23 Novembre 1966

« Per comprendere la Chiesa dobbiamo tutto riferire a Cristo »

Diletti Figli e Figlie!

Avrete anche voi avvertito che il Concilio ha suscitato una quantità di questioni, di discussioni, di novità; in tutta la Chiesa, e anche fuori di essa, s'è fatto molto parlare, molto studiare, molto operare; opinioni, dottrine, decreti, innovazioni hanno dato a tutti l'impressione che il Concilio ha messo tante cose in movimento: idee, abitudini, istituzioni, tutto il nostro mondo spirituale s'è come risvegliato, stimolando ogni fedele, ogni persona intelligente a pensare, a capire il cristianesimo e la religione.

Se fosse a voi domandato quale sia l'aspetto principale, l'idea centrale, la chiave di tutto questo fatto complesso e dinamico, che cosa rispondereste?

la riforma liturgica? l'ecumenismo? il contatto del cattolicesimo col mondo moderno?

Sì, questi sono capitoli principali del grande « tomo » conciliare; ma è certo che fra tutti primeggia la dottrina sulla Chiesa, il suo mistero, la sua compagine, la sua missione.

Ora Noi domandiamo a voi: per comprendere la Chiesa a quale principio bisogna risalire, a quale punto focale bisogna fermare lo sguardo?

Non v'è dubbio: a Cristo; a Nostro Signore Gesù Cristo.

Le rivelatrici dottrine di San Paolo

È vero che il Concilio non ha trattato espressamente dogmi relativi a Gesù Cristo, come i celebri Concilii dei primi secoli, Nicea, Efeso, Calcedonia; ha trattato piuttosto, come tema centrale, la Chiesa; ma appunto perché ha cercato di vedere e di capire la Chiesa nel suo cuore, nella sua interiorità, nella vitale causalità, piuttosto che nei suoi aspetti storici e giuridici, il Concilio è stato felicemente obbligato a tutto riferire a Cristo Signore, come al Fondatore, non solo, ma come al Capo, alla sorgente, all'operatore, all'animatore, mediante lo Spirito Santo, del mistico suo Corpo, che è la Chiesa.

Citiamo soltanto un testo: « Capo - ecco la parola da ricordare e da meditare -, capo di questo Corpo è Cristo.

Egli è l'immagine dell'invisibile Iddio, e in Lui è stato tutto creato.

Egli va innanzi a tutti, e tutte le cose sussistono in Lui.

Egli è il capo del Corpo, che è la Chiesa.

Egli è il Principio, il primogenito dei redivivi, affinché in tutto Egli abbia il primato ( cfr. Col 1,15-18 ).

Con la grandezza della sua potenza domina sulle cose celesti e terrestri e con la sovraeminente perfezione e operazione sua riempie di ricchezze tutto il suo corpo glorioso ( cfr. Ef 1,18-23 ) » ( Lumen Gentium, 7 ).

Si potrebbero moltiplicare le citazioni.

San Paolo sarebbe soddisfatto di vedere accolte e proclamate dal Concilio, con impressionanti riferimenti testuali, le sue rivelatrici dottrine su Cristo Signore.

E allora: se vogliamo comprendere, dicevamo, la dottrina centrale del Concilio, dobbiamo comprendere la Chiesa; ma per comprendere la Chiesa, dobbiamo tutto riferire a Cristo.

Noi dicevamo che la Chiesa è, nel tempo, in continua costruzione.

Bisogna ancora ricordare: chi è il vero architetto, il vero costruttore.

Gesù riferisce a se stesso questa perenne operazione.

« Io costruirò ».

Bisogna che riflettiamo alla posizione unica di Cristo nella Chiesa e nel mondo.

Il primato ineffable del Figlio di Dio nostro Salvatore

Egli è il capo.

Perché è il principio: nulla è nella Chiesa, nell'umanità redenta e da redimere, che a Lui non si riferisca e da Lui non provenga.

L'incarnazione porta la natura umana al suo grado più alto: in Cristo l'uomo si realizza in una suprema espressione: in « forma Dei » e « imago Dei » ( cfr. 2 Cor 4,4 ).

E perciò Cristo è il prototipo, il modello, l'esempio d'ogni umana perfezione.

Non solo: è il Redentore, e perciò l'unico mediatore primario e sufficiente fra Dio e l'uomo; è l'autore della grazia, nessuno si salva senza di Lui; tutti dipendiamo dalla sua pienezza ( Gv 1,16 ).

Per tre ragioni, scrive S. Tommaso, Cristo è capo della Chiesa:

perché primo nell'ordine delle cose essenziali;

primo nella perfezione, nella tipicità;

e primo nell'efficacia della sua azione salvatrice ( S. Th. 3, 8, 1).

V'è da meditare senza fine.

Dobbiamo spingere il nostro pensiero, la nostra pietà in questa direzione, verso Cristo; e, in un certo senso ( cioè quello che riconosce, in Lui, il primo, l'unico, il sommo, il necessario, l'universale ) verso Lui solo.

Non è da temere, così fissando in Cristo la nostra teologia, il nostro culto, la nostra vita spirituale, che venga meno la nostra devozione alla Madonna ed ai Santi: essa prende piuttosto la sua ragion d'essere, la sua proporzione e anche la sua attrattiva e la sua bellezza, proprio con ammirazione e con fiducia verso l'irradiazione dell'unica luce, ch'è Cristo.

Così non è da temere che l'esaltazione del Capo invisibile della Chiesa debba diminuire la giusta valutazione del capo visibile: che cosa sarebbe questo « uomo peccatore » ( Lc 5,8 ) se non fosse di quello l'umile discepolo, il servitore, il ministro, lo strumento?

Tutto egli deriva da Cristo, e quanto più da Lui riceve di autorità, di potere ministeriale della sua verità e della sua grazia, tanto più si inabissa nella confessione sovrana di Cristo; ed è allora che Cristo nel suo vicario appare maggiormente vivente ed operante.

Una sublime preghiera nel libro della « Imitazione di Cristo »

Vi è una pagina dell'Imitazione di Cristo, che raccomandiamo alla vostra considerazione, anzi alla vostra pietà, come quella che può esprimere in accenti di preghiera e di emozione interiore questa collocazione superiore e centrale di Cristo nel quadro religioso, risultante dalla teologia conciliare.

Eccone alcune frasi: « Dammi, dolcissimo e amatissimo Gesù, di posare in Te

al di sopra d'ogni creatura,

al di sopra d'ogni salute e bellezza,

al di sopra d'ogni gloria ed onore,

al di sopra d'ogni potenza e dignità,

al di sopra d'ogni scienza e sagacia,

al di sopra di tutte le ricchezze e le arti,

al di sopra d'ogni letizia ed esultanza,

al di sopra d'ogni fama e lode,

al di sopra d'ogni soavità e consolazione,

al di sopra d'ogni speranza e promessa …

al di sopra di tutte le cose visibili ed invisibili, e

al di sopra di tutto ciò che non sii Tu, o mio Dio! » ( 3,21 ).

Così, Figli carissimi, dobbiamo imparare a giudicare, a sentire, a pregare Nostro Signor Gesù Cristo.

E così vi sostenga e vi guidi la Nostra Benedizione Apostolica.