30 Dicembre 1964

Diletti Figli e Figlie!

Questa udienza è l'ultima dell'anno ormai giunto al suo termine; e questa circostanza pone anche a Noi l'obbligo d'una riflessione sopra questo tema: il tempo, il tempo che passa, il tempo che genera e divora i suoi figli; riflessione su tema, come vedete, tanto comune da sembrare banale farne menzione, e tanto difficile, da sembrare disadatto alle parole familiari di questo incontro.

Ma il passaggio da un anno all'altro impone questa meditazione sull'inafferrabile natura del tempo, che altro non è per noi se non la successione dei vari momenti della nostra esistenza, tanto da coincidere col suo svolgimento, e da imprimerle l'inesorabile carattere della fugacità, della precarietà, della caducità, della brevità, ponendola fra due misteri: quello del nulla, che la precede, e quello dell'eternità successiva alla nostra morte.

Figliuoli carissimi!

Ci basti dire su argomento di tanta gravità essere per noi benefico e necessario dedicarvi qualche seria riflessione, illuminata però di luce cristiana, per non fare della meditazione sul tempo un incentivo al pessimismo e alla disperazione, e uno stimolo a più ansioso e raffinato godimento dell'ora che passa.

Noi ricordiamo l'impressione paurosa che Ci faceva, nei lontani anni scolastici, la nota esclamazione del fine, gaudente e angosciato poeta latino Orazio, al suo amico Postumo, tale da raggelare il cuore: « Postume, Postume, labuntur anni! » gli anni se ne vanno!

Guardando il nastro del tempo che fugge, trascinando con sé la nostra vita presente, con la lucerna della sapienza cristiana, impareremo due lezioni fondamentali: a svalutare le cose che passano, e a valutare le cose che restano; lezioni queste, su cui i santi e i maestri di spirito hanno lasciato insegnamenti preziosi, molto diffusi, e sempre meritevoli di buona memoria; insegnamenti, ai quali i nostri teologi moderni, ragionando delle realtà temporali, aggiungono utili considerazioni, che ci esortano ad apprezzare, come si deve, anche le cose fuggevoli di questo mondo, purché sempre in ordine al fine ultimo della vita.

A Noi piace ricordarvi ora la parola pontificale di S. Pietro, che nella sua prima lettera, tutta imbevuta del senso effimero di questo mondo, scrive ai primi cristiani: « La fine di tutte le cose si avvicina; siate dunque prudenti e vegliate nelle preghiere » ( 1 Pt 4,7 ).

V'è quanto basta perché Noi vi esortiamo, carissimi figli, ad avere coscienza della realtà nobile e contingente, in cui si svolge la nostra vita, per decifrare « i segni dei tempi », come li chiama Gesù ( Mt 16,3 ), e sapere quali siano i disegni di Dio nella nostra storia e quali i nostri conseguenti doveri; e soprattutto a usare bene di questo tesoro, ch'è il tempo, seminandolo, come il solco della nostra messe futura, di opere buone.

Termineremo bene l'anno che muore pensando a queste cose, e impiegando le ultime ore dell'annata a chiudere bene i nostri conti spirituali: perdoniamo le offese e dimentichiamole, chiediamo piuttosto noi stessi perdono a Dio dei nostri peccati e del tempo sciupato, e ringraziamolo degli innumerevoli benefici ch'Egli ci ha elargiti, promettendo di farne miglior conto nel tempo che ancora ci sarà concesso di trascorrere quaggiù.

E valga la Nostra Benedizione a confermare per voi ogni Nostro voto migliore.