15 Maggio 1974

Il Battesimo trasfonde in noi i misteri della morte e della Risurrezione di Cristo

In queste udienze successive alla Pasqua noi continuiamo a considerare la nostra partecipazione al mistero pasquale, il quale a tale influsso sulla nostra vita da elevarne l'esistenza ad un grado nuovo, che chiamiamo correntemente cristiano, e che effettivamente è soprannaturale;

consiste in una rigenerazione, non soltanto simbolica, ma effettiva, che ha riflessi straordinari:

sui nostri rapporti con Dio,

sul nostro eterno destino,

su certi modi di vivere anche in questo periodo temporale e mortale della nostra esistenza medesima, comportando così uno speciale stile della nostra condotta;

abbiamo già detto qualche fugace, ma importante parola sugli impegni che la nostra qualifica esistenziale di cristiani comporta;

l'impegno della fede, ad esempio,

e l'impegno ad una coerente linea morale.

Vi è un altro effetto, che deriva, mediante sempre il battesimo, dalla nostra vitale associazione al mistero pasquale, ed è l'impegno ecclesiale.

E ancor più che impegno dobbiamo chiamarlo fortuna, dono, vocazione, inserzione, appartenenza alla Chiesa di Cristo.

Il battesimo infatti è la porta attraverso la quale gli uomini entrano nella Chiesa ( Cfr. Lumen Gentium, 14 ).

È il battesimo che ci fa simultaneamente cristiani e membri della Chiesa.

Perché? perché il battesimo trasfonde in noi i misteri della morte e della risurrezione di Cristo; noi « siamo associati alle sue sofferenze, … per essere con Lui glorificati » ( Ibid, 7 ); noi diventiamo suo mistico corpo; non soltanto per un riferimento morale, ma reale, sebbene misterioso e soprannaturale, sui generis, mediante un vincolo vitale, che oltrepassa ogni umano particolarismo, e ci compagina in una comunione effettiva e visibile, in una società superiore, umana e sovrumana ad un tempo, che si chiama la Chiesa.

Rileggiamo S. Paolo: « Voi siete infatti tutti figli di Dio, mediante la fede in Cristo Gesù; quanti siete stati battezzati in Cristo, siete stati rivestiti di Cristo.

Non v'è più Giudeo, né Greco; non v'è schiavo, né libero; non v'è maschio, né femmina.

Voi siete tutti uno solo in Cristo Gesù » ( Gal 3,26-28; Ef 4,5; 1 Cor 6,15; Col 3,15 ).

Qui verrebbe naturale uno studio, anche sommario, ma essenziale per avere un concetto esatto della vita cristiana, sul « corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa » ( Cfr. la grande Enciclica di Papa Pio XII, del 1943; vedi Jérome Fiamer, L'Eglise est une communion, Cerf 1962 ), tema questo della più moderna teologia, ricchissima di magnifiche dottrine, come di interessantissime questioni, come quella della distinzione, convergente in una sostanziale identificazione fra « Popolo di Dio » e « Corpo mistico di Cristo », entrambi, sotto aspetti alquanto differenti, designanti la Chiesa ( Cfr. Hamer, ibid., p. 45 e p. 50; Y. Congak, L'Eglise que j'aime, Cerf 1968, p. 31 ss. ); come l'altra, immensa e affascinante questione sull'Ecumenismo: i battezzati non appartengono tutti alla Chiesa? e la Chiesa non è una sola? ( Cfr. J. A. Moehler, V. Soloviev, A. S. Khomiokov, etc. )

Sì, risponde il Concilio; ma l'appartenenza perfetta alla Chiesa richiede, oltre il battesimo, altre condizioni, come l'identica fede ( Cfr. Ef 4,5; Gv 10,16 ), e l'unità di comunione ( Lumen Gentium, 15; Unitatis Redintegratio, 2, 3, etc. ), così che, insegna il Concilio, solo per mezzo della Chiesa cattolica di Cristo, ch'è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere la pienezza dei mezzi salvifici ( Unitatis Redintegratio, 3; W. Bertrams, Quaestiones Fundamentales Iuris Canonici, Gregoriana 1969, p. 242 ss. ).

Ma lasciamo per ora questi problemi e fissiamo lo sguardo sopra la realtà, che ci preme fare risplendere con luce pasquale nelle nostre anime.

La realtà è questa: noi siamo vitalmente inseriti nella Chiesa di Cristo.

Egli è la vite, noi siamo i tralci ( Gv 15 ): notate quante volte, in questo capitolo del Vangelo, il Signore ci raccomanda di « rimanere in Lui », come una necessità imprescindibile, come una necessità irrinunciabile, come un amore inscindibile.

Egli è il nostro Capo, noi siamo le membra del suo corpo, la Chiesa ( Cfr. Col 1,18 ).

Il battesimo ci ha fatti Cristiani ( Cfr. Gv 3,5; At 2,41; At 4,4; At 8,12; At 10,48 ): di questo avvenimento, che ha investito fino nelle profondità il nostro essere, non dovremmo mai dimenticarci.

E della comunione, visibile e misteriosa, storica ed escatologica, che il battesimo stabilisce fra noi e la Chiesa, quale realmente essa è, sia pur essa umana e perciò limitata e difettosa nelle sue contingenti espressioni, dovremmo essere custodi gelosi, fieri ed umili ad un tempo, pronti a sentirci esaltati nella nostra personalità, quando le siamo sinceramente, amorosamente devoti.

E una cosa ricordiamo e impariamo: amare la Chiesa!

Come il Signore! ( Ef 5,29 )

Com'è scritto, a Ginevra, quale sola epigrafe, sulla tomba del Cardinale Mermillod: dilexit Ecclesiam!

E come scriveva il Rosmini: « La Chiesa di Gesù Cristo … è quella, che non si può amare mai troppo, né relativamente, né assolutamente … » ( A. Rosmini, Fedeltà alla Chiesa, Morcelliana 1963 ).

Amare la Chiesa!

Con la nostra Apostolica Benedizione.