per sussistere da un'altra, ma perché scompaiano del tutto.

E in effetti una ferita o una malattia sono in sé non certo una sostanza, ma il difetto di una sostanza carnale, mentre la carne è una sostanza in sé e senza dubbio un bene determinato, cui capitano quei mali, vale a dire privazioni di quel bene che è chiamato salute.

Così, allo stesso modo tutti i difetti delle anime sono privazioni di beni naturali: risanarli non significa trasferirli altrove, poiché quelli che vi si trovavano non vi si troveranno più, dal momento che non si troveranno più in quel bene della salute.

Indice

1 Lucano, Pharsalia 2, 15
2 Virgilio, Aen. 4, 419
3 Virgilio, Aen. 10, 100