Omelia

Piazza San Pietro Domenica delle Palme, 8 aprile 1990

“Osanna al Figlio di Davide, /

Benedetto colui che viene nel nome del Signore … /

Osanna nell’alto dei cieli” ( Mt 21,9 ).

1. Oggi Gesù viene a Gerusalemme.

E oggi è il giorno che la liturgia ricorda una settimana prima della Pasqua.

Oggi è il giorno in cui le folle ricordano Gesù.

Tra la folla ci sono i giovani.

Questo è in modo particolare il loro giorno.

Questo giorno è vostro, carissimi giovani - qui in Piazza San Pietro, e nello stesso tempo in tanti altri luoghi della terra, dove la Chiesa celebra la liturgia della Domenica delle Palme - come vostra particolare festa.

Questo giorno è vostro.

Come vescovo di Roma esco insieme con voi all’incontro di Cristo che viene.

“Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.

Insieme con voi qui e insieme con tutti i vostri coetanei in ogni parte del mondo.

Mi unisco spiritualmente anche a quei casi in cui la festa della gioventù viene celebrata in un altro giorno dell’anno liturgico.

Ecco, la grande folla si estende attraverso le nazioni e i continenti!

Questa folla sta attorno a Cristo mentre entra in Gerusalemme, mentre va incontro alla sua “ora”.

Mentre si avvicina al suo mistero pasquale.

2. Solo una volta Gesù di Nazaret fece il suo ingresso solenne in Gerusalemme per la Pasqua.

E solo una volta si compì ciò che i prossimi giorni confermeranno.

Ma nello stesso tempo, Egli è rimasto in questa sua venuta.

E una volta per sempre ha inscritto nella storia dell’umanità ciò che proclama san Paolo nella liturgia di oggi.

Ecco: “Pur essendo di natura divina, / non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; / ma spogliò se stesso, / assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; / apparso in forma umana, / umiliò se stesso, / facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. / Per questo Dio l’ha esaltato” ( Fil 2,6-9 ).

Gesù Cristo - il Figlio di Dio della stessa sostanza del Padre - si umiliò come uomo … spogliò se stesso come uomo, accettando la morte sulla croce, che, umanamente parlando, è l’obbrobrio più grande.

In tale spogliazione Gesù Cristo è stato esaltato al di sopra di ogni cosa.

Dio stesso l’ha esaltato e ha legato l’esaltazione del Figlio con la storia dell’uomo e del mondo.

In lui la storia dell’uomo e del mondo hanno una misura divina.

“Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre”.

3. Noi tutti, presenti qui in Piazza San Pietro oppure in qualsiasi luogo della terra, noi che entriamo con Cristo a Gerusalemme, professiamo, annunciamo e proclamiamo il mistero pasquale di Cristo che perdura.

Perdura nella Chiesa e, mediante la Chiesa, nell’umanità e nel mondo.

Professiamo, annunciamo e proclamiamo il mistero di questa umiliazione, che esalta, e di questa spogliazione, che dà la vita eterna.

In questo mistero - nel mistero pasquale di Cristo - Dio si è rivelato fino in fondo.

Dio che è amore.

E in questo mistero - nel mistero pasquale di Cristo - l’uomo è stato rivelato fino in fondo.

Cristo ha rivelato fino in fondo l’uomo all’uomo, e gli ha fatto nota la sua altissima vocazione.

L’uomo, infatti, esiste tra il limite dell’umiliazione e della spogliazione attraverso la morte e quello dell’insopprimibile desiderio dell’esaltazione, della dignità e della gloria.

Tale è la misura dell’essere umano.

Tale è l’estensione delle sue esigenze terrene.

Tale è il senso della sua irrinunciabile dignità e il fondamento di tutti i suoi diritti.

Nel mistero pasquale Cristo entra in questa misura dell’essere umano.

Abbraccia tutta questa estensione dell’esistenza umana.

La prende tutta in sé.

La conferma.

E al tempo stesso la supera.

Quando entra in Gerusalemme, egli va incontro alla propria sofferenza - e, nello stesso tempo, va incontro alla sofferenza di tutti gli uomini - per rivelare non tanto la miseria di essa quanto piuttosto la sua potenza redentrice.

Quando entra in Gerusalemme, egli va anche incontro all’esaltazione che, in lui, il Padre offre a tutti gli uomini.

“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”.

4. Così, dunque, entriamo con Cristo in Gerusalemme.

“Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.

Camminando insieme con lui, siamo la Chiesa che parla con le lingue di tanti popoli, nazioni, culture e generazioni.

In tutte le lingue, infatti, essa annuncia lo stesso mistero di Gesù Cristo: il mistero pasquale.

In questo mistero si racchiude in modo particolare la misura dell’uomo.

In questo mistero la misura dell’uomo risulta penetrata dalla potenza divina, dalla potenza più grande che è l’amore.

Tutti portiamo in noi Cristo, lui che è “la vite”, da cui germina la storia dell’uomo e del mondo.

Cristo che è il continuo lievito della nuova vita in Dio.

Benedetto colui che viene … Osanna!