Discorso

Giovedì, 25 marzo 1999

L’incontro si è svolto in forme di domande dei giovani e risposte del Santo Padre.

Di seguito i testi e il discorso finale del Papa:

Iª Domanda al Santo Padre

Santità, nel Suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 1999 Lei ci ha invitati, insieme con tutta la Chiesa, "a rivolgerci verso Dio Padre e ad ascoltare con gratitudine e meraviglia la sorprendente rivelazione di Gesù: « Il Padre vi ama! »", ed ancora ci ha assicurati: "Non si allontanerà mai da voi il suo amore, non verrà mai meno la sua alleanza di pace con voi".

Siamo certi di questo.

Tuttavia, a volte facciamo fatica a capire come il Padre ci ama, quando ci troviamo di fronte alle sofferenze e alla morte di giovani come noi, quando le catastrofi naturali portano via persone innocenti, quando - peggio ancora - l'uomo sperimenta la follia della guerra.

Stiamo infatti concludendo un secolo che è stato profondamente segnato da guerre ed odi tra popoli.

Anche oggi, in particolare proprio in queste ore, nei territori a noi così vicini della ex Iugoslavia, gli odi e le guerre continuano.

Santità, può aiutarci a comprendere come il Padre non cessi di amarci anche quando ci incontriamo con la sofferenza dei giusti e degli innocenti, quando tanti nostri coetanei sono travolti da fenomeni distruttivi come la tossicodipendenza e quando l'uomo si uccide a causa degli odi e delle guerre?

Risposta

Carissimi giovani, benvenuti in Vaticano, nell’Aula Paolo VI.

Il mio benvenuto va a quelli che sono presenti nell’Aula e a quelli che sono fuori dall’Aula e che stanno sotto la pioggia, la quale tuttavia non sembra molto forte.

Essi comunque sono più forti della pioggia.

Il grande problema che voi mi ponete affonda le sue radici nel cuore stesso dell'uomo.

Sento risuonare nella domanda che mi ha posto un vostro rappresentante la forte obiezione che leggiamo nella "Leggenda del Grande Inquisitore" di Dostoevskij: "Come posso credere in Dio quando permette la morte di un bambino innocente?".

Vediamo e quasi tocchiamo con mano il problema del male nella vita d'ogni giorno.

I grandi ragionamenti in merito a tale problema sembrano non convincere immediatamente, soprattutto quando si sperimenta in prima persona la malattia, la sofferenza o si è toccati dalla morte di qualche persona vicina e cara.

Non mi sottraggo, comunque, alla sfida che questa domanda contiene.

Solo vorrei, in primo luogo, rivolgervi anch'io una domanda provocatoria: mi chiedete come comprendere l'amore del Padre quando ci si trova dinanzi all'odio, alla divisione, alle diverse forme di distruzione della personalità ed alla guerra.

Giustamente è stato ricordato poc'anzi il conflitto che insanguina la Iugoslavia e che desta tanta preoccupazione per le vittime e per le conseguenze che da esso possono derivare per l'Europa e per il mondo intero.

Auspico di cuore che quanto prima tacciano le armi e riprendano il dialogo e le trattative, perché si giunga finalmente, con il contributo di tutti, ad una pace giusta e duratura nell'intera Regione balcanica.

Vi dico a mia volta: perché domandarsi dov'è l'amore di Dio e non porre in evidenza, piuttosto, le responsabilità che derivano dal peccato degli uomini?

Perché, insomma, dovremmo ritenere colpevole Dio quando, invece, responsabili sono gli uomini liberi nelle loro decisioni?

Il peccato non è una teoria astratta; anzi, le sue conseguenze si possono verificare.

Il male di cui mi chiedete spiegazione trova alla sua base il peccato e il rifiuto di vivere secondo gli insegnamenti di Dio.

Esso lacera l'esistenza e la porta al rifiuto del bene.

Ci si chiude allora nell'invidia, nella gelosia e nell'egoismo, senza rendersi conto che simili comportamenti conducono alla solitudine e tolgono il senso autentico alla vita.

