1 Settembre 1971

Il popolo di Dio nel disegno della Redenzione

La ricerca delle espressioni caratteristiche e dominanti negli insegnamenti del recente Concilio ci guida a riconoscere facilmente nella qualifica di « Popolo di Dio » il titolo preferito, col quale è definita la Chiesa.

La Chiesa è il Popolo di Dio.

Non è questa la sola denominazione che compete a questo Ente misterioso e complesso, che è la Chiesa.

Tutti certamente ricordiamo alcune almeno delle molte voci con le quali è nominata nel linguaggio biblico e teologico la Chiesa.

Vale la pena di rievocarne qualcuna per meglio comprendere l'importanza e il significato di quella di Popolo di Dio, sulla quale fermiamo ora la nostra attenzione.

La Chiesa è in Cristo « un sacramento, un segno, uno strumento », mediante il quale gli uomini possono comunicare intimamente e a proprio salvamento con Dio, e possono costituire fra loro più che una società, una comunione.

L'abbiamo altra volta ricordato.

La Chiesa è « il germe e l'inizio » del Regno di Cristo e di Dio.

Essa è l'ovile, di cui Cristo è pastore.

Essa la casa, il tempio, la famiglia di Dio.

Essa è la Gerusalemme messianica, la città di Dio.

Essa è la Sposa di Cristo, cioè l'umanità unita a Cristo con vincolo d'amore sommo e vitale.

Essa è la colonna e il fondamento di verità.

Essa è soprattutto il Corpo mistico di cui Cristo è il Capo e di cui noi siamo le membra diversamente strutturate, ma animate da un unico Spirito ( Cfr. 1 Cor 12,12ss; Col 1,18; Ef 1,22-23; Ef 4,15-16 ); e così via.

Ognuno di questi titoli offre motivo a profonde ed esaltanti meditazioni.

Ma fermiamoci a quello prescelto dal Concilio.

Una bellissima pagina della Costituzione dogmatica sulla Chiesa, la Lumen Gentium ( Lumen gentium, 9 ), così ci ammaestra: « In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque Lo teme e opera la giustizia ( Cfr. At 10,35 ).

Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di essi un popolo, che Lo riconoscesse nella verità e fedelmente Lo servisse.

Si scelse quindi per Sé Israele perché fosse il suo popolo, stabilì con lui un'alleanza, e lo formò, lentamente manifestando nella sua storia Se Stesso e i Suoi disegni e santificandolo per Sé.

Tutto questo però avvenne in preparazione e figura di quella nuova e perfetta alleanza da concludersi in Cristo, e di quella più piena rivelazione che doveva essere fatta per mezzo del Verbo stesso di Dio fatto uomo.

"Ecco verranno giorni, parola del Signore, nei quali io stringerò con Israele e con Giuda un'alleanza nuova …

Porrò la mia legge nei loro cuori e nelle loro menti la imprimerò; essi mi avranno per Dio ed io li avrò per mio popolo …

Tutti essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno, dice il Signore" ( Ger 31,31-34 ).

Questa nuova alleanza la istituì Cristo, cioè la nuova alleanza nel suo sangue ( Cfr. 1 Cor 11,25 ), chiamando gente dai Giudei e dalle genti, perché si fondesse in unità non secondo la carne, ma nello Spirito, e costituisse il nuovo Popolo di Dio ».

Magnifica sintesi storica e teologica dei rapporti fra Dio e l'umanità, secondo la Rivelazione.

Si è attribuita da molti una grande importanza dottrinale e pratica alla precedenza data dalla Lumen Gentium alla trattazione del capitolo secondo, circa il Popolo di Dio, a quella del capitolo terzo, circa la costituzione gerarchica della Chiesa, come se ciò comportasse d'ora in poi un mutamento sostanziale nella compagine della Chiesa stessa, che la obblighi a riformare il suo ordine costituzionale, quale Cristo stabilì e la tradizione interpretò e fissò; mutamento a scapito specialmente delle dottrine dogmatiche del Concilio Tridentino e del Vaticano primo, non che del consueto insegnamento teologico e catechistico, e a vantaggio delle correnti ideologiche democratiche del nostro tempo.

Ma così non è.

La priorità dello studio in questione ha grande importanza per la visione ampia ed organica ch'essa ci obbliga a contemplare: la realtà umana, a tutti comune, della quale è composto il Corpo mistico e sociale della Chiesa, e la causa finale della Chiesa medesima, cioè la salvezza dell'umanità, del Popolo, sono poste in primo piano, priores in intentione; ma la causa strumentale efficiente, cioè il mandato gerarchico, con le relative potestà generatrici del Popolo di Dio, conferito da Cristo agli Apostoli, conserva la sua indispensabile efficienza, com'è detto nel citato capitolo terzo, con le sue specifiche prerogative: prior in execatione.

Non è sotto questo aspetto pseudo antagonistico fra Popolo e Gerarchia che dobbiamo studiare e apprezzare il titolo riconosciuto alla Chiesa intera, Fedeli e Vescovi e Papa insieme, di Popolo di Dio.

Una eguaglianza fondamentale ( Mt 23,8 ), un disegno globale, un destino comune investono nel pensiero divino l'umanità; essa forma un popolo, a cui tutti possono accedere.

Era un popolo determinato e secondo ragioni etniche e norme religiose, cioè secondo l'antico patto, l'antica alleanza, l'antico testamento, un popolo privilegiato ed esclusivo; ma con la venuta del Messia, di Cristo instauratore d'una « nuova ed eterna alleanza », sorse un nuovo popolo, non definito dal sangue e dalla terra, ma, come scrive l'apostolo Pietro nella sua prima lettera, « stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, popolo acquisito », mediante la redenzione di Cristo offerta a tutta l'umanità, a un Popolo di figli di Dio ( Cfr. Gv 1,12 ), a voi tutti, « chiamati all'ammirabile sua luce, voi che una volta non eravate popolo, ma ora siete popolo di Dio » ( 1 Pt 2,9-10 ).

Questo è il disegno religioso, il piano della salvezza vera, efficace, scaturito dalla misericordia di Dio, dall'eterno amore.

Il Concilio ce lo presenta meravigliosamente nella sua realtà storica, esistenziale, nell'arco dei secoli ed oltre.

Facciamo ora attenzione.

Questo piano divino, intenzionalmente e potenzialmente universale, cioè cattolico, conserva tuttavia, di fatto, in conformità agli imperscrutabili pensieri di Dio ( Cfr. Mt 24,40 ), ed in omaggio all'inviolabile e fatale libertà dell'uomo ( Cfr. Rm 10,16; Gv 12,37 ) una linea discriminante, la fede, con quanto essa comporta nell'ordine umano e spirituale ( Cfr. Mc 16,16; Eb 11,6 ), la quale linea segna la configurazione del Popolo di Dio; esso è infatti la comunità dei credenti, di coloro che hanno accolto il Vangelo, la buona novella, e sono perciò entrati in un nuovo, vitale, ineffabile rapporto col Dio vivente, in una nuova, soprannaturale alleanza, che chiamiamo il nuovo Testamento ( Cfr. 1 Cor 1,21 ).

L'appartenenza al Popolo di Dio, pensiamoci bene, assume una enorme e decisiva importanza; è l'inizio ed il pegno della salvezza.

Somma importanza, sia perché questa appartenenza dipende da un complesso mistero di grazia, di misericordia, di amore da parte di Dio e di umana libertà da parte nostra, sia perché tale appartenenza si innesta nel dramma del nostro eterno destino personale ( Cfr. Gv 3,18; Ap 7,3; Ap 9,4; Ap 14,1 ), e sia perché ad essa sono collegati altri immensi problemi quali quello missionario ( Cfr. Ad gentes, 2-5), e quello ecumenico ( Cfr. Unitatis Redintegratio, 2 ).

Se il Popolo di Dio è la Chiesa di Cristo, l'appartenenza alla Chiesa di Cristo diventa questione capitale.

Chi intravedendo nell'idea e nella realtà di Popolo la somma espressione della vita umana collettiva, ma si arresta volutamente e radicalmente al livello laico e secolare, rinuncia all'assunzione di questa nostra moltitudine d'esseri mortali e sempre insoddisfatti al livello superiore di Popolo di Dio, di Popolo messianico, elevato al destino presente e futuro di Chiesa, Corpo di Cristo risuscitato e risuscitatore: è un rischio pericoloso e può indurre a grave errore.

E chi pensa di poter a suo genio conservarsi cristiano, disertando il recinto istituzionale della Chiesa visibile e gerarchica, o immaginando di rimanere aderente al pensiero di Cristo modellando per sé una Chiesa concepita a proprio piacimento, è fuori strada, e illude se stesso.

Compromette e forse rompe, e fa rompere ad altri, la vera comunione col popolo di Dio perdendo il pegno delle sue promesse.

Sarebbe qui da ricordare l'antica sentenza: « fuori della Chiesa non vi è salvezza » ( Cfr. Denz-Sch., 2865; Dublanchy, Dict. Théol. Cath. art. Eglise, col. 2155 ); ma non è questo il momento di spiegare come essa debba essere intesa.

Dio può salvare chiunque come vuole, e noi sappiamo quanto è grande la sua sapienza e la sua misericordia; ma sta il fatto che nella rivelazione del suo amore Egli ha stabilito Cristo con la sua Chiesa come ponte di passaggio, obbligato per noi, dalla nostra sorte infelice alla sua salvezza e alla sua beatitudine.

La coscienza perciò dell'appartenenza al Popolo di Dio, alla Chiesa, con filiale adesione nella fede, nella carità, nella comunione strutturata e visibile legittimamente qual è, dovrebbe essere sempre da noi alimentata ed esaminata con umile e sincera verifica; e dovrebbe essa costituire il fondo spirituale di sicurezza e di gioia, proprio del buon Popolo di Dio, cristiano e cattolico; e mettere continuamente nel nostro cuore l'inno della Chiesa pellegrina: « Quanto sono amabili le tue tende, o Signore Dio degli eserciti!

L'anima mia anela e sospira verso gli atrii del Signore!

Il mio cuore ed i miei sensi esultano verso il Dio vivente! ».

Così il Salmista ( Sal 84 ); così Noi e voi tutti, con la Nostra Benedizione Apostolica.