17 Febbraio 1971

L'ineffabile piano della salvezza attuato dal Redentore

Nella scia delle feste natalizie ( alla quale succede tra poco il ciclo quaresimale e pasquale ), ci siamo interrogati sulla nostra conoscenza di Cristo, contentandoci di soffermarci fugacemente su alcuni aspetti appariscenti della sua singolarissima figura; ed ora, a conclusione di questa elementare indagine, vogliamo tentare di rispondere, pur servendoci delle nozioni che supponiamo alla portata di tutti ad una domanda importante: qual è stato lo scopo della vita di Gesù?

ha avuto essa un'intenzione, un disegno, un fine?

che cosa ha fatto Gesù, Figlio di Dio e di Maria, entrando e operando in questo mondo?

La questione assume proporzioni immense e misteriose se noi già abbiamo notizia dell'Essere di Gesù, se sappiamo cioè chi Egli era; la domanda sorge spontanea ed esigente: perché?

Osservando la storia del Signore intuitivamente, con uno sguardo d'insieme, possiamo rispondere: il perché della vita di Cristo, il primo, il più evidente, è l'annuncio della sua Parola.

Egli è venuto per predicare il Vangelo.

La presenza di Cristo nel mondo è caratterizzata dalla Verità, ch'Egli proclama.

La sua vita è la Parola di Dio all'umanità.

Questa Parola trova conferma nei miracoli compiuti da Cristo, e trova strumento alla sua diffusione e alla sua permanenza nel tempo mediante la scelta e la investitura degli Apostoli, incaricati di guidare e d'istruire i seguaci di Cristo, di formare la Chiesa, complemento umano e storico, il nuovo Popolo di Dio.

Questo è tutto? abbiamo osservato bene? abbiamo ascoltato bene?

Vediamo: non si può trascurare, innanzi tutto, la fine tragica della vita terrestre di Cristo, il dramma della sua morte sulla croce.

E non possiamo tralasciare un fatto straordinario, che dà a questo dramma un significato eccezionale: Gesù sapeva che sarebbe morto così.

Nessun eroe conosce la sorte che lo attende.

Nessun mortale può misurare il tempo che gli rimane da vivere, né sapere quante e quali sofferenze dovrà sopportare.

Invece Gesù sapeva.

Possiamo farci un'idea della psicologia d'un uomo che prevede nettamente un martirio morale e fisico, quale Gesù sopportò?

Egli predisse più volte, in momenti di traboccante coscienza, la sua passione ai suoi discepoli; la narrazione evangelica è piena di queste confidenze profetiche, che dimostrano la straziante prescienza di Gesù circa il destino che lo attendeva ( Cfr. Mc 8,31; Mc 9,31; Mc 10,33ss ).

Egli conosceva l'« ora sua »; questa dell'« ora sua » sarebbe una meditazione interessantissima per penetrare un po' nell'animo di Cristo; l'evangelista Giovanni vi dedica indicazioni frequenti e preziose ( Cfr. Gv 2,4; Gv 7,30; Gv 12,23; Gv 13,1; Gv 17,1 ); Cristo, si direbbe, ha continuamente davanti a sé l'orologio del tempo futuro, e di quello presente riferito ai cicli misteriosi degli avvenimenti visti da Dio; le profezie del passato e quelle del futuro sono un libro aperto davanti al suo occhio divino ( Cfr. Vangelo di S. Matteo; Gv 13,18; Gv 15,25; Lc 24,25; ecc.).

Gesù voleva.

Il carattere volontario della Passione di Cristo risulta da tante sue testimonianze evangeliche.

Quando, ad esempio, Egli predice ai suoi discepoli che occorreva andare a Gerusalemme, per ivi soffrire assai e per esservi ucciso, Pietro protesta e vuole distogliere Gesù da tale sorte, Gesù rimprovera Pietro aspramente ( Mt 16,21-23 ); e ripeterà il rimprovero quando Pietro, nel Getsemani, vorrà difenderlo con la spada: « Metti la tua spada nel fodero, gli dirà; non berrò il calice che il Padre mio mi ha dato? » ( Gv 18,11; Eb 9,14 ).

Ricordiamo ancora ciò che l'evangelista Marco riferisce: « … il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita in redenzione per molti » ( Mc 10,45; Is 53,10ss ).

Se riflettiamo a questa vocazione di Gesù, una vocazione di dolore e di sacrificio, possiamo immaginare qualche tratto del volto di Cristo.

Un apocrifo forse indovinò: Gesù non rise mai ( Cfr. Lettera di Lentulo ); pianse talvolta ( Cfr. Gv 11,35; Lc 19,4 ); e volentieri lo immaginiamo sorridere dolcemente ai bambini ( Mc 9,36; Mc 10,16 ); ma quale interiore sofferenza Gesù portò durante tutta la sua vita nel cuore assaporando l'imminente Passione; lo possiamo intuire dalla scena del Getsemani ( Lc 22,43 ).

Eppure non era stoico, non era triste; era librato in una comunione interiore e superiore col Padre ( Cfr. Gv 12,27-28 ).

E possiamo rilevare qualche tratto distintivo della sua figura morale, del suo cuore: Gesù era buono d'una bontà divina ( Cfr. Mc 10,17-19-21 ); aveva l'intelligenza del dolore e delle angustie altrui ( Mt 11,28 ); sapeva comprendere, perdonare e riabilitare; sono noti i suoi incontri con i peccatori.

Gesù è stato magnificamente capito e definito, nella discussione cristologica contemporanea, « l'uomo per gli altri ». Sì.

E San Paolo, cioè tutta la teologia del Nuovo Testamento e della Tradizione cattolica, vide in fondo il segreto della vita terrena di Gesù, il perché, lo scopo dell'Incarnazione, e dice fino a quale forma e a quale misura Gesù fu per gli altri: « Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture » ( 1 Cor 15,3 ).

Gesù venne al mondo per noi e per la nostra salvezza.

Gesù questo fece: ci salvò.

Egli si chiamava appunto così, Gesù, che significa salvatore.

E ci salvò facendosi vittima per la nostra redenzione, mistero questo di abbassamento dell'uomo-Gesù, che si fonde con quello di sublimazione dell'uomo-Gesù ch'è Incarnazione, e che entra nelle più importanti verità del sistema teologico cristiano, cioè, per accennare, nel disegno eterno, e solo pienamente svelato con Cristo, dell'amore di Dio per noi ( Col 1,26 ), nel dogma tremendo e oscuro, ma indispensabile, diceva Pascal ( Pensées. 434 ), perché senza di esso nulla potremmo sapere di noi stessi, e nel valore sacrificale della Passione del Signore, universale e sostitutivo dell'espiazione altrimenti da noi dovuta e a noi impossibile.

Ecco l'opera finale e totale di Cristo, la Redenzione.

La quale entra così nei destini umani da stabilire un possibile, libero e auspicatissimo rapporto di ciascuno di noi, personalmente, con nostro Signore Gesù Cristo: « Egli ci ha amati, proclama S. Paolo, e si è immolato per me » ( Ef 5,2; Gal 2,20 ).

Per me: qui, Fratelli e Figli carissimi, comincia per ciascuno di noi la vita cristiana, vita d'amore, che a noi giunge: luce, fuoco, sangue di Cristo, nello Spirito: e amore, che da noi va, come può, con tutte le forze, verso Cristo e in cerca dei fratelli, sempre nello Spirito.

Così sia.