Nonostante tutto questo, siatene certi, l'amore del Padre non viene mai meno, perché Dio stesso ha voluto condividere con noi la sofferenza e la morte.

E ciò lo dobbiamo ricordare in questo periodo di Quaresima e durante la Settimana Santa.

E ciò che da Lui è stato vissuto, è stato anche salvato e redento.

Il male viene vinto dalla forza dell'amore, come l'apostolo Paolo sottolinea con piena convinzione: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo?

Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati" ( Rm 8,35 ).

Ecco, dunque, la via da seguire per vincere il male: crescere nell'amore del Padre, che si è rivelato a noi in Gesù Cristo.

* * *

IIª Domanda al Santo Padre

Padre Santo, nel Suo Messaggio c'è un forte invito alla conversione e ad accostarsi al sacramento della Confessione.

Le chiediamo: da dove deve partire il desiderio di convertirci?

Spesso ci viene detto che dobbiamo convertirci, ma a volte non ne sentiamo il bisogno, non ne vediamo la necessità: sa spiegarci il perché?

Inoltre, Le chiediamo una parola sul sacramento della Confessione, perché non sempre ci è facile vedere in esso il luogo in cui si realizza il cammino di ritorno al Padre da cui ci si è allontanati con il peccato.

Risposta

É vero, oggi in genere il bisogno della conversione non è avvertito come un tempo.

In realtà, però, mettersi in discussione è una delle esigenze fondamentali per raggiungere una personalità adulta e matura.

Soltanto grazie ad un costante processo di conversione e di rinnovamento, l'uomo avanza sul faticoso sentiero della conoscenza di sé, del dominio della propria volontà e della capacità di evitare il male e compiere il bene.

La vita, possiamo così dire, è un continuo cambiamento.

Questa esperienza voi la vivete in prima persona.

Non è forse vero che quando amate una persona fate di tutto pur di ottenere il suo amore?

Non avviene, forse, che riuscite a cambiare voi stessi anche in quelle espressioni e comportamenti che mai avreste pensato di poter modificare?

Se alla base non vi è un atto di amore, è impossibile comprendere il bisogno del cambiamento.

La stessa cosa avviene nella vita dello spirito, grazie specialmente al sacramento della Riconciliazione, che si colloca proprio in questo orizzonte.

É, infatti, il segno efficace della misericordia di Dio che a tutti va incontro, dell'amore del Padre che, nonostante l'allontanamento del figlio e la dispersione dei suoi beni, è disposto ad accoglierlo di nuovo a braccia aperte, ricominciando tutto daccapo.

Nella Confessione, noi viviamo in prima persona l'essenza dell'amore di Dio: Egli viene incontro a noi nel modo che Gli è più propizio, quello dell’assoluzione e della misericordia.

Con questo, non voglio dire che la via della conversione sia facile.

Ognuno sa quanto è difficile riconoscere i propri sbagli.

Si è, in effetti, pronti a cercare tanti motivi pur di non ammetterli.

In questo modo, però, non si sperimenta la grazia di Dio, il suo amore che trasforma e rende concreto ciò che apparentemente sembra impossibile da ottenere.

Senza la grazia di Dio, come si può entrare nel più profondo di se stessi e comprendere il bisogno di convertirsi?

É la grazia che trasforma il cuore, permettendo di sentire vicino e concreto l'amore del Padre.

Non dimenticate, poi, che nessuno è capace di perdonare gli altri, se prima non ha fatto lui stesso l'esperienza di essere a sua volta perdonato.

La Confessione appare in tal modo la via maestra per diventare veramente liberi, sperimentando la comprensione di Cristo, il perdono della Chiesa e la riconciliazione con i nostri fratelli.

IIIª Domanda al Santo Padre

Santità, Lei ci ricorda le parole della prima lettera di Giovanni: "Chi non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede".

In altre parole, ci fa comprendere che dall'amore del Padre devono nascere in noi gesti di amore, di perdono, di pace e di solidarietà verso i fratelli.

Su tale necessità di amare e di perdonare concordiamo pienamente con Lei e ci impegneremo a farlo soprattutto come segno della nostra conversione, passando per la Porta Santa del 2000.

Alcuni tra noi, però, faticano a vedere come la Chiesa sa amare e perdonare.

Può Lei, testimone del perdono, che ha saputo perdonare anche chi fisicamente Le ha fatto del male e ha avuto il coraggio di chiedere perdono per i peccati della Chiesa, illuminarci su questo argomento tanto importante?

Risposta

Anche questa vostra terza domanda trova risposta nella luce dell'amore.

Vorrei dirvi con grande sincerità che è il perdono l'ultima parola pronunciata da chi veramente ama.

É il perdono il segno più alto della capacità di amare alla maniera di Dio, il quale ci ama e perciò costantemente ci perdona.

In vista del Giubileo, ormai imminente, occasione propizia per la richiesta di perdono e di indulgenza, ho voluto che la Chiesa per prima, forte dell'insegnamento del Signore Gesù, rinnovasse quel cammino di conversione perenne che le appartiene, fino al giorno in cui si presenterà dinanzi al Signore.

Per questo ho scritto che, alle soglie del terzo millennio, la comunità ecclesiale deve farsi carico "con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli" ( Tertio millennio adveniente, 33 ).

Il cammino verso la Porta santa è un vero pellegrinaggio per chi vuole cambiare la propria vita e convertirsi al Signore con tutto il cuore.

Oltrepassando quella porta, non va dimenticato il significato che essa possiede.

La Porta santa indica l'ingresso nella vita nuova che ci offre Cristo.

E la vita, voi lo sapete bene, non è una teoria, ma la concretezza di tutti i giorni.

La vita è un insieme di gesti, di parole, di comportamenti e di pensieri che ci coinvolgono e ci fanno riconoscere per ciò che siamo.

Cari ragazzi e ragazze della Diocesi di Roma, vi ringrazio per la promessa che mi fate di impegnarvi costantemente nel voler essere anche voi segni viventi di riconciliazione e di perdono.

Sono molte le occasioni che, soprattutto alla vostra età, vi vengono offerte per dare testimonianza di amicizia sincera e disinteressata.

Moltiplicate queste occasioni e crescerà in voi la gioia, dono della presenza di Cristo; gioia che voi siete chiamati a comunicare a quanti vi conoscono e a condividere con loro.

É Gesù l'unico Salvatore del mondo; è Lui la Vita che dà senso autentico all'esistenza di ogni uomo e di ogni donna.

Cari giovani, non stancatevi mai di porre domande con legittima curiosità e voglia di apprendere.

É giusto che alla vostra età, mentre vi affacciate sul mondo, voi siate presi dal desiderio di conoscere sempre cose nuove ed interessanti.

Conservate questo desiderio di capire la vita; amate la vita, dono e missione che Iddio vi affida per cooperare con Lui alla salvezza del mondo.

* * *

Al termine dell'incontro Carissimi!

1. Al termine di questo incontro, che è diventato ormai l'annuale appuntamento con i giovani della Diocesi di Roma, desidero ringraziarvi per la vostra tanto numerosa e calorosa partecipazione.

Ringrazio il vostro rappresentante, che mi ha salutato all'inizio, e gli amici che mi hanno posto - a nome di tutti voi - domande essenziali per poter dire "credo": credo, cioè, che il Padre mi ama!

E ringrazio ancora coloro che, in vari modi, hanno contribuito a dar vita a questo pomeriggio di festa e di riflessione.

Un pensiero di particolare gratitudine va alla Signora Caterina Muntoni per l'efficace testimonianza di perdono che abbiamo poc'anzi ascoltato.

A lei assicuriamo la nostra vicinanza e la preghiera per il suo fratello crudelmente ucciso, mentre chiediamo al Signore il dono di numerose vocazioni sacerdotali per la Chiesa: persone che, come Don Graziano, sappiano spendersi con grande generosità per la causa del Vangelo e per il servizio dei fratelli.

2. Prima di rivolgerci al Padre con la preghiera che Gesù ci ha insegnato, desidero ricordarvi un appuntamento ed un compito importanti.

Probabilmente avete già capito a quale appuntamento mi riferisco: si tratta della XVª Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo qui a Roma dal 15 al 20 agosto del 2000 ed avrà per tema: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" ( Gv 1,14 ).

Nessuno manchi a questo appuntamento che, fin d'ora, consideriamo un "tempo di grazia" per i giovani.

Tempo di grazia per voi e per tutti i vostri coetanei che ospiterete nelle vostre case, nelle vostre parrocchie, scuole, istituti religiosi, tendopoli e quant'altro la fantasia suggerirà.

Tempo di grazia per la Chiesa di Roma: essa riceverà un grande beneficio spirituale e pastorale dalla presenza di numerosi ragazzi e ragazze, che converranno qui per condividere e testimoniare la fede all'inizio del nuovo millennio.

Vi affido un duplice compito: da una parte quello di invitare a partecipare alla Giornata Mondiale anche quei giovani vostri amici che sono forse indifferenti verso la fede ma che, proprio perché giovani, sono alla ricerca della verità e del bene.

Il Giubileo dei giovani sarà pure per loro occasione di grazia e probabilmente, come è già avvenuto per altri in analoghe occasioni, momento di avvicinamento a Cristo e alla sua Chiesa.

Vi affido questi vostri coetanei.

Vi affido, inoltre, il compito di accogliere generosamente chi verrà da lontano.

Conosco quanto vanno facendo la Diocesi di Roma e il Comitato Italiano per la Giornata Mondiale della Gioventù, sotto la guida del Pontificio Consiglio per i Laici, e mi rallegro con loro per il buon lavoro iniziato.

Ma questa opera ha bisogno della collaborazione e dell'entusiasmo di tutti: sacerdoti, religiosi e religiose, adulti e giovani delle comunità parrocchiali, degli istituti religiosi, delle cappellanie universitarie, dei movimenti e delle associazioni della Diocesi.

Auspico che tante famiglie aprano le porte delle case ai giovani del mondo, per far loro conoscere il cuore dei romani, che è grande.

Sono convinto che i giovani romani non saranno inferiori ai giovani francesi di Parigi, ai filippini, agli americani di Denver, a tutti gli altri; anche rispetto ai giovani polacchi di Czestochowa.

La parola Roma, letta al contrario, si pronuncia "Amor".

Possano tutti sperimentare questo "Amor" romano!

3. Per prepararvi ad accogliere questi vostri coetanei, che giungeranno da tante Nazioni del mondo, cercate voi stessi di riscoprire i tanti luoghi di santità e di spiritualità cristiana che Roma custodisce.

Sarete così in grado di accompagnarvi gli amici che verranno ed insieme a loro approfondire la fede, tramandata nei secoli da generazioni di credenti che talora l'hanno difesa e testimoniata a prezzo del loro sangue.

É la fede di ieri, di oggi e di sempre, che avanzerà, anche grazie a voi, nel nuovo millennio.

Oggi avete una felice coincidenza perché la Giornata dei giovani romani coincide con la Solennità dell’Annunciazione del Signore.

Voglio dirvi che questa Solennità, questo mistero, ha aperto l’orizzonte per tutta l’umanità, perché con l’Annunciazione Dio stesso ha comunicato la sua venuta, la venuta di suo Figlio, la sua entrata nella storia dell’uomo.

E così l’Annunciazione ci ricorda questa grande apertura di orizzonti nella storia del destino stesso dell’umanità.

È un bene, quindi, che questa Solennità abbia coinciso con il vostro raduno romano.

Ancora una parola, l’ultima.

Per un motivo preciso recitiamo tre volte al giorno l’Angelus.

Non è solamente una tradizione, ma è veramente una pratica profondamente fondata.

Noi recitiamo tre volte al giorno l’Angelus per ricordare l’orizzonte che ci ha aperto l’Annunciazione: “Angelus Domini nuntiavit Mariae, et Verbum carum factum est”; noi lo recitiamo per ricordarci in quale prospettiva viviamo.

Una prospettiva creata da Dio stesso, in cui entra il Figlio di Dio fattosi uomo.

Questo, veramente, è sorgente di grande fiducia.

E voi giovani dovete essere fiduciosi.

Per questo vi dico anche: cercate di recitare, quando è possibile, l’Angelus Domini.