Lamentazioni

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Introduzione

Contenuti

Il libro delle Lamentazioni raccoglie cinque poemi che presentano uno scenario di distruzione, desolazione e sofferenza.

Il terzo poema è individuale ( di un individuo che peraltro si riconosce parte di una comunità ), mentre gli altri hanno carattere collettivo.

Si tratta di composizioni alfabetiche: ogni versetto inizia con una lettera diversa, seguendo l'ordine dell'alfabeto ebraico ( nella terza lamentazione però ogni lettera sta all'inizio di tre versi consecutivi ).

Fa eccezione la quinta lamentazione, che tuttavia ha ventidue versetti, tanti quante le lettere dell'alfabeto.

Ricorrente è la riflessione sulla distruzione di Gerusalemme e del tempio, vera catastrofe nazionale.

Schema

Prima Lamentazione: nessuno consola Gerusalemme ( 1,1-22 )

Seconda Lamentazione: il giorno dell'ira divina ( 2,1-22 )

Terza Lamentazione: meditazione sulla sofferenza ( 3,1-66 )

Quarta Lamentazione: il peccato del popolo ( 4,1-22 )

Quinta Lamentazione: implorazione a Dio ( 5,1-22 ).

Caratteristiche

Il tono delle composizioni è liturgico.

È probabile che alcuni di questi poemi fossero recitati in una celebrazione che commemorava la caduta di Gerusalemme ( a questa celebrazione accenna Zc 7,5 ).

La distruzione di Gerusalemme e la condizione desolata del popolo vengono ricondotte direttamente all'agire di Dio.

Proprio per questo, però, è possibile la speranza: colui che ha distrutto, può anche risollevare.

In ogni caso, l'agire di Dio non è arbitrario; nelle Lamentazioni emerge chiara la consapevolezza che all'origine del male e della sofferenza stanno il peccato e la colpa d'Israele.

Il lamento diventa quindi anche invito alla conversione e il libro si conclude con una richiesta a Dio proprio su questo tema: "Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo" ( 5,21 ).

Origine

Secondo una tradizione che risale almeno al II sec. a.C., le Lamentazioni sono opera del profeta Geremia.

Questa tradizione è alla base di numerose raffigurazioni artistiche che rappresentano il profeta piangente, davanti alle rovine di Gerusalemme.

I critici e gli studiosi moderni ritengono, invece, che le Lamentazioni non si possano attribuire a Geremia, viste le differenze di stile e di pensiero.

Si tratta piuttosto di un'opera anonima, composta nel periodo immediatamente successivo alla distruzione del 587.

I primi lettori di questi brani vanno cercati tra gli abitanti di Giuda che, dopo la distruzione di Gerusalemme, non erano stati deportati in Babilonia.

Nella tradizione cristiana, per lunghi secoli, fino alla riforma liturgica dopo il Concilio Vaticano II, la lettura delle Lamentazioni veniva proposta, nel rito romano, durante la Settimana Santa, nell'ufficio notturno del Breviario: il lamento degli Ebrei su Gerusalemme diventava il lamento dei cristiani per la passione di Gesù.

Commento di Angelo Penna

Nella versione latina di Ger. segue una raccolta di cinque carmi, intitolata Lamentazioni di Geremia.

Il titolo non è originale; esso proviene dalla versione greca.

Nella Bibbia ebraica l'operetta compare nella terza parte, ossia fra i libri detti « agiografi » ed è senza titolo specifico.

Tuttavia è dimostrabile che è assai più antica l'unione della raccolta con Ger. che non la sua posizione fra gli « agiografi », dovuta all'influsso liturgico.

Il libretto, infatti, fu collocato fra gli altri quattro rotoli, che venivano letti in determinate ricorrenze religiose: Cant. nel giorno di Pasqua, Rut in quello di Pentecoste, Eccle. in quello delle Capanne, Lam. nel giorno di digiuno istituito per commemorare la distruzione di Gerusalemme ( Ger 52,14 nota ), Est. durante la festa dei Purim.

Quattro dei cinque carmi sono acrostici, ossia ogni versetto incomincia con una lettera alfabetica, ma soltanto il primo ha la successione normale dell'attuale alfabeto ebraico.

Il secondo, terzo e quarto hanno un'inversione fra due lettere finora inspiegabile, ma documentata anche per il Sal 10.

Il quarto si distingue dal primo e dal secondo per il numero dei distici di ogni versetto ( due invece di tre ).

Il terzo carme, infine, ha la caratteristica di iniziare ogni distico del versetto con la medesima lettera alfabetica.

L'acrostico ha influito senza dubbio sulla poesia come una legge piuttosto tirannica; nonostante una certa monotoma, non mancano versetti di ispirazione poetica.

Il dramma nazionale è rivissuto in modo impressionante.

Lam. non sono i soli carmi alfabetici della Bibbia.

Di solito in Lam. si usa un metro che divenne classico nei soggetti tristi.

Esso contiene tre accenti nella prima parte ( = primo stico ) e due nella seconda; ma sono possibili anche altre combinazioni.

In Lam 5 si notano tre accenti in ogni stico.

Il tema del libretto è molto semplice.

Il poeta canta con forme diverse la tremenda sciagura, che ha colpito la città di Gerusalemme e tutto il regno di Giuda.

In ogni carme si osserva il medesimo soggetto o concetto fondamentale, ma non difettano sfumature di ogni sorta con elementi nuovi, che attenuano una certa monotonia inevitabile.

Nei cinque carmi si rivive la tragedia del 586; forse i riferimenti diretti sono meno di quelli attesi; ma non si dimentichi che i contemporanei non avevano bisogno di descrizioni particolareggiate.

Lam. hanno per tema il dolore nazionale.

Esse non sono un'opera accademica che vuole risolvere il problema del dolore e neppure una raccolta di piagnistei interminabili, come talvolta si crede.

All'espressione di tristezza e di costernazione per il grande disastro si associano la diagnosi teologica e la speranza del perdono e della risurrezione.

Spesso il poeta solleva gli occhi dallo spettacolo di mura diroccate, di giovani uccisi, di uomini deportati, di donne e di vergini violate, di bimbi consunti dall'inedia, per prospettare il problema del dolore sotto una luce nuova.

La sua soluzione non è presentata con una pedante indagine filosofica e neppure con lunghe e vivaci allocuzioni, come in Giob.; ma risulta ugualmente netta da brevi affermazioni.

Il problema non è mai separato da quello connesso del peccato.

Anche più importante dal lato teologico e storico è l'atteggiamento di un'attesa fiduciosa nell'aiuto divino.

Lam. non sono elegie monotone di un cantore che si ripiega su se stesso e che non vede altro che il suo dolore, senza rimedi e senza alcun raggio di luce, come sono certi canti funebri egiziani e alcune elegie classiche.

Il poeta e tutta la parte sana di coloro che sono rimasti in Palestina sanno che il Signore, ora tanto sdegnato, ha sempre in mano le loro sorti.

Per questo lo sguardo fiducioso è costantemente rivolto verso Dio.

La speranza si tramuta in certezza, perché Dio è onnipotente, giusto, misericordioso.

Il dolore è un castigo, ma anche un mezzo per purificare un individuo o un popolo.

La questione dell'autore di Lam. è stata posta solamente in tempi piuttosto recenti ( sec. XVIII ).

Prima nessuno le contestava a Geremia.

Tale attribuzione ha in suo favore la soprascritta, che si legge nelle versioni greca e latina, e la tradizione costante fra gli Ebrei e i cristiani.

È facile dimostrare come questa tradizione non ha affatto il valore che le si suole dare in sede teologica.

Essa risale solo al periodo che precedette di poco l'era volgare.

È sintomatico che i testi più antichi ( Flavio Giuseppe, Targum aramaico ) spiegano Lam. secondo l'affermazione di 2 Cr 35,25, cioè le considerano carmi funebri composti da Geremia in occasione della morte di Giosia.

Contro la tradizione sta anche il fatto che la raccolta nella Bibbia ebraica si trova separata da Ger. - separazione però che non sembra originale - e che non presenta nessuna traccia di attribuzione al profeta di Anatot.

Quindi gli argomenti estrinseci rivelano una tradizione piuttosto tardiva in favore dell'attribuzione a Geremia.

L'opinione risale agli ambienti della diaspora.

Essa potrebbe essere l'eco di una tradizione più antica, ma anche soltanto l'effetto di un'attribuzione quanto mai spontanea.

Il libriccino, infatti, forma come un'appendice all'opera di Geremia.

Per una tendenza naturale, che spinge a ravvicinare elementi simili e ad attribuire a un autore noto quanto la tradizione ha lasciato anonimo, si indicò in Geremia il personaggio desiderato.

Nessun candidato si presentava con possibilità maggiori di quelle offerte dalla vita di Geremia.

Anche gli argomenti intrinseci non sono apodittici.

Non si può segnalare un singolo testo che escluda in maniera sicura la possibilità astratta di essere composto da Geremia.

Ma tutto lo sfondo, il modo di presentare la catastrofe, la singolare inversione delle due lettere alfabetiche per i carmi 2-4, rendono piuttosto dubbia l'attribuzione di tutte le Lam. a lui.

Per questo oggi la questione non si agita più tanto circa la attribuzione a Geremia o no, quanto piuttosto circa l'unicità o molteplicità di autori.

La tendenza è in favore di quest'ultima ipotesi.

È possibile che i carmi in parte siano del medesimo autore, specialmente il gruppo 2-4, ma è anche possibile che ognuno sia opera di un poeta sconosciuto, che non molto dopo il disastro del 586 intese perpetuare la triste impressione prodotta nel suo animo.

Conferenze

Don Federico Tartaglia

Libro delle Lamentazioni

Card. Gianfranco Ravasi

Opera di cornice al libro di Geremia

Padre Fernando Armellini e Vittorio Robiati Bendaud

XXIX Giornata … del dialogo ebraico-cristiano: Il Libro delle Lamentazioni

Rabbino Cesare Moscati

Il libro delle Lamentazioni

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