19 gennaio 1972

Saldo e intangibile il « depositum fidei »

Provate a mettere la vostra mente, il vostro spirito, anzi la vostra coscienza di vivere davanti al cumulo delle questioni maggiori,

quelle che riguardano l'origine dell'universo,

il senso della vita,

l'ansia del conoscere il destino dell'umanità,

il fenomeno religioso che intende rispondere a questi problemi, assorbendo e superando quanto la scienza e la filosofia ci possono dire in proposito;

e provate a collocare il fatto cristiano in mezzo e al di sopra di tali interrogativi, che riconosciuti nelle loro esigenze sconfinate chiamiamo tenebre, ma che al confronto col fatto cristiano stesso si rischiarano, e lasciano intravedere la loro misteriosa profondità ed insieme una certa loro nuova meravigliosa bellezza, e

sentirete echeggiare dentro di voi, come fossero in questo stesso istante pronunciate, le parole notissime del Vangelo di Giovanni: « La luce risplende nelle tenebre » ( Gv 1,5 );

il panorama del cosmo si è illuminato come dalla notte fosse sorto il sole, le cose mostrano un loro incantevole ed ancora esplorabile ordine; e

l'uomo quasi ridendo e tremando di gioia viene a conoscere se stesso, e

si scopre come il viandante privilegiato che cammina, minimo e sommo; nella scena del mondo, con la simultanea coscienza d'aver diritto e capacità di dominarlo, e

d'avere insieme dovere e possibilità di trascenderlo nel fascino d'un nuovo rapporto che lo sovrasta: il dialogo con Dio; un dialogo che si apre così: « Padre nostro, che sei nei cieli … ».

Non è sogno, non è fantasia, non è allucinazione.

È semplicemente l'effetto primo e normale del Vangelo, della sua luce sullo schermo di un'anima, che si è aperta ai suoi raggi.

Come si chiama questa proiezione di luce? si chiama la Rivelazione.

E come si chiama questa apertura dell'anima? si chiama la fede.

Stupende cose, che attingiamo a quel libro sublime di teologia e di mistica, che si chiama il catechismo, cioè il libro religioso delle verità fondamentali.

Ma questa prefazione vuole oggi interessare quanti ci ascoltano ad una successiva questione, che noi riteniamo di massima importanza rispetto alla condizione ideologica, in cui oggi l'uomo pensante religiosamente si trova; e cioè: il contatto con Dio, risultante dal Vangelo, è un momento iscritto in una naturale evoluzione dello spirito umano, la quale tuttora continua mutandosi e superandosi, ovvero è un momento unico e definitivo, del quale dobbiamo nutrirci senza fine, ma sempre riconoscendone inalterabile il contenuto essenziale?

La risposta è chiara: quel momento è unico e definitivo.

Cioè la Rivelazione è inserita nel tempo, nella storia, ad una data precisa, ad un avvenimento determinato, che con la morte degli Apostoli si deve dire concluso e per noi completo ( Cfr. Denz.-Sch. 3421 ).

La Rivelazione è un fatto, un avvenimento, e nello stesso tempo un mistero, che non nasce dallo spirito umano, ma è venuto da un'iniziativa divina, la quale ha avuto molte manifestazioni progressive, distribuite in una lunga storia, l'antico Testamento; ed è culminata in Gesù Cristo ( Cfr. Eb 1,1; 1 Gv 1,2-3; Const. Conc. Dei Verbum, 1 ).

La Parola di Dio è così finalmente per noi il Verbo Incarnato, il Cristo storico e poi vivente nella comunità a Lui congiunta mediante la fede e lo Spirito Santo, nella Chiesa, cioè il suo Corpo mistico.

Così è, Figli carissimi; e così affermando, la nostra dottrina si stacca da errori che hanno circolato e tuttora affiorano nella cultura del nostro tempo, e che potrebbero rovinare totalmente la nostra concezione cristiana della vita e della storia.

Il modernismo rappresentò l'espressione caratteristica di questi errori, e sotto altri nomi è ancora d'attualità ( Cfr. Decr. Lamentabili di S. Pio X, 1907, e la sua Enc. Pascendi ).

Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa cattolica, ieri ed oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica, e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede;

l'ortodossia è la sua prima preoccupazione;

il magistero pastorale la sua funzione primaria e provvidenziale;

l'insegnamento apostolico fissa infatti i canoni della sua predicazione; e

la consegna dell'Apostolo Paolo: Depositum custodi ( 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14 ) costituisce per essa un tale impegno, che sarebbe tradimento violare.

La Chiesa maestra non inventa la sua dottrina; ella è teste, è custode, è interprete, è tramite; e, per quanto riguarda le verità proprie del messaggio cristiano, essa si può dire conservatrice, intransigente; ed a chi la sollecita di rendere più facile, più relativa ai gusti della mutevole mentalità dei tempi la sua fede, risponde con gli Apostoli: Non possumus, non possiamo ( At 4,20 ).

Questa troppo sommaria lezione non è qui finita, perché resterebbe da accennare come questa rivelazione originaria si trasmetta attraverso la parola, lo studio, l'interpretazione, l'applicazione; cioè come essa generi una tradizione, che il magistero della Chiesa accoglie e controlla, talvolta con decisiva e infallibile autorità.

Resterà anche da ricordare come la conoscenza della fede e l'insegnamento che la esibisce, cioè la teologia, possano esprimersi in misura, in linguaggio, in forma diversa; cioè come sia legittimo un « pluralismo » teologico, quando si contenga nell'ambito della fede e del magistero affidato da Cristo agli Apostoli e a chi loro succede.

E resterà ancora da spiegare come la Parola di Dio, custodita nella sua autenticità, non sia, per ciò stesso, arida e sterile, sì bene sia feconda e viva, e destinata non solo ad essere passivamente ascoltata, ma vissuta, sempre rinnovata ed anche originalmente incarnata nelle singole anime, nelle singole comunità, nelle singole Chiese, secondo le doti umane e secondo i carismi dello Spirito Santo, di cui dispone chiunque si fa discepolo fedele della Parola viva e penetrante di Dio ( Cfr. Eb 4,12 ).

Forse ne riparleremo, a Dio piacendo.

Ma bastino intanto questi frammenti di dottrina cattolica a rendervi pensosi, fervorosi e felici.

Con la nostra Benedizione Apostolica